Mauro Sebastianelli – Maria Vitale

maurosebastianelli@hotmail.com – mariavtale@gmail.com

Corone metalliche ed ex voto applicati ai dipinti su tela: problemi di conservazione e possibili soluzioni

DOI: 10.7431/RIV11062015

Questo studio prende spunto dall’analisi di un manufatto composito conservato all’interno del Museo Diocesano di Palermo: un dipinto ad olio su tela di autore ignoto e databile al XVIII secolo, di formato ovale, raffigurante l’Addolorata, che presenta l’applicazione di due elementi metallici, in particolare la corona sul capo della Vergine e il pugnale sul petto secondo quanto descritto dalla profezia di Simeone1, inserito all’interno di una cornice lignea intagliata e dorata (Fig. 1). Bisogna sottolineare come la presenza delle componenti metalliche consenta, in base al momento di applicazione, di classificare questo genere di manufatto secondo tipologie differenti: opere già ideate con tali elementi o manufatti che hanno subito le incoronazioni ufficiali e raffigurazioni oggetto di grande devozione popolare che vengono “abbellite” dall’applicazione di corone e/o ex voto. A quest’ultima tipologia appartiene l’Addolorata del Museo Diocesano. Con tale ricerca si vuole portare all’attenzione una tipologia di opere poco studiate e indagate, ma molto diffuse in tutta l’Italia e in particolare in Sicilia, incitare nuovi studi su tali manufatti e approfondimenti sia di carattere storico-artistico che soprattutto tecnico-esecutivo, oltre che di stampo prettamente scientifico-conservativo, secondo le diverse casistiche che si possono riscontare. Spesso negli interventi di restauro eseguiti su questa categoria di opere, sia in passato che ancora oggi, si tende a “snaturare” il dipinto prevedendo la rimozione degli elementi metallici; questi, talvolta, si configurano come ex voto di fattura recente che, se in quantità copiosa, possono offuscare la lettura dell’immagine; talvolta invece sono oggetti che hanno una certa valenza storica poiché realizzati tra il XVIII e il XIX secolo. Così storicizzata è l’iconografia di queste opere, la quale si è tramandata nel corso dei secoli ed è nota alla devozione popolare con la presenza di tali elementi metallici, molto spesso le corone. Perché incoronare un’immagine della Vergine Maria? Se la prassi di incoronare le raffigurazioni della Madonna particolarmente venerate dal popolo cristiano risale a poco più di quattro secoli fa, il tema della sua regalità è invece più remoto: le diverse culture nei due millenni di Cristianesimo, in Oriente e in Occidente, hanno variamente espresso, sia nell’arte figurativa che nella preghiera liturgica, la contemplazione di tale prerogativa della Madre di Dio. Nel Nuovo Testamento non c’è esplicita attribuzione del titolo di Regina a Maria di Nazaret, ma l’iconografia ha trascurato di adottare il riferimento alla regalità e ai suoi simboli per esprimere il mistero di Maria e dal Medioevo lo stesso tema è stato sviluppato dall’innologia e dalla preghiera, sia liturgica che privata2. La tradizione cristiana ha attribuito a Maria il titolo di Regina fin dal IV secolo soprattutto dopo il Concilio ecumenico di Efeso del 421 in cui fu riconosciuta la maternità divina della Madonna definendo l’unione ipostatica delle due nature, l’umana e la divina, in Gesù Cristo e la conseguente maternità di Maria, a cui venne conferito solennemente il titolo di “Madre di Dio”3. Sant’Alfonso Maria de Liguori (1787) sintetizza il pensiero teologico e dottrinale della regalità di Maria nel suo testo “Le glorie di Maria” in cui afferma: «poiché la Vergine Maria fu esaltata a essere madre del Re, ben a ragione la santa Chiesa l’onora e vuole che sia onorata da tutti con il titolo glorioso di Regina.». «Se il Figlio è Re –continua il de Liguori– la Madre giustamente deve essere chiamata e considerata Regina»4, quindi se Gesù è Re dell’universo anche Maria è Regina dell’universo. Progressivamente numerosi appellativi regali furono usati dal popolo cristiano creando una manifestazione devozionale, sia nel culto liturgico (Salve Regina, Regina coeli, etc.), sia nelle preghiere mariane (rosario, litanie lauretane, etc.) che nell’iconografia. L’attribuzione del titolo di regina alla Madonna divenne patrimonio della Chiesa e l’11 ottobre del 1954 Pio XII istituì la festa liturgica di Maria Regina a conclusione di un movimento ecclesiale iniziato e sviluppato nel XX secolo. L’accentuazione della regalità di Maria, promossa in quel periodo, sia a livello devozionale che di riflessione teologica, trova espressione nel principale documento del magistero sulla sovranità mariana, ovvero l’enciclica Ad coeli reginam di Pio XII, in cui due sono gli elementi teologici fondamentali: il primo è la divina maternità, il secondo è il ruolo posseduto da Maria nella salvezza eterna insieme al del Redentore5. Padre Corrado Maggioni, nel suo studio mariologico, descrive e spiega la regalità di Maria; il segno della corona riunisce una sovrapposizione di significati legati alla regalità di questo mondo e al messaggio della rivoluzione biblica: l’epiteto Regina Madre, è legato alla divina maternità «Colei che ha generato l’erede del trono di Davide, il Re di un regno che non avrà fine» (Vangelo di Luca (Lc 1, 33-34): «Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine.». Vangelo di Luca (Lc 1, 33-34): «Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine.».)). Accanto al titolo di Regina Madre, la tradizione cristiana ha attribuito a Maria l’appellativo di Regina Sposa. Nella sposa seduta sul trono di Cristo, stretta a lui da un’indissolubile comunione, la Chiesa celebrante i santi misteri contempla come in uno specchio il proprio mistero: Maria è immagine della Chiesa e icona del popolo battezzato. La corona della Vittoria è connessa alla sua glorificazione celeste allorché riceve la corona della gloria che non appassisce. L’idea è mediata dall’uso greco-romano di porre una corona intrecciata di foglie e fiori sul capo dei vincitori nelle competizioni sportive, uso richiamato da San Paolo per illustrare il premio riservato a quanti hanno seguito fedelmente Cristo sino al traguardo. L’incoronazione della Vergine è intesa come coronamento del suo pellegrinaggio terreno, direttamente connessa con la sua assunzione in cielo. L’idea sottesa a questo tipo di incoronazione è in relazione con la vittoria di Maria sul peccato e sulla morte6. Un altro aspetto è l’incoronazione come segno di partecipazione alla signoria di Cristo: motivata dalla condivisione del suo servizio – «il più grande è colui che serve»7 – quindi Maria è regina perché è serva. La regalità è un appello rivolto a tutti, contrariamente a quanto accade per la regalità di questo mondo, che procede per linea dinastica; la nobiltà, nel regno dei cieli, si ottiene per imitazione di Cristo come la regalità di Maria che è riverbero di quella del Figlio8. Il rito dell’incoronazione di un’immagine della Madonna può essere collocato per un verso nel solco delle valenze bibliche della regalità di Maria, per l’altro come espressione della solennità di questo gesto, sorto come pratica della pietà popolare nei confronti di raffigurazioni della Madre di Dio, non concepite originariamente per esprimerne la sovranità o la gloriosa incoronazione in cielo9. L’origine dell’uso di coronare in forma pubblica e solenne l’immagine di Maria risale al XII–XIII secolo, da parte dei sette Fondatori dell’Ordine dei Serviti, molto devoti alla Vergine Addolorata che apparve sul monte Senario, nei pressi di Firenze, la sera del 25 Marzo 1239 che in quell’anno cadeva di Venerdì Santo. Da quel momento si stabilì che ogni anno, la sera del Sabato Santo, venisse incoronata con grande fasto l’immagine della Vergine Addolorata10. Poco prima San Bernardo di Chiaravalle (1090 – 1153) aveva lanciato il culto della Vergine