Licia Molino

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Il fantastico mondo botanico di Maria Sibylla Merian: un modello per i ricami siciliani di Età Barocca

DOI: 10.7431/RIV19032019

Maria Sibylla Merian (Fig. 1) condusse una vita straordinaria e eccezionale, animata da un implacabile desiderio di conoscenza e curiosità nei confronti di un mondo, apparentemente insignificante, come quello degli insetti. Il suo cammino, tutt’altro che comune per una donna del XVII secolo, fu essenzialmente dedicato alla riproduzione incisoria delle piccole creature, secondo un’osservazione minuta, precisa e disciplinata, senza però mai rinunciare al piacere artistico della composizione. Considerata dai suoi contemporanei una brillante entomologa e naturalista, oggi non si può non rimanere affascinati dalla valenza artistica delle sue splendide illustrazioni.

Maria Sibylla nacque nella città di Francoforte il 2 aprile del 1647, figlia del celebre incisore di vedute urbane Matthäus Merian il Vecchio e della sua seconda moglie, Johanna Sibylla Heim1. L’infanzia della giovane fu punteggiata dal suono incessante dei caratteri mobili della macchina da stampa, il cuore dell’impresa paterna. Matthäus Merian aveva ormai superato i cinquant’anni quando nacque Maria Sibylla, ed era ormai conosciuto in tutta Europa per le sue incisioni di vedute cittadine e di paesaggi, che realizzava sia per i libri di carattere scientifico, sia per le edizioni dei Grand Voyage illustrati2; la stamperia che aveva acquisito dalla sua prima moglie, Maria Magdalena de Bry, a sua volta figlia del rinomato incisore e stampatore Theodor de Bry, lo aveva condotto alla gestione di una ben avviata bottega, nota per le pubblicazioni di opere illustranti il Nuovo Mondo e non solo; Theodor de Bry inaugurò un filone dedicato allo studio delle specie vegetali e in particolare modo dei fiori, con l’opera Florilegium Novum del 16113.

Tre anni dopo la nascita di Maria Sibylla, Matthäus Merian morì; un anno dopo la morte del padre, la madre di Maria Sibylla si risposò con il vedovo Jacob Marrel, pittore di nature morte, incisore e mercante d’arte.

Formatosi presso George Flegel e Jan Davidsz de Heem, Jacob Marrel fu a sua volta maestro di un altro celebre pittore di fiori, Abraham Mignon, e di Johann Andreas Graff; in qualità di marito della vedova Merian acquisì la gestione della bottega insieme ai figliastri, Mathias Merian il Giovane e Caspar Merian, a loro volta incisori, editori e pittori4.

Maria Sibylla Merian crebbe perciò all’interno di un contesto familiare popolato da incisori di vedute urbane, paesaggisti, librari, e pittori di nature morte che influenzarono direttamente o indirettamente il suo spiccato estro artistico, e la sua imprevedibile curiosità.

È molto probabile che la sua educazione si concretizzò presso la bottega di famiglia; d’altronde le imprese gestite a livello familiare necessitavano sempre di una serie di figure che potessero rendersi utili nel trasporto di pile di carta o nell’acquisto di pigmenti; fu probabilmente svolgendo una di queste mansioni che Maria Sibylla si avvicinò con sempre maggiore curiosità ai lavori di Jacob Marrel. Nei pressi del laboratorio del patrigno è plausibile che non mancassero bruchi veri, poiché era un tratto caratteristico del pittore inserire nei dipinti elementi come larve, farfalle e altri insetti (Fig. 2)5.

Maria Sibylla espresse al meglio la sua curiosità in queste righe: «Fin dalla giovinezza mi sono dedicata allo studio degli insetti. Ho principiato con i bachi da seta nella mia città natale, Francoforte. Poi ho constatato che da altri bruchi che non sono i bachi da seta, si sviluppano farfalle diurne e notturne molto più belle, ed è ciò che mi ha spinto a raccogliere tutti i bruchi che riuscivo a trovare per osservare la metamorfosi […] Ma, per disegnarli e descriverli dal vero con tutti i colori, ho voluto nel contempo esercitarmi anche nell’arte della pittura»6.

