Tiziana Crivello

tizianacrivello@libero.it

L’iconografia del Gesù Bambino nella ceroplastica

DOI: 10.7431/RIV09102014

La Sicilia da sempre ha avuto una particolare propensione per l’utilizzo della cera nella realizzazione di manufatti, che sono a un tempo oggetti di culto e piccole opere d’arte. Lo stesso Antonino Uccello ricorda come Berliner avesse sottolineato la propensione degli italiani per la cera “così duttile e delicata” capace di “ottimi risultati sia nella modellazione” che nel paesaggio, anche grazie all’utilizzo di altri materiali, specificando poi l’origine per lo più claustrale di queste opere1. Ampiamente diffusa tra Settecento e Ottocento, la produzione in cera siciliana prevede numerose varianti, tra cui quella più diffusa riguarda la rappresentazione del Bambino Gesù, che come nota Antonino Buttitta era conservato entro teche, scarabattole o posto sotto campane2.

I maestri esperti nel produrre Bambini Gesù in cera nell’isola venivano detti bbamminiddari e la scelta iconografica variava dalla rappresentazione di Gesù bambino dormiente, seduto oppure vestito con eleganti abiti, ma sempre paffuto e sorridente, simile a quei putti che arricchiscono le nostre chiese e i nostri oratori. Come nota Pierfrancesco Palazzotto, in riferimento ai putti di Giacomo Serpotta, “Mentre nell’ambito dei marmi mischi prevale, come in molte delle decorazioni a stucco preserpottiane, la loro presenza quali elementi decorativi “d’appoggio” e di genere, senza una particolare prerogativa se non quella di reggere simboli iconologici, a partire dal Rosario in Santa Cita, e in parte anche da San Mercurio, questi si trasformano da oggetti in soggetti”3. Contemporaneamente con la diffusione del tema iconografico del Bambino Gesù si registra, quindi, un mutamento di gusto nell’arte in cui “regna uno spirito giocoso e di rinnovamento, non di costrizione e di espiazione sofferente e neanche di pomposa grandezza”4. Questo contagio tra le varie espressioni artistiche si nota anche in un raro Bambino Gesù in argento del 1699 nella chiesa di Santa Maria la Nuova a Scicli che, come afferma Maria Concetta Di Natale, “è raffrontabile all’analoga produzione di Bambinelli Gesù lignei o di ceroplastica tanto diffusi nell’isola nel periodo”5. Il tema del Bambino, infatti, aveva avuto scarso spazio in età classica, non venendo considerato soggetto di diritti e quindi vivendo nell’attesa di diventare adulto. Nella cultura cristiana la presenza nelle opere d’arte del Gesù bambino è legata, invece, a quella della Madre. É con l’iconografia francescana, che si registra una svolta perché con il presepe la rappresentazione di Gesù assume una nuova umanità, sempre però legata alla figura materna e accompagnata da San Giuseppe, che assume valore di custode6. Nel medioevo si registra il massimo sviluppo delle rappresentazioni sacre ed ecclesiastiche, con una particolare attenzione al periodo natalizio per il presepe ed a quello pasquale con le rappresentazioni legate alla Passione di Cristo. In entrambi i casi tali sacre rappresentazioni sono fortemente volute dall’ordine francescano7. L’impulso decisivo per la codificazione del presepe avviene però grazie alla Controriforma cattolica, quando si attesta l’espandersi dei culti mariani, anche grazie all’ordine dei Teatini e all’ordine dei Gesuiti8.