affermando che per raggiungere Dio non è sufficiente la ragione, ma occorre la preghiera e l’intercessione della Madre di Gesù11. La pietà cristiana ha da sempre svariati modi per comunicare con la Madre di Dio e conosce molteplici forme di venerazione, invocazione, supplica e affidamento (accendere una candela a una sua immagine, lasciarvi un fiore, venerarla, supplicarla, pregarla). L’arte cristiana, sin dai tempi più remoti, si è espressa nella pittura e nella scultura attraverso immagini della Madonna con una corona sul capo12. Dalla pietà e dall’arte cristiana nasce l’idea di una nuova forma di venerazione della Vergine santissima: apporre materialmente sul suo capo una preziosissima corona13. Restando nell’ambito dell’incoronazione di un’immagine mariana, il senso di tale atto è racchiuso nella ritualità adottata per compierlo; sono i simboli, i gesti, le preghiere, i canti ad esprimere il significato del cingere con un diadema un’effige della Madonna14. Nell’incoronazione il simbolo principale è la corona, preziosa e regale, la cui antenata è la ghirlanda, intreccio di foglie e fiori di forma circolare, posta sul capo per indicare il benefico influsso di tali piante, la quale poteva avere potere purificatore sia per i defunti, come in Egitto, che per i combattenti vittoriosi, trasformandosi poi in segno di trionfo e riconoscimento del valore15. In antichità esistevano diverse corone differenziate in base al destinatario, ma sempre col significato di segno visibile di una realtà invisibile. L’atto dell’incoronazione “sembra” avere analogia con i fasti e il dominio di questo mondo, in realtà è memoria dell’azione di Dio, manifestata in Cristo e in Maria giacché egli incorona gli umili di vittoria ed è invito a seguire la medesima strada evangelica percorsa da Cristo e da sua Madre. La valenza del rito dell’incoronazione è declinata da una triplice dimensione cristologica, mariologica ed ecclesiologica16. L’atto di apporre delle corone su un’immagine modifica il messaggio stesso dell’opera, poiché vuol dire trasformare la “Madonna” in “Maria Regina. La consuetudine di impreziosire le rappresentazioni mariane ha origine molto indietro nel tempo17. Una prima immagine che vuole illustrare questa pia usanza dei fedeli è la Madonna Nikopea, icona costantinopolitana della Basilica di Venezia che, anche se non ha la corona, è raffigurata in modo molto prezioso; spesso questo amore per le immagini e la voglia di contribuire all’arricchimento visivo del capo di Maria si trasforma in una spontanea incoronazione18. Il motivo legittimante di queste usanze del popolo cristiano è la gloria che il popolo di Dio e il Nuovo Testamento attribuiscono a Maria, che non è altro che il riflesso della gloria di suo Figlio. Maria è gloriosa perché è madre e al contempo figlia e sposa di Cristo. L’arte cristiana ha illustrato chiaramente il rapporto della gloria della Vergine con quella del Figlio come nei polittici di Jan e Hubert Van Eyck in cui Maria è raffigurata seduta accanto a Dio Padre, vestita da Regina con una corona di gigli e rose sul capo19. Alla base della devozione di Maria come regina, vi è il capitolo 12 del Libro dell’Apocalisse dove si parla di una donna con un bambino che si oppone al drago; non è esplicitamente Maria, ma la Chiesa, anche se l’allusione è evidente. Per tutta la storia dell’arte cristiana la Vergine ha avuto una valenza ecclesiologica20. L’immagine di Maria come regina risale agli inizi dell’arte cristiana, cioè dopo il V–VI  secolo, come testimoniato dalla Basilica ravennate di S. Apollinare. Sempre a Ravenna, nella Basilica di S. Vitale, è raffigurato Cristo con l’imperatore e la sua consorte sottostanti, suggerendo così l’origine concreta dell’iconografia di Maria come regina, ovvero il rovescio della medaglia che vede il re e la regina terrestri come l’espressione politica e storica della regalità di Dio21. La basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, la prima dedicata alla Vergine dopo il concilio di Efeso del V secolo, presenta nel mosaico dell’arco dietro l’altare le scene di vita di Maria tra cui l’Annunciazione, in cui la Vergine è rappresentata come una principessa imperiale con la corona sul capo; è la più antica raffigurazione di Maria non solo come regina, ma veramente e fisicamente incoronata22. La corona, inoltre, non è solo segno di una generica regalità, ma della regalità della sposa, ripropone cioè uno degli antichi simboli sponsali di molte culture, sia in Europa, in particolare in Italia, che nel Medio Oriente, in cui la sposa viene fisicamente incoronata. Questa usanza è stata conservata nella chiesa latina e in alcuni ordini religiosi tramite la consuetudine di incoronare le novizie nel momento della professione solenne23. A Roma, nell’abside di Santa Maria Maggiore, Jacopo Torriti riprende lo stessa tema della figura della Chiesa seduta sul trono accanto a Cristo, il quale la incorona; è certamente ed esplicitamente Maria. Si assiste a un’evoluzione del pensiero teologico e devozionale: pur non dimenticando che la Vergine è la figura della Chiesa, Maria diviene sempre più donna e persona specifica24. Spesso, al di sotto dell’incoronazione, è presente il tema della Dormitio Virginis, che rivela un atteggiamento  tipico del fervore mariano del tardo Medioevo, ovvero quello di voler vedere il segno teologico della glorificazione di Maria come frutto concreto della sua vita. L’incoronazione è l’esito immediato della vita umana di Maria25. Questo tema è presente in tutta l’Italia e anche nelle cattedrali europee, come a Reims in Francia, in cui la dedica di un duomo alla Vergine era così consueta da diffondere l’impiego, per questo gruppo di chiese, del termine di Notre Dame; la cattedrale, in cui spesso l’incoronazione della Vergine veniva realizzata sul portale di ingresso26, era inoltre il luogo in cui venivano incoronati i re e quindi tale raffigurazione evoca il rapporto tra il concetto umano, terrestre e politico, del potere e la volontà di interpretare il potere di Dio negli stessi termini. Il tema dell’incoronazione della Vergine trova molta diffusione anche in Sicilia già nel XIV secolo, quando numerosi sono gli influssi esteri dovuti ai continui scambi commerciali con le città, soprattutto toscane, che trasmettono il proprio gusto artistico influenzando così gli autori locali: si veda ad esempio il Maestro del Polittico di Trapani, ma soprattutto il Maestro delle Incoronazioni per il quale questo tema è diventato il segno distintivo. Da questo simbolo, inizialmente soltanto raffigurato e dipinto sulle opere, si passerà in seguito ad apporre sul capo della Vergine una corona fisicamente e concretamente esistente. Tra le immagini mariane più venerate in Sicilia, caratterizzate dall’applicazione di corone e monili come ex voto, si ricordano: la Madonna del Vessillo di Piazza Armerina, Nostra Signora d’Alcamo il cui tesoro raccolto si compone di monili ed ex voto, Nostra Donna della Consolazione di Termini Imerese (1553)27, Santa Maria della Lettera di Messina, la cui devozione, molto diffusa, è presente anche a Palermo nella Chiesa della borgata dell’Acquasanta, dove vi è una tavola tardo seicentesca coperta da una manta d’argento dovuta a un argentiere palermitano del 172128. Tra gli innumerevoli santuari di antica fondazione e ancora oggi di sentita devozione vi è quello dedicato alla Madonna di Loreto di Altavilla Milicia29. Si ricorda ancora la Madonna di Custonaci, antica tavola che ha ricevuto nel corso del tempo innumerevoli doni da parte dei fedeli e conserva ancora le corone d’oro donate dal capitolo di San Pietro nel 1752, oggi forse rimosse con l’ultimo restauro30. Il primo che volle conferire stabilità e sacra solennità pubblica al rito di incoronazione materiale del capo della Vergine fu il frate cappuccino Fra