Giulia Menato

giuliamenato@libero.it

Le braccia dei santi al servizio di Dio: i reliquiari a braccio

DOI: 10.7431/RIV15032017

Tra tutte le affascinanti tipologie di reliquiari antropomorfi1, quella dei reliquiari a braccio è una delle più comuni ma allo stesso tempo anche assai singolare, poiché essi, esplicitamente espressivi, vanno ben oltre la funzione di vasi sacri cui sono adibiti. Ciò è dovuto alla loro forma che riproduce un braccio, o più precisamente, un avambraccio con la relativa mano, la quale può effettuare un gesto e comunicare così, in modo analogo a un’immagine, un messaggio a chi li osserva.

Tale peculiarità ha fornito lo spunto a questo studio2, volto a una maggiore conoscenza e comprensione dei reliquiari a braccio relativamente al periodo basso medievale, ovvero quello in cui essi comparvero per la prima volta, e dovettero principalmente conoscere anche una notevole diffusione. Benché infatti i primi esemplari siano stati documentati a partire dall’XI secolo e la loro produzione si sia protratta fino al XIX3, «in the twelfth and thirteenth century there was a veritable rage in reliquary arms»4. Dal punto di vista geografico invece, la realizzazione di questi vasi sacri, come del resto quella di tutti i reliquiari antropomorfi, fu propriamente occidentale, e sembra essersi concentrata soprattutto nelle aree francese, tedesca, italiana e croata.

L’impostazione figurativa dei reliquiari a braccio, nonostante si sia conformata ai cambiamenti stilistici dell’arte nel tempo, è rimasta sostanzialmente invariata nei secoli: un avambraccio vestito con delle maniche, e la mano guantata o meno, i quali possono altrimenti indossare, nel caso le reliquie contenute siano di un santo guerriero, rispettivamente un bracciale e un guanto d’armatura5.

In linea con i reliquiari antropomorfi, essi poi perseguono una rappresentazione realistica6, traducibile sia nel dettaglio anatomico, ovvero il modellato naturale delle mani su cui sono ben marcate le caratteristiche osteoarticolari, le unghie e le pieghe delle dita, che attraverso l’imitazione delle maniche delle vesti liturgiche.

Solitamente, da quelle ampie delle dalmatiche, il cui numero e la forma possono variare, fuoriescono quelle più strette delle camicie sottostanti, ma le braccia possono essere vestite anche con un’unica manica aderente. In ogni caso comunque, applicazioni di filigrana, smalti, pietre dure, gemme vitree e antiche, e varie tecniche di lavorazione effettuate sulla superficie in lamina d’argento, ossia il principale materiale con cui i reliquiari a braccio del basso Medioevo furono realizzati, riproducono i ricami, le pieghe e gli ornamenti dei tessuti.

Nel fine realistico stesso è tuttavia insito un paradosso perché, come osserva Reudenbach, stando alla disposizione verticale in cui di solito oggi questi manufatti si trovano, le maniche più ampie dovrebbero scendere verso il basso lungo l’arto, afflosciandosi. Invece rimangono ben erette, come se esso fosse disteso in orizzontale o comunque con la mano verso il basso7. Ciò potrebbe implicare che in origine questi vasi sacri furono concepiti dagli artisti proprio con tale orientamento8, relazionabile, ipotizzo, alle loro modalità d’utilizzo.

Per quanto concerne l’aspetto strutturale, i reliquiari a braccio eseguiti fra l’XI e il XIII secolo generalmente recano un’anima in legno posta sotto la lamina metallica. Ma esistono casi particolari, dei quali un esempio può essere fornito dal reliquiario di San Luca (Fig. 1) appartenente al tesoro veneziano di San Marco9, che presentano l’anima solo sull’avambraccio, mentre le mani ne sono prive. Inoltre, sempre dal XIII secolo, essi furono dotati anche di una base d’appoggio, più o meno articolata ed eventualmente sostenuta da piedini a forma d’animale o zampa10.

La struttura lignea venne però abbandonata nei secoli XIV e XV, così i reliquiari a forma di arto, internamente vuoti, furono realizzati totalmente in lamina di metallo. E a partire dal Trecento iniziarono a essere muniti anche di aperture lungo il braccio, chiuse da sportelli apribili o vetri, per mostrare la reliquia conservata e fino ad allora solitamente non visibile11. Piuttosto singolari sono invece gli esemplari di San Ludovico di Tolosa (Fig. 2) e San Luca evangelista (Fig. 3) oggi al Louvre12, nei quali l’arto, essendo realizzato mediante un recipiente in cristallo di rocca, è completamente trasparente.

La particolare foggia dei reliquiari a braccio implica però pure degli aspetti inattesi e delle problematiche, alle quali non si riesce sempre a dare spiegazioni certe o appropriate, a causa anche della scarsità di documentazione relativa a tali manufatti.

I reliquiari antropomorfi in genere vengono detti anche reliquiari “parlanti” in quanto rivelano, “parlando” attraverso la loro forma, la reliquia corporea che racchiudono, stabilendo in tal modo un rapporto mimetico fra contenuto e contenitore13. Tuttavia tale concezione non è necessariamente vera, e ciò vale pure per quelli a forma di arto14.

Ci sono reliquiari a braccio, come per esempio quello di San Silvestro I papa (Fig. 4) del tesoro dell’omonima abbazia nonantolana15, che custodiscono esattamente ossa di braccia, oppure di mano o dita del santo cui sono intitolati, ma anche quelli contenenti un insieme di reliquie, per lo più frammenti, dove non si trovano solo quelle degli arti, e addirittura di più santi.

Il reliquiario di San Giacomo (Fig. 5), della collegiata di Saint-Ursmer a Binche, conserva parte del suo braccio, capelli di Maria e di San Pietro, frammenti della testa di San Tommaso, del braccio di San Dionigi e di altri martiri16, mentre quello di Santo Stefano (Fig. 6), del tesoro della cattedrale di Halberstadt, contiene pezzi del braccio e della testa del santo17.

