Anna Maria Ruta

daricova@hotmail.com

Il Cabaret del Diavolo di Depero a Roma*

DOI: 10.7431/RIV09122014

È il Manifesto Ricostruzione futurista dell’Universo, pubblicato l’11 marzo 1915, firmato da Balla e Depero, che può considerarsi da allora in poi punto di riferimento fondamentale nel percorso creativo del Futurismo, che vuole invadere tutti i risvolti dell’arte e della vita moderna, mirando al totale rinnovamento di ogni ambito del vissuto quotidiano, per incidervi in modo determinante.
Ricostruire futuristicamente l’Universo vuol dire estetizzare globalmente la vita, intervenendo artisticamente e secondo l’ottica sperimentale sull’architettura, sugli interni, sugli arredi, sugli oggetti, sulla moda e su quasi tutti i settori della realtà contemporanea, dalla pubblicità al cinema, dalla fotografia alla cucina. In questa evoluzione, uno degli ambiti di maggiore incisività è proprio quello dell’arredamento, che fissa delle «strutture intermedie tra l’uomo e l’ambiente»1 e che apre spazi di penetrazione in una vasta rete di interni con diverse funzioni, dalla casa vera e propria ai negozi, uffici, scuole, dai musei, ai cabaret, ai bar, alle esposizioni fieristiche.