Solo nel XVI e nel XVII secolo si diffonde la devozione a Gesù Bambino in forma autonoma9. Tale tendenza a rappresentare il Bambino Gesù solo, in Sicilia, vede il diffondersi di simulacri in cera per lo più realizzati con la tecnica della fusione a stampo, rifiniti nei dettagli con particolari bulini ed infine inseriti nelle varie composizioni. Secondo quanto afferma il Mongitore fu suor Margherita del SS. Sacramento, appartenente all’ordine delle Carmelitane scalze, che diede vita a Palermo al culto dell’infanzia di Gesù nel 1714 presso la chiesa di San Giorgio dei Genovesi10. Presenti in collezioni private, ma anche custoditi gelosamente nelle chiese e nei conventi, spesso a causa della fragilità della materia risultano danneggiati o mancanti di parti. Alcune volte, poi, sono soggetti a manomissioni a causa del cambiamento del gusto o più frequentemente per il logoramento di vestiti e dei diversi accessori. Oggetto di devozione privata, quindi, come si evince da una fotografia scattata nel 1960 presso la villa del Principe Corrado Niscemi di Valguarnera da Giuseppe Quatriglio, il quale racconta come il principe indugiasse “qualche volta nella stanza della sua villa che custodiva un Bambino Gesù di cera, forse settecentesco, circondato da regalini di avorio e d’argento portati dagli amici”11. È raro trovare integra una composizione come quella che si ammira nella foto. Entro una grande teca al centro è posto un delicato Bambino Gesù su una culla lignea, mentre agli angoli si vedono vasi con fiori, e dal soffitto pendono, delicati, dei piccoli lampadari, che sembrano realizzati con fili di metallo12.

Lo studio della ceroplastica, nota Maurizio Vitella, non può prescindere dall’osservazione dei materiali che sono ad essa associati, in primo luogo i contenitori, quindi: scarabattole, campane o teche13. Quest’ultimi, se originali, danno indicazioni sul periodo storico in cui le opere sono state realizzate; oltre che mettere in evidenza le composizioni che proteggono, infatti, non dobbiamo dimenticare che il loro principale scopo era di custodire questi oggetti così delicati. In secondo luogo, importanti sono tutti quegli elementi che arricchiscono la composizione, come: fiori, animali ed altri piccoli particolari che rendono preziose e uniche queste opere. Di fondamentale importanza sono, infine, i tessuti con cui sono ricoperti i vari lettini o con cui sono realizzati i vestiti dei simulacri. Si ricorda che per lo più la ceroplastica è un’arte che viene tramandata dentro i monasteri o i conventi, spesso frutto della collaborazione di più persone specializzate. Numerosi sono gli ordini che considerano il lavoro come espressione speciale di preghiera, in cui la regola da’ precise indicazioni sulla vita attiva: in primo luogo i benedettini, ma anche i Carmelitani e i Francescani. Ciò comporta un problema per l’individuazione dei nomi degli artefici, che rimangono spesso anonimi. Gli studi hanno però rilevato l’identità di alcuni artisti e per ciò che concerne l’ambito claustrale è stato individuato un importante centro di produzione ad Alcamo, grazie alla trascrizione di un manoscritto di D. Stefano Monteleone rintracciato da Roberto Calia14. Lo studioso fa il nome di alcune monache fondatrici di una vera e propria scuola, oltre ad elencare alcuni manufatti. Si tratta del Monastero del SS. Salvatore dove operarono Suor Vita Giusti, figlia di un “noto bamminaro palermitano”, Suor Maria Stabile, Suor Emanuela Vitale, Suor Emilia Dolce, Suor Antonina Lucchese, Suor Cecilia Sorrentino15. Antonino Uccello, poi, individua un altro importante centro a Noto grazie ad una teca firmata da “fra Ignazio Macca” nel 1800, mentre sul retro un’altra targhetta informa che “Fra Salvatore Notinese Maestro di personaggi e gruppi di cera la ripulì e la restaurò nel 1885”16, lasciando ipotizzare nello stesso eremo di San Corrado Fuori le Mura la presenza di più artefici. Maurizio Vitella, infine, indica ad Erice le suore carmelitane di Santa Teresa, monastero fondato nel 1701, come produttrici di uno stile inconfondibile17, caratterizzato dall’inserimento dei simulacri in elementi architettonici con colonne che sorreggono archi ogivali, l’uso di elementi floreali in pasta d’amido e presenza di piccole culle o divanetti18.