Questa innata passione verso i piccoli insetti non ostacolò comunque la richiesta della sua mano da parte dell’allievo prediletto di Jacob Marrel, Johann Andreas Graff. Nonostante l’indubbia differenza di età, l’unione non destò alcuna meraviglia, convolando a nozze nel 1665. Tre anni dopo, nel 1668, nacque la loro primogenita, Johanna Helena7.

Successivamente la coppia decise di trasferirsi a Norimberga; in quegli anni Andreas Graff si dedicò alla pubblicazione di una serie di incisioni raffiguranti le vedute della città, mentre Maria Sibylla acquisì sempre maggiore competenza nella pittura su pergamena, nel ricamo e nell’arte dell’incisione; istituì inoltre una classe di giovani fanciulle benestanti alle quali insegnava i principi base della pittura e del ricamo su stoffa8. Le sue passioni in questi anni rimangono comunque immutate, continuando infatti a conservare insetti e a disegnare bruchi.

L’armonia coniugale e le conoscenze sviluppate e approfondite in questi anni sembrano esprimersi al meglio nella prima opera della Merian, il cosiddetto Blumenbuch, ovvero Nuovo Libro dei Fiori,  e ha come editore lo stesso Johann Andreas Graff9.

L’opera venne pubblicata in tre parti, dal 1675 al 1680; si tratta di un catalogo di tavole incise su rame, raffiguranti singoli fiori, ghirlande, mazzolini e bouquet (Fig. 3). Nel preambolo all’opera, nell’edizione del 1680, Maria Sibylla riporta alcuni aneddoti su quanti apprezzano la bellezza dei fiori, specificando inoltre lo scopo della pubblicazione: «Si è pertanto mandato in luce questo nuovo Libro dei Fiori non già per il nostro tornaconto [come avviene altrove] bensì a beneficio dei giovani vogliosi d’imparare e così pure per la memoria di coloro che ci seguiranno: affinché esso sia di qualche utilità a chi desideri sia copiare sia dipingere ma anche per le donne che amano ricamare»10.

Quasi contemporaneamente uscì un’altra opera, intitolata Der Raupen Wunderbare Verwandkyng und sondobare Blumennahrung, che viene considerata la prima pubblicazione completamente originale di Maria Sibylla11. L’opera, chiamata più generalmente Libro dei bruchi, risulta divisa in tre volumi, il primo dei quali apparve nel 1679, un anno dopo la nascita della seconda figlia Dorothea Maria, il secondo nel 1683, e il terzo ed ultimo nel 1717, poco dopo la morte della stessa autrice. Maria Sibylla con questo lavoro rivelò per la prima volta in stampa il mistero della metamorfosi; ogni tavola incisa, oltre a raffigurare con meticolosa precisione la pianta nel momento della sua massima fioritura, rendeva noto al pubblico di lettori anche il bruco che abitualmente se ne nutriva (Fig. 4)12. A differenza dell’opera con cui la Merian aveva esordito, il Libro dei Bruchi è corredato da una serie di note ampiamente descrittive che accompagnano e soddisfano le curiosità del lettore, precisando una serie di informazioni riguardanti il ciclo di vita del bruco e la sua relativa metamorfosi. Ogni pianta è identificata sia con il nome latino che con quello tedesco, proponendo in questo modo l’acquisto dell’opera anche a coloro che non avevano alcuna conoscenza della lingua antica13.

Ben presto Maria Sibylla iniziò ad acquisire una certa notorietà in qualità sia di scienziata che di pittrice.

Poco tempo dopo la pubblicazione del secondo volume del Libro dei Bruchi, nel 1683, una controversia familiare nata a seguito della morte del patrigno Jacob Marrel, provocò un’azione legale all’interno della famiglia Merian; la disputa ebbe delle probabili ripercussioni tra Maria Sibylla e Andreas Graff, in merito al lascito del defunto patrigno e maestro, che comportò una separazione inderogabile tra i due14.