I cabaret soprattutto, che nei primi due decenni del ventesimo secolo sono per le avanguardie luoghi di riunione, di dibattito culturale, di eventi espositivi, ma soprattutto di “folle” divertimento per artisti, letterati, attori, danzatori, uomini di mondo e snob richiedono per le loro ambientazioni e i loro arredi il decisivo intervento dell’estro creativo di artisti geniali come Balla o Prampolini, Marchi o Depero2. Quest’ultimo, sollecitato dal vivacissimo Gino Gori, proprietario del locale e tra l’altro esegeta di Dante, all’unisono con lui, tra la primavera del 1921 e l’aprile del ’22 progetta per i locali sotterranei del Bar americano dell’Hotel Elite et des Etrangers di via Basilicata 13 a Roma, il Cabaret del Diavolo, poi Bottega del Diavolo, che doveva essere, vista la sua ubicazione, una sorta di bolgia dantesca. Per entrare occorreva un “salvacondotto”, un biglietto, per un «Viaggio di andata e ritorno per l’altro mondo», di cui dovevano venire in possesso le varie Brigate di Indiavolati che sarebbero stati traghettati e comandati alternativamente da Minosse (Gori) e da Lucifero (Trilussa): «Tutti all’Inferno» proclamava la locandina del locale (fig. 1) e «Perdete ogni speranza nel traghetto se non siete invitati, e col biglietto» proclamava il salvacondotto (fig. 2).
Il Cabaret fu inaugurato da Marinetti il 19 aprile 1922. Nell’invito all’inaugurazione fu annunziato un «demoniaco discorso con fiamme parolibere» di Luciano Folgore, nelle vesti di Cerbero, e con musiche di Casella e Malipiero.
Per questo Cabaret Depero, che aveva già arredato il salone dell’Hotel, all’unisono con Gori, crea le scenografie e l’arredo completo – il lavoro viene portato avanti per circa un anno da numerosi artigiani nella sua Casa d’Arte di Rovereto -, investendo l’ambiente con un progetto estetico globale, che vuole dare vita ad uno spazio alternativo ai soliti locali notturni. La dinamicizzazione dello spazio attraverso elementi cinetici, come la luce, che è materia-forma-colore e linee di forza che dovevano interagire dinamicamente con l’ambiente, mirava a far diventare «lo spettatore vero e proprio attore dello spettacolo in fieri», suscitandogli stupore ed emozioni3. Depero dettaglierà poi con profusione di particolari il progetto nel volume bullonato Depero futurista della Dinamo-Azari nel 1927, definendo il cabaret «l’ambiente più d’eccezione di Roma»4: e, in effetti, il progetto pittorico-decorativo doveva essere grandioso.
Il viaggio sotterraneo aveva un percorso contrario a quello dantesco cui si ispirava, dal Paradiso attraverso il Purgatorio si penetrava nell’Inferno, la vera meta delle “brigate indiavolate”. Nel Paradiso i mobili, come gli altri realizzati dalla ditta Lovisi di Trento, secondo quanto scrive dettagliatamente Depero nel suo volume, dovevano essere azzurri e l’illuminazione bianca, azzurrina e rossa, mentre la decorazione alle pareti doveva puntare su teorie di angeli in volo, razzi di stelle, nastri di cherubini. Nel Purgatorio, il cui spazio era minore rispetto agli altri due, doveva prevalere il verde, nei mobili “verdissimi”, nella decorazione floreale con cortei di anime verdi, dal verde grigio al verde cupo, esaltata da un’illuminazione bianca e verde. Depero però si sbizzarrisce di più per l’Inferno, usando qui un’illuminazione rossa sui mobili neri e sulle pareti, dove si ammirava un trionfo di battaglie di diavoli con i dannati, tra turbini di fiamme e forche, catene di serpi e una flora di fuoco. Le decorazioni erano alcune parietali, altre realizzate con tarsie di stoffa, altre ancora veri e propri dipinti, due per sala questi ultimi di 2,50 per 7 metri, accanto ai quali si ergevano tre gruppi di burattini in legno. Depero utilizzava un po’ dovunque motivi dentati, profili seghettati e lanceolati come fiamme, suggeritori tutti di movimento. Resta oggi solo uno dei pannelli murali, l’arazzo Danza di diavoli del 1923, una fantasmagorica costruzione scenografica, con una frenetica danza di diavoli rossi e neri armati di forche e di diavoletti bianchi fra fasci di fiamme. Un orologio con tre diavoli scandiva il tempo con campanelli. Dal Paradiso si scendeva al Purgatorio attraverso una scala, visibile in una delle foto, la Scala degli angeli, perché fiancheggiata da angeli alati. Nel Purgatorio c’era naturalmente il Paradiso terrestre e nell’Inferno il Forno dei dannati, custodito da diavoli. Il tutto era illuminato da luci colorate e cangianti, programmate, che esaltando le immagini, suscitavano emozioni e creavano strane sensazioni di fascinosa magia, miste a punte di autoironia e di kitsch.
Il complesso doveva risultare veramente stupefacente, e ancor più stupefacenti gli arredi, dai tavoli grandi per gruppi e dai tavolinetti per coppie con abat-jours agli scaffali per buffet, dai paralumi grandi e piccoli ai lumi (lumi cuore-cipolla, lumi-piramide, lumi-aste di cristallo), dall’appendiabiti e dai diavoli-marionette alle panche, agli sgabelli e alle sedie, che possono definirsi vere sculture o micro-architetture. In queste rare foto del locale, che si pubblicano (figg. 3456), probabilmente inedite, è possibile studiare meglio i particolari dell’arredo, i decori murali, le lampade, le marionette e soprattutto le sagome delle sedie sia quelle a spalliera verticale dai profili seghettati a spina di pesce, richiamo alle fiamme infernali, le più straordinarie ideate da Depero, sia quelle con il paradisiaco cuore centrale, sia quelle del Purgatorio, più lineari, ma sempre caratterizzate nei profili da giochi segnici che alludono alle corna. A Depero, come si capisce, è cara la componente diabolica esorcizzante, che usa spesso nelle sue realizzazioni e che qui viene ripetuta nelle decorazioni, nei pannelli, nelle marionette disseminate nel locale: non a caso denominerà Ballo dei Diavoli il ballo in maschera da lui organizzato ad Arezzo nel 1923.
La sedia, tra tutti gli elementi di arredo, è la sua preferita, perché per la sua stessa forma scultorea, architettonica e pittorica insieme – una vera sintesi futurista fra le arti – gli dà la possibilità di esercitare il suo estro creativo senza limiti5, tanto da fargliela porre come trofeo, per celebrarla, al centro del suo arazzo Festa della sedia del 1927, una sedia fantasiosa, dalla struttura asimmetrica e leggera, che espone nella III Biennale di Monza dello stesso anno. Anche Balla collocherà una sua sedia nel dipinto La seggiola dell’uomo strano del 1929. Ne disegna molte di sedie Depero, estrose, asimmetriche e leggere e molte ne realizza, affidando, oltre che alla linea anche al colore (legno verniciato o smalti colorati), il marchio della sua personalità. La sedia futurista, in genere, viene liberata dal simbolo di stabilità, di sicurezza, di autodifesa che aveva nel passato: la struttura si assottiglia, vengono eliminate le pelli, le tappezzerie, i velluti, le borchie e le passamanerie in favore del solo legno povero, della varietà delle strutture e dei colori. Non più sedie da stanze da letto, da pranzo, da salotto, relegate in uno spazio chiuso, ma pezzi unici, facilmente spostabili, per modificare i vari ambienti, fatte per un veloce riposo o per necessità vitali, di cui subito bisogna liberarsi per un continuo dinamico alternarsi di attività, come vuole il Futurismo, senza consentire abbandoni sonnolenti e oziosi, che tarpino le ali alla fantasia e all’azione: la predominanza del giallo e del verde in esse è proprio il segno del dinamismo che vogliono suggerire. Le sedie, dunque, come le panche e le poltrone, sono elemento d’arredo fondamentale soprattutto per Depero. Ed esse trionfano nella loro varietà con i tavolini nel Cabaret del Diavolo (figg. 78). Queste insolite e non perfette fotografie danno la possibilità di vederne con maggiore precisione i dettagli e la collocazione insieme con una serie di particolari noti solo attraverso la esigua documentazione rimasta nell’Archivio Depero del MART di Rovereto. Intorno al 1924 infatti il Cabaret andò in declino, sia per una congenita incapacità di Gori alla direzione economica che non aveva dato risultati positivi, sia per il conseguente suo trasferimento a Chianciano, sia per un intervenuto raffreddamento tra lui e Depero: tutto l’arredo e la documentazione fotografica – non si sa come – andarono dispersi e del Cabaret del Diavolo non si parlò più6.