Addirittura il braccio reliquiario di San Pietro (Fig. 7), anch’esso a Binche, custodisce un osso della gamba dell’apostolo18, e quello di Sant’Orso (Fig. 8), della collegiata dei Ss. Pietro e Orso ad Aosta, oltre che frammenti non specificati del santo titolare, San Giovanni Battista, San Maurizio e San Grato ne racchiude anche uno della Santa Croce, quindi non corporeo19.

Questi esempi adducono chiaramente alla mancanza di un’esclusiva corrispondenza fra contenitore e contenuto oltre che al carattere piuttosto vario di quest’ultimo, aspetto che, come fa notare Hahn, sembra caratterizzare soprattutto i primi reliquiari a braccio in quanto, rispetto a quelli più tardi nei quali si trovano braccia o ossa di esse, spesso contengono molteplici frammenti di reliquie20.

Tali vasi sacri potrebbero però a tutti gli effetti avere custodito inizialmente ciò che la loro foggia rappresenta21. Personalmente, infatti, credo non sia così scontato supporre che, durante il lungo arco temporale da essi attraversato nel giungere fino a noi, il contenuto si sia conservato indenne, sia dai furti delle reliquie, molto frequenti nel Medioevo, ma anche da vicende che ne abbiano portato alla perdita o alla distruzione.

Di conseguenza allora a tali manomissioni, le vestigia originali potrebbero essere state sostituite con altre la cui tipologia non era più fondamentale, dato che un reliquiario, in genere, per la funzione di custode delle reliquie che svolge, finisce per diventare esso stesso una reliquia. Ossia da elemento esterno necessario al fine di attivare la potenza e fornire una corretta identificazione e autenticazione di questa, si trasforma in oggetto di venerazione22, come se del suo contenuto ne acquisisse addirittura il potere miracoloso.

Hahn propone anche l’ipotesi di reliquie intercambiabili a seconda delle occasioni. Il braccio di San Lorenzo (Fig. 9) dello Staatliche Museen attualmente contiene una reliquia del santo titolare, ma sembra venne realizzato per custodire dei resti di San Bartolomeo, in seguito trasferiti in un altro reliquiario23. E qualcosa di simile potrebbe essere avvenuto pure nel caso del braccio, oggi vuoto, di San Bernardo (Fig. 10), appartenente al tesoro dell’abbazia svizzera di Saint-Maurice d’Agaune. Sebbene infatti secondo un inventario del 1730 esso dovette conservare frammenti rispettivamente del mento, del costato e della stola del santo, Mariaux ipotizza che inizialmente contenesse una diversa reliquia, forse di San Candido24.

Stando però a un documento scritto nel XII secolo, in occasione della traslazione di alcune vestigia del corpo di San Mamete a Langres, si può desumere che nel Medioevo ai sacri resti venissero attribuite anche valenze funzionali ben precise25: «Primo missa est oschia colli, iuxta quod, mediantibus arteriis, transit quod cogitatum est in corde, ur, modulante lingua, in vocem prorumpar; secundo brachium, per quod operatio intelligitur; tertio os longum, quod de tibia vel de femore esse videtur […] quarto & ultimo, venit caput, qualsi diceret, si cogitatione, locutione & opere, que per oschiam & brachium significantur»26.

Nel passo citato, fra le varie parti corporee di cui si fa menzione, compare anche il braccio, considerato come un luogo di lavoro o azione27. Ma è bene ricordare che un santo non agiva in modo prodigioso per mezzo degli arti solamente nella vita terrena, poteva infatti continuare a farlo ancora dopo la morte attraverso le loro reliquie, in quanto intrise del potere miracoloso che egli aveva: la virtus28.

Le braccia dei santi, in qualità di membra attive del loro corpo, goderono perciò di notevole prestigio, e tale concezione potrebbe trovare implicazione nel rapporto fra i reliquiari a braccio e le relative reliquie. In essi, infatti, piuttosto di un’univoca corrispondenza fra contenitore e contenuto, sembra che i resti degli arti fossero necessari al fine di supportare concretamente l’affascinante e desiderabile foggia assunta dal reliquiario. Il quale a sua volta traduce visivamente, attraverso l’atteggiamento della mano, la potenza dell’arto attivo del santo29.

Negli esemplari di questo tipo, effettivamente, l’estremità compie determinati gesti, a meno che non trattenga un oggetto simbolico, la palma o uno strumento del martirio legati al santo. Come per esempio avviene in quelli di San Biagio (Fig. 11)30 e San Luca evangelista31, custoditi rispettivamente a Lucca nel tesoro della cattedrale e al Louvre.

Il più comune è quello della benedizione latina, tuttavia ci sono anche casi di mani benedicenti alla greca. Scelta, questa, che, vista la tipologia prettamente occidentale di tali sacri contenitori, reputo appaia piuttosto singolare. Per l’esemplare di San Marciano (Fig. 12), del Museo del Tesoro del Duomo di Messina e realizzato proprio in Sicilia, ipotizzerei o una provenienza orientale dell’orefice, sebbene di egli non si conosce nulla, oppure l’influenza del retaggio artistico che sopravvisse alla dominazione bizantina cui l’isola fu soggetta. In quanto il fregio a racemi delle bande situate lungo la manica del braccio, secondo Mauceri sembra riprendere le decorazioni delle cassettine bizantine in avorio32.

Anche la mano analogamente atteggiata del braccio reliquiario di San Giovanni Battista (Fig. 13), conservato al Topkapi Museum di Istanbul, penso potrebbe aver risentito del lascito dell’arte bizantina, ma in questo caso a Venezia, poiché esso, che presenta anche delle iscrizioni in greco, fu realizzato nella città lagunare. Il gesto, osserva però Kalavrezou, oltre che alla benedizione è riconducibile al cenno che nelle raffigurazioni della prima tradizione cristiana Giovanni utilizza quando indica Cristo come l’agnello, e con cui invece dalla fine del VII secolo indica Cristo stesso33.