La produzione di questi simulacri era, quindi, molto vasta, come testimoniano non solo i numerosi esemplari presenti in chiese e musei, ma anche presso le collezioni private che li custodiscono, tramandandoli di generazione in generazione. Così per i tre inediti Bambinelli della collezione Francesco Lo Iacono provenienti dalla Sicilia occidentale. Due sono riconducibili a produzione di Salemi, uno palermitano. I due Bambinelli salemitani sono posti sotto campana e presentano un’impostazione verticale, entrambi rappresentano l’iconografia del Buon Pastore, per la presenza della pecorella, sempre in cera, vicina al Bambinello. Tale iconografia trova numerosi riferimenti, ma quello più pertinente si legge nel Vangelo di Giovanni (10, 11), in cui è riportata la parabola di Gesù pastore e porta del gregge. In essa Gesù afferma, infatti, “Io sono il buon pastore. Il buon pastore da’ la propria vita per le pecore”, in tal modo si attribuisce una prerogativa divina perché ripete ciò che Dio dice in Ezechiele (34, 11-16) quando afferma di “prendersi cura delle sue pecore” cioè del suo popolo. L’affermazione è importante perché Gesù non dice di essere “come” il Buon Pastore, ma di “essere” il Buon Pastore, per cui egli sceglie volontariamente ed eroicamente di donare la sua vita per le pecore19. Questo inedito Bambino Gesù (fig. 1), di grandi dimensioni, posto sotto una campana, è seduto su una roccia di cartapesta dipinta, da cui si dipartono numerosi fiori dai colori variegati che circondano il simulacro. Tali fiori sono realizzati in carta crespata attorcigliata a spirale, esempi simili sono nella Campana con Gesù Bambino di collezione privata trapanese20 e in un’altra di collezione privata di Salemi21, entrambe attribuite ad ambito salemitano. Riporta a questa zona di produzione anche l’incarnato diafano perché nella produzione di questa zona della Sicilia per i Bambinelli realizzati con la tecnica a stampo non si aggiungevano pigmenti coloranti alla cera22. La medesima composizione si riscontra nel secondo inedito Bambinello della collezione Lo Iacono (fig. 2), ciò mette in evidenza la copiosa produzione di queste opere, che nella seconda metà dell’Ottocento non potevano mancare nelle case delle famiglie nobili e dell’alta borghesia. Custodite sopra i comò delle camere da letto erano oggetti di culto più che elementi d’arredamento.

Sempre alla stessa iconografia si ascrive il bel Bambinello entro campana di collezione privata Arcara di Termini Imerese (fig. 3). L’inedito Bambinello è seduto su una rupe rocciosa, composta da cartapesta colorata, anch’esso è circondato da grandi fiori di carta accompagnato da due pecorelle, realizzate in cera. Anche questo Bambinello presenta il mantello e il perizoma resi in cera dipinta, mentre nel petto si scorge il cuore fiammato. L’opera, da datare alla seconda metà dell’Ottocento, è simile ad un’altra di collezione privata di Palermo, un Gesù Bambino Pastore23. L’iconografia del cuore di Gesù, ricorrente in molti Bambinelli, trova origine nella rappresentazione di Cristo in croce con il costato ferito, simbolo del suo sacrificio per la salvezza del genere umano. Si associa quindi la dimensione fisica e quella simbolica del cuore, che a volte si estende alla Madonna24. Esempi simili si trovano anche nell’arte popolare, come nell’olio su vetro di bottega palermitana, che rappresenta appunto il Cuore di Gesù, dove un Bambino Gesù seduto tra i fiori indica nel petto il cuore fiammato25.

