Maria Concetta Di Natale

mariaconcetta.dinatale@unipa.it

Criteri di Museologia per il Museo Diocesano di Monreale

DOI: 10.7431/RIV12012015

Un Museo Diocesano ha una specifica funzione che è quella della catechesi, quella cioè di illustrare attraverso le opere d’arte cristiana la fede e la devozione della Diocesi tramandandone i temi storici e religiosi. Ciò non vuol dire che si deve trascurare l’informazione storico-artistica, indispensabile per la comprensione di ogni opera esposta, ma che ad essa si aggiunge la storia della fede, della devozione del popolo attraverso i secoli. Vengono così evidenziate da un lato figure di illustri o semplici devoti committenti e individuate dall’altro grandi personalità di artisti o umili maestri di una Sicilia in cui emerge la qualità delle opere d’arte decorativa dovute alle abili maestranze locali, chiarite le iconografie delle opere esposte e spiegate le loro sottese simbologie, talora anche con una lettura iconologica, ove è possibile illustrata in appositi pannelli didattici. Va inoltre evidenziata la funzione originaria di ogni opera d’arte e soprattutto delle suppellettili liturgiche e dei paramenti sacri, veri e propri capolavori talora non più in uso. Questi ultimi vanno preservati sia per la delicatezza della materia e dell’alto pregio, legato anche all’antichità, sia per la variazione tipologica delle forme determinata dal cambiamento del gusto. Una delle specifiche funzioni dei Musei Diocesani è, peraltro, proprio quella di consentire alle opere esposte, soprattutto alle suppellettili liturgiche, di potere essere fruite dai visitatori del Museo e di potere essere utilizzate, qualora le condizioni conservative lo consentano, per le celebrazioni solenni, non a caso, in un Duomo come quello di Monreale, dove è consentito celebrare solo con raffinate opere d’arte sacra adeguate all’incantata immensa scenografia dell’intero aureo edificio.
Il Museo Diocesano di Monreale non è un Museo come tutti gli altri, proprio perché gode del raro privilegio di dialogare con il Duomo1, certamente una delle Cattedrali più belle del mondo, in tutte le sue articolazioni interne ed esterne, e con il territorio della Diocesi, affacciandosi su Palermo e sulla già verde Conca d’oro, sia pure ormai degradata, ma che mantiene il fascino della straordinaria veduta sul mare. Sito nel Palazzo Arcivescovile, già per entrare si deve fiancheggiare la parte esterna delle absidi del Duomo, apprezzandone il gioco della policromia della decorazione architettonica normanna. L’ingresso avvince per la presenza di marmi e stemmi e per il grande sarcofago (Fig. 1) caratterizzato dalla splendida figura di un leone che uccide un asino, che rinvia al simbolo della dinastia normanna, tanto che si è ritenuto che l’opera fosse già la prima tomba di Guglielmo II poi trasformata in fontana. A Guglielmo rimanda tutta la storia di Monreale e si lega pure quella del suo Museo Diocesano. Domina, infatti, la scena del salone San Placido (Fig. 2), la prima grande sala del Museo2, già voluta dal Cardinale Ludovico II Torres nel 1590, una delle figure di maggiore spicco dell’Arcidiocesi3, di cui campeggia lo stemma al centro dell’alta volta, il grande arazzo raffigurante il sogno di Guglielmo4 (Fig. 3), posto su un piano inclinato realizzato appositamente dalla competente Soprintendenza regionale per una corretta esposizione e una migliore conservazione possibile5. Si narra, infatti, che al sovrano, addormentatosi nel riposo durante una battuta di caccia, fosse apparsa in sogno la Madonna indicandogli un luogo dove avrebbe trovato un tesoro e in quel sito avrebbe dovuto costruire il Duomo6.
Se sono state individuate già alcune delle principali funzioni del Museo tra le innumerevoli è ancora quella di ricreare l’ambientazione originaria dell’opera e ricostruire ove possibile lo spazio in cui viene presentata. Così nel grande salone San Placido, in accordo con la Soprintendenza e in particolare con l’architetto Lina Bellanca, sulla scorta del mio progetto museologico, in piena sinergia collaborativa, si sono idealmente ricostruiti gli altari laterali della cappella, ornati in basso da raffinati paliotti e in alto dalle grandi pale provenienti dalle chiese in disuso o in abbandono della grande Arcidiocesi di Monreale, e che non avrebbero potuto trovare luogo nelle altre sale del Museo proprio per le loro dimensioni. Il percorso generale del Museo è improntato, infatti, ad un criterio di progressione cronologica, con talune necessarie ed utili eccezioni, come questa, che hanno consentito non solo di superare specifiche problematiche, ma di trasformarle in utili stratagemmi come quello dello scenografico allestimento del primo salone espositivo. Hanno così trovato posto, come nella originaria funzione, i paliotti d’altare provenienti dalla Chiesa di San Vito, già in quella di Santa Maria dell’Orto di Monreale, opere di fattura locale della seconda metà del XVII secolo, tra cui è quello che raffigura San Giuseppe falegname che insegna al Bambino Gesù, entro una scenografia architettonica, intima e simbolica iconografia7. Nell’altra serie di paliotti esposti, sono raffigurate scene paesaggistiche di grande effetto illusionistico rese magistralmente da abili mani con il punto pittura, il cosiddetto pittoresco8. Alcuni di questi paliotti sono stati esposti alla Mostra Splendori di Sicilia che si è tenuta nei locali dell’Albergo dei Poveri di Palermo nel 2000-2001, organizzata dalla Presidenza della Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo e voluta dall’Assessorato ai Beni Culturali, Ambientali e della Pubblica Istruzione della Regione Siciliana9. La Diocesi prima e il Museo dalla sua apertura, il 13 aprile 2011, hanno sempre aderito alle iniziative di esposizioni e Mostre, in cui venivano offerte tutte le garanzie di sicurezza, sia per promuovere la conoscenza e divulgazione delle opere e del loro messaggio di fede cristiana, sia per l’opportunità che in tali occasioni potessero essere restaurate. Il Museo, peraltro, è dotato non solo di moderni depositi fruibili e visitabili da studiosi su richiesta, ma anche di un laboratorio di restauro diretto dal Prof. Gaetano Correnti, che ha condotto numerosi restauri scientifici proprio in occasione della fase di apertura dello stesso, sempre sotto la vigile presenza della Direzione del Museo, e in particolare del Direttore aggiunto Dott. Lisa Sciortino, e l’alta sorveglianza della competente Soprintendenza, nell’usuale sinergia che ha caratterizzato non solo il periodo di realizzazione, ma è proseguita nei successivi momenti di conduzione del Museo10. La scelta delle pale d’altare è stata dettata non solo dalle dimensioni, ma anche dalla qualità delle opere.