Se tuttavia il gesto della benedizione è immediatamente identificabile e interpretabile alla vista, ciò non è altrettanto vero a proposito di altri due atteggiamenti della mano, ovvero, quello in cui essa si presenta aperta con il palmo rivolto verso il fedele, e quello nel quale reca le dita piegate su sé stesse.

Riguardo al secondo bisogna sottolineare che esso è effettuato da un solo reliquiario di questo tipo a me noto, cioè il braccio di San Lachtin (Fig. 14) del National Museum of Ireland34. In genere tale cenno della mano viene ritenuto una sorta di pugno, ma questo gesto era raro nell’iconografia medievale, e inoltre colpire sarebbe l’unica sua possibile azione35. Nonostante ciò, sembra essere in linea con questa chiave d’interpretazione l’ipotesi formulata, seppure con esitazione, da Micheli, secondo la quale il gesto sarebbe stato appropriato per un utilizzo del reliquiario nei combattimenti36. Però van Os riferisce che il braccio attorno al 1120 fu adoperato per prestare giuramento, allo scopo di risolvere una controversia dinastica. Mentre ciascuno dei tre giuratori pronunciava le parole, il manufatto veniva proteso in sua direzione come un segno di benedizione sul patto, e tale impiego avvenne poi anche successivamente, nel primo quarto del XVIII secolo37.

A diverse interpretazioni, delle quali non si conosce con esattezza la più appropriata, si può altresì prestare l’altro gesto menzionato, cioè quello della mano aperta.

L’estremità così disposta, come prolungamento dell’avambraccio più o meno teso, non ruotato e privo di movimento del polso, sta ad indicare la direzione seguita o che si deve seguire38, la quale, nel caso dei reliquiari a braccio, ritengo potrebbe plausibilmente essere il cielo, ovvero il regno di Dio, viste le dita protese verso l’alto. Tuttavia una mano aperta con il palmo rivolto verso l’esterno simboleggia anche una disposizione all’accoglienza, all’accettazione e all’adesione39. Oppure tutela e deferenza, come sostiene Gauthier. Aggiungendo che se tale segno viene compiuto con due mani può diventare quello cristiano dell’orante, ma se attribuito come in questo caso a un braccio reliquiario di un santo, sembra «évoque la priére d’intercession que celui-ci présentait au Seigneur en faveur du fidèle», e allo stesso tempo «il réitérait en le perpétuant, un autre geste cultuel que le donateur, personnage ecclésiastique, accomplissait à l’autel, à la mémoire de ce saint, pour en obtenir l’intervention. Il est donc dirigé du fidèle au saint et du saint vers le Seigneur»40.

La mano aperta talvolta presentata da tali manufatti rimanda però anche a quello che è il primo e più importante gesto liturgico, ossia l’imposizione delle mani41, il quale reputo possa anche esserne l’interpretazione maggiormente appropriata. Nella Chiesa antica esso fu fondamentale nella confermazione e nell’ordine, e annesso ausiliarmente pure alla celebrazione eucaristica, alla preparazione dei catecumeni, al battesimo, alla riconciliazione dei penitenti e all’unzione degli infermi. Ma le funzioni sacre e i sacramenti non furono il suo campo d’impiego esclusivo, interessò anche i riti extra-sacramentali quali la consacrazione delle vergini, gli esorcismi, il canone della messa e molte benedizioni fra cui quella degli abati e delle badesse.

Il significato simbolico di tale gesto, che non deve necessariamente essere eseguito con entrambe le mani ma anche solo con la destra, è variabile in base al rito, e perciò di volta in volta determinato da delle formule d’accompagnamento42. Inoltre è assai presente sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. In particolare, in quest’ultimo, oltre a essere utilizzato per donare lo Spirito Santo e conferire un ministero viene effettuato da Gesù per benedire o guarire i malati43. Ovvero azioni che coincidono anche con gli impieghi attestati per alcuni reliquiari a braccio, ma con ogni probabilità comuni a tutta la tipologia, la quale, tra l’altro, in genere rappresenta giusto l’avambraccio destro, e quindi di conseguenza pure la relativa estremità.

Nel cercare di decifrare opportunamente cosa voglia significare questo atteggiamento della loro mano, credo infatti possa essere d’aiuto considerare anche gli usi che di essi venivano fatti, quali situazioni contestuali in cui il gesto isolato che compiono dovette acquisire un ruolo ben preciso, ed esprimere appieno il suo senso simbolico.

Gli Ordinari di monasteri e abbazie testimoniano frequentemente l’utilizzo dei reliquiari a braccio per benedire44. Per esempio, quello del tesoro della cattedrale di Essen intitolato a San Basilio (Fig. 15), che tra l’altro reca la mano aperta, il giorno della festa del santo veniva collocato sopra l’altare maggiore, e al termine della messa il celebrante lo impugnava per benedire la congregazione, muovendolo a forma di croce45. La Vita Gauzlini, datata all’XI secolo, menziona un pregiato braccio reliquiario contenente delle reliquie del sudario di Cristo con cui annualmente, alla processione nel giorno dell’Ascensione del Signore, anche in questo caso veniva benedetta la folla che vi partecipava46.

Ma tali vasi sacri potevano trovare impiego anche al di fuori dell’ambito liturgico. Il monaco Guiberto di Nogent vissuto nel XII secolo, racconta che un suo cugino gravemente malato guarì miracolosamente, dopo che su più parti del corpo dell’uomo venne premuto il prezioso braccio di Sant’Arnolfo47.

E similmente, quello di Sant’Antonio eremita (Fig. 16) custodito nel tesoro della chiesa di San Paolino a Lucca, che presenta la mano aperta ed è disposto in orizzontale, secondo una supposizione di Gauthier, la quale spiegherebbe perciò la sua insolita posizione, esso «aurait pu être imposé au fidèle, en une paraliturgie thaumaturgique»48.

Anche per il braccio di San Pantaleone (Fig. 17) del tesoro di San Marco presupporrei verosimilmente un impiego del genere. Nonostante esso sia posto in verticale ha la mano aperta, e il santo titolare di cui custodisce la reliquia fu un medico noto per poteri taumaturgici. Doti a cui si riferiva pure un’iscrizione in greco sulla superficie del braccio, scomparsa in seguito a un restauro49.