Maria Sibylla insieme alle figlie e alla madre partì alla volta di Wieuwerd in Frisia, dove chiese di essere ammessa, insieme alle donne della sua famiglia, alla comunità dei labadisti.

Sebbene il movimento labadista prendesse le mosse dalla religione calvinista con cui Maria Sibylla era stata battezzata, purtroppo nessuna fonte autobiografica ci permette di approfondire lo stato d’animo con il quale decise di abbandonare la casa di Norimberga per votarsi ad una vita fatta di rinunce, rispetto alla mondanità della vita, e di espiazione religiosa15.

La conversione labadista durò circa sei anni, dal 1685 al 1691; nel 1690 Johanna Sibylla Heim morì e dopo la perdita della madre Maria Sibylla decise di ripensare ai suoi progetti per il futuro.

Il confinamento fisico, oltre che intellettuale, iniziarono a pesare fortemente sulla Merian, la quale nell’estate del 1691 decise di partire insieme alle figlie alla volta di Amsterdam16.

Negli ultimi decenni del XVII secolo Amsterdam era una capitale di circa duecentomila abitanti, nella quale fiorivano diverse attività commerciali; era un città nella quale una naturalista come Maria Sibylla avrebbe potuto, con il proprio talento, farsi strada17. Fin da subito decise di istituire una serie di corsi di pittura per giovani aristocratiche, un’attività che già in passato era stata molto redditizia. Sebbene il divorzio suscitasse ancora qualche velata critica, questo fortunatamente non intaccò la sua reputazione né la sua carriera nella nuova città18.

Durante questo periodo Maria Sibylla fece diversi progressi in qualità di pittrice oltre che di entomologa, e contemporaneamente in Inghilterra il suo Libro dei Bruchi fu accolto nelle librerie scientifiche del regno. La sua curiosità, momentaneamente placata durante il percorso di redenzione labadista, rifiorì ad Amsterdam, soprattutto nelle visite presso i musei di rarità anatomiche e di altro genere, all’epoca molto in voga19. Fu probabilmente in questo periodo, con la possibilità di toccare con mano la realtà riprodotta nei disegni del Nuovo Mondo che nacque nella mente della pittrice il desiderio di poter migliorare quelle riproduzioni di piante, insetti e animali. Questo fattore spinse Maria Sibylla ad affrontare lei stessa il viaggio verso il Nuovo Mondo, nella colonia olandese del Suriname.

In compagnia della figlia Dorothea Maria, la Merian giunse nella colonia oltremare nell’estate del 1699. Durante il suo soggiorno, di circa due anni, Maria Sibylla percorse le foreste tropicali che caratterizzavano l’entroterra della colonia, osservando con grande stupore le specie vegetali, ricercando i bruchi e sfidando la calura incessante alternata alle tempeste di pioggia improvvise e  appuntando tutti i suoi ritrovamenti20. L’esperienza benché meno prolungata di quanto inizialmente la naturalista avesse preventivato, a causa del clima ostile, le permisero di tornare ad Amsterdam carica di rotoli di pergamena dipinti, farfalle sotto spirito e bottiglie contenenti serpenti, uova di lucertola e crisalidi non ancora dischiuse21.

Il suo ritorno ad Amsterdam nel 1701 fu trionfale; il borgomastro mise a disposizione il municipio per esporre gli straordinari esemplari raccolti, mentre medici e studiosi non nascosero l’entusiasmo per quei pregevoli reperti22. Il lavoro che scaturirà da questa esperienza nel 1705 con il titolo di Metamorphosis insectorum Surinamensium, consacrerà Maria Sibylla Merian come uno dei massimi esponenti nel campo dell’illustrazione naturalistica del suo secolo. L’opera, contenente sessanta tavole incise con relative descrizioni di accompagnamento, volgeva lo sguardo verso un mondo sconosciuto, popolato da animali esotici e ignoti agli occhi del lettore europeo (Fig. 5), con significativi riferimenti inediti in merito alla cultura indigena con la quale Maria Sibylla sviluppò un rapporto di confidenza tale da fornire ai suoi lettori anche alcuni aneddoti locali in merito all’utilizzo di alcune particolari erbe e piante per scopi officinali23.