Tra le pale che emergono nel salone san Placido non poteva mancare quella dell’Angelo custode del famoso pittore del Seicento di Monreale Pietro Novelli11. Calamitante è poi nello stesso salone dedicato al protettore di Monreale di cui culmina la statua nel principale altare riproposto12, l’apertura sul chiostro, parte del complesso del Duomo di competenza della Soprintendenza regionale, che significativamente ha consentito l’apertura che offre la straordinaria veduta.
Salendo ai piani successivi si inizia la visita alla sala detta “Normanna” (Fig. 4), già caratterizzata dalla grande icona con la Madonna Odigitria di Guglielmo II13, perché da questa sala è possibile fruire ancora di un’altra eccezionale visione, quella dall’alto dei mosaici del Duomo che sembra quasi di potere toccare e che costituiscono proprio un’altra delle eccezionalità del Museo (Fig. 5).

La tavola della Madonna Odigitria, che era stata prescelta quale capolavoro rappresentativo ed emblematico del Museo, è oggi tornata nell’area absidale del Duomo e alla sua primitiva funzione devozionale che ha avuto una straordinaria rinascita alimentata dall’attenta conduzione ecclesiastica di S. E. Mons. Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale e del Parroco della Cattedrale Don Nicola Gaglio. Un’altra delle funzioni specifiche di un Museo Diocesano è, infatti, proprio quella di custodire le opere d’arte che non sono più oggetto di mirato culto e devozione, e, qualora se ne presentino le condizioni, di far tornare le stesse nell’habitat originario per il quale erano state ideate, così da permettere loro di svolgere la funzione per la quale erano state realizzate da abili artisti e volute da illuminati committenti, nello specifico proprio da Guglielmo II. Portata l’icona in Cattedrale per un particolare evento liturgico, si è ripresentata spontanea una devozione che ha reso utile una nuova proposta espositiva per l’opera che, nella conca absidale del Duomo, potrà da un lato tornare a dialogare con i coevi mosaici e dall’altro riappropriarsi del suo primario ruolo. Così come nel XV secolo la devozione mariana vide nuova protagonista la scultura lignea della Madonna del Popolo14, che dovette soppiantare la primitiva devozione dell’Odigitria,  meno emotivamente diretta ai devoti dell’epoca, così oggi la preziosa tavola normanna, l’icona di Guglielmo, torna a dialogare con i fedeli di un’epoca complessa come il nostro secolo, che si è appena affacciato ad un nuovo millennio così pieno di contraddizioni e aperto al dialogo interculturale.
Il posto lasciato nella sala che raccoglie opere che vanno dal periodo normanno, come i frammenti del pavimento a mosaico dello stesso Duomo, al Quattrocento, è stato ricoperto dalla rara Pietà, un bassorilievo policromo che è stato recentemente restaurato15. In questa sala è ancora un’altra importante opera, la tavola trecentesca della Madonna dell’Umiltà16, la Vergine seduta per terra che allatta amorevolmente il Bambino, la cui attribuzione ritengo debba essere ricondotta a Barnaba da Modena, sulla scorta del raffronto con opere dello stesso artista, come il polittico con la Virgen del leche del Museo della Cattedrale di Murcia17. Il dipinto dovette fare parte del flusso migratorio di opere che giunsero in Sicilia dai porti principali delle Repubbliche marinare e principalmente Pisa e Genova18. In questa sala poi sono significativamente esposte opere legate alla figura di San Luigi dei Francesi, il cui corpo sostò a Monreale, quali il Reliquiario della Sacra Spina19, cui recentemente si è aggiunto il cofanetto che accolse le reliquie del Re Santo rimaste nel Duomo, anch’esso reso fruibile dopo un importante restauro scientifico operato da Gaetano Correnti.
La sala successiva dedicata alle opere d’età rinascimentale (Fig. 6) trova il principale punto focale nel tondo maiolicato di Luca o Andrea della Robbia, importante opera proveniente dall’Abbazia di Santa Maria del Bosco di Calatamauro20. Dallo stesso sito provengono delle raffinate formelle marmoree raffiguranti la Passione di Cristo21. L’ipotesi di una possibile riunione e riesposizione di tutte le opere provenienti da Santa Maria del Bosco nel complesso monumentale del Duomo di Monreale, che comprende il Museo Diocesano, che avevo da tempo auspicato, sta avviandosi a realtà22. È in corso, infatti, per tali opere un’esposizione a cura della competente Soprintendenza, con allestimento dell’architetto Lina Bellanca, nel Dormitorio del Convento prospiciente al chiostro, che potrà presto costituire un ulteriore motivo di interesse aggiunto alla visita non solo del Museo Diocesano di Monreale, ma del complesso del Duomo tutto.
Il complesso monumentale di Santa Maria del Bosco, che annoverava tra le innumerevoli opere d’arte anche il prestigioso busto di Eleonora d’Aragona di Francesco Laurana, oggi uno dei capolavori della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, ha avuto attraverso i secoli tristi vicende. La seconda fondazione della Chiesa abbaziale, aggregata all’ordine dei Benedettini di Monte Oliveto nel 1491, risale agli anni 1583-1588, per volontà degli abati Giulio della Cava, Ambrogio da Palermo, Olimpio da Giuliana, Geronimo da Corleone23. I lavori della chiesa, che vide l’intervento di famosi architetti, come il Vanvitelli e il Marvuglia, furono completati solo nel biennio 1777-177924. La navata veniva impreziosita con dorature negli stucchi ancora nel 178125. Nel 1794, a causa dell’espulsione dei Padri Olivetani, subentravano i Padri Agostiniani, che dovettero subire le ulteriori leggi eversive del 186626.