Tuttavia, avendo qui formulato un’ipotesi, non è da escludere che questo specifico atteggiamento della mano volesse in realtà comunicare o significare qualcos’altro. Esso e la benedizione latina poi, sono le gestualità più comuni che i vasi sacri a forma di arto presentano, e Hahn a riguardo, considerando anch’ella la prima come un’imposizione, ritiene siano contestualizzabili come due parti di un ulteriore gesto liturgico, cioè quello del segno della croce50.

Il modo in cui la mano si presenta deve però essere inteso quale sua interpretazione, non il segno vero e proprio, in quanto prevedendo questo un movimento della mano destra per eseguirlo, ai fini di tradurlo in immagine l’orefice deve condensarlo in un suo singolo ed eloquente cenno. Quello della mano benedicente o quella imposta appunto, che erano nient’altro che le due parti in cui veniva amministrato, durante la cerimonia liturgica, il signaculum crucis 51.

La studiosa, inoltre, prendendo in considerazione i codici miniati delle vite dei santi, in particolar modo quelle dei vescovi, dove la rappresentazione di un gesto non è isolata ma si colloca in un contesto ben preciso, giunge a un’interessante chiave interpretativa dei reliquiari a braccio.

Osserva, infatti, che nelle miniature che accompagnano il testo, raffiguranti i santi che compiono azioni miracolose, il vero punto focale della scena è costituito dal cenno effettuato dalla loro mano destra, in genere quello della benedizione e descritto nella narrazione del prodigio come il segno della croce. Viene così messa in risalto l’importanza che essa e l’arto rivestivano nell’agire di un santo poichè «functions as a locus of power»52. Potenza che tuttavia è considerata di origine divina. Infatti, come in genere succede in tali raffigurazioni, la mano destra di Dio emerge a legittimarla da un angolo della scena. Per Hahn il santo si pone allora come un intermediario fra il popolo e Dio, del quale, trasmettendo la potenza, ne esegue le volontà. E tale concezione ritiene sia sottesa anche ai reliquiari a braccio. Il santo, cioè la reliquia, con il suo braccio destro, ovvero il reliquiario, agisce a servizio di Dio, somma fonte del potere che detiene, attraverso il gesto che compie la mano. Infatti alcune iscrizioni di vari esemplari di reliquiari a braccio sembrano alludere a ciò53.

«DEXTERA DOMINI FECIT VIRTUTEM», recita quella sul braccio reliquiario del Danmarks Nationalmuseet di Copenaghen54, e simile a essa è l’incisione «DEXTERA DEI» su quello di San Basilio a Essen, che ne reca però anche una seconda «SERVE DEI VIVI/BENEDIC NOS SANCTE BASILI», nella quale il santo vescovo viene appunto designato come servo vivente di Dio55; «GAUDIA LAETA FERT MANUS ISTA, SINDONE CHRISTI PLENA REFULGENS» è invece la scritta del braccio reliquiario menzionato nella Vita Gauzlini 56. Iscrizioni di questo genere comunque non si trovano in ogni reliquiario a braccio, ma considerando che, come precedentemente accennato, essi di solito rappresentano un arto destro, ogni esemplare allude anche alla Dextera Dei 57.

Riguardo ai santi cui sono intitolati questi contenitori per reliquie a forma di arto, essi possono essere sia laici, che appartenenti alla Chiesa istituzionale, sebbene prevalga la seconda tipologia e con una netta dominanza di reliquiari a braccio di vescovi58.

Il motivo potrebbe essere dovuto al fatto che, per mezzo dei rituali liturgici che questi svolgevano in vita, le loro mani erano sacralizzate in modo diverso. Qualità che mettevano poi opportunamente in risalto indossando guanti preziosamente ornati durante le cerimonie. E così, analogamente, le mani dei reliquiari a braccio intitolati a vescovi talvolta possono calzare un guanto, oppure in alternativa indossare uno o più anelli episcopali59.

Bisogna tenere conto, inoltre, che la benedizione dei vescovi era fortemente desiderata dalla congregazione, ma vietata ai sacerdoti, i quali con il tempo arrivarono comunque a impartirla, benché non direttamente ma utilizzando un pezzo della Vera Croce o una croce, la patena, il corporale, oppure le reliquie sopra l’altare. Posto in cui anche i reliquiari a braccio venivano collocati60, se non stabilmente almeno nelle festività. Infatti uno dei primi documenti che fa riferimento a un contenitore per sacre vestigia di questo tipo e risalente all’XI secolo, menziona che il braccio di San Pantaleone, acquistato per l’abbazia di Saint Vanne a Verdun dall’abate Riccardo, risiedeva sopra di esso: «Super ipsum altare brachium s. Pantaleonis ponitur»61. Anche quello di San Basilio della cattedrale di Essen, che tra l’altro in vita fu vescovo, come si è visto il giorno della festa del santo veniva collocato sopra l’altare maggiore e poi utilizzato dal celebrante per benedire62.

Ipotizzerei perciò, che la prevalente realizzazione di reliquiari a braccio dei vescovi fosse per certi versi condizionata anche da tale esigenza.

Il vescovo in tal modo avrebbe così potuto continuare a dispensare nella liturgia, anche se non più in vita, il potere della benedizione, perché la sua presenza fisica era garantita dalle reliquie contenute nel reliquiario. E la relativa potenza, per il quale quest’ultimo funzionava da trasmettitore, come detto in precedenza veniva manifestata nella sua pienezza attraverso il gesto della mano63.

Ricordando inoltre che il gesto occupò un posto di rilievo nella letteratura religiosa medievale, la quale ne enfatizzava la perfezione e la raffinatezza specie in riferimento agli uomini santi e le loro azioni virtuose, «thus an arm reliquary could reproduce the perfect gesture of the saint and exemplary teacher as well as auspiciously extend the “reach” of the bishop or clergyman who commissioned it»64. Ma allo stesso tempo permetteva al celebrante che lo utilizzava, in modo teatrale sollevandolo per impartire la benedizione, di magnificare ed accrescere il proprio gesto e il proprio potere per mezzo di quello compiuto dalla mano del santo65.