L’ormai celebre naturalista passò gli ultimi anni nella realizzazione di una edizione in lingua olandese dei primi due volumi del Libro dei Bruchi, e a completarne il terzo. Nel 1715 ebbe un colpo apoplettico e poco tempo dopo, nel 1717 si spense nella sua casa ad Amsterdam24.

L’utilizzo dei disegni botanici nel ricamo barocco

Benché fisicamente provata la Merian fu una scienziata e un’artista instancabile e dedita sino all’ultimo ai suoi lavori. Sebbene Maria Sibylla raggiunga una certa notorietà con il Libro dei Bruchi e il Libro del Suriname25, un discorso differente è bene compierlo per quanto riguarda il Blumenbuch, ovvero il Nuovo Libro dei Fiori.

L’opera, divisa in tre volumi con in tutto trentatré tavole incise, nasce con l’intento di soddisfare il piacere dei lettori amanti dell’arte e della natura, facendo riferimento a tutti coloro che, acquistando il volume, desiderassero copiarne le illustrazioni, attraverso la tecnica dell’acquarello o l’arte del ricamo26. I volumi nascono perciò per soddisfare probabilmente le richieste anche della sua classe di aristocratiche allieve che, seguendo i dettami dell’istruzione riservata al mondo femminile, erano solite praticare l’arte del cucito27.

L’illustrazione del dato floreale con la chiara intenzionalità di essere modello per l’arte decorativa è frutto di un filone ben avviato. Tra i creatori di questo genere si ricorda il nome di Pierre Vallet, il quale realizzò un’opera dal titolo Le jardin du Ray Très Chrestien Henri IV del 1608; nelle sue tavole si possono osservare splendidi esemplari floreali argomentati da una serie di suggerimenti per la trasposizione del disegno su pezza (Fig. 6)28.

Johann Theodor de Bry prese in prestito diverse tavole provenienti dall’opera di Vallet per la realizzazione del proprio florilegio, edito nel 1611 (Fig. 7); successivamente anche Matthäus Merian il Vecchio pubblicò una riedizione dell’opera del suocero, nel 1641, con il titolo di Florilegium Novum, ed è probabilmente a questo volume che si ispirò la stessa Maria Sibylla nella realizzazione del proprio album di fiori29.

L’opera della Merian scaturisce perciò da una consolidata eredità nel campo della pittura e dell’esaltazione del dato floreale; un genere che ebbe nel corso del XVII secolo una abbondante diffusione nel contesto internazionale30. Le ricerche sulle diverse tipologie dei fiori, in particolare modo quelli esotici, furono uno degli aspetti dello spirito scientifico che animò tutto il Seicento e che trovò compiutezza proprio nella pubblicazione in tutta Europa di molti florilegi31.

Anche nei tessuti e nei ricami si evidenzia un primato per quanto riguarda la rappresentazione del dato floreale. Si assiste tra Seicento e Settecento ad uno gusto per la magnificenza e per il fasto che trova proprio nei ricami di fiori i vettori principali della celebrazione del mondo aristocratico, predisposto al lusso e all’ostentazione32.

Una particolare disposizione all’attenzione del dato naturale e floreale la si può riscontrare in alcuni centri siciliani, dove emerge sin dalla fine del Seicento e per tutto il Settecento, un estro sintomatico di una classe dominante dedita alla ricchezza e alla fastosità33.

Le dinastie che con il tempo si sono avvicendate nel controllo dell’isola hanno alimentato una cultura artistica di ampio respiro internazionale, difficilmente riscontrabile in altri stati italiani o realtà europee34. I ricami databili tra la fine del Seicento e la prima parte del Settecento sono tutt’ora conservati nelle chiese del territorio35, a dimostrazione del fatto che anche il clero fu profondamente investito dai principi della mondanità sicula.

Il fascino e la preziosità riscontrabile nei ricami siciliani pongono ancora oggi molti interrogativi, sia sulla loro provenienza36, sia per quanto riguarda i modelli utilizzati dai maestri ricamatori per la realizzazione di tali esuberanti ed esotiche composizioni37.