La chiesa risplendeva inoltre «di marmi eccellenti di Carrara, di verde, diaspro, e giallo antico, di sardoniche, carniole, di Porto venere e jalino diafano e rilucente intrecciati a vaghi disegni» e di grandi lastre di agate cavate dal feudo di Giancavallo27 ed era preziosamente arricchita da sculture, pitture, apparati decorativi lignei, come il coro, restaurato nel 1844 dai Padri Agostiniani28, e suppellettili liturgiche. Molte di queste importanti opere d’arte sono state individuate e rintracciate in diverse sedi, come i dipinti indicati da Mariny Guttilla29, mentre per le suppellettili liturgiche solo pochi, sia pure importanti, esemplari è riuscita a ritrovare Rosalia Margiotta. Triste pertanto è il raffronto con i nutriti elenchi di argenteria sacra che compaiono negli inventari30. Non essendo stato possibile realizzare l’ipotesi di ricollocare le opere rintracciate nel loro luogo d’origine, per il quale erano state ideate e dove rispondevano a precise funzioni non solo storico-artistiche, ma soprattutto liturgiche e devozionali neppure per una mostra temporanea, utopica si presenta ogni ipotesi di nuova ricomposizione dell’insieme nell’originaria e complessiva unitarietà del contenitore architettonico restaurato, e quindi fruibile. Le opere d’arte superstiti e rintracciate sono state fortunatamente destinate al Museo Diocesano di Monreale. Ma perché i risultati delle ricerche e la ricomposizione globale del monumento non si fermino si può oggi, grazie alle possibilità offerte dalla tecnologia digitale, ipotizzare una pur effimera ricontestualizzazione virtuale delle opere d’arte esistenti, che andrebbero così riposizionate tutte nell’edificio architettonico, sia pure allo stato attuale, e proiettate attraverso moderni strumenti nel sito originario e nelle sale espositive del Dormitorio del convento che si affaccia nel chiostro del Duomo di Monreale e che è stato destinato a completare l’esposizione delle opere già presenti nelle sale del Museo. Certo lacunosa è la situazione della chiesa pur nell’attuale recupero, come incompleta o talora con notevoli mancanze è la presenza delle opere d’arte che completavano mirabilmente la struttura architettonica, ma per una fruizione virtuale diverse sono le possibilità di riproposizione del complesso monumentale.

Ad una prima essenziale visione del contenitore chiesastico allo stato attuale sarebbe, infatti, possibile virtualmente fare seguire le immagini dello stesso con le opere d’arte, non solo pitture e sculture, presentate sui loro altari d’origine, come è oggi possibile ricostruire grazie alle dettagliate descrizioni rintracciate attraverso testi a stampa, manoscritti e mirate ricerche d’archivio. Significativa potrebbe risultare grazie alla ricomposizione dei frammenti marmorei esposti al Museo Diocesano di Monreale la presentazione della cappella della Passione, con i bassorilievi relativi a scene cristologiche. Dovrebbe risultare di grande interesse mostrare prima lo stato reale frammentario e poi quello virtuale, facendo susseguire le immagini con la ricomposizione dei frammenti marmorei e infine con il riposizionamento degli stessi nella cappella ornata con i resti degli stucchi che ne completavano la decorazione. Così potrebbe essere virtualmente in qualche parte ripavimentata la chiesa, ripetendo più volte gli esigui resti di mattonelle maiolicate31, di cui pregevoli esempi della seconda metà del XVI secolo, con figure virili e un veliero, opera di maiolicari saccensi di quell’epoca, sono ancora custoditi nella cappella di San Michele, posta al primo piano dell’edificio monastico, attigua all’appartamento abbaziale32. Altri saranno esposti proprio nel Dormitorio di Monreale. Per l’Abbazia, peraltro, lavorarono i migliori maiolicari, come, nel 1606, i fratelli Vito e Leonardo Lo Bue, attivi a Sciacca e a Palermo33. Potrebbe seguire poi la riproposizione di un altro pavimento maiolicato, con decorazione fitomorfa, opera di maestri saccensi del XVII secolo, tuttora in posa nella sopradetta cappella, presentato virtualmente a testimoniare la varietà della produzione di quel centro34. Alla presenza di maestri maiolicari palermitani e saccensi subentra nel tardo XVIII secolo quella di maestranze burgitane, con pavimenti a intrecci geometrici e fitomorfi, che potrebbero diventare ulteriore e successivo oggetto di altra restituzione virtuale35. Di estremo interesse risulterebbe inoltre la ricollocazione virtuale sull’altare originario, della già ricordata pregevole terracotta invetriata, inserita «in un’edicola ornata da quattro colonnette di jalino»36, raffigurante la Madonna con il Bambino, più conosciuta come Madonna del Bosco, opera della fine del XV secolo già riferita a Luca della Robbia e accostata da Maria Reginella alla produzione di Andrea della Robbia37. L’opera era un tempo ornata da corone d’argento a fastigio aperto, realizzate nel 1716, come si evince da una riproduzione fotografica custodita nell’Archivio Diocesano della cittadina normanna38.

Notevoli tuttavia resteranno i vuoti, le lacune, le mancanze di tante opere d’arte diverse di cui rimangono solo lunghi elenchi in antichi e polverosi, ma preziosi, inventari che ne tramandano la memoria39. Sarà allora forse in qualche caso possibile creare nella presentazione virtuale campi diversi in cui compaiano talora testi informativi e non solo relativi alle più significative opere ricordate, ma, ove possibile, che diano anche indicazioni di manufatti diversi, specificando, quando individuabile, la loro originaria ubicazione e la loro funzione liturgica, nonché la storia della relativa devozione attraverso i secoli.