Vicina all’iconografia del Buon Pastore è quella del Bambinello in veste di ortolano, a questa tipologia si riconducono tutta una serie di Bambini Gesù attribuiti a Fra’ Salvatore Notinese. Il frate utilizza per la realizzazione dei suoi simulacri alcuni elementi iconografici ricorrenti, come il cappello verde a larghe fasce, i calzari allacciati sino a metà gamba resi con la cera colorata a rilievo e la ferita al costato26. Un esempio si trova a Palazzo Acreide nella Casa Museo “A. Uccello”, databile alla seconda metà del XIX secolo27. Il Bambinello, posto entro una teca, è circondato da fiori in carta e pasta d’amido, ma anche frutti come pere e fichi d’india. Completano la composizione tre pecorelle. Altri due simulacri a lui attribuibili sono pubblicati nel fondamentale testo di Antonino Uccello28, entrambi custoditi entro scarabattole neoclassiche. Il primo è definito come un San Giovannino, ma presenta la consueta iconografia dell’ortolano: il cappello, i calzari e la pecorella. Simile al precedente è poi per il rivestimento in stoffa con disegni geometrici posta sullo sfondo. L’altro bambinello è inserito in una composizione più complessa, probabilmente dettata dalla committenza e con intenti pedagogici29. Il Bambino Gesù in veste di ortolano, con il cappello a larghe fasce ed i calzari a rilievo, è seduto al centro della composizione davanti ad una fontana composta da un pellicano con le ali spiegate su cui è inserita una conchiglia. Simbolo cristologico, il pellicano secondo la leggenda si squarcia il petto per sfamare i suoi piccoli30, mentre la conchiglia, un chiaro simbolo di rinascita, completa l’iconografia. L’immagine del pellicano è molto diffusa in Sicilia, soprattutto nell’oreficeria, ricordiamo ad esempio il pendente a forma di pellicano del Museo Alessi di Enna31. Un altro simbolo cristologico è la fenice che si trova posta a destra del Bambinello, questo animale mitologico risorge dalle sue ceneri ed è quindi strettamente connesso alla simbologia della resurrezione32. Sullo sfondo verde, poi, si stagliano numerosi fiori e frutti tra cui il limone, il fico d’india, i garofani e i fiori di zagara. Alla base alcune pecorelle, un cane e una volpe.

Molto simile a questa composizione risulta quella di collezione privata di Trapani, pubblicata sempre dall’Uccello33, che vede un Bambino Gesù quasi identico al precedente, con una fontana simile posta sulla destra, sempre con pellicano e piccoli, una fenice in alto, fichi d’india e pere, mentre sulla sinistra si nota un’altra fontana con serpenti, che hanno un preciso richiamo nella scena inserita in alto a destra. Quest’ultima è una scena inusuale per questo tipo di composizioni, perché comprende la figura di Eva tentata dal demonio, sotto forma di serpente dal viso umano, mentre Adamo dorme ai piedi dell’albero del bene e del male. Antonino Uccello spiega come secondo l’interpretazione dei Vangeli Apocrifi “Eva chiedeva per i suoi figli – la progenie umana – la redenzione dal peccato originale, operata dalla nascita del Redentore”34. La presenza nelle due composizioni di numerosi fiori e frutti non è casuale per esempio la pera che è rappresentazione del Redentore, per la dolcezza della sua polpa35, mentre i garofani richiamano la passione di Gesù perché rimandano ai chiodi della croce e la zagara è un fiore tipicamente siciliano, simbolo di purezza36.

Un altro simulacro di Gesù Bambino in veste da ortolano di collezione privata di Trapani37 è chiusa in una teca neoclassica. Secondo il Vangelo di Giovanni (20, 15-18), Maria Maddalena è fuori dal Sepolcro vuoto e Gesù le chiede perché stia piangendo, allora lei “pensando fosse l’ortolano” lo interroga chiedendo se ha preso lui il corpo di Cristo, solo dopo lo riconoscerà. Quest’iconografia vede Gesù seduto su un eremo roccioso, composto da sughero, ed è circondato da numerosi fiori, tra cui si vedono rose e margherite, vicino a lui si nota poi una pecorella, mentre nel petto ha il cuore fiammato. Ascrivibile alla zona salemitana per il colorito chiaro è l’inedito Bambinello di collezione privata di Palermo, purtroppo privo della sua culla originaria (fig. 4). Il piccolo simulacro assume la tipica posizione del Bambinello da presepe: le gambe composte come le mani, lo sguardo fisso appena sottolineato da tocchi di colore anche per le pupille, solitamente realizzate in vetro. I capelli risultano delineati in modo sommario per grandi ciocche colorate e poggianti sulle spalle, il perizoma è poi reso sempre in cera. Accomuna tutti questi Bambinelli salemitani un’attenzione più all’effetto generale che alla realizzazione del vero e proprio simulacro, i cui particolari sono spesso solo abbozzati38. Ben diverso appare l’altro inedito bambinello della stessa collezione (fig. 5), anch’esso privo della sua culla originaria, il quale richiama, come il precedente, l’ambito presepiale. Opera di un abile ceroplasta, ha il volto leggermente reclinato a sinistra, mentre molta attenzione è posta nella resa del volto e dei particolari39. Da sottolineare poi la piccola collana posta al collo dello stesso: è composta da minuscoli sonaglini che, come nota Maria Concetta Di Natale, hanno un forte significato specialmente posti vicino ai bambini, perché insieme ai campanelli hanno lo scopo di cacciare gli spiriti maligni40. Dalla collana pende un crocifisso ai cui capicroce sono attaccate tre piccole perline, simbolo della purezza e della perfezione. La Di Natale sottolinea come la perla “cui […] non necessita, a differenza delle altre gemme, alcun intervento che ne ponga in risalto caratteristiche o qualità, essendone naturalmente dotata e rapportabile direttamente alla sublime figura di Gesù, che l’esperienza umana non poté alterare in alcun modo”41.