Sebbene l’affermazione del naturalismo nella decorazione tessile sia da imputare anzitutto ad una tendenza generale insita nella cultura europea a cavallo tra Seicento e Settecento, non si può non considerare fondamentale anche la diffusione del genere pittorico della natura morta, a sua volta debitore di una nuova attenzione rivolta dal mondo scientifico e botanico nei confronti della natura.

Partendo da questi presupposti può essere stato fondamentale l’apporto, nella realizzazione dei ricami conservati in Sicilia, dei preziosi libri di botanica e dei florilegia che, come è stato precedentemente detto, avevano una larga diffusione a livello internazionale38.

Di seguito si riportano alcuni ricami che per datazione e stile potrebbero ricondurci al linguaggio compositivo e coloristico di Maria Sibylla Merian.

La pianeta di Pietraperzia (Fig. 8), datata tra il 1720 e il 1730, presenta un motivo ricamato costellato di infiorescenze, che si sviluppano secondo un andamento sinusoidale lungo il canovaccio. Fili di oro, argento e seta danno vita a candide rose, delicate campanule ma anche a corposi tulipani, dalie e peonie39. La straordinaria resa naturalistica e la libertà nella composizione del ricamo possono essere comparate con alcuni esemplari incisi nel Libro dei Fiori di Maria Sibylla Merian; una certa analogia emerge nella raffigurazione delle rose (Fig. 9), che diventa conformità nel ramo di giacinti stellati (Fig. 10) e dei grandi tulipani (Fig. 11), con la verosimile presenza anche di vivaci garofani screziati (Fig. 12). Ciò che colpisce è l’effetto chiaroscurale e pittorico impresso al ricamo che rappresenta il dato naturalistico e riscontrabile, tramite il sapiente utilizzo del bulino e della punta secca, nelle incisioni dell’illustratrice tedesca.

Se nella pianeta di Pietraperzia la composizione primeggiava per libertà compositiva e delicatezza, di tutt’altra tendenza risulta essere la pianeta proveniente da Mazzarino.

Il parato (Fig. 13), datato intorno al 1720-1740, si caratterizza per un disegno ad andamento verticale e tripartito; nell’asse centrale fiori e frutti dai colori vivaci e fastosi prosperano incorniciati da motivi rocailles, mentre nelle due barre laterali sinuosi tralci composti da fiori carnosi sono intercalati da elementi vegetali. Sebbene la grandiosità dei fiori sia ereditaria della corte seicentesca di Luigi XIV, la sontuosità del parato e la singolarità della composizione indicano una provenienza locale, dettata dall’accostamento ad altre due pianete che si trovano nella chiesa madre di Rometta40 ma non solo; le stesse rigogliose infiorescenze è possibile riscontrarle in altri parati siciliani, come ad esempio alcune pianete oggi conservate al Museo Nazionale di Palermo ma precedentemente ubicate nell’ex collegio gesuitico41, o provenienti dalla collezione De Ciccio di Napoli42.

In questo secondo caso l’accostamento con gli steli di garofani della pianeta in esame possono essere comparati con quelli presenti nella tavola n°9 del secondo volume del Libro dei Fiori, in particolare modo nell’andamento flessuoso del gambo, oltre che nella freschezza dei colori scelti (Fig. 14).

Un altro caso posto in esame è quello del parato di Piazza Armerina, composto da una pianeta e due dalmatiche, complessivamente datato intorno alla metà del XVIII secolo e riflettente ancora una volta quel gusto interessato e allo stesso tempo fastoso per il dato naturale, indiscusso protagonista di questa terna (Fig. 15)43.

Il disegno, caratterizzato da motivi a rocailles e infiorescenze, si sviluppa secondo un andamento verticale e simmetrico. Sebbene il tema risulti bipartito e raccolto intorno ad una conchiglia dorata, ci sono a ben guardare delle evidenti differenze, non solo nell’accostamento degli elementi floreali adottati ma anche nella scelta dei colori e di conseguenza degli effetti chiaroscurali.

