Giuseppe Giugno

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Facere et complere imaginem. Note d’archivio sulla scultura dei De Saporito e dei De Angilo nella Sicilia centrale tra Cinque e Seicento

DOI: 10.7431/RIV21022020

La Sicilia centrale, tra Cinque e Seicento, ospita diversi centri di fervida produzione artistica. Immagini dipinte e sculture lignee ad argomento sacro affollano le botteghe di pittori e scultori destinate a decorare altari di cappelle private e residenze gentilizie1.

Dalla lettura comparata delle informazioni raccolte sugli scultori artigiani è possibile attestare l’esistenza di figure dal profilo ‘poliedrico’, abili non solo nella pittura e scultura, ma anche nell’arte della decorazione in stucco e in quella della terracotta.

Alla presenza di una produzione artistica ramificata e capillare si accosta, sovente, l’arrivo nelle aree interne di maestranze giunte da territori esterni al viceregno. È il caso di scultori napoletani, documentati nei territori, la cui produzione legata alla cultura tardo manierista meridionale ne diffonde i caratteri e stilemi linguistici anche in Sicilia. Si veda, ad esempio, il  «florido repertorio ornamentale classicista di sfingi, mascheroni e grottesche, fuso con sopravvivenze della tradizione fantastica medievale di motivi fitomorfi e zoomorfi in infinita permutazione combinatoria, dall’evidenza plastica e carichi di citazioni» del coro della chiesa madre di Enna, eseguito tra il 1588 e il 1592 dai partenopei Giuseppe di Martino e Scipione di Guido2.

Emerge, dunque, il quadro di un sistema denso di relazioni artistiche nelle città dell’isola, segnato da sinergie tra esponenti di botteghe differenti e dalla presenza di apporti artistici esterni, ai quali va tributato l’aggiornamento della cifra linguistica garantito, oltre che dalla circolazione di maestranze, dalla diffusione di modelli e incisioni in rame.

La concentrazione di botteghe, tra Cinque e Seicento, parrebbe interessare prevalentemente le principali terre demaniali e feudali. È in questi centri che crescono e si consolidano pittori e scultori artigiani, nella maggior parte dei casi inediti o poco conosciuti. La relazione tra i territori, promossa anche dall’estensione del raggio di azione nel territorio delle botteghe artigiane, comporta la propagazione di forme di contaminazione linguistica e la diffusione dei caratteri stilistici propri della produzione delle maestranze circolanti. Ne è esempio, a Caltanissetta nel Cinquecento, la presenza di artisti madoniti come Michele Ragona e Salvo di Costa, impegnati nella esecuzione di opere su richiesta dalla committenza ecclesiastica3.

Tra l’ultimo quarto del Cinquecento e il primo ventennio del Seicento emerge diffusamente nella cittadina nissena la figura dei poco noti scultori De Saporito e De Angilo. La loro presenza viene attestata dal contratto di obbligazione del 1576 relativo alla esecuzione del simulacro ligneo di San Rocco. Lavorano alla sua realizzazione Signorello e Nicola de Saporito, probabilmente fratelli, assieme ad “Antonutio” De Angilo, su commissione del reverendo don Michele de Nicoletti beneficiale dell’omonima chiesa nissena. La figura del santo venne adornata, come da contratto, dei suoi attributi iconografici, vale a dire del cane e dell’angelo:

«stipulanti facere et complere ut dicitur inblanco inmaginem ditti divi Rocci cum lu cani et l’angilo»4.

Oggi, dell’opera cinquecentesca, quasi del tutto distrutta nel corso del Novecento, si conserva soltanto il capo, il cui intaglio solido e dalle linee nette e decise ricorda nella massa della barba divisa in punta, animata da serpeggianti ciocche, il simulacro di San Paolo eseguito da Antonello Gagini per la tribuna della Cattedrale di Palermo e il San Giovanni Evangelista a lui attribuito, conservato nella basilica di San Francesco d’Assisi a Palermo5. (Figg. 123) Il dettaglio lo si ritroverà anche nella produzione di altri autori, come ad esempio nella statua di San Silvestro di Giovanbattista Li Volsi, eseguita tra il 1601 e il 1602 per la chiesa collegiata di Sant’Antonio di Padova di Agira6. Nell’opera è visibile la presenza di una ricerca espressiva che precede e allude al naturalismo plastico secentesco reso dalla modellazione sensibile dei tratti fisionomici del volto.