Sarebbe possibile fornire attraverso il percorso virtuale essenziali notizie storiche del complesso monumentale e delle singole opere d’arte, sia quelle superstiti, sia quelle ormai solo ricordate dalle fonti e l’approfondimento, richiesto dal fruitore, potrebbe andare avanti fino a comprendere dettagliate notizie sugli autori, non solo pittori e scultori, ma anche maestri scalpellini, marmorari, falegnami, orafi e argentieri, maiolicari, ricamatori. L’importanza delle opere d’arte decorative della chiesa e delle suppellettili liturgiche già conservate in sacrestia potrebbe riemergere attraverso le notizie della ricchezza e varietà delle stesse emersa dalle ricerche documentarie, ed essere anche completata dall’approfondimento delle indicazioni archivistiche e dagli studi sulle opere superstiti, che hanno consentito, spesso in entrambi i casi, a modesti artigiani, ad abili maestri e a grandi artisti di essere ricordati dopo secoli di dimenticanza o di anonimato40.

All’incredibile squilibrio tra la ricchezza delle suppellettili liturgiche e dei paramenti sacri tramandati dalle fonti e l’esiguità di quelle superstiti finora individuate può ancora una volta venire in aiuto la tecnologia digitale, ricostruendo, sia pure solo graficamente, con riferimento agli stili delle suppellettili elencate nei diversi inventari. La ricchezza del patrimonio dell’argenteria sacra, degli arredi e dei paramenti liturgici superstiti nell’area della Diocesi di Monreale può inoltre offrire esempi similari a quelli citati dagli inventari dell’Abbazia di Santa Maria del Bosco, verisimilmente per lo più dovuti ad abili maestri palermitani, che potranno fare da esempio nel Dormitorio.

Tornando al percorso espositivo del Museo Diocesano, la successiva progressione cronologica delle opere provenienti da chiese dell’Arcidiocesi e dalla Cattedrale avrebbe dovuto trovare continuazione diretta nella sala del “Tesoro dei Vescovi”, ma è stata ritenuta necessaria una cesura da parte della Soprintendenza, allora diretta dalla Dott. Adele Mormino, per dare spazio all’importante collezione che Salvatore Renda Pitti ha voluto donare alla Diocesi di Monreale perché fosse destinata alla pubblica fruizione41. L’eccezionalità della collezione si manifesta nelle varie opere esposte in questa sala (Fig. 7), malgrado siano state selezionate solo tra quelle di soggetto sacro o rinvianti a tematiche d’arte cristiana, su preciso e motivato parere espresso da S. E. Mons. Salvatore Di Cristina, già Arcivescovo di Monreale, cui si deve la ferrea volontà di aprire il Museo. La varietà della raccolta di Renda Pitti, in parte custodita nei depositi, ha consentito, inoltre, di realizzare mostre tematiche, come quella sui Bisquit di Capodimonte, curata da Lisa Sciortino, sempre in collaborazione con la Soprintendenza regionale, che hanno costituito costante richiamo di pubblico verso il Museo42.
Si passa poi al grande salone dedicato all’illuminata committenza dei vescovi di Monreale, “il Tesoro dei Vescovi” (Fig. 8), in cui ho voluto riproporre quanto avevo già sperimentato nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, cioè la presentazione delle suppellettili liturgiche e delle opere d’arte diverse riconducibili alla volontà degli alti prelati e pertanto accompagnate spesso dai loro stemmi, affiancandovi pannelli didattici (Fig. 9), lì come qui con ideazione e foto di Enzo Brai, che ripropongono ritratti e incisioni e talora anche sintetiche e significative biografie dei più importanti Cardinali che hanno retto nei secoli la Diocesi di Monreale.
Significativo in proposito si rivela un brano di quanto scriveva S. E. Mons. Salvatore Di Cristina, in particolare quando sottolineava che quella dei Vescovi di Monreale fa parte della “storia della committenza artistica, complessiva e completa, la quale cioè, […] voglia darci anche un’approfondita ragione del fenomeno in se stesso, ossia delle motivazioni ideali, religiose, politiche e più genericamente culturali da cui mecenati e committenti sono stati mossi o ispirati lungo i secoli, nel mutare delle epoche e delle aree geografiche, e che consideri all’occorrenza l’influsso, o l’influenza secondo i casi, che la tale e la tal’altra committenza abbiano potuto avere sull’artista di riferimento e sulla sua arte, intrigando così nel campo più proprio della storia dell’arte tout-court43. Tutte le suppellettili liturgiche costituenti il tesoro dei vescovi era già esposto in uno spazio molto esiguo e già per sé fortemente e simbolicamente decorato quale era la Cappella Roano del Duomo. La realizzazione del Museo ha consentito l’attuazione della mia ipotesi di portare tutto il Tesoro dei vescovi al Museo e di lasciare nella Cappella solo le opere che si riferiscono alla committenza dell’Arcivescovo Giovanni Roano e Corionero cui si deve la realizzazione della stessa come mausoleo per sé e per i vescovi successivi, che è già mirabilmente decorata con marmi mischi, sculture marmoree, e porte e arredi lignei che hanno ritrovato un più libero respiro di fruizione con tutto il loro forte messaggio di simbologia cristiana e devozione nei confronti del Crocifisso ligneo quattrocentesco cui è dedicata la Cappella che è stata, peraltro, inserita quale parte integrante del percorso del Museo, idealmente legata alla sala dei Vescovi44. Oltre ai ritratti dei vescovi è stato possibile inserire nei pannelli didattici di quest’ultima sala anche le incisioni che illustrano il volume di Michele Del Giudice, sulla storia degli Arcivescovi di Monreale, voluto proprio dall’Arcivescovo Giovanni Roano, che continua quella che va ufficialmente sotto il nome del Lello, ma che cela un più altolocato autore quale il Cardinale Ludovico II Torres45. Questi risulta il principale protagonista del salone dei Vescovi, con il suo ritratto, la sua incisione, le sue suppellettili liturgiche, tutte recanti il suo stemma, come pure le mattonelle maiolicate o il frammento del soffitto ligneo e persino il suo soglio vescovile marmoreo, quasi un vero e proprio trono46. La raffinatezza dell’illuminato prelato, attuatore a Monreale dei dettami della Controriforma e delle idee di San Filippo Neri, arriva ad esprimersi in dettagli quali le stoffe dei suoi parati che recano non solo ricamate, ma addirittura tessute le sue insegne araldiche, come la pianeta esposta, opera non a caso appositamente selezionata da Maurizio Vitella e presente alla ricordata Mostra Splendori di Sicilia47. Da questa sala è possibile avere una visione dall’alto del chiostro benedettino con il suggestivo angolo della simbolica fontana e del campanile. Conclude l’ambiente la sala con volta a botte dipinta a cassettoni voluta dall’Arcivescovo Domenico Gaspare Lancia di Brolo (1884-1919), che raccoglie non a caso opere del XIX secolo (Fig. 10).