Oltre alla presenza di foglie particolarmente brillanti nel colore e polpose nella consistenza, si può riscontrare un’altra familiarità tra la tavola del Libro dei Fiori, raffigurante un specie di rosa aperta, che può essere assimilabile alla rappresentazione di un anemone dai colori rosso e giallo (Fig. 16). Altre similarità possono essere registrate nella realizzazione a tratti tridimensionale dei tulipani.

Infine, seppure dal punto di vista della datazione più tarda, la pianeta di Mussomeli presenta ancora nel disegno ricamato alcuni elementi corrispondenti allo stile di Maria Sibylla Merian; la composizione simmetrica e a sviluppo sinusoidale è animata da una copiosa quantità di fiori, quali peonie, rose, tulipani e garofani che decorano e compongono i girali vegetali, mentre al centro della struttura primeggia un vaso biansato contenente un fascio splendidamente composto di specie floreali (Fig. 17)44. In questo caso sono i curvilinei andamenti delle foglie culminanti nei germoglianti garofani a trovare un eco o una qualche corrispondenza con l’estro delle tavole di Maria Sibylla; inoltre nei due scomparti laterali incornicianti il vaso con fiori, è possibile identificare delle aggraziate viole multicolore, simili a quelle realizzate da Maria Sibylla nella tavola n. 9 del primo volume (Fig. 18)45.

Il virtuosismo e il fasto nella composizione dei ricami siciliani analizzati fino ad adesso combaciano con un impulso locale decisamente ben avviato all’attenzione del dato naturale, alle esotiche e corpose infiorescenze che animano i ricami di questi splendidi parati liturgici.

La resa quasi palpabile della tessitura dei fiori, le gradazioni dei colori, il raggiungimento di effetti tridimensionali, sono tutti fattori che rispecchiano una manifattura di altissimo livello tecnico, oltre che di grande fantasia compositiva.

I fattori sopracitati sono gli stessi che riscontriamo, seppure in modalità differenti, nelle illustrazioni di Maria Sibylla; nelle sue stampe si sommano il piacere estetico del disegno, il dato naturalistico e la praticità con la quale le signore potevano estrapolare i modelli di incisioni e trasformarli in splendidi ricami. Queste somiglianze, in via ancora del tutto ipotetica, spero che ispirino ad una più ampia discussione e ad un confronto più serrato sui pittori che hanno stimolato l’arte del ricamo nella prima metà del XVIII secolo in Sicilia46.