Le figure di Signorello e Nicola Saporito, come quella di “Antonutio”, sono abbastanza nuove nel panorama artistico del tempo. Tuttavia, circa il secondo, bisognerebbe verificare alla luce di nuove disamine archivistiche la possibile appartenenza alla bottega palermitana dello scultore Giovan Pietro D’Angelo, attivo in quegli anni tra Erice, sua città natale, ed Alcamo7. La collaborazione tra i tre scultori, cittadini di Caltanissetta ma probabilmente originari di altre località, è rilevante per attestare nel territorio l’esistenza di società di artisti largamente documentata durante l’arco del Cinque e Seicento.

Allo stato attuale degli studi, quanto resta del simulacro di San Rocco rappresenta l’unica testimonianza lignea della scultura dei De Saporito e del De Angilo tra quelle documentate nelle fonti. Il riferimento va, nello specifico, ad un crocifisso commissionato dalla confraternita nissena di San Sebastiano ad un tale scultore “Rogeri”, identificabile probabilmente con il napoletano Giovanni de Rugeri o de Rogerio8 attivo a Palermo in quegli anni, completato nel 1598 da Nicola Saporito:

«complirci uno crucifissio quali havia principiato don Rogeri di lignami / quali restao incomplito»9.

La figura di quest’ultimo compare, oltre che nel ruolo di scultore in legno, anche in quello di pittore al servizio di privati e committenti ecclesiastici. Un personaggio poliedrico, dunque, il cui nome si associa alla fattura di un simulacro di San Giovanni Battista, «figura di rilevo de Sancto Johanni»10, realizzato per l’omonima chiesa nissena. È noto dalla lettura delle fonti che la statua, commissionata nel 1599, venne ultimata nel 1601 difformemente da quanto era stato previsto nel contratto di obbligazione, il cui mancato rinvenimento non consente però di acquisire dati certi né sulle dimensioni né sui materiali con i quali doveva essere eseguita l’opera. Non è, pertanto, chiaro se il manufatto sia andato distrutto o se possa invece essere identificato con la piccola statua di San Giovanni Battista in terracotta conservata nel Museo Diocesano di Caltanissetta, un tempo posta nella facciata dell’omonima chiesa nissena (Fig. 4). Si tratta di una statuetta, ritenuta dalla critica semplicemente un bozzetto e finora attribuita allo scultore Antonello Gagini, per l’assonanza stilistica con la statua di San Giovanni Battista, realizzata dal grande maestro per l’omonima chiesa di Castelvetrano11. Occorre, tuttavia, precisare che nonostante l’opera venga esemplata sul modello iconografico gaginiano, se ne discosta decisamente per il linguaggio proiettato già ben oltre la cultura tardo manierista e proteso verso una cifra stilistica proto barocca. Ne è prova l’ampio e rigonfio panneggio dai larghi risvolti del manto, che avvolge la figura del santo, accompagnato da un coinvolgente senso della spazialità e da una teatrale vitalità, lontana dalle forme del rigore classicista. È da osservare inoltre la somiglianza della barba, divisa in punta e animata da ariose ciocche, con quella del simulacro di San Rocco (Fig. 5).

Anche la statua del San Giovanni Battista in alabastro, eseguita sul prototipo di Castelvetrano, molto simile a quella nissena, conservata nel museo del Castell’Ursino di Catania è stata recentemente espunta dal catalogo delle opere del Gagini e ricondotta alla produzione di scultori attivi tra la fine del XVII e il XVIII secolo, per via delle medesime considerazioni qui sviluppate sulla qualità del panneggio che avvolge la figura del santo, sulla ricerca espressiva nei tratti fisionomici e sul trattamento dei riccioli dei capelli12.

Ricondurre il San Giovanni Battista in terracotta allo scultore Nicola Saporito sarebbe, peraltro, pienamente in linea col profilo dell’artista, ricordato anche come plasticatore nel ciclo decorativo da lui eseguito nel 1604 per la chiesa nissena di San Paolino, oggi perduta. È proprio lo schema iconografico seguito nella esecuzione di quella decorazione, impostato sull’immagine centrale di «Dio Padre di gisso con otto Angeli proporcionati»13 collocato nell’altare maggiore della chiesa, a suggerire il rimando al Gagini, nello specifico allo schema della tribuna da lui eseguita a inizio Cinquecento per la cattedrale di Palermo14.

Il riferimento alla produzione gaginiana rappresenta, del resto, una costante per l’intero arco del Cinquecento nell’operato di molti artisti, diffuso mediante la circolazione di stampe e incisioni. Occorre precisare, a tal proposito, che le opere commissionate agli artisti del tempo andavano realizzate secondo un disegno, di cui si ha notizia nei contratti di obbligazione, proposto al committente e da lui sottoscritto. In altri casi, le fonti fanno riferimento esplicito a incisioni in rame, riproducenti probabilmente opere di artisti noti al tempo. Il dato che rimanda alla diffusione nel territorio della Sicilia centrale di exempla, sul cui modello andavano realizzate le opere commissionate, emerge chiaramente nel 1602 in un dipinto di Nicola Saporito realizzato per il convento nisseno di San Francesco: «farci la inmagini de la chena conforme al disigno in ramo sotto supra»15.