Un altro, inedito, Bambinello della collezione Lo Iacono è chiuso entro una scarabattola, purtroppo rovinata (fig. 6). Il simulacro è rappresentato disteso, mentre con le mani incrociate sotto il capo, riposa con gli occhi semichiusi. La delicata fattura e la perizia nella resa degli arti e della chioma ci fa pensare ad un abile ceroplasta. Il Bambinello poggia su una rupe, realizzata con cartapesta, mentre sullo sfondo sono inseriti piccoli fiori. Lo stesso sfondo, poi, è dipinto con una veduta marina. Probabilmente di produzione palermitana, presentava un perizoma rosso realizzato sempre in cera, recentemente rimosso e sostituito. Alla stessa tipologia iconografica si ascrive l’inedito Bambinello dormiente, sotto campana, di collezione privata palermitana (fig. 7). Di ambito trapanese dei primi anni dell’Ottocento, è graziosamente adagiato su una rupe di cartapesta ricoperta da un drappo verde con bordatura dorata. Un albero, con foglie in stoffa, e qualche cespuglio completano la scena. La delicatezza dei tratti del viso e la perizia con cui sono resi i piccoli arti ci fanno pensare ad un artista raffinato. Il simulacro è arricchito da un coprifascia di grani di corallo e perline, che coprono l’elegante perizoma sempre in cera. Il corallo è spesso associato alla figura di Gesù Bambino, come prefigurazione del suo sangue versato per salvare l’umanità. Il corallo, come nota la Di Natale “oltre che per la realizzazione di grani di rosario e paternostri, veniva particolarmente adibito, con l’intento di proteggere i bambini (secondo un uso peraltro già diffuso prima dell’avvento di Cristo), per quella di fasce ombelicali e pendenti di varia forma, capaci di allontanare gli influssi malevoli, e addirittura di semplici rametti, conservando quindi la forma originaria”42. Una funzione simile ha la collana formata da sonaglini presente al collo del Bambinello, che, come detto in precedenza, aveva lo scopo di allontanare tutte le negatività e i malefici.

Un altro interessante Bambino Gesù è presente presso la Venerabile Congregazione di Maria SS. Della Mercede, presso l’oratorio di Santa Maria di Gesù43. Il Bambinello è posto dietro una teca sull’altare maggiore e proviene dalla distrutta chiesa dell’Immacolata44. Il simulacro, in una vecchia foto degli inizi del Novecento, è poggiato su una culla in vimini a cui sono applicati numerosi fiori di stoffa, adagiato su un materassino e un cuscino riccamente ricamato e arricchito di numerosi ex-voto. Lo stesso simulacro è corredato anche di una culla in legno dorato di gusto barocco. Il Bambino Gesù con il volto sorridente, reclinato sulla spalla, ha il braccio sinistro alzato quasi a portarsi la manina alla bocca, con gesto vezzoso. I capelli sono resi con sottili striature sulla cera, poi colorate. Al capo è applicata una raggiera dorata. Interessante è sottolineare come la dinamicità del simulacro sia data dalla gamba che si solleva e dalla manina contrapposta che si avvicina alla bocca. Un gesto tipicamente fanciullesco che ad esempio si ritrova nel Bambino Gesù di Antonello Gagini nella cona della chiesa di Santa Cita a Palermo45. Inserito nella cinquecentesca Natività, Gesù Bambino, dalle dimensioni ridotte rispetto a Maria e Giuseppe che lo sovrastano, è poggiato sulla nuda terra su un telo e con il volto leggermente reclinato verso lo spettatore, si porta la mano destra alla bocca46.