Girolamo Paolucci de Calboli da Forlì, denominato “l’Apostolo della Madonna e votato alla diffusione della pietà mariana. Nelle biografie di Padre Girolamo da Forlì si scorgono alcune ipotesi sull’origine dell’idea di incoronare così regalmente le statue e i dipinti della Vergine, tra cui quella secondo cui l’ispirazione gli sovvenne dall’osservazione dello sfarzo eccessivo delle vesti, della ricchezza e varietà dei gioielli che mostravano le donne e gli uomini al suo tempo, oppure la teoria in base alla quale, mentre predicava nella città di Offida (Ascoli Piceno), trovando nelle donne grande vanità nell’indossare pendenti e gioie, si soffermò qualche giorno in più per arrestare tale abuso e per mettere in risalto la regalità della Madonna31. Il segno delle corone ben si prestava a significare l’atteggiamento di devozione, sottomissione, servizio, ricorso fiducioso e richiesta di grazia nei confronti della Madre di Dio. Il gesto dell’incoronazione, riservato a immagini particolarmente venerate dal popolo, era l’obiettivo di un itinerario formativo che interpellava la gente, era un atto non  isolato, ma espressione di un orientamento comunitario; Fra Girolamo coinvolgeva tutti i fedeli nella confezione della corona, forgiata da un artigiano con argento, oro, materiali preziosi con denaro frutto di sacrifici, segno esteriore della rinuncia interiore alla vanità mondana32. Dopo la scomparsa di Padre Girolamo, le incoronazioni acquisirono il significato di rito canonico direttamente con il Capitolo di San Pietro in Vaticano grazie al conte Alessandro Sforza Pallavicini della contea di Borgonovo. Il conte iniziò a coronare le Madonne di Roma a partire dal 27 Agosto 1631 (la prima fu la Madonna della Febbre in San Pietro) e lasciò un legato al Capitolo di San Pietro perché, dopo la sua morte, continuasse a fare lo stesso, cosa che è avvenuta sino a oggi. Il conte Sforza con il testamento del 3 Luglio 1636 dispose un cospicuo lascito al Capitolo affinché  fossero « in perpetuo tutti impegnati a farsi corone d’oro a diverse Santissime immagini di Nostra Signora con condizione che vi siano sempre in capo». Nacque così la fondazione Sforza amministrata collegialmente dai canonici per fornire di corone d’oro le immagini della Madre di Dio e, per desiderio del testatore, furono stabilite delle condizioni e disposto un cerimoniale da seguire33. Da quel momento ogni anno venivano incoronate una o due immagini in Italia e dopo circa ottant’anni anche all’estero. Col passare del tempo, le richieste d’incoronazione al Capitolo Vaticano crescevano di numero grazie al valore che acquistò un tale riconoscimento concesso ufficialmente dalla sede apostolica, tanto che, dopo settant’anni circa, probabilmente in corrispondenza con l’esaurimento del fondo Sforza, si fu costretti a derogare alle disposizioni del benefattore sia il numero annuo che la donazione vera e propria. La spesa della corona divenne a carico dei richiedenti, i quali vi adempivano mediante le offerte del popolo e le donazioni delle famiglie ricche, aristocratiche e facoltose; così se ne autorizzavano quattro o cinque all’anno o anche di più. Dal 1631 al 1981, il Capitolo Vaticano ha concesso 1300 coronazioni, relativamente poche se si considerano le innumerevoli immagini di Maria esistenti e venerate nel mondo, forse quantificabili tante quante le chiese e le cappelle note34. Nessuna deroga veniva concessa per quanto concerne i requisiti necessari per ottenere l’incoronazione quali l’antichità, la grande venerazione e l’accertata fama dei miracoli; infatti venivano richiesti i documenti che ne accertassero il possesso. Ricevere l’incoronazione era un grande privilegio e quindi una meta molto ambita, ma anche un gravoso impegno sia secondo l’aspetto documentaristico, sia sotto il profilo economico e finanziario; infatti, per celebrare degnamente il grande evento, si richiedevano considerevoli somme sia per i lavori di allestimento che per l’ornamento del luogo, oltre che talvolta per il restauro e la ristrutturazione del luogo stesso, ma tutto era finalizzato allo sviluppo della devozione mariana35. Allo scopo di dare dignità alle coronazioni, il Capitolo di San Pietro in Vaticano dispose “L’Ordo servandus in tradendis coronis aureis quae donantur a Capitulo Sancti Petri ex legato domini comitis Alexandri Sfortiae ad coronandas imagines miraculosas Deiparae Virginis in cui erano descritti gli atti necessari consegnati al Capitolo Vaticano che li esaminava, decretava la donazione della corona, stabiliva l’anno in cui si doveva effettuare il rito e affidava l’esecuzione il più delle volte a un canonico del capitolo o ad un altro prelato. Si richiedeva, inoltre, di conoscere esattamente la misura della corona da farsi, costruita da artisti romani, così da corrispondere al capo dell’immagine, considerando se era un’effige su tela, su tavola o scolpita in legno, bronzo o marmo36. In tal modo, dal XVII secolo, l’incoronazione delle immagini mariane venne a trovarsi nell’ambito di immediata vigilanza e promozione della sede apostolica, divenendo una concessione dei canonici. Il segno della corona diventò un titolo onorifico che ridusse l’ispirazione originaria di Fra Girolamo tesa a coinvolgere direttamente il popolo nel far dono della corona aurea all’immagine cara37. Il rito in uso dal XVII secolo al 1981 era codificato in tutti i suoi aspetti; subì diverse modifiche nel 1961 da papa Giovanni XXIII e anche nel 1981 con l’istituzione del nuovo Ordo coronandi immagine Beatae Mariae Virginis38. Il catalogo delle madonne coronate ad opera del Capitolo Vaticano di San Pietro dal 1631 è aggiornato al 1981, anno in cui il Capitolo ha cessato di decretarle e il compito è stato demandato ai vescovi delle chiese locali, infatti anche gli stessi papi e vescovi diocesani potevano farlo personalmente, mossi sia dalla devozione per la Vergine, che dalla richiesta da parte delle comunità religiose. Oggi la richiesta di incoronazione con rito ufficiale è ancora frequente per seguire la tradizione e per dare al gesto la solennità e il prestigio in unione alla Chiesa universale; non è più necessaria l’istanza al Capitolo di San Pietro, mentre è possibile, che il vescovo disponga il rito nella propria diocesi. Dal 1973, per le incoronazioni a nome del Santo Padre, la concessione è regolata dalle norme della Sacra Congregazione pro Culto Divino39. In Sicilia, in particolare, sono circa 46 le immagini della Vergine coronate ufficialmente dal Capitolo Vaticano, come si desume dal testo “Madonne coronate in Italia e nel Mondo” di Paolo Bonci40. L’autore non distingue la tipologia dell’immagine mariana, se cioè si tratta di una statua o di un dipinto, né la materia compositiva (legno, marmo, bronzo o tela, tavola, affresco o dipinto murale); ciò a testimonianza di come il culto per l’immagine, la devozione popolare e la venerazione prescindano dall’attenzione per la composizione materica, per la forma e l’aspetto dell’opera.

  • ELENCO DELLE OPERE INCORONATE UFFICIALMENTE DAL CAPITOLO VATICANO IN SICILIA
  1. Aci Catena: Maria Santissima della Vena (statua lignea) – 16 Giugno 1957
  2. Acireale:  Madonna di Valverde (dipinto murale) – 6 Aprile 1940
  3. Maria Santissima della Catena (statua lignea) – 14 Agosto 1957
  4. Maria SS. Immacolata di Lourdes (statua lignea) – 5 Dicembre 1957
  5. Adernò: Santa Maria Ausiliatrice detta di Don Bosco (nella Matrice – statua) – 29 Maggio 1927
  6. Santa Maria Ausiliatrice (chiesa S. Chiara – statua) – 11 Luglio 1977
  7. Agrigento: Beata Vergine Immacolata (statua lignea) – 5 Marzo 1940
  8. Alcamo:  Santa Maria dei Miracoli (dipinto murale) – 17 Settembre 1786
  9. Bisaquino: Maria SS. del Balzo (statua lignea) – 20 Giugno 1932
  10. Calatafimi: Santa Maria delle Grazie (trittico in marmo) – 29 Novembre 1778