Il percorso espositivo termina con la cosiddetta “Sala etnoantropologica” (Fig. 11), fortemente voluta dall’attuale Soprintendente Dott. Marilena Volpes, che raccoglie accanto ad ex-voto di devozione popolare, solitamente pertinenti a Santuari, ma in questo caso rivolti a simulacri oggetto di grande devozione della Arcidiocesi, come le ricordate sculture lignee quattrocentesche, il Crocifisso della Cappella Roano e la Madonna del Popolo, anche rare opere in ceroplastica siciliane della Collezione Renda Pitti, appositamente restaurate in occasione dell’esposizione museale48. Da quest’ultima sala si ha la più ampia veduta che il Museo possa offrire della Conca d’oro e la più ravvicinata visione del paramento murario policromo delle absidi del Duomo, ancora una delle eccezionalità di un Museo unico, quale il Diocesano di Monreale.
Tra le attività promosse dal Museo, da poco aperto al pubblico, è da ricordare la Mostra Sicilia ritrovata, che ha visto a Monreale opere provenienti dai Musei Vaticani e dalla Santa Casa di Loreto49. Per l’occasione è stato esposto per la prima volta, dopo il restauro operato nei laboratori specializzati dei Musei Vaticani, il corredo d’altare in rame dorato e corallo della Santa Casa di Loreto50. L’architetto della Soprintendenza regionale Lina Bellanca, sempre presente e partecipe alle iniziative del Museo, ha realizzato appositamente per l’allestimento, riunendo bacheche già esistenti, una piccola casa, sita all’interno del grande salone San Placido, che voleva rimandare proprio alla Santa Casa della Madonna di Loreto per raccoglierne i tesori.
Questa “piccola casa”, variamente componibile e riutilizzabile, è divenuta la sede ideale per ospitare le diverse Mostre realizzate dal Museo51.

Non si può, infine, non ricordare che il Museo è dotato di un moderno sito internet curato da Sergio Intorre52, né è possibile non citare l’attività didattica rivolta agli alunni delle scuole di ogni genere e grado, a partire dai bambini dell’asilo, che è stato possibile effettuare grazie all’impegno personale di Chiara Dell’Utri e alla lungimiranza e alla sensibilità dell’Arcivescovo,  S. E. Mons Michele Pennisi, che ha creduto nell’iniziativa e l’ha sostenuta, sentendola parte integrante dell’attenzione che costantemente rivolge personalmente ai giovani.
Non è casuale che temi della didattica museale, che punta alla valorizzazione delle Arti Decorative, parte fondamentale delle collezioni, traggano ispirazione da elementi emblematici del percorso espositivo come la “Torre narrante”, che rimanda proprio allo stemma araldico, caratterizzato da una torre, del Cardinale Ludovico II Torres e la “Caccia al Tesoro”, in cui il tesoro indicato dalla Vergine e trovato da Guglielmo riporta anche i bambini all’inizio di questa meravigliosa ed eccezionale storia narrata dal complesso monumentale tutto di Monreale e in particolare dal suo Museo Diocesano53, ex sacris imaginibus magnum fructum.

  1. Sulla cattedrale normanna si veda tra l’altro D. Lo Faso Pietrasanta di Serradifalco, Del Duomo di Monreale e di altre chiese siculo normanne, Palermo 1838; E. Mauceri, Il Duomo e il chiostro di Monreale, Milano 1935; W. Krönig, Il Duomo di Monreale e l’architettura normanna in Sicilia, Palermo 1965 e più recentemente L. Sciortino, Il Duomo di Monreale, San Vendemiano (Treviso) 2012. []
  2. L. Sciortino, La Sala San Placido nel Museo Diocesano di Monreale: sede della mostra, in Sicilia ritrovata. Arti decorative dai Musei Vaticani e dalla Santa Casa di Loreto, catalogo della mostra (Monreale, Museo Diocesano, 07 giugno – 07 settembre 2012), a cura di M.C. Di Natale- G. Cornini –  U. Utro, Palermo 2012, pp. 195-202. []
  3. Sulla figura del Torres cfr. P. Messina, De Torres Ludovico, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 39, Roma 1991, ad vocem, che riporta dettagliata bibliografia. Si veda anche V. Abbate, “Torres adest”: i segni di un arcivescovo tra Roma e Monreale, in “Storia dell’arte”, 116/117, 2007; L. Sciortino, Monreale: il sacro e l’arte. La committenza degli Arcivescovi, Quaderni “Museo Diocesano di Monreale”, collana diretta da M.C. Di Natale, n. 1, premessa di S.E.R. Mons. Salvatore Di Cristina, introduzione di M.C. Di Natale, Palermo 2011, pp. 38-73, con precedente bibliografia. []
  4. E. D’Amico-R. Civiletto, scheda I.21, in Mirabile artificio. Pittura religiosa in Sicilia dal XV al XIX secolo, a cura di M. Guttilla, Palermo 2006, pp. 132-134; L. Sciortino, Monreale…, 2011, pp. 134-135. []