Un altro inedito Bambinello lo troviamo a Naro presso la chiesa di Santo Spirito (fig. 8)47. Il Bambinello è collocato all’interno della Custodia eucaristica, datata da Sergio Intorre tra il 1679 e il 172748. Fra’ Saverio Cappuccino nel descrivere la chiesa ricorda due opere presenti nella stessa “La Madonna morta, e il Bambino, ambedue in cera”49. È importante sottolineare come sia tipico dell’ordine dei Francescani quello di provvedere il più possibile all’arredo delle proprie chiese eseguendo loro stessi gli arredi ed i manufatti, per poter assolvere ad uno dei punti della Regola di San Francesco, che prevedeva l’obbedienza al voto di povertà50. Particolare è la posizione del Bambinello di Naro, collocato entro il tabernacolo, il cui scopo è quello di custodire il “corpo di Cristo”, per cui porre all’interno di questo il simulacro di Gesù Bambino assume un valore speciale. Non è raro, comunque, trovare simili Bambinelli all’interno di tabernacoli nelle chiese cappuccine di Sicilia, esempi si vedono nella chiesa di Maria SS. delle Grazie a Gela, nella chiesa della Madonna di Odigitria a Caltagirone e nella chiesa di San Francesco D’Assisi a Mazzarino51. Spesso questa scelta è dettata dall’ammodernamento della liturgia, infatti, l’apertura del tabernacolo aveva in origine un motivo pratico perché serviva a porgere le ampolle all’officiante, quando la messa veniva detta volgendo le spalle al fedele, ma con il cambio della liturgia tale apertura divenne una nicchia espositiva per piccole composizioni, presepi o Bambinelli52. Nella chiesa di Santa Maria di Gesù a Mazzarino alla base del tabernacolo ligneo di Frate Angelo Gagliano da Mazzarino è inserito un bel Bambino Gesù dormiente53. Posto su un materassino e un cuscinetto riccamente ricamati, il florido Bambinello ha gli occhi semichiusi e le labbra leggermente socchiuse. A differenza dei Bambini Gesù dormienti di area trapanese che riposano poggiando il capo sulle manine, questo Bambinello sembra abbandonarsi nel sonno richiamando la posizione del Cristo deposto con il capo e la mano abbandonati. Lo accompagnano due delicati angeli, anch’essi realizzati in cera, dalle ali colorate, elegantemente definite. Il primo si porta le mani alla bocca facendo segno di stare in silenzio, mentre l’altro regge un elegante ombrellino, anch’esso ricamato. Tutta la composizione è ricca di fiori realizzati in stoffa, ma anche in perline, sembra infatti che il raffinato ceroplasta abbia voluto riprodurre un giardino, probabilmente alludendo al giardino paradisiaco da cui l’uomo è stato cacciato a causa del peccato originale. Da sottolineare poi la presenza davanti al Gesù Bambino dormiente di piccole more rosse.

Nella stessa chiesa, poi, Frate Angelo realizza anche una coppia di dossali – reliquiari in legno54, che contengono un crocifisso realizzato in cera. Il ceroplasta ha aggiunto alla cera un pigmento rosso per riprodurre i modelli dei più preziosi crocifissi in corallo. La regola francescana, infatti, come più volte ricordato, vietava l’uso di materiali preziosi per abbellire le chiese ed i conventi. Osservando il piccolo crocifisso si riscontrano somiglianze con i crocifissi lignei di Frate Umile da Petralia, non solo per la caratteristica del perizoma composto da un panno piegato retto da una corda che lascia intravedere il fianco destro, ma anche per l’aspetto di questo Cristo, dal capo abbandonato sulla spalla destra, con il torace elegantemente scolpito, ma che sottolinea la sofferenza dell’uomo sulla croce55.