  11. Caltagirone: Santa Maria in coena Domini (dipinto su tavola?) – 8 Giugno 1912
  12. Catania: Santa Maria del Carmine (statua) – 16 Luglio 1883
  13. Immacolata Madre di Dio (chiesa S. Francesco d’Assisi – statua) – 1 Aprile 1954
  14. Chiaramonte Gulfi: Madonna di Gulfi (statua marmorea) – 5 Marzo 1954
  15. Gela: Maria SS .d’Alemanna (dipinto su tavola) – 10 Ottobre 1954
  16. Madonna delle grazie (statua lignea) – 16 Marzo 1958
  17. Gibilmanna: Santa Maria di Gibilmanna dei PP. Cappuccini (statua marmorea) – 17 Agosto 1760
  18. Santa Maria del grande Giubileo (statua) – 2 Ottobre 1778
  19. Marineo: Madonna della Dajna (dipinto su tavola) – 18 Maggio 1958
  20. Mazara del Vallo: Santa Maria del Paradiso (dipinto su tela) – 10 Luglio 1803
  21. Messina:  Immacolata Concezione in S. Antonio (statua lignea) – 11 Dicembre 1904
  22. Madonna di Lourdes (statua lignea) – 23 Gennaio 1923
  23. Modica: Santa Maria di Tutte le Grazie (dipinto su ardesia) – 22 Luglio 1914
  24. Monreale: Santa Maria del Popolo (cattedrale – statua lignea) – 31 Ottobre 1761
  25. Santa Maria Addolorata di Romitello (dipinto su tela) – 20 Maggio 1922
  26. Montalbano d’Elicona: Santa Maria della Provvidenza (statua lignea)18 Luglio 1926
  27. Monte San Giuliano: Santa Maria de Custonaci (dipinto su tela)26 Ottobre 1753
  28. Montevago: Vergine SS.ma delle Grazie (statua lignea) – 1 Agosto 1933
  29. Noto: Santa Maria della Scala (statua lignea)20 Luglio 1931
  30. Palermo: Santa Maria della Provvidenza dei PP. Teatini (dipinto su tela) – 19 Luglio 1734
  31. Santa Maria Liberi Inferni (cattedrale – statua marmorea) – 16 Ottobre 1750
  32. S. Maria della Provvidenza (sotto la chiesa di S. Giuseppe – dipinto su tela) – 17 Marzo 1784
  33. Immacolata concezione (S. Francesco d’Assisi – statua in argento) – 13 Ottobre 1929
  34. Maria SS.degli Agonizzanti(dipinto su tela) – 1792
  35. Santa Maria del Presepio (dipinto su ardesia) – 29 ottobre 1784
  36. Patti: Santa Maria del Tindaro (statua lignea) – 7 Settembre 1881
  37. Sambuca Zabut:Santa Maria dell’Udienza“Audentia Christianorum” (statua marmorea) – 17 Maggio 1903
  38. Sciacca: Santa Maria del Soccorso (statua marmorea) 15 Agosto 1906
  39. Scordia: Beata Vergine Madre di Dio (statua lignea) – 9 Agosto 1946
  40. Termini Imerese:Beata Vergine della Consolazione (dipinto murale) – 26 Ottobre 1940
  41. Tindari: Vergine Santissima di Tindari (statua lignea) – 10 Giugno 1940
  42. Torretta: Santa Maria delle grazie (statua lignea) – 25 Aprile 1954
  43. Trapani: Santa Maria di Trapani dei PP. Carmelitani (statua marmorea) – 14 Marzo 1734
  44. Valle di chiesa: Santa Maria del Terzito (dipinto su tela) – 17 Giugno 1924
  45. Valle lunga: Madonna di Loreto (statua lignea) – 10 Dicembre 1934
  46. Vittoria: Santa Maria Lauretana (statua lignea) – 31 Ottobre 1785

La manifattura degli oggetti preziosi correva su due binari paralleli, quello laico e quello religioso, e sullo sfondo si alimentava una produzione popolare rappresentata da oggetti devozionali. L’oreficeria è uno di quei settori delle attività umane in cui la dipendenza reciproca e speculare tra la sfera del simbolico e quella dell’economico risulta in tutta la sua evidenza. Le forme che gli artigiani orefici hanno saputo dare ai loro prodotti ovviamente sono legate alla storia della cultura figurativa, del gusto e delle mode la cui corrispondenza con i fatti sociali ed economici, non è sempre facilmente riconoscibile, anche se queste ne sono di fatto le ragioni di esistenza. Nell’oreficeria società, economia e cultura agiscono in modo unitario e determinante41. L’oreficeria sacra raramente è il frutto esclusivo del gusto o delle preferenze del committente, ma è prodotta in funzione dell’intera comunità dei fedeli, non è espressione di una sola classe al potere ma anche della devozione popolare che si esalta alla vista di oggetti di eccezionale bellezza e splendore. Il culto popolare è caratterizzato dal riconoscimento delle proprie radici: l’oggetto deve quindi contenere alcuni elementi riconoscibili e un evidente aggancio alla cultura figurativa preesistente; per questo motivo l’oreficeria sacra trasmette e mantiene viva la storia profonda di un popolo e di un luogo42. La tradizione orafa in Sicilia, come è noto, ha un nobile passato. Palermo infatti è stata sede di un glorioso artigianato orafo e argentiero, le cui testimonianze cominciano già nel 1240 attraverso le norme emanate da Federico II nella Constitutiones regum regniutriusque  Siciliae ; nel XV secolo divenne sede di un consolato, da cui si affermerà una grande produzione testimoniata anche dal manoscritto settecentesco intitolato Capitoli della professione degli orefici e argentieri di questa felice e fedelissima città di Palermo43. L’opera artigianale veniva richiesta sia da ordini religiosi che da committenti privati, ma anche dai devoti. L’artigianato artistico siciliano, sia sul versante colto che su quello popolare, ha una storia autonoma: pur avendo assorbito tecniche e forme di provenienza esterna, ha saputo elaborare delle proprie caratteristiche ottenendo una precisa identità44. Le corporazioni degli orafi e degli argentieri hanno costituito per secoli un momento essenziale del panorama sociale ed economico regionale45. Queste corone e suppellettili metalliche, destinate ad abbellire le immagini sacre, venivano realizzate principalmente in argento o argento dorato, ma talora anche in materiali più pregiati quali l’oro, costituente delle corone concesse dal Capitolo Vaticano, o metalli più poveri quali ferro, argentone, rame, rame dorato e leghe non ben definite. L’aspetto dominante per l’arte devozionale è l’apposizione materiale della corona sul capo della Vergine con il significato intrinseco che essa comporta, ovvero la concretizzazione della regalità dell’immagine sia spirituale che terrena, l’abbellimento come dimostrazione del culto, della venerazione, della devozione e dell’amore nei confronti della Madonna. Oltre alla possibilità di impiego di materiali diversi, le corone e le applicazioni metalliche considerate presentano anche varie tipologie di decorazione, di lavorazione e di finitura; principalmente si presentano sbalzate e cesellate con motivi geometrici o floreali. Le tecniche di decorazione sono numerose e le più diffuse sono: l’incisione, il niello, il cesello, la filigrana, la granulazione, l’intarsio, lo smalto, l’incastonatura, la doratura, etc. La doratura è una tecnica che viene impiegata per ricoprire gli oggetti d’argento e di rame con una patina d’oro, sia per renderli più pregiati che per proteggere la superficie dall’ossidazione. Oltre alla decorazione a sbalzo e a cesello, talvolta queste corone, per testimoniare maggiormente la magnificenza, erano adornate di gemme e pietre preziose; la tecnica esecutiva quindi prevedeva anche una fase di incastonatura di  quest’ultime (Figg. 23). Per quanto riguarda l’applicazione materiale delle corone e delle suppellettili metalliche sul supporto dei manufatti, la procedura non è facile da definire, perché non tutte le opere sono agevolmente visionabili, in quanto poste su altari e quindi difficilmente raggiungibili, o presentano il verso non ispezionabile. Preliminarmente bisogna distinguere quindi il materiale compositivo del supporto su cui sono applicati tali elementi. Principalmente su affreschi o dipinti murali sono presenti ganci dove applicare le corone, ma anche chiodi e viti; se il supporto è ligneo le corone sono applicate mediante chiodi o viti. Nel caso del supporto tessile bisogna distinguere due possibilità: spesso, al di sotto della tela, veniva posto un pannello ligneo per mantenerne la planarità e per garantire l’ancoraggio di tali elementi vincolati con chiodi e viti; se invece la tela non presentava nessun supporto ausiliare sottostante, questi erano applicati