  5. Il Museo Diocesano di Monreale, già voluto da S.E. Mons. Salvatore Cassisa, poi da S.E. Mons. Pio Vigo e dal compianto vescovo S.E. Cataldo Naro, apre i battenti nel 2011 per precisa volontà dell’allora arcivescovo mons. Salvatore Di Cristina dopo anni di progettazione mai portata a compimento. Potei redigere il progetto museologico in qualità di Direttore del Museo stesso, realizzato dalla Soprintendenza ai BB. CC. e P.I. della Regione Siciliana, Direttore dei lavori di allestimento museografico arch. Lina Bellanca, con la collaborazione della dott. Maria Reginella e Gaetano Bongiovanni della stessa Soprintendenza e del Direttore aggiunto del Museo Lisa Sciortino. []
  6. F. Testa, Descrizione delle feste fatte nella città di Monreale in occasione dell’essersi coronato il venerando insigne simulacro della Vergine Sagratissima detta del Popolo ovvero Santa Maria la Nuova, Palermo 1762, pp. 5-6; Idem, De vita et rebus gestis Guillelmi II , Palermo 1769. []
  7. E. D’Amico, Il ricamo e l’addobbo effimero: I paliotti nelle chiese di S. Domenico e S. Maria Dell’Orto in Monreale, in M.C. Ruggieri Tricoli, Il teatro e l’altare. Paliotti “d’architettura” in Sicilia, Palermo 1992, p. 218-220; E. D’Amico, scheda n. 8, in Splendori di Sicilia. Arti decorative dal Rinascimento al Barocco, catalogo della mostra (Palermo, Albergo dei Poveri, 10 dicembre 2000-30 aprile 2001), a cura di M.C. Di Natale, Milano 2001, p. 550. Si veda anche L. Sciortino, La Sala San Placido…, in Sicilia ritrovata…, 2012, pp. 198-199. []
  8. M.C. Ruggieri Tricoli, Il teatro…, 1992, pp. 87-88; L. Sciortino, La Sala San Placido…, in Sicilia ritrovata…, 2012, pp. 198-199. []
  9. Splendori…, 2001. []
  10. Straordinaria figura di collaboratore all’allestimento è stata quella di Santo Cillaroto, attivo nei ruoli della stessa Soprintendenza, cui si devono espedienti e realizzazioni dell’allestimento direttamente guidato dall’architetto Bellanca. []
  11. Cfr. S. Grasso, scheda I,27, in Gloria Patri. L’arte come linguaggio del sacro, catalogo della mostra (Monreale, Palazzo arcivescovile – Corleone, Complesso di San Ludovico, 23 dicembre – 6 maggio 2001), a cura di G. Mendola, Palermo 2001, pp. 94-95, che riporta precedente bibliografia; G. Mendola, scheda I,2,11, in Pompa magna. Pietro Novelli e l’ambiente monrealese, a cura di G. Davì e G. Mendola, Piana degli Albanesi 2008, pp. 84-85. []
  12. M. Guttilla, Dai Gagini ai Bagnasco. Appunti per una storia degli studi sulla scultura in Sicilia, in Mirabile artificio 2. Lungo le vie del legno, del marmo e dello stucco. Scultori e modellatori in Sicilia dal XV al XIX secolo, a cura di M. Guttilla, Palermo 2010, p. 52; L. Sciortino,  La Sala San Placido…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 197. []
  13. G. Bongiovanni, scheda I,9, in Gloria Patri…, 2001, pp. 62-63, che riporta precedente bibliografia. []
  14. A. Cuccia, Scultura lignea del Rinascimento in Sicilia. La Sicilia occidentale, in Splendori…, 2001, p. 128; L. Sciortino, Monreale: il sacro e l’arte…, 2011, p. 18; Eadem, Il Duomo…, 2012. []
  15. Il complesso restauro si deve a da Gaetano Correnti, grazie al meritorio finanziamento del Rotary Club di Monreale. []
  16. M.G. Paolini, scheda n. 1, in XV Catalogo di opere d’arte restaurate (1986-1990), Palermo 1994, pp. 13-25; E. De Castro, scheda I,10, in Gloria Patri…, 2001, pp. 64-65; L. Sciortino, Monreale: il sacro e l’arte…, 2011, p. 14. []
  17. Barnaba de Módena. Polípticos de la Virgen de la Leche y de Santa Lucía, Catedral de Murcia, Rodrigo de Osona; retablo del Calvaria, Iglesía de San Nicolás, Valencia, catalogo della mostra (Madrid, 1993), Madrid, 1993; sull’artista v. anche La Santa Caterina di Barnaba da Modena / Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, a cura di F. Simonetti, G. Zanelli, Roma 2005. []
  18. M.C. Di Natale, La pittura pisana del Trecento e dei primi del Quattrocento in Sicilia, in Immagine di Pisa a Palermo, Atti del convegno di studi sulla pisanità a Palermo e in Sicilia nel VII centenario del Vespro (Palermo-Agrigento-Sciacca, 9-12 giugno 1982), Palermo 1983, pp. 267-334. []
  19. M. Accascina, Oreficeria di Sicilia dal XII al XIX secolo, Palermo 1974, p. 106; M.C. Di Natale, Dallo scriptorium al tesoro in S. Maria la Nuova, in L’anno di Guglielmo, 1189-1989. Monreale: percorsi tra arte e cultura, Palermo 1989, p. 198; C. Guastella, scheda n. 18, in Federico e la Sicilia dalla terra alla corona. Arti figurative e arti suntuarie, catalogo della mostra (Palermo, Real Albergo dei Poveri, 16 dicembre 1994 – 30 maggio 1995), a cura di M. Andaloro, Palermo 1995, pp. 117-121; L. Sciortino, Monreale: il sacro e l’arte…, 2011, p. 16. []