  1. N. Zemon Davis, Donne ai margini. Tre vite del XVII secolo, Roma 2001, p. 147. []
  2. K. Todd, Chrysalis. Maria Sibylla Merian and the Secrets of Methamorphosis, Boston 2007, p. 25. []
  3. A. Sutherland Harris, – L. Nochlin, Le grandi pittrici 1550-1950, Milano 1979, p. 152. []
  4. N. Zemon Davis, Donne ai margini…, 2001, p. 148. []
  5. N. Zemon Davis, Donne ai margini…, 2001, pp. 148-149. []
  6. G. Valck, Metamorphosis Insectorum Surinamensium, Amsterdam 1705, p. 141. []
  7. K. Todd, Chrysalis…, 2007, p. 60. []
  8. N. Zemon Davis, Donne ai margini…, 2001, p. 150. []
  9. N. Zemon Davis, Donne ai margini…, 2001, p. 151. []
  10. Neues Blumenbuch, a cura di M. Gregorio, Roma 2015, pp. 8-9. []
  11. E. Reitsma, Maria Sibylla Merian & Daughters: women of art and science, Amsterdam 2008, p. 67. []
  12. N. Zemon Davis, Donne ai margini…, 2001, pp. 151-152. []
  13. N. Zemon Davis, Donne ai margini…, 2001, pp. 157-158. []
  14. N. Zemon Davis, Donne ai margini…, 2001, p. 162. []
  15. Der Raupen wunderbare Verwandelung und sondobare Blumennahrung, a cura di M. Gregorio, Roma 2015, p. 179. []
  16. N. Zemon Davis, Donne ai margini…., 2001, p. 171. []
  17. N. Zemon Davis, Donne ai margini…, 2001, p. 171. []
  18. N. Zemon Davis, Donne ai margini…, 2001, p. 172. []
  19. N. Zemon Davis, Donne ai margini…, 2001, p. 173. []
  20. E. Reitsma, Maria Sibylla Merian…, 2008, p. 197. []
  21. E. Reitsma, Maria Sibylla Merian…, 2008, p. 198. []
  22. Der Raupen wunderbare…, 2015, p. 186. []
  23. N. Zemon Davis, Donne ai margini…, 2001, p. 192. []
  24. Der Raupen wunderbare…, 2015, p. 188. []
  25. Abbreviazione del titolo originale dell’opera, ovvero “Metamorphosis insectorum Surinamensium”. []
  26. J. Neri, The Insect and the Image, Visualizing Nature in Early Modern Europe, 1500-1700, Minneapolis 2011, pp. 142-143. []
  27. N. Zemon Davis, Donne ai margini…, 2001, p. 150. []
  28. E. Reitsma, Maria Sibylla Merian…, 2008, p. 61. []
  29. E. Reitsma, Maria Sibylla Merian…, 2008, p. 62. []
  30. M. Carmignani, Tessuti ricami e merletti in Italia. Dal Rinascimento al Liberty, Firenze 2005, p. 104. []
  31. Ibidem. []
  32. A.L. Bruni, Ricami, tessuti e fichi d’india. Viaggio in Sicilia tra natura e cultura, Firenze 2008, p. 39. []
  33. Magnificenza nell’arte tessile della Sicilia centro meridionale. Ricami, sete e broccati delle Diocesi di Caltanissetta e Piazza Armerina, vol. I, a cura di G. Cantelli, Catania 2000, p. 13. []
  34. A.L. Bruni, Ricami, tessuti…, 2008, p. 35. []
  35. Lusso e devozione: tessuti serici a Messina nella prima metà del ‘700, catalogo della Mostra (Taormina, Palazzo Corvaja, 5 novembre 1984-15 gennaio 1985) a cura di C. Ciolino Maugeri, Palermo 1984, p. 14. []
  36. «Per quanto riguarda la provenienza dei tessuti accanto ad una rara produzione che può considerarsi locale, quelli seicenteschi e quelli più antichi sono, nella stragrande maggioranza dei casi, spagnoli, mentre quelli di pieno Settecento sono quasi tutti di origine francese o continentale». Magnificenza nell’arte tessile della Sicilia…, vol. I, 2000, p. 8. []
  37. «Capire i fili sottili della diffusione dei cartoni di questi ricami, molto più spesso che non si creda opera di famosi pittori, non è un problema facile da risolvere». Magnificenza nell’arte tessile della Sicilia…, vol. I, 2000, p.16. []
  38. M. Carmignani, Tessuti ricami…, 2005, pp. 104-105. []
  39. Magnificenza nell’arte tessile della Sicilia centro meridionale…, vol. II, 2000, p. 684. []
  40. Magnificenza nell’arte tessile della Sicilia centro meridionale…, vol. II, 2000, p. 694. []
  41. E. D’amico Del Rosso, I paramenti sacri, Palermo 1997, pp. 56-57, 62-63. []
  42. E. D’amico Del Rosso, I paramenti…, 1997, p.152. []
  43. Magnificenza nell’arte tessile della Sicilia centro meridionale…, vol. II, 2000, p. 730. []
  44. Magnificenza nell’arte tessile della Sicilia centro meridionale…, vol. II, 2000, p. 756. []
  45. Le figure inserite nel presente contributo sono state acquisite dalle seguenti opere: Neues Blumenbuch, a cura di M. Gregorio, Roma 2015; E. Reitsma, Maria Sibylla Merian & Daughters: women of art and science, Amsterdam 2008; Magnificenza nell’arte tessile della Sicilia centro meridionale…, vol. II, 2000. []
  46. Per la realizzazione di questo contributo sono stati fondamentali i consigli e i suggerimenti della professoressa Alessandra Pasolini che sinceramente ringrazio. []