con linguette metalliche o con fili d’argento che gravavano sul supporto stesso. Nella millenaria storia della Sicilia il culto della Madonna costituisce uno dei fondamenti più importanti della cultura e della tradizione dell’isola. Il culto mariano per i siciliani non è solo l’espressione della religiosità, ma è anche un elemento che individua alcuni tratti di carattere e di costume influenzandone decisioni, opere e iniziative. La Sicilia si è sempre contraddistinta per una forte devozione mariana di cui segno concreto e tangibile è il numero più alto di santuari presenti rispetto alle altre regioni d’Italia; non a caso, di tutti i titoli che sono stati storicamente attribuiti alla Madonna, la tradizione siciliana ne ha conservato uno che è diventato parte integrante del linguaggio quotidiano ed esprime e sintetizza tutti gli altri: Bedda Matri46. Il culto di Maria ha contribuito alla produzione di gran parte del patrimonio culturale, storico, religioso e umano, poiché il configurarsi della Madonna nelle diverse caratteristiche reperibili nell’elementarità del vivere umano è il dato essenziale che giustifica la fortuna, anche iconografica e artistica, della sua immagine: è donna fragile per età e condizione; è vergine e, restando misteriosamente tale, evidenzia l’importanza del suo mandato; è madre di Dio, della Chiesa e dell’intero popolo; è figlia che deve agli insegnamenti di Anna la sua predisposizione alla missione; è regina del mondo; è esempio di virtù in quanto resiste al peccato; è compagna del dolore umano perché ha pianto per la croce inflitta al Figlio. L’attenzione alla figura di Maria non ha, pertanto, confini e ha un’infinità di rappresentazioni immaginifiche e simboliche47. Secondo Cataldo Naro, il frutto della prima diffusione della devozione mariana in Sicilia è stato l’aver scacciato lo scellerato culto della falsa deità risalente agli inizi della storia del cristianesimo. Da quanto esposto precedentemente il rito ufficiale di incoronazione prevedeva quindi un iter complesso e impegnativo: la verifica della grande venerazione dell’immagine, l’attestazione della veridicità dei miracoli e il presupposto di antichità dell’opera considerata. Inoltre sottintendeva anche un’onerosa spesa economica sia per la realizzazione della/e corona/e (poiché se l’immagine contemplava anche il Figlio, anche questo veniva coronato preliminarmente rispetto alla Madre), solitamente in oro, sia per l’allestimento del luogo e per lo svolgimento della festa (che durava tre giorni e solitamente veniva compiuta con grande sfarzo). Si diffuse così, come è possibile evincere dai numerosi esempi rintracciabili fisicamente e ancor di più da quelli menzionati in documenti d’archivio, la volontà di incoronare le immagini più venerate con diademi non richiesti e concessi dal Capitolo Vaticano, non applicati con rito solenne, ma spesso apposti direttamente dai prelati locali e costituiti da materiali diversi dal pregiatissimo oro, al nobile argento, ma anche metalli non preziosi. Questo fenomeno non si limitò solamente alla realizzazione di corone, ma spesso incluse anche l’applicazione di suppellettili metalliche varie come dono della devozione popolare. Ciò è legato al fatto che il culto popolare non si basa sulla qualità artistica dell’opera, non attribuisce differenze al manufatto autentico di un grande artista o attribuito a una scuola o a un artefice secondario o se si tratta di una copia, di una riproduzione o  anche di una stampa moderna. La venerazione si spinge al di là della composizione dell’opera, sia essa una tela, una tavola, una pietra o un cartoncino; l’amore e la devozione sono tali che il desiderio di “abbellimento” prevale; numerose sono ad esempio le stampe della Madonna del Rosario di Pompei in cui, anche se di piccole dimensioni, il rosario e lo stellario sono spesso ricoperti da elementi metallici. La stessa consuetudine si può riscontrare ad esempio anche in numerose edicole votive presenti nei meandri dei quattro mandamenti della città di Palermo48. Queste opere sono state quindi arricchite indipendentemente dalla composizione  materica con vari elementi e anche ex voto, spesso senza considerare e riflettere sul peso che può gravare sulla superficie e che viene tollerato diversamente da un supporto tessile, da uno ligneo o murario. Queste opere divengono espressione di un’arte popolare, frutto di grande venerazione e devozione, in cui è possibile ugualmente individuare il senso per il Kunstewollen ovvero il desiderio dell’abbellimento, del superfluo. Nell’arte popolare hanno, inoltre, grande importanza la matericità, l’esecuzione, il dato tecnico, perché devono rispondere al soddisfacimento delle esigenze per le quali l’opera è stata prodotta, al rispetto cioè della funzione cui è stata assegnata. Essa presenta materie diverse e diverse sono le forme del contenuto e dell’espressione; non è semplice, né spontanea, nulla è affidato all’improvvisazione49. L’applicazione degli elementi metallici, inoltre, soprattutto le corone, può essere considerata come una derivazione delle mante d’argento, oro, gemme e smalti tipiche delle tavole delle Madonne bizantine venerate; reminiscenze anch’esse delle “Rize” che impreziosivano quelle icone, e proprio l’uso di rivestire di coperte d’argento le immagini care alla devozione era molto diffuso in Sicilia. Spesso Queste mante erano ricoperte da ex voto, soprattutto in statue, affreschi, immagini e simulacri mariani come per la manta della Madonna della Lettera di Messina, la quale ancora oggi riveste la tavola per le festività, anche se molti dei monili donati nel tempo come ex voto dai fedeli sono stati rimossi e conservati a parte50. All’interno di questo filone si può includere il dipinto da cui ha preso spunto questo studio, l’Addolorata del Museo Diocesano di Palermo; è probabile, infatti, che tale dipinto, per il suo formato ovale e le dimensioni contenute, fosse posto alla base della croce, ai piedi cioè del Crocifisso, anche se non si sono rintracciate informazioni o notizie relative alla sua provenienza. L’ampia presenza e la grande diffusione di applicazioni metalliche sulle opere mobili, in particolar modo sui dipinti, sono state evidenziate anche dalle ricerche compiute sia all’interno dell’Archivio Storico Diocesano che dell’Archivio Fotografico della Soprintendenza dei BB.CC.AA. di Palermo. Nell’Archivio Storico Diocesano di Palermo51 tale diffusione è testimoniata dalla “Lettera di delegazione diretta a Monsignore Cava per la coronazione della B.V.S. chiamata del Presepe nel giardino del fonte di S. Antonino fuori le mura di questa città e dal volume n° 1182 inerente alla “Sacra visita fatta dal Card. D. Ferdinando Maria Pignatelli, arcivescovo di Palermo nel 1845” svolta nelle chiese confraternali di Palermo, in cui sono riportati gli inventari dei beni mobili esistenti all’interno a quella determinata data, riscontrando in trenta chiese la presenza di una o più opere con elementi metallici o l’indicazione di questi. Anche all’interno dell’Archivio Fotografico della Soprintendenza dei BB.CC.AA. di Palermo la consultazione dei fascicoli relativi alle varie chiese di Palermo ha individuato alcuni dipinti della stessa tipologia52. Dall’osservazione di questo elenco si evince facilmente il notevole uso di applicazioni metalliche sulle opere mobili, soprattutto sui dipinti, già nel 1845 e in tempi più recenti. Le difficoltà odierne nel reperirle sono correlate ai furti, ai saccheggi e ai deturpamenti subiti oltre che talora all’inesistenza degli originali siti. Numerose risultano, infatti, le chiese demolite, distrutte o danneggiate dai bombardamenti, e ancora abbandonate o trasformate in magazzini e adibite ad uso profano. Da tali ricerche si sono desunti i seguenti elenchi relativi ad opere che recano elementi metallici.