Sempre nel 1604, Pietro De Angilo, probabilmente figlio di “Antonutio”, realizza per i minori conventuali di Caltanissetta, assieme all’inedito scultore xibetano Giovanni De Manna, suo suocero, un simulacro di Sant’Antonio di Padova, andato perduto, eseguito secondo un disegno forse ideato dai due autori:

«unam imaginem Divi Antonini de Padua ut dicitur di rilevo di mustura et cannavaczo conforme lo desinno cioè in una mano havi di teniri lo giglio et l’altra lo Christo con lo libro conforme a ditto designo lo quali deve essiri magistribilmenti di coluri con soi scabello»16.

L’ultima opera di Nicola Saporito, ad oggi nota, viene documentata nel 1622. Essa riguarda un simulacro raffigurante San Vito, «faciendum inmaginem Santi Viti sollivatam»17, sui cui caratteri formali non è possibile soffermarsi perché l’opera risulta dispersa. Il riferimento al manufatto è, tuttavia, interessante perché attesta il coinvolgimento, nella sua realizzazione, di Giuseppe Saporito, figlio di Nicola. La figura di Giuseppe, tutt’ora inedita e scarsamente documentata, è di estremo interesse perché potrebbe, dopo la morte del padre Nicola, aver ereditato e guidato nel nuovo secolo la bottega, ormai nota al tempo in gran parte del territorio della Sicilia centrale.

Legenda archivi e fondi archivistici

ASCl – Archivio di Stato di Caltanissetta

T.R.P. – Tribunale del Real Patrimonio

ASPa – Archivio di Stato di Palermo

Appendice documentaria

Doc. 1

ASCl, Not. F. Calà, b. 289,  c. 661 r

Die 21 januarij 1576

Magister Antonutius de Angilo, Signorellus de Saporito et magister Nicolaus de Saporito habitatores Calatanixette mihi notario cogniti presenti coram nobis et insolidum renunciando sponte se obligaverunt et obligant Reverendo Don Michaeli de Nicolettis benefitiali Eclesie Santi Rocci mihi etiam notario cognito presenti et stipulanti facere et complere ut dicitur inblanco inmaginem ditti divi Rocci cum lu cani et l’angilo bene et magistribiliter hinc et per totum mensem martij proxime venture pro labore et elemosina prout fuerint exstimata per duos magistros comuniter eligendos relactioni quorum promisserunt stare et de ea non appellare de qua elemosina et labore prefati obligati … relaxaverunt uncias quatuor ponderis generalis de quo dixerunt habuisse et recepisse a ditto de Nicolettis stipulanti tarenos viginti quatuor ponderis generalis de contanti et totum restans dittus de Nicolettis dare et solvere promisit eisdem de Angilo orde Saporito supl. vel in pecunia numerata hic Calatanixette per totum mensem augusti proxime venture in pacem […].