Un altro considerevole aspetto dei reliquiari a braccio è la loro interpretazione in senso metaforico, a cui Hahn allude affermando che «the potency of the saint and his relic is brought by means of the reliquary to visible and functional power as an “arm” of the body of Church»66. Qui la studiosa fa riferimento al concetto neo testamentario del corpo mistico di Cristo, cioè la Chiesa. Quel corpo universale di cui Cristo è il capo, e le membra che ne effettuano le volontà sono tutti coloro che fanno parte della Chiesa celeste e di quella pellegrina. Insieme nel quale sono compresi anche i santi67.

Il reliquiario allora, riproducendo per mezzo della sua foggia un arto isolato raffigura una parte di un intero qual è il corpo del santo, e sembra allo stesso tempo riproporre all’esterno il carattere di frammento di ciò che contiene seppure con una nuova integrità, perché a confronto con la reliquia esso ne è una rappresentazione più completa68. Inoltre, stando alle parole di Hahn, è come se attraverso la concreta riproduzione del braccio di un santo, tali vasi sacri, in una trasposizione metaforica visiva, alludano ai santi stessi come arti. Vale a dire con il ruolo di membra attive del corpo collettivo e universale della Chiesa di cui fanno parte69. Il braccio reliquiario perciò, attraverso la sua frammentarietà, «evoke a whole beyond the individual»70.

L’idea di santa comunione però, «can also be gathered in the hand of the reliquary»71. È questo il caso dei reliquiari a braccio il cui contenuto riunisce molteplici frammenti di reliquie appartenenti a santi diversi. Nei quali secondo Hahn, il concetto viene chiaramente esplicitato qualora i contenitori raffigurino sulle loro superfici esterne i santi di cui custodiscono le reliquie72. Ciò potrebbe essere stato il caso anche del braccio reliquiario degli apostoli (Fig. 18) del The Cleveland Museum of Art, in quanto reca intagliati sulla lamina della manica i mezzibusti dei dodici santi, e sebbene oggi conservi un solo osso, presumibilmente di un apostolo, non è escluso che in origine avesse racchiuso altri loro resti73.

Ma ritengo che la medesima idea possa altresì manifestarsi attraverso quelle iscrizioni che talvolta i reliquiari presentano e sempre indicanti ciascuno dei santi le cui vestigia si trovano al loro interno. Come, per esempio, le scritte nel piedistallo del braccio aostano di Sant’Orso74, e nella manica di quello di San Zeno (Fig. 19) del tesoro della cattedrale di Pistoia75.

Il reliquiario di San Ludovico di Tolosa del Louvre, invece, traduce letteralmente la concezione che il potere non è quello del singolo ma della Chiesa nel suo insieme, attraverso la struttura e l’aspetto del contenitore. Esso, di forma cilindrica e piuttosto slanciata somiglia a un pilastro di una cattedrale in stile gotico, rappresentante perciò la Chiesa, dalla quale si protende la mano del santo76. Tra l’altro nel Medioevo, stando alle connotazioni simboliche che permeavano la costruzione degli edifici sacri, i pilastri spesso erano paragonati ai santi e agli apostoli, per l’importanza e il ruolo che questi ebbero nell’istituzione della Chiesa77.

Simbologia che, tuttavia, trovo possa anch’essa a sua volta essere trasposta figurativamente in un reliquiario a braccio a me noto, ossia quello che si presume avesse custodito le reliquie di San Cosma (Fig. 20) e conservato nel tesoro della cattedrale di Essen. La mano infatti sorregge un modellino di un’architettura religiosa, aggiunta in un secondo momento alla realizzazione del manufatto, di cui non si conosce però il vero significato78. Pertanto, il concetto del santo che ha contribuito a costituire la Chiesa di cui fa parte, potrebbe essere plausibilmente adatto come chiave interpretativa.

Ciò che è chiaro allora dei reliquiari a braccio, è che non sono delle mere rappresentazioni del loro contenuto e al quale equivalgono, poiché grazie al gesto che la loro mano compie possono essere interpretati innanzitutto come dei segni potenti e attivi. Ed essi funzionano come trasmettitori del potere della reliquia, che non è però insito nel corpo fisico del santo ma ha origine in Dio, il cui regno è anche la dimora del santo non più vivente e parallela alla terra in cui agisce79.

L’arto riprodotto dal reliquiario deve quindi essere inteso come il braccio attivo dello splendente e trascendente corpo gloriosamente risorto del santo, identico nel suo aspetto a quello terreno, e trasfigurato dalla grazia e dalla volontà divina. A favorire la ricezione del braccio in questo senso contribuiscono la preziosa e splendente materialità data dai metalli, gli smalti e le gemme con cui sono realizzati questi manufatti80.

Referenze fotografiche

Fig. 1: https://www.meravigliedivenezia.it/fr/objets-virtuels/CAT_147.html

Fig. 2: https://www.louvre.fr/oeuvre-notices/bras-reliquaire-de-saint-louis-de-toulouse

Fig. 3: https://art.rmngp.fr/fr/library/artworks/bras-reliquaire-de-saint-luc-de-toulouse_argent-metal_email-champleve_cristal-de-roche_orfevrerie-technique_gemme_dore

Fig. 4: https://www.tvqui.it/news/archivio-2013/123063/L-Arcidiocesi-si-ritrova-per-celebrare.html

Fig. 5: foto tratta da The way to heaven: relic veneration in the Middle Ages, exhibition catalogue edited by H. van Os with contributions by K. van Kooij-C. Staal, research assistant T. Tromp, Amsterdam, Nieuwe Kerk, Utrecht, Museum Catharijneconvent, 16 December 2000-22 April 2001, Baarn 2000

Fig. 6: https://www.raymond-faure.com/Halberstadt/Halberstadt_Dom_St_Stephanus_Domschatz.html