  • ELENCO OPERE A PALERMO
  1. Chiesa dell’Immacolata Concezione al Capo – Madonna con Bambino (stampa)
  2. Chiesa del Carmine Maggiore –  Natività (dipinto su tela)
  3. Chiesa del Carmine Maggiore – San Spiridione (Fig. 4 – dipinto su tela)
  4. Chiesa di Sant’Agata – Madonna del Rosario di Pompei (stampa)
  5. Chiesa di Sant’Anna – Sacra Famiglia con Anna e Gioacchino (Fig. 5 – dipinto su tela)
  6. Chiesa di Sant’Annuzza o Sant’Anna dei Pioppi – Immacolata Concezione (Fig. 6 – dipinto su tela)
  7. Chiesa del Ritiro di San Pietro – Madonna con Bambino (dipinto su tela)
  8. Chiesa di Santa Caterina – Immacolata Concezione (dipinto su tela)
  9. Chiesa di San Francesco Saverio – San Calcedonio (dipinto su tela)
  10. Chiesa di San Giuseppe dei Teatini – Madonna della Provvidenza (dipinto su tela)
  11. Chiesa di Sant’Ignazio all’Olivella – Madonna con Bambino (dipinto su tela)
  12. Chiesa di Sant’Ippolito – Addolorata (dipinto su tela)
  13. Chiesa di Sant’Isidoro all’Agricola – Addolorata (dipinto su tela)
  14. Chiesa di Santa Maria degli Agonizzanti – Santa Maria degli Agonizzanti (dipinto su tela)
  15. Chiesa di Santa Maria degli Angeli detta la Gancia – Addolorata (Fig. 7 – dipinto su tela)
  16. Chiesa di Santa Maria del Gesù detta Casa Professa – Immacolata Concezione (dipinto su tela)
  17. Chiesa di Santa Maria di Gesù detta Casa Professa – Madonna con Bambino (Fig. 8) (dipinto su tavola)
  18. Chiesa di San Nicola da Tolentino – Addolorata (dipinto su tela)
  19. Chiesa di San Nicolò da Tolentino (prima Chiesa Maria SS. della Soledad) – Madonna Salus Populi Romani (dipinto probabilmente su ardesia)
  20. Chiesa di Santa Ninfa ai Crociferi – Madonna con Bambino (dipinto probabilmente su tavola)
  21. Chiesa di Sant’Orsola – Madonna con Bambino (dipinto probabilmente su ardesia)
  22. Oratorio delle Dame al Ponticello – Madonna del Ponticello (dipinto su tela)
  • ELENCO OPERE CHIESE SUBURBANE O RURALI DI PALERMO53
  1. Chiesa dell’Addolorata ai ponticelli – Addolorata (dipinto su ardesia)
  2. Chiesa dell’Annunziata a porta D’Ossuna – Annunciazione (dipinto su tela)
  3. Chiesa delle Case di Santa Croce a Inserra – Addolorata (Fig. 9 – dipinto su tela)
  4. Chiesa Immacolata di Cruillas – Immacolata con Santa Rosalia e Giovanni di Dio (dipinto su tela)
  5. Chiesa di San Gaetano a Brancaccio – Immacolata (dipinto su tela)
  6. Chiesa di San Gregorio Papa a Boccadifalco – Immacolata (dipinto su tela)
  7. Chiesa di Santa Maria all’Acquasanta – Madonna della Lettera (dipinto su tavola)
  8. Convento di Santa Maria di Gesù – Madonna del Presepe (dipinto su ardesia)
  • ELENCO OPERE IN PROVINCIA DI PALERMO
  1. Altavilla Milicia, Santuario della Madonna Lauretana –Madonna con Bambino e San Francesco (dipinto su tavola)
  2. Altofonte, Chiesa Madre – Addolorata (dipinto probabilmente su tela)
  3. Caccamo, Santuario della Madonna del Buon Consiglio – Madonna del Buon Consiglio (dipinto su tela)
  4. Caltavuturo, Chiesa Madre dei Santi Pietro e Paolo – Immacolata Concezione (dipinto su tela)
  5. Caltavuturo, Chiesa Madre dei Santi Pietro e Paolo – Immacolata Concezione(dipinto su tavola)
  6. Cefalù, Chiesa della Badiola (detta San Leonardo) – Immacolata (dipinto su tela)
  7. Cefalù, Chiesa di San Francesco – Madonna in trono con Gesù Bambino(dipinto murale)
  8. Mezzojuso, Santuario della Madonna dei Miracoli – Madonna dei Miracoli (dipinto murale)
  9. Misilmeri, Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio – Madonna della Divina Provvidenza (dipinto su tela)
  10. Montemaggiore Belsito, Chiesa SS. Crocifisso – Addolorata (dipinto su tela)
  11. Montemaggiore Belsito, Chiesa SS. Crocifisso – Madonna con Bambino e Frate (dipinto su tela)
  12. Montemaggiore Belsito, Chiesa della Madonna dell’Itria – Immacolata Concezione (dipinto su tela)
  13. Mussomeli, Santuario Madonna dei Miracoli – Madonna dei Miracoli (dipinto murale)
  14. Partinico, Santuario Maria SS. del Ponte – Madonna del Ponte (Fig. 10 – dipinto su tela)
  15. San Giuseppe Jato, Santuario Diocesano Dammusi – Madonna della Provvidenza (dipinto su tela)

Il principale problema della presenza degli elementi metallici applicati sui dipinti è correlato all’aumento di peso che questi comportano e infliggono al supporto, soprattutto perché non si identificano, come già visto, con le semplici e singole corone, ma spesso con suppellettili diverse oltre che ex voto. La presenza copiosa di questi elementi può infatti provocare lacerazioni, strappi e ancora deformazioni su un supporto resistente ma al contempo molto sensibile, quale è la tela. Nel corso del tempo questa tipologia di manufatto è stato oggetto di diversi interventi di restauro, i quali hanno stravolto l’aspetto dell’opera soprattutto in correlazione alla presenza di questi elementi metallici, prevedendone la rimozione a priori. Presupposto preliminare e fondamentale è la definizione di restauro espressa da Cesare Brandi nella sua “Teoria del Restauro” secondo cui  “Il Restauro è il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro” 54. Ogni intervento è correlato al manufatto mediante un legame inscindibile poiché è quest’ultimo che condiziona il restauro e non viceversa; l’opera d’arte è un prodotto dell’attività umana e in quanto tale è caratterizzata da una duplice istanza: estetica che corrisponde all’aspetto basilare dell’artisticità per cui l’opera è opera d’arte; e storica secondo cui l’opera è un prodotto dell’uomo in un certo tempo e luogo e in un certo tempo e luogo si trova.  Altro assioma importante della teoria brandiana è che si restaura solo la materia dell’opera d’arte e quindi ne deriva che il restauro deve mirare al ristabilimento dell’unità potenziale dell’opera d’arte ciò sia possibile senza compromettere un falso artistico e storico e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera d’arte nel tempo55. Ogni manufatto artistico è un unicum, sia secondo il concetto stesso di opera d’arte che per l’irripetibile singolarità della sua vicenda storica, quindi ogni intervento di restauro sarà un caso a sé e non un elemento di una serie, appartenente a una casistica o a una tipologia ben definibile, risolvibile seguendo un manuale o delle operazioni standard; da qui la necessità di un’attenta fase conoscitiva iniziale, di studio e di analisi.  Principio sostenuto anche da Umberto Baldini nella sua “Teoria del Restauro e unità di metodologia”: “Il restauro viene impartito direttamente dall’opera d’arte e dall’analisi conoscitiva si deduce l’atto critico conclusivo”, o ancora “è dalla conoscenza e coscienza dell’oggetto che deve partire l’intervento conservativo”56, poiché chi fa le spese di scelte sconsiderate e inappropriate è sempre l’opera d’arte, quindi è“l’oggetto stesso a esigere l’intervento e a guidarlo in rapporto a quella sua unicità che è la sua conditio”57. La presenza degli elementi metallici, soprattutto quelli applicati successivamente e non appartenenti alla tipologia delle incoronazioni ufficiali, può rientrare nella categoria delle aggiunte, che possono completare o avere funzioni diverse rispetto a quelle iniziali e che devono essere  considerate quindi secondo il duplice aspetto dell’istanza estetica e storica per decretarne la conservazione o la rimozione. Queste due istanze, poiché l’opera d’arte si presenta con la bipolarità della storicità e dell’esteticità, non potranno attuarsi né a dispetto dell’una né a scapito dell’altra; bisogna quindi analizzare il problema secondo entrambe, se è legittimo conservare o togliere l’eventuale aggiunta che un’opera d’arte ha ricevuto nel tempo anche rispetto ad elementi accessori e di arte decorativa come le corone. Per l’istanza che nasce dall’artisticità dell’opera d’arte, l’aggiunta reclama la rimozione che però può apparire in conflitto con le richieste conservative dell’istanza storica; in realtà è un conflitto più teorico che pratico perché bisogna considerare l’individualità del caso e la risoluzione non si giustifica d’autorità, ma deve essere suggerita dall’istanza che ha prevalenza58. Se l’aggiunta deturpa, snatura, offusca, sottrae in parte alla vista l’opera d’arte, deve essere rimossa e si deve conservare a parte la documentazione e il ricordo del trapasso storico che così viene rimosso e cancellato dal corpo vivo dell’opera59. È il caso dei numerosi ex voto applicati sulle opere, i quali spesso coprono l’immagine, non permettendone la fruizione; in questo caso la rimozione è consigliabile, poiché oltre a motivazioni conservative di alterazione del supporto si associano giustificazioni di ricezione e godimento del bene. Troppo spesso però non si è agito in base a un giudizio di valore, ma si è proceduto alla rimozione incondizionata di tali elementi senza vagliare quale aspetto risultasse prevalente. La rimozione viene compiuta sempre in virtù di ragioni conservative di forza maggiore dettate dal fine supremo della salvaguardia e della conservazione dell’opera. Spesso la suddetta viene compiuta anche troppo frettolosamente senza considerare possibili interventi alternativi che comprendano di non snaturare l’opera, mantenendo in situ le applicazioni metalliche ormai storicizzate e con un valore aggiuntivo legato sia al frutto/simbolo di devozione, che all’iconografia ormai nota; talvolta sarebbe invece opportuno agire senza rimuoverle e tentando di intervenire per diminuire il gravoso peso di queste sul supporto originario e conseguentemente prevenire le forme di alterazione derivanti, quali deformazioni, lacerazioni, strappi, etc. L’intento di questo elaborato è quello di proporre una metodica di intervento che agisca in questo senso nel rispetto della sua storicità e esteticità. Di seguito viene riportato un elenco di interventi di restauro compiuti in passato, ma con criteri ancora oggi seguiti, a dimostrazione della consuetudine e prassi di rimozione incontrollata di questi elementi. Alcuni di questi  interventi di restauro risalgono agli anni 70 e sono stati desunti dai quaderni di restauro delle Soprintendenze dei Beni Culturali dei vari capoluoghi di provincia, dove è interessante rilevare l’assenza di qualsiasi riferimento alla rimozione di tali elementi durante le fasi di restauro. Questa carenza di dati impedisce una coerente e puntuale analisi del sistema manufatto – elementi metallici; le poche informazioni ricavate da passate e recenti relazioni di restauro mostrano un totale disinteresse nei confronti della destinazione d’uso di tali elementi in caso di rimozione, così come delle forme di alterazione che provocano al supporto tessile.