  1. Per una visione più generale sulla produzione artistica nella Sicilia interna in età moderna e sull’esistenza di industrie locali al servizio della domanda interna si rimanda alla lettura di P. Russo, Scultura in legno tra Cinque e Seicento lungo il “flumen Salsum”, dai Nebrodi meridionali al “Mare Africo”, Manufacere et scolpire in lignamine. Scultura e intaglio ligneo in Sicilia tra Rinascimento e Barocco, a cura di P. Russo-S. Rizzo-T. Pugliatti, Catania 2012, p. 521. []
  2. Cfr. Idem, pp. 525-527. []
  3. Si rimanda alla lettura di G. Giugno, Scultura lignea a Caltanissetta nel Seicento tra sacro e profano, in Manufacere …, pp. 609-610. []
  4. ASCl, Not. F. Calà, b. 289, f. 661r. Per una lettura integrale si veda Doc. 1. []
  5. Il riconoscimento del simulacro della statua cinquecentesca di San Rocco si fonda sulla testimonianza di Felice Dell’Utri, che attesta l’avvenuto smembramento dell’opera nel corso del Novecento ed il tempestivo intervento del canonico Cimino che ne ha salvaguardato il capo. Sull’opera di Antonello Gagini per la cattedrale di Palermo si rimanda a La tribuna di Antonello Gagini nella cattedrale di Palermo, Regione Siciliana Assessorato Beni Culturali Ambientali e della Pubblica Istruzione Dipartimento Regionale Beni Culturali Ambientali ed Educazione Permanente, 1998-2000, p. 54. Per una visione generale della produzione di Antonello Gagini si veda H. W. Kruft, Antonello Gagini und seine Söhne, München 1980. []
  6. Cfr. A. Pettineo, Una fucina d’arte nella transizione dal Tardo Rinascimento al Barocco: la bottega dei Li Volsi, in Manufacere…, pp. 411, 414. []
  7. Per un approfondimento sullo scultore in legno Giovan Pietro D’Angelo si rimanda a L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani. Scultura, a cura di B. Patera, Novecento, Palermo 1994, pp. 80-81. Signorello Saporito è documentato nei riveli di Caltanissetta del 1593. Ha, in quel tempo, 60 anni e vive con la moglie Filippella nel quartiere del Santissimo Salvatore (ASPa, T.R.P., Riveli di Caltanissetta, reg. 105, f. 406r). Si ringrazia per il dato documentario Rosanna Zaffuto. []
  8. Lo scultore napoletano Giovanni de Rugeri o de Rogerio partecipa nel 1595 assieme allo scultore Paolo Pellegrino alla fattura di alcuni candelieri e nei primi anni del Seicento lavora in diverse chiese di Palermo, città di cui aveva peraltro acquisito la cittadinanza. Per un maggiore approfondimento sulla sua figura si rimanda a G. Mendola, Maestri del legno …, in Manufacere …, pp. 174-175. []
  9. ASCl, Not. F. Mammana, b. 352, f. 635v. Sull’argomento si rimanda a G. Giugno, Il segno della Santissima Croce nelle opere dei maestri crucifissari e nei repertori di beni artistici della Sicilia Centrale tra Quattro e Settecento, in OADI Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia, 17, 2018. []
  10. ASCl, Not. V. Mangiaforti, b. 443, f. 696r. []
  11. Cfr. E. Falzone, Caltanissetta dell’Arte, Caltanissetta [dopo il 1980], p. 110; Catalogo delle Opere del Museo Diocesano “Giovanni Speciale” di Caltanissetta, a cura di F. Fiandaca, Caltanissetta 2013, pp. 42-43. L’attribuzione ad Antonello Gagini della statua di San Giovanni Battista viene messa in discussione anche da Felice Dell’Utri e Rosolino La Mattina che ne rimandano però la paternità alla mano dello scultore Vincenzo Gagini esperto nell’arte della terracotta. Si veda R. La Mattina, F. Dell’Utri, La terracotta in Sicilia nei secoli XV XVI e XVII, Caltanissetta 1997, pp. 44, 47. []
  12. Cfr. A. Migliorato, Riflessioni su Antonello Gagini tra conferme, smentite e nuove acquisizioni, in Palazzo Ciampoli tra arte e storia. Testimonianze della cultura figurativa messinese dal XV al XVI secolo, a cura di G. Musolino, Soveria Mannelli 2016, p. 568. []
  13. ASCl, Not. Vargas Giuseppe, b. 872, f. 87r. Sull’argomento si rimanda a G. Giugno, Pittori e scultori nella chiesa di san Paolino a Caltanissetta tra Cinquecento e Seicento, in Agorà, Periodico di cultura siciliana, n. 47, a. XVI, 2014, pp. 16-19. []
  14. Sulla tribuna della cattedrale di Palermo si veda M. R. Nobile, Antonello Gagini “architetto”, 1478 ca.-1536, Palermo 2010, pp. 27-32. []
  15. ASCl, Not. G. F. Zanga, b. 156, f. 905v. []
  16. ASCl, Not. V. Mangiaforti, b. 453, s.n.f. Giovanni De Manna è probabilmente parente di Andreatta e Giovanforte La Manna, padre e figlio, che compaiono nel primo ventennio del Seicento a Calascibetta nella esecuzione di sculture in legno. Giovanforte viene anche ricordato nella qualità di pittore. Si veda P. Russo, Scultura in legno …, p. 548. Pietro d’Angelo compare tra i cittadini di Caltanissetta nei riveli del 1623 (ASPa , T.R.P.,  Riveli di Caltanissetta, b. 122 II, s.n.f.). Si ringrazia per l’indicazione del documento Rosanna Zaffuto. []
  17. ASCl, Not. P. Drogo, reg. 611, f. 146v. Giuseppe Saporito compare nei riveli del 1623 (ASPa , T.R.P.,  Riveli di Caltanissetta, b. 122 II, s.n.f.). Si ringrazia per l’indicazione del documento Rosanna Zaffuto. []