  20. M. Reginella, scheda I,11, in Gloria Patri…, 2001, pp. 66-67; A. Mazzè, C’era una statua nel Bosco… La Terracotta robbiana della “Madonna col Bambino”, in L’abbazia di Santa Maria del Bosco di Calatamauro, tra memoria e recupero, Atti del Convegno di Studi (Chiusa Sclafani-Santa Maria del Bosco di Calatamauro 17-18 aprile 2004), a cura di A.G. Marchese, introduzione di C. Naro, Palermo 2006, pp. 245-252. R.F. Margiotta, Le arti applicate nell’Abbazia di Santa Maria del Bosco di Calatamauro. Note storiche e documenti, in L’Abbazia di Santa Maria…, 2006, pp. 300-301; G. Davì, Le robbiane di Sicilia: la Madonna col Bambino di Santa Maria del Bosco e scheda I.3, in Tesori ritrovati 1968-2008 storia e cultura artistica nell’abbazia di Santa Maria del Bosco di Calatamauro e nel suo territorio dal XII al XIX secolo, catalogo della Mostra (Monreale-Contessa Entellina, dicembre 2008), a cura di M. Guttilla, s.l. 2009, pp. 82-83. Sul patrimonio delle arti decorative dell’antica abbazia si veda anche M.C. Di Natale, Per un nuovo splendore a Santa Maria del Bosco. Il patrimonio nascosto di Arti Decorative: proposte per un itinerario espositivo, in Tesori ritrovati…, 2008, pp. 16-21, 23- 27. []
  21. M.C. Di Natale, Per un nuovo splendore… e V. Sola, scheda I.10,  in Tesori ritrovati…, 2008, pp. 23-24, 96-97. []
  22. L’impegno di S. E. Mons. Michele Pennisi, strettamente collaborato non solo dalla Direzione del Museo, ma anche dall’Economo Diocesano, Dott. Salvatore La Mantia, e dal Presidente dell’Ente Opere Religione e Culto, Diacono Salvatore Zanca, nonché ancora una volta da Don Nicola Gaglio, ha fatto sì che si raccogliessero a Monreale opere ormai di competenza del FEC, provenienti dalla diruta chiesa di Santa Maria del Bosco in sinergia non solo con la Soprintendenza, Soprintendente Dott. Marilena Volpes, con il Direttore di sezione Dott. Maddalena De Luca, e la Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, Direttore Dott. Gioacchino Barbera, ma anche con la Prefettura di Palermo. []
  23. Cfr. N. Arcadipane, S. Balletta, L. Miceli, Le pergamene del monastero di santa Maria del Bosco di Calatamauro (1264-1763), Palermo 1991, p. 17; P. Olimpio da Giuliana. Memorie antiche del monastero di santa Maria del Bosco. Manoscritto del 1582 postillato da Torquato Tasso, a cura di A.G. Marchese, Palermo 1995, pp. 104-105. Si veda anche A. Schirò, Il monastero di Santa Maria del Bosco di Calatamauro in Sicilia. Memorie e documenti, Palermo 1894, pp. 264, 281. []
  24. M. Guttilla, Santa Maria del Bosco: Collezione pittorica e riferimenti culturali nel tardo Settecento, in L’Abbazia di Santa Maria…, 2006, pp. 283-298, che riporta la precedente bibliografia; A. Zalapì, Il cantiere olivetano della chiesa nuova: fonti e documenti, in Tesori ritrovati…, 2008, p. 70. []
  25. A. Schirò, Il monastero…,  1894, p. 282. []
  26. A. Schirò, Il monastero…,  1894, pp. 290-299. []
  27. A. Schirò, Il monastero…,  1894, p. 285. []
  28. A. Schirò, Il monastero…,  1894, p. 289. Sugli arredi della chiesa si veda anche A. Zalapì, Il cantiere olivetano…, in Tesori ritrovati…, 2008, pp. 67- 69. []
  29. M. Guttilla, La palma e la corona. Cultura artistica del secondo Settecento a Santa Maria del Bosco e Dipinti inediti o poco noti del Settecento tra Contessa e Bisacquino da Filippo Randazzo a Mariano Rossi, in Tesori ritrovati…, 2008, pp. 32-47. []
  30. R.F. Margiotta, Le arti applicate…, in  L’Abbazia di Santa Maria…,  2006, pp. 299-312. []
  31. Si veda tra l’altro M. Reginella, scheda II.2 e II.3, in Tesori ritrovati…, 2008, p. 101. []
  32. R.F. Margiotta, Le arti applicate nell’Abbazia…, in L’Abbazia di Santa Maria…, 2006, pp. 303-304. []
  33. Ibidem. Per la famiglia dei maiolicari Lo Bue cfr. I. Navarra, La maiolica siciliana dal ‘300 al ‘600, Sciacca 2008, che riporta la precedente bibliografia e più recentemente L. Ajovalasit, in Arti decorative in Sicilia, Dizionario biografico, a cura di M.C. Di Natale, 2 voll., Palermo 2014, ad vocem. []
  34. R.F. Margiotta, Le arti applicate nell’Abbazia…, in L’Abbazia di Santa Maria…, 2006, pp. 303, 305. Si veda anche M. Reginella, scheda I.9, in Tesori ritrovati…, 2008,  p. 95. []
  35. R.F. Margiotta, Le arti applicate nell’Abbazia…, in L’Abbazia di Santa Maria…, 2006, pp. 305, 307. Si veda anche M. Reginella, scheda II.9, in Tesori ritrovati…, 2008,  p. 112. []
  36. A. Schirò, Il monastero…,  1894, p. 284. []
  37. Cfr. M. Reginella, scheda I,11, in Gloria Patri…, 2001, pp. 66-67. Si veda anche P. Olimpio da Giuliana…, 1995, p. XXVII, nota 69; R. La Mattina – F. Dell’Utri, La terracotta in Sicilia nei secoli XV – XVI – XVII, Palermo 1997, p. 58; F. Negri Arnoldi, Due esempi di terracotta in Sicilia, in Splendori di Sicilia…, 2001, pp. 108-113. A. Mazzè, C’era una statua…, in L’Abbazia di Santa Maria…, 2006, pp. 245-252; M.C. Di Natale, Per un nuovo splendore…, G. Davì, Le robbiane…, e scheda I.3, in Tesori ritrovati…, 2008, pp. 82-83. []