* Tempo fa un amico, che ringrazio, mi donò quattro preziose fotografie di interni del Cabaret del Diavolo, che non avevo mai viste pubblicate. Il dono mi sollecitò a ritornare sull’argomento, per farle conoscere e per approfondire alcune osservazioni su questo straordinario ambiente non più esistente.

  1. A. M. FUNDARO’, Rubrica di arredamento, Messina-Palermo 2001, p. 3. []
  2. Un appunto meritano gli altri cabaret futuristi di Roma. Qui era nata nel 1918, in via degli Avignonesi, nel luogo delle antiche Terme romane d’epoca severiana, la Casa d’arte Bragaglia, un centro culturale, frequentato da un’élite delle arti e del teatro, con annesso il Teatro sperimentale poi degli Indipendenti, progettata ed arredata futuristicamente nel 1923 da Virgilio Marchi. La Casa aveva cinque sale espositive, una sala per il Teatro con trecento posti, bar e foyer e annesso al Teatro il Cabaret della gallina a tre zampe, ritrovo di artisti e intellettuali, che aveva anche funzioni espositive. Nella Sala Bar, il cui soffitto luminoso era decorato con stoffe dipinte da Balla, illuminate dall’interno, predominavano le linee curve ed elicoidali, espressioniste, care a Marchi, in uno sfrenato bisogno di dare vita e movimento alle forme architettoniche, forme oggi assimilabili a quelle dell’architetto Frank Gehry. L’arredo, invece, fresco e agile, guarda a Depero e punta sulle lampade e su mobiletti e sedie, sempre oggetto di maggiore sperimentazione di linee. Ancora del 1921 è la progettazione del Bal Tik Tak da parte di Balla, che ne crea l’insegna luminosa con secche figurine dal corpo lettrista, in danza sincopata e tutto il settore “luce”: fanale esterno, lampada interna e abatjour in pergamena con deliziose figurazioni. Depero progetta anche lui un’insegna per il Cabaret del Diavolo di tipologia lettrista, che prevedeva la composizione e scomposizione delle parole Paradiso, Purgatorio, Inferno, che non viene però realizzata. Per quel che riguarda i mobili Balla crea per il Bal Tik Tak, frequentato da un pubblico eterogeneo, che vi si reca per ballare e per trascorrervi il tempo libero, il bancone, il botteghino della Cassa, il mobile guardaroba, alcune vetrine e i pannelli per il palco dell’orchestra, decorati con note musicali.
    Nel 1923-’24 Gerardo Dottori progetta e realizza, in Umbria, un Ristorante sulla scia del romano Cabaret del Diavolo, l’Altro mondo di Perugia, per cui crea scenografie, mobili, lampade e vari ornamenti per la saletta Inferno e la sala Paradiso (o sala Marinetti), caratterizzate da intrecci di linee curve nella ringhiera della scala d’accesso, che richiamano ancora il Liberty. La fiammante decorazione parietale curvilinea, però, di grande effetto, secondo quanto è possibile cogliere dalle poche foto rimaste, rientra pienamente nell’iconografia futurista, con una geometria lineare, a segmenti retti intrecciantisi tra loro, che nelle sole spalliere delle alte sedie usa il segno mosso e articolato. []
  3. La casa del mago. Le arti applicate nell’opera di Fortunato Depero 1920-1942, a cura di G. Belli, Milano 1992, p. 183. []
  4. F. Depero, Depero futurista, Milano, Dinamo-Azari, 1927, p. 202. []
  5. La fusione totalizzante di colore, scultura e architettura è anche alla base delle famose sedie di Pannaggi per Casa Zampini ad Esanatoglia e di Gerrit Rietveld. []
  6. Sull’argomento si consultino P. SOLARI, Roma notturna. Nuovi cabarets. Giochi di luce e futurismo. Nel sotterraneo di un palazzo, in “Il Resto del Carlino”, 27 aprile 1922; G. GUASTA, Un covo di diavoli nella Roma di 40 anni fa, in “Il Tempo”, 10 aprile 1967; B. PASSAMANI, Depero, Torino 1969; M. VERDONE, Teatro del tempo futurista, Roma 1969; B. PASSAMANI, Fortunato Depero, Rovereto 1981, pp. 158-161 e 299; A. M. RUTA, Arredi futuristi. Episodi delle case d’arte futuriste italiane, Palermo 1985; M. SCUDIERO, Depero – Casa d’Arte Futurista, Firenze 1988; La casa del mago…, 1992; A. M. RUTA, L’arredamento futurista, in “Nuove Effemeridi”, VIII n. 31, III, Palermo 1995, pp. 35-41; A. M. FUNDARO’, Rubrica, 2001. []