Fig. 7: foto tratta da The way to heaven: relic veneration in the Middle Ages, exhibition catalogue edited by H. van Os with contributions by K. van Kooij-C. Staal, research assistant T. Tromp, Amsterdam, Nieuwe Kerk, Utrecht, Museum Catharijneconvent, 16 December 2000-22 April 2001, Baarn 2000

Fig. 8: foto tratta da Gotico in Piemonte, a cura di G. Romano, Torino 1992

Fig. 9: https://www.medievalhistories.com/highlights-from-the-guelph-treasure-welfenschatz-self-treasure/

Fig. 10: https://abbaye-stmaurice.ch/page.php?id=fr67

Fig. 11: https://www.beweb.chiesacattolica.it/benistorici/bene/6512891/Bott.+lucchese+sec.+XV%2C+Reliquiario+a+braccio+in+argento+con+pettine+nella+mano#locale=it&ambito=CEIOA&action=CERCAOA&domini=1&regione_ecc_facc=TOSCANA&da=71&frase=braccio+reliquiario

Fig. 12: https://www.messinarte.it/tesoro-del-duomo-di-messina/sala-i/

Fig. 13: https://www.peraair.com/christian-highlights-of-turkey-1

Fig. 14: https://irelandmay2012.blogspot.it/2012/06/national-museum-of-ireland.html

Fig. 15: foto tratta da Krone und Schleier: Kunst aus mittelalterlichen Frauenklostern; Ruhrlandmuseum: Die fruhen Kloster und Stifte, 500-1200, Kunst-und Austellungshalle der Bundesrepublik Deutschland: Die Zeit der Orden, 1200-1500; eine Austellung der Kunst-und Austellungshalle der Bundesrepublik Deutschland, Bonn, in Kooperation mit dem Ruhrlandmuseum Essen, vom 19. März bis 3. Juli 2005, katalogkoordination J. Frings, J. Gerchow, Munchen 2005

Fig. 16: foto tratta da Scoperta armonia: arte medievale a Lucca, a cura di C. Bozzoli, M. T. Filieri, Lucca 2014

Fig. 17: foto tratta da Il tesoro di San Marco, opera diretta da H. R. Hahnloser, vol. II: Il tesoro e il museo, Firenze 1971

Fig. 18: https://www.learn.columbia.edu/treasuresofheaven/relics/Arm-Reliquary-of-the-Apostles.php

Fig. 19: foto tratta da Storia dell’oreficeria e dell’arte tessile in Toscana: dal Medioevo all’età moderna, Giuseppe Cantelli, Firenze 1996

Fig. 20: https://www.uni-muenster.de/Religion-und-Politik/aktuelles/2012/apr/News_Armreliquiar_der_Heiligen_Cosmas_und_Damian.html