  38. R.F. Margiotta, Le arti applicate nell’Abbazia…, in L’Abbazia di Santa Maria…, 2006, pp. 300-301. []
  39. È il caso, tra i tanti, dei ricchi e vari innumerevoli paramenti sacri elencati nei dettagliati inventari a partire dal 1642, ritrovati e trascritti dalla Margiotta. Cfr. R.F. Margiotta, Le arti applicate nell’Abbazia…, in L’Abbazia di Santa Maria…, 2006. []
  40. Così dalle ricerche documentarie e dall’individuazione di alcune pregevoli suppellettili liturgiche d’argento da parte di Rosalia Francesca Margiotta (Le arti applicate nell’Abbazia…, in L’Abbazia di Santa Maria…, 2006, p. 308) si può evincere non solo la presenza di opere di importanti argentieri, ma anche il privilegio per la maestranza degli orafi e argentieri di Palermo, dovuto non certamente solo alla posizione geografia dell’Abbazia, ma al prestigio cui godevano gli abili maestri. Per la committenza di opere d’arte d’argento destinate al monastero nemorense si veda anche G. Mendola, Inediti d’arte nella Diocesi di Monreale, in Gloria Patri…,  2001, p. 24; A. Zalapì, Il cantiere olivetano…, in Tesori ritrovati…, 2008, pp. 68- 69. []
  41. Tra le opere collezionate dal Renda Pitti si ricordano tra l’altro il calice e la pisside di gusto rococò caratterizzati alla base dalle figure delle Virtù Teologali. Si veda M.C. Di Natale, Dallo scriptorium…, in L’anno di Guglielmo…, 1989, p. 199; L. Sciortino, schede 16 e 20, in Tracce d’Oriente. La tradizione liturgica greco-albanese e quella latina in Sicilia, catalogo della mostra (Palermo, Palazzo Bonocore, 26 ottobre -25 novembre 2007), a cura di M.C. Di Natale, Palermo 2007, pp. 187, 191. Per la pisside si veda anche V. Chiaromonte, scheda I,62, in Gloria Patri…, 2001, p. 145. []
  42. Bianche Figurazioni. Biscuits neoclassici dalla collezione Renda Pitti (Museo Diocesano di Monreale, 22 novembre 2012-22 febbraio 2013), a cura di L. Sciortino. Sull’argomento cfr. https://www.unipa.it/oadi/index.php?option=com_content&task=view&id=440&Itemid=253#_ednref1 []
  43. S. Di Cristina, Presentazione, in L. Sciortino, Monreale: il sacro e l’arte…, 2011, p. 7. []
  44. L. Sciortino, La Cappella Roano…, 2006, pp. 66-69. []
  45. G.L. Lello, Historia della chiesa di Monreale scritta da Giovanni Luigi Lello, Roma 1596; M. Del Giudice, Descrizione al Tempio e monasterio di Santa Maria Nuova, di Monreale. Vite de’ suoi Arcivescovi, Abbati e Signori col commissario dei privilegi della detta detta santa Chiesa di Gio. Luigi Lello, Ristampa d’Ordine dell’Illustriss. E Reverendiss. Monsignore Arcivescovo Abbate Don Giovanni Ruano. Con le osservazioni sopra le fabbriche e mosaici della Chiesa, la continuazione delle Vite degli Arcivescovi, una tavola cronologica della Medesima istoria, e la notizia dello stato presente dell’arcivescovado. Opera del Padre Don Michele del Giudice Priore Cassinese. Dedicata al Signor D. Giovanni Ruano e Rosso, Governatore Generale della Città e Stato di Monreale, Palermo 1702. []
  46. L. Sciortino, Monreale: il sacro e l’arte…, 2011, pp. 38-73. []
  47. M. Vitella, Paramenti sacri di committenza vescovile: analisi storico-critica di alcuni manufatti tessili della Sicilia occidentale, in Splendori…, 2001, pp. 223-226; R. Civiletto, scheda n. 17, in Splendori…, 2001, pp. 559-560; L. Sciortino, Monreale: il sacro e l’arte…, 2011, p. 70. []
  48. Tra le opere in cera restaurate da Gaetano Correnti si veda N.A. Lo Bue, scheda I,3 e I,8, in Gloria Patri…, 2001, p. 53, 61. []
  49. Si veda Sicilia ritrovata…, 2012. []
  50. M.C. Di Natale, I coralli della Santa Casa di Loreto e R.F. Margiotta, La ricerca d’archivio. Note documentarie sulla produzione siciliana di manufatti in corallo, in Sicilia ritrovata…, 2012. []
  51. Tra le mostre non ultima quella dedicata alle opere d’arte sacre in corallo realizzate dal maestro corallaro trapanese Platimiro Fiorenza che ha donato un suo Presepe in corallo al Museo. Si veda Platimiro Fiorenza RossoCorallo Arte e fede, (Museo Diocesano di Monreale 6 dicembre 2014-31 gennaio 2015), Trapani 2014. []
  52. A tal proposito v. S. Intorre, Il Museo nel Web – Un caso di studio, teCLa – Temi di Critica e Letteratura artistica, collana diretta da Simonetta La Barbera, n. 2, Palermo 2003. []
  53. C. Dell’Utri, La Didattica museale per le arti decorative. Il progetto “La Torre narrante” al Museo Diocesano di Monreale, Quaderni “Museo Diocesano di Monreale”. Didattica 1, collana diretta da M.C. Di Natale, premessa di S.E.R. mons. M. Pennisi, introduzione di M.C. Di Natale, Palermo 2014. Tutte le iniziative fin qui citate beneficiano di un’accurata promozione sulle principali testate giornalistiche grazie al puntuale lavoro dell’ufficio stampa del Museo, coordinato da Antonio Mirto. []