  1. A. Uccello, Il Presepe popolare in Sicilia, con appendici a cura di A. Barricelli e S. Enrico Failla, Palermo 1979, p. 59 []
  2. A. Buttitta, Il Natale. Arte e tradizioni in Sicilia, Palermo 1985, p. 78 e segg. []
  3. P. Palazzotto,  I “ricchi arredi” e le “preziose dipinture” dell’oratorio del Rosario in San Domenico della Compagnia dei Sacchi , in P. Palazzotto, C. Scordato, L’oratorio del Rosario in San Domenico, Palermo 2002, p. 53. []
  4. P. Palazzotto, I “ricchi arredi”…, 2002, p. 56. []
  5. M.C. Di Natale, Scheda II, 93, in Ori e argenti di Sicilia dal Quattrocento al Settecento, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Milano 1989, p. 249. []
  6. Sull’iconografia del presepe in Sicilia cfr. In Epiphania Domini. L’adorazione dei Magi nel’arte siciliana, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, V. Abbate, introduzione A. Buttitta, Palermo 1992. []
  7. A. Uccello, Il Presepe…, 1979, p. 27. []
  8. Ibidem. []
  9. C. Scordato, Il putto di Giacomo Serpotta per una lettura estetico-teologica, in G. Pecoraro, P. Palazzotto, C. Scordato, Oratorio del Rosario in Santa Cita, Palermo 1999, pp. 47-105. []
  10. A. Mongitore, Palermo divoto di Maria Vergine, e Maria Vergine protettrice di Palermo, Palermo 1719, tomo I, p. 204. []
  11. G. Quatriglio, Contatti. Persone e personaggi del Novecento, Palermo 2004, p. 12. []
  12. Ibidem. Si ricorda che la diffusione dei Bambini Gesù in cera alla fine dell’Ottocento si espande anche nelle classi medie, come nota S. Salamone Marino che riporta la minuta di “due coniugi burgisi” di Borgetto (Palermo) datato 1810, che tra gli arredi cita “N° uno cantaro con una scafarrata è una speci di scarabattola con entro la figura il cera del Bambino Gesù”. Cfr. S. Salamone-Marino, Costumi ed usanze dei comuni di Sicilia, Palermo 1897, p. 264 n.5 []
  13. M. Vitella, Gloria …, 2005. []
  14. R. Calia, Ceroplastica e smaltoplastica in Alcamo, Alcamo 1989. []
  15. R. Calia, Ceroplastica…, 1989, p. 43. []
  16. A. Uccello, Il Presepe…, 1979, p. 75. []
  17. M. Vitella, Gloria…, 2005, p. 15 []
  18. M. Vitella, Gloria…, 2005, p. 13. []
  19. Cfr. anche Eb 13, 20; Mt 18, 12-14; Lc 15, 1-7; inoltre cfr. Pastore e gregge, in Dizionario di teologia Biblica, a cura di Xavier Léon Dufour, Casale di Monferrato 1971, c. 866-870. []
  20. A. Gucciardi, scheda 37, in M. Vitella, Gloria…, 2005, p. 55. []
  21. M. Vitella, scheda 42, in M. Vitella, Gloria…, 2005, p. 60. []
  22. M. Vitella, Gloria…, 2005, p. 10. []
  23. F. Azzarello, scheda 65, in F. Azzarello, L’arte…, 1987, p. 54. []
  24. G. D’Agostino, Scheda 72, in Arte popolare in Sicilia. Le tecniche, i temi, i simboli, catalogo della mostra a cura di G. D’Agostino, Palermo 1991, p. 235. []
  25. Ibidem. []
  26. L. Lombardo, Scheda 477, in Arte popolare …,1991, pp. 407-408. []
  27. A. Uccello, Il presepe…, 1979, pp. 72-73. []
  28. Ibidem. []
  29