  • ELENCO RESTAURI PASSATI E RECENTI
  1. Chiesa dei Cappuccini di Paternò – Madonna con Bambino (dipinto su tavola)
  2. Chiesa di Gesù, Maria e Giuseppe ai Danisinni – Sacra Famiglia (Figg. 1112 – dipinto su tela)
  3. Chiesa della Madonna delle Grazie ai Pirriaturi – Madonna delle Grazie ai Pirriaturi (Figg. 1314 – dipinto su tela)
  4. Chiesa di San Giuseppe dei Teatini – Madonna della Purità (Figg. 1516 – dipinto probabilmente su tela)
  5. Chiesa di Sant’Ippolito – Addolorata (Figg. 1718 – dipinto su tela)
  6. Chiesa di Sant’Onofrio – Madonna del Fervore (dipinto su tela)
  7. Chiesa Madre di Fiumedinisi – Madonna del Rosario (dipinto su tela)
  8. Chiesa Madre di Terrasini – Madonna del Rosario(dipinto su tela)
  9. Chiesa Madre di Villaggio Sperone di Messina –  Madonna dei Miracoli (dipinto su tavola)
  10. Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Santa Maria di Gesù – Santa Maria delle Grazie (dipinto murale)
  11. Santuario della Madonna del Romitello – Madonna del Romitello (dipinto probabilmente su tela)

Gli interventi di restauro, più o meno recenti eseguiti su questa tipologia di manufatti, hanno, dunque, previsto la rimozione indiscriminata degli elementi metallici. Spesso tale scelta è motivata  in virtù di principi di conservazione predominanti senza però fermarsi  a vagliare la possibilità di adottare scelte diverse al fine di mantenere tali corone o suppellettili metalliche in situ, tenendo conto dell’aspetto importante della garanzia di continuità dell’iconografia nel corso dei secoli. Nel caso di ex voto questi possono anche essere stati aggiunti in tempi recenti, ma non solo, e talvolta sono presenti in un numero tale da non  permettere la corretta percezione dell’opera, viceversa le corone possono anche essere molto antiche, come spesso mostrano i punzoni presenti su di esse. L’intervento che si è studiato prevede, quindi, la possibilità di compiere un restauro che possa agire sul supporto originale dell’opera, alleggerendolo dai pesi dovuti all’applicazione di tali elementi metallici senza però rimuoverli, ma mantenendoli in situ. Si è cercato cioè di creare un supporto ausiliario che non si identifichi con una tela da rifodero, poiché l’intervento che si vuole proporre è minimo, poco invasivo, removibile e adattabile in base alle varie esigenze.  La proposta di intervento è quello di ricreare un contro – telaio interno posto nello spessore del telaio ligneo originale, costituito da un materiale inerte quale il PVC non alterabile da umidità, temperatura o biodeteriogeni; su cui viene fissata una fascia di tessuto sintetico anche esso scelto per le sue qualità di inerzia e  resistenza (mantenuto a qualche mm di distanza dal supporto originale), su cui far gravare le linguette degli elementi metallici e quindi scaricare l’intero peso di quest’ultimi esclusivamente sulle nuove fasce60. Ovviamente è possibile disporre tali fasce di tessuto secondo le necessità richieste, quindi orizzontalmente o verticalmente e in numero variabile. Inoltre ad esempio se si tratta di un’opera non musealizzata, ma conservata all’interno della sua chiesa di pertinenza, dove gli sbalzi termici sono evidenti e la manutenzione non è ordinaria, si può anche ipotizzare di applicare un intero telo di tal tessuto sintetico sul contro – telaio in PVC così da fungere anche da schermo protettivo per proteggere il supporto originario dalla polvere e dagli altri agenti. Scelta che si può anche attuare nel caso di opere con numerosi elementi metallici applicati dove quindi il supporto originario risulta ampiamente appesantito da tale presenza; scelta più funzionale e corretta rispetto a diverse fasce di tessuto applicate lungo direzioni diverse. Gli elementi metallici applicati sul dipinto raffigurante l’Addolorata del Museo Diocesano sono la corona e il pugnale che le trafigge il petto. Questi due elementi sono stati smontati dal dipinto e pesati, per comprendere l’entità del peso che grava sul supporto originale. Il peso è limitato, ma bisogna considerare, soprattutto in corrispondenza della corona, che non è adesa alla superficie, ma bensì è aggettante e quindi il peso e le tensioni che infligge risultano diverse. Si è quindi effettuata un’analisi statica per verificare che lo stato tensionale agente sulla tela di lino in presenza delle forze peso della corona e del pugnale ad essa fissati, non superi la resistenza massima del materiale. Il modello è stato geometricamente schematizzato come un’ellisse bidimensionale e dati i pesi della corona e del pugnale, le forze peso corrispondenti sono state schematizzate con dei carichi concentrati applicati nei due punti di fissaggio degli oggetti alla tela, il cui valore corrisponde alla metà delle forze peso totali. Poiché la corona non è adesa alla tela, si è considerato anche il momento creato della forza peso della corona. Il lino è stato considerato come materiale omogeneo isotropo e a comportamento elastico lineare. Il risultato dell’analisi mette in luce i punti più sollecitati che corrispondono a quelli di ancoraggio della corona. Da un confronto diretto tra i valori ottenuti numericamente e quelli sperimentali di resistenza del lino, si evince che la tensione massima agente è inferiore alla resistenza del lino, tuttavia, si nota che le caratteristiche meccaniche del lino fanno riferimento al materiale vergine, non soggetto ad alcun processo d’invecchiamento, e quindi la necessità di nuovi studi in tal senso. La proposta di intervento si è realizzata su di un modellino ad imitazione dell’opera originale. Si è quindi realizzato un telaio ligneo ovale su cui è stata replicata la stratigrafia del dipinto e su cui è stata inserita la riproduzione della corona e del pugnale in ottone, replicando la stessa tipologia di ancoraggio degli elementi metallici originali (Fig. 19). Come già detto precedentemente l’intento è quello di realizzare, all’interno dello spessore del telaio ligneo originale (in questo caso del modellino prodotto) un contro telaio che segui la forma di quello originale e che sia removibile e inerte ai fattori di degrado tipici. Per tale motivo si è scelto di impiegare il PVC. Si sono così impiegati dei profili di PVC riproponendo il formato del telaio originario ovale, mediante l’inserimento di due molle che permettono di sfilare e inserire più agevolmente il contro – telaio in PVC e garantirne l’incastro all’interno della forma. Sul contro – telaio in PVC si è sono applicate delle fasce di tessuto sintetico, tra i tessuti esistenti, si sono scelti quelli impiegati in campo velistico i quali sono molto resistenti e inerti; in particolare il Dacron, che ha un ottima tenacia e resilienza, un’elevata resistenza all’abrasione, alle pieghe e al calore, un notevole modulo di elasticità nonché una buona resistenza agli agenti fisici e chimici e soprattutto rimane inalterato a contatto dell’umidità a differenza di tutte le altre fibre naturali. Queste fasce di tele possono essere applicate in più modi, incollate lungo la larghezza esterna del profilo o fissate mediante una cucitura o in modi differenti in base alle esigenze richieste. Su queste fasce di tessuto infine vengono alloggiati i vincoli per l’ancoraggio di tali elementi metallici (Fig. 20). Tale studio vuole sottolineare l’importanza di tali manufatti, ampiamente diffusi in Sicilia, che uniscono opere d’arte cosiddette “maggiori” e altre “decorative”. La proposta di intervento suggerita consente di alleggerire le tensioni provocate dagli elementi metallici, nella fattispecie la corona e il pugnale, sul supporto tessile garantendo il mantenimento di tali elementi sull’opera. In questo modo si assicura la trasmissione dell’iconografia del dipinto così come si è tramandata nel corso dei secoli sino a oggi, rispettandone quindi la sua storicità ed artisticità e permettendone una corretta conservazione. La ricerca archivistica compiuta ha accertato inoltre la grande diffusione in passato di queste opere, evidenziando come queste non siano solo frutto della devozione popolare occasionale, ma costituiscano una categoria di manufatti di grande interesse sia storico – artistico che tecnologico.