  1. Per una loro definizione e classificazione si veda B. Montevecchi, I vasi sacri, in Dizionari terminologici, a cura di B. Montevecchi-S. Vasco Rocca, vol. IV: Suppellettile ecclesiastica, Firenze 1988, pp. 190-200, 205 []
  2. Fondamentale punto di riferimento per esso è stato, con la relativa bibliografia, C. Hahn The voices of the saints: speaking reliquaries, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, pp. 20-29, ripubblicato con alcune variazioni in C. Hahn, Strange beauty: issues in the making and meaning of reliquaries, 400-circa 1204, University Park 2012, pp. 135-141 []
  3. B. Montevecchi, I vasi…, in Dizionari…, vol. IV, 1988, p. 190 []
  4. Citaz. H. van Os, The way to heaven: relic veneration in the Middle Ages, exhibition catalogue edited by H. van Os with contributions by K. van Kooij-C. Staal, research assistant T. Tromp, Amsterdam, Nieuwe Kerk, Utrecht, Museum Catharijneconvent, 16 December 2000-22 April 2001, Baarn 2000, p. 136 []
  5. B. Montevecchi, I vasi…, in Dizionari…, vol. IV, 1988, p. 190 []
  6. B. Reudenbach, Visualizing holy bodies, observation on body-part reliquaries, in Observation in romanesque art and thought in the twelfth century: essay in honor of Walter Cahn, edited by C. Hourihane, Princeton 2008, p. 100 . []
  7. B. Reudenbach, Visualizing holy bodies…, in Observation…, 2008, p. 96 []
  8. C. Hahn, Strange beauty…, 2012, p. 140 []
  9. H. R. Hahnloser, Il tesoro di San Marco, vol. II: Il tesoro e il museo, Firenze 1971, catalogo n. 147, pp. 147-148 []
  10. B. Montevecchi, I vasi…, in Dizionari…, vol. IV, 1988, p. 190 []
  11. Ibidem []
  12. Sui reliquiari: P. Leone De Castris, Une attribution à Lando di Pietro: le bras-reliquaire de saint Louis de Toulouse, in “La revue du Louvre et des musées de France”, XXX, 1980, II, pp. 71-76; D. Gaborith-Chopin, Le bras-reliquaire de Saint Luc au musee du Louvre, in “Antologia di belle arti”, XXVII-XXVIII, 1985, pp. 5-18 []
  13. Per un approccio alla questione si veda, con le relative bibliografie: C. Walker Bynum-P. Gerson, Body-part reliquaries and body parts in the Middle Ages, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, pp. 4-7; C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, pp. 20-21; B. Reudenbach, Visualizing holy bodies…, in Observation…, 2008, p. 96 []
  14. Non sempre però è stato possibile identificare il contenuto degli esemplari giunti fino a noi. O perché vuoti e privi di iscrizioni relative a esso, oppure perché analizzato in maniera incompleta. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 21 []
  15. G. Caselgrandi, Il tesoro dell’abbazia di San Silvestro di Nonantola, Nonantola 1998, pp. 88-91 []
  16. R. Didier, catalogo n. H.58, in Ornamenta ecclesiae: Kunst und Künstler der Romanik, Katalog zur Ausstellung des Schnütgen-Museums in der Josef Haubrich Kunsthalle, herausgegeben von A. Legner, vol. III, Cologne 1985, pp. 153-154; C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 21; H. van Os, The way…, 2000, p. 136 []
  17. B. Bänsch-F. Niehoff, catalogo n. H*2, in Ornamenta ecclesiae…, vol. III, 1985, pp. 133-136; C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 21 []
  18. R. Didier, catalogo n. H.59, in Ornamenta ecclesiae…, vol. III, 1985, p. 154; C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 21; H. van Os, The way…, 2000, p. 136 []
  19. D. Thurre, L’atelier roman d’orfèvrerie de l’abbaye de Saint-Maurice, Sierre 1992, catalogo IV.1.b, p. 235; E. Rossetti Brezzi, Le vie del gotico in Valle d’Aosta, in Gotico in Piemonte, a cura di G. Romano, Torino 1992, nota n. 36, pp. 299-301 []
  20. C. Hahn, Strange beauty…, 2012, p. 136 []
  21. Ibidem. Per Hahn quelli a braccio più di ogni altro reliquiario antropomorfo potrebbero essere stati pensati con questo scopo. In tal senso la storia risalente al VI secolo dell’apostolo d’Irlanda San Ninnidh, viene intesa dalla studiosa come un mito della creazione di questi manufatti. Il santo dopo aver somministrato il viatico a Santa Brigida morente, preservò da ogni contaminazione la mano che era stata a contatto con ella ricoprendola con del metallo, e fu così soprannominato “Ninnidh dalla mano pulita”. []
  22. P. J. Geary, Furta sacra: la trafugazione delle reliquie nel Medioevo, secoli IX-XI, Milano 2000, pp. 9-11 []
  23. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 22; P. Lasko, Ars sacra: 800-1200, New Haven 1994, p. 215 []
  24. P. A. Mariaux, catalogo n. 22, in Le trèsor de l’abbaye de Saint-Maurice d’Agaune, catalogue de l’exposition sous la direction É. Antoine-König, avec la collaboration de P. A. Mariaux, assistés de M. C. Bardoz, Paris, Musée du Louvre, 14 mars-16 juin 2014, Paris 2014, pp. 90-91 []
  25. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, pp. 20-21 []
  26. Citaz. Exuviae sacrae constantinopolitanae, édité par comte P. Riant, vol. I, Genevae 1877, pp. 33-34 []
  27. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 21 []
  28. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 26; sulla virtus si veda M. Stelladoro, Significato, ruolo, potere e culto delle reliquie, in Reliques et sainteté dans l’espace médiéval, édition J. L. Deuffic, avant-propos par A. Vauchez, Saint-Denis 2006, pp. 71-74 []
  29. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 22 []
  30. La mano, benedicente, sorregge il pettine con cui il santo fu martirizzato. Sul reliquiario A. R. Calderoni Masetti, Oreficerie e smalti traslucidi nell’antica diocesi di Lucca, “serie maestri e marchi dell’oreficeria italiana”, vol. II, Firenze 1986, p. 232 []
  31. Si veda fig. 3. In questo caso la mano tiene una penna, alludendo al ruolo che il santo ebbe nella scrittura del vangelo. Sul reliquiario D. Gaborith-Chopin, Le bras-reliquaire…, in “Antologia di belle arti”, XXVII-XXVIII, 1985, pp. 5-18 []
  32. E. Mauceri, Il tesoro del duomo di Messina, in “Bollettino d’arte”, III, 1923-1924, p. 7; si veda anche M. Accascina, Oreficeria di Sicilia dal XII al XIX secolo, Palermo 1974, pp. 63-64 []
  33. I. Kalavrezou, Helping hands for the empire: imperial ceremonies and the cult of relics at the byzantine court, in Byzantine court culture from 825 to 1204, edited by H. Maguire, Washington 1997, pp.  67-70 []
  34. G. F. Mitchell, The cap of St Lachtin’s arm, in “The journal of the Royal Society of Antiquaries of Ireland”, CXIV, 1984, pp. 139-140; H. van Os, The way…, 2000, pp. 141-142 []
  35. F. Garnier, Le langage de l’image au Moyen Age, vol. I: Signification et symbolique, Paris 1982, p. 161 []
  36. L’ipotesi è riportata da C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 29, nota n. 23 []
  37. H. van Os, The way…, 2000, p. 142 []
  38. F. Garnier, Le langage…, vol. I, 1982, p. 171 []
  39. F. Garnier, Le langage…, vol. I, 1982, p. 174 []
  40. Citaz. M. M. Gauthier, Un saint du pays de Liège au bras long, in Etudes d’art medieval offertes a Louis Grodecki, reunies par S. Mc. K. Crosby-A. Chastel-A. Prache-A. Chatelet, Paris 1981, p. 110 []
  41. M. Righetti, Manuale di storia liturgica, vol. I: Introduzione generale, Milano 1998, pp. 363-365 []
  42. Ibidem []
  43. S. Cipriani, Imposizione delle mani, in Nuovo dizionario di teologia biblica, a cura di P. Rossano, G. Ravasi, A. Girlanda, Cinisello Balsamo 1988, pp. 736-740 []
  44. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 22 []
  45. R. Kroos, Vom Umgang mit Reliquien, in Ornamenta ecclesiae…, vol. III, 1985, pp. 38, 48 nota n. 273; M. Junghans, catalogo n. 145 in Krone und Schleier: Kunst aus mittelalterlichen Frauenklostern, katalogkoordination J. Frings-J. Gerchow, Ruhrlandmuseum: Die fruhen Kloster und Stifte, 500-1200, Kunst-und Austellungshalle der Bundesrepublik Deutschland: Die Zeit der Orden, 1200-1500; eine Austellung der Kunst-und Austellungshalle der Bundesrepublik Deutschland, Bonn, in Kooperation mit dem Ruhrlandmuseum Essen, vom 19. März bis 3. Juli 2005, Munchen 2005, pp. 144-145 []
  46. A. De Fleury, Vie de Gauzlin abbé de Fleury, texte édité, traduit et annoté par R-H. Bautier-G. Labory, Paris 1969, pp. 60-63 []
  47. J.F. Benton, Self and society in Medieval France: the memoirs of abbot Guibert of Nogent, “ serie Medieval Academy reprints for teaching”, vol. XV, Toronto 1994, pp. 226-227 []
  48. Citaz. M. M. Gauthier, Un saint…, in Etudes…, 1981, p. 110; Eadem, L’art de l’émail champlevé en Italie à l’époque primitive du gothique in Il gotico a Pistoia nei suoi rapporti con l’arte gotica italiana, atti del II convegno internazionale di studi, Pistoia 24-30 aprile 1966, Pistoia 1972, pp. 286-287; M. Collareta, D’oltremare e d’oltralpe. Esempi d’arte straniera a Lucca e dintorni, in Scoperta armonia: arte medievale a Lucca, a cura di C. Bozzoli-M. T. Filieri, Lucca 2014, p. 290 []
  49. Sul reliquiario: H. R. Hahnloser, Il tesoro…, vol. II, 1971, scheda n. 145, pp. 145-146; A. Guillou, Recueil des inscriptions grecques médiévales d’Italie, Rome 1996, n. 100, p. 101; sulla figura di San Pantaleone J. M. Sauget-A. M. Raggi, Pantaleone, in Bibliotheca sanctorum, vol. X, Roma 1968, pp. 108-118 []
  50. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 23 []
  51. Ibidem []
  52. Citaz. Ibidem []
  53. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, pp. 25-26. Nell’articolo vengono proposti alcuni interessanti confronti fra miniature, nelle quali le mani dei santi sono atteggiate nei gesti della benedizione e dell’imposizione. []
  54. Il reliquiario, oggi privo di mano, è datato tra l’ultimo quarto del XII secolo e il primo quarto del XIII. A. Trivellone, catalogo n. 195, in Romei e giubilei: il pellegrinaggio medievale a San Pietro (350-1350), catalogo della mostra a cura di M. D’Onofrio, Roma, Palazzo Venezia 29 ottobre 1999-26 febbraio 2000, Milano 1999, p. 398; C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 25 []
  55. Si veda fig. 15. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, pp. 25, 27; R. Kroos, Vom Umgang…, in Ornamenta ecclesiae…, vol. III, 1985, pp. 38, 48 nota n. 273; M. Junghans, catalogo n. 145 in Krone und Schleier…, 2005, pp. 144-145 []
  56. A. De Fleury, Vie de Gauzlin…, 1969, p. 62; C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 25 []
  57. B. Reudenbach, Visualizing holy bodies…, in Observation…, 2008, p. 104 []
  58. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 26 []
  59. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, pp. 26-27 []
  60. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 27 []
  61. Citaz. J. Braun, Die Reliquiare des christlichen Kultes und ihre Entwicklung, Freiburg in Breisgau 1940, p. 388 []
  62. Si veda fig. 15. R. Kroos, Vom Umgang…, in Ornamenta ecclesiae…, vol. III, 1985, pp. 38, 48 nota n. 273 []
  63. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 27 []
  64. Citaz. C. Hahn, The spectacle of the charismatic body: patrons, artists and body-part reliquaries, in Treasures of heaven: saints, relics, and devotion in medieval Europe, exhibition catalogue edited by M. Bagnoli-H. A. Klein-C. Griffith Mann-J. Robinson, Cleveland, The Cleveland Museum of art, 17 October 2010-17 January 2011, Baltimora, The Walters Art Museum, 13 February-15 May 2011, Londra, The British Museum, 23 June-9 October 2011, New Haven and London 2010, p. 166 []
  65. C. Hahn, The spectacle…, in Treasures…, 2010, pp. 166-167 []
  66. Citaz. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 27 []
  67. I Cor. 12:12-27 []
  68. B. Reudenbach, Visualizing holy bodies…, in Observation…, 2008, p. 100 []
  69. B. Reudenbach, Visualizing holy bodies…, in Observation…, 2008, pp. 104-105 []
  70. Citaz. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 28 []
  71. Citaz. B. Reudenbach, Visualizing holy bodies…, in Observation…, 2008, p. 105 []
  72. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 28 []
  73. P. M. De Winter, The sacral Treasure of the Guelphs, in “The Bulletin of the Cleveland Museum of Art”, LXXII, 1985, I, pp. 87-88; H. A. Klein, catalogo n. 40, in Treasures of heaven…, 2010, pp. 83-84 []
  74. Si veda fig. 8. D. Thurre, L’atelier roman…, 1992, catalogo n. IV.1.b, p. 235; E. Rossetti Brezzi, Le vie…, in Gotico…, 1992, nota n. 36, pp. 299-301 []
  75. L. Gai, Note per i rapporti commerciali e artistici di Pistoia con la Provenza nella seconda metà del ‘300. Il braccio reliquiario di S. Zeno nel tesoro della cattedrale di Pistoia, in “Bullettino storico pistoiese”, III, 1973, I-II, pp. 3-29 []
  76. Si veda fig. 2. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, p. 28; sul reliquiario P. Leone De Castris, Une attribution…, in “La revue du Louvre et des musées de France”, XXX, 1980, II, pp. 71-76 []
  77. M. Bagnoli, The stuff of heaven: materials and craftsmanship in medieval reliquaries, in Treasures of heaven…, 2010, p. 141 []
  78. L. Kuppers-P. Mikat, Der essener Munsterschatz, Essen 1966, pp. 78-80; J. M. Fritz, Goldschmiedekunst der gotik in mitteleuropa, Monaco 1982, catalogo n. 93,94, p. 198; H. van Os, The way…, 2000, pp. 138, 140 []
  79. C. Hahn, The voices…, in “Gesta”, XXXVI, 1997, I, pp. 27-28 []
  80. B. Reudenbach, Visualizing holy bodies…, in Observation…, 2008, pp. 101-103; C. Walker Bynum, The resurrection of the body in western christianity, 200-1336, New York 1995, pp. 209-212 []