  1. Vangelo di Luca (Lc 2, 33-35): «e anche a te una spada trafiggerà l’anima». []
  2. C. Maggioni, Storia e significato del rito di incoronazione delle immagini della Beata Vergine Maria, in La Madonna delle Grazie espressione teologica e storico – artistica per un culto mariano, Atti del Convegno mariologico San Giovanni Valdarno (11 Settembre 2004), San Giovanni Valdarno (AR) 2004, pp. 7-8. []
  3. P. Bonci, Madonne coronate in Italia e nel Mondo, Fiesole (FI) 2004, p. 15. []
  4. A. M. de Liguori, Le glorie di Maria, (1750), Edizione San Paolo, Cinisello Balsamo 1996, pp. 39-40. []
  5. P. Bonci, Madonne coronate…, 2004, pp. 16-17. []
  6. C. Maggioni, Storia e significato…, 2004, p. 10. []
  7. Vangelo di Luca (Lc 22, 24-27): «Sorse anche una discussione, chi di loro poteva essere considerato il più grande. Egli disse: <<I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori (era il titolo dei re di Alessandria e di Antiochia). Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra di voi diventi come il più piccolo, e chi governa come lui che serve. Infatti chi è più grande: chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che stava a tavola? Eppure sto io in mezzo a voi come colui che serve >>.». []
  8. C. Maggioni, Storia e significato…, 2004, p.  24. []
  9. C. Maggioni, Storia e significato…, 2004, p.  13. []
  10. P. Bonci, Madonne coronate…, 2004, p. 19. []
  11. Ibidem []
  12. Ibidem []
  13. Ibidem []
  14. C. Maggioni, Storia e significato…, 2004, p.  17. []
  15. Ibidem []
  16. C. Maggioni, Storia e significato…, 2004, p.  24. []
  17. T. Verdon, L’incoronazione di Maria nell’arte, in La Madonna delle Grazie…, 2004, p. 69. []
  18. Ibidem []
  19. T. Verdon, L’incoronazione di Maria…, 2004, p. 72. []
  20. T. Verdon, L’incoronazione di Maria…, 2004, p. 73. []
  21. T. Verdon, L’incoronazione di Maria…, 2004, pp. 74-78. []
  22. Ibidem []
  23. T. Verdon, L’incoronazione di Maria…, 2004, p. 81. []
  24. Ibidem []
  25. T. Verdon, L’incoronazione di Maria…, 2004, pp. 82-88. []
  26. P. Bonci, Madonne coronate…, 2004, p. 20. []
  27. M. C. Di Natale, “Cammini” mariani per i tesori di Sicilia parte I, in OADI. Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia, Anno 1 n° 1, Giugno 2010, Palermo 2010, pp. 18-25 (versione stampabile) e disponibile online sul sito internet ufficiale dell’istituto e della rivista https://www.unipa.it/oadi/rivista (consultato a partire dal 25/09/2013). []
  28. M. C. Di Natale, “Cammini”mariani…, 2010, pp. 29-33. []
  29. M. C. Di Natale, Ave Maria. La madonna in Sicilia, immagini e devozione, Palermo 2003, p. 46. []
  30. Ibidem []
  31. P. Bonci, Madonne coronate…, 2004, pp. 21-22. []
  32. C. Maggioni, Storia e significato…, 2004, p.  14. []
  33. C. Maggioni, Storia e significato…, 2004, p.  15. []
  34. P. Bonci, Madonne coronate…, 2004, pp. 22-26. []
  35. Ibidem []
  36. P. Bonci, Madonne coronate…, 2004, pp. 26-28. []
  37. C. Maggioni, Storia e significato…, 2004, p. 15. []
  38. Ibidem []
  39. P. Bonci, Madonne coronate…, 2004, pp. 27-28. []
  40. P. Bonci, Madonne coronate…, 2004, pp. 39- 68. []
  41. A. Buttitta, Introduzione, in Ori e Argenti di Sicilia. Dal Quattrocento al Settecento, catalogo della mostra (Trapani, Museo Interdisciplinare Regionale “Agostino Pepoli” 1 luglio – 30 ottobre 1989) a cura di M.C. Di Natale, Milano 1989. []
  42. Ibidem []
  43. BCPa, Capitoli della professione degli orefici e argentieri di questa felice e fedelissima città di Palermo, Ms Qq F 197, secolo XVIII. Cf. M. ACCASCINA, I marchi delle argenterie e oreficerie siciliane, Busto Arsizio 1976; S. BARRAJA, La maestranza degli orafi e degli argentieri di Palermo, in Ori e Argenti di Sicilia…,1989, pp. 364-377 []
  44. M. C. DI NATALE, Gli argenti in Sicilia tra rito e decoro, in Ori e Argenti di Sicilia…,1989, pp. 134-165 []
  45. J. S. Trupia, L’argento e le sue tecniche, in Ori e Argenti di Sicilia…, 1989, p. 168. []
  46. M. C. Di Natale, Ave Maria: la Madonna in Sicilia. Immagine e devozione, Palermo 2003, p. 5. []
  47. M. C. Di Natale, Ave Maria: la Madonna…, 2003, pp. 11-12. []
  48. Numerose opere si sono desunte dalla consultazione del testo M. C. DI NATALE, Le confraternite dell’arcidiocesi di Palermo; storia e arte; Palermo 1993 []
  49. A. Buttitta, I colori del sole. Arti popolari in Sicilia, Palermo 1985, pp. 10-13. []
  50. M. C. Di Natale, Ave Maria: la Madonna…, 2003, pp. 22, 38. []
  51. ASDPa, consultati voll. n° 606 – 738 Lettere del tribunale di visita degli anni 1624 – 1884, in particolare vol. n° 722, pag. 38 verso “Lettera di delegazione diretta a Monsignore Cava per la coronazione della B.V.S. chiamata del Presepe nel giardino del fonte di S. Antonino fuori le mura di questa città”; consultato il volume n°1182 “Sacra  visita fatta dal Card. D. Ferdinando Maria Pignatelli, arcivescovo di Palermo nel 1845”, fasc. N° 2,3,4,5,7,10,18,19,20,30,34,38,40,41,66,67,71,83,100,103,106,112,121,123,133,136,139,143,145,149.

    Si ringrazia Mons. Giuseppe Randazzo, direttore dell’Archivio Storico Diocesano, il Dott. Giovanni Travagliato e soprattutto Marcello Messina, responsabile della sala di consultazione, per l’aiuto, le disposizioni e le utili informazioni fornitemi. []

  52. Si ringrazia la Dott.ssa Concetta Lotà, responsabile dell’Archivio Fotografico della Soprintendenza dei BB.CC.AA. di Palermo. Si sono consultati tutti i fascicoli inerenti le diverse chiese di Palermo. []
  53. Tali chiese sono state rintracciate all’interno del seguente testo: F. Lo Piccolo, In rure sacra, le chiese rurali dell’agro palermitano dall’indagine di Antonino Mongitore ai giorni nostri, Palermo 1995, pp. 299-417. []
  54. C. Brandi, Teoria del restauro, Torino 2000, pag. 6 []
  55. C. Brandi, Teoria …Torino 2000., pp. 5-8 []
  56. U. Baldini, Teoria del restauro e unità di metodologia,  Firenze 1982, pp. 6, 11, volume I []
  57. U. Baldini, Teoria … Firenze 1982 , pag. 43, volume II []
  58. C. Brandi, Teoria … Torino 2000, pag. 43 []
  59. Ibidem []
  60. M. Vitale, M.C. Di Natale,  M. Sebastianelli, G. Giambanco, F. Palla “Metal crowns and ex voto objects applied to canvas paintings: problems of conservation and potential solutions” in “Kermes quaderni ” ESRARC 2014, 6th Eureapean Symposiumon Religious Art, Restoration and Conservation, Proceedings book, pp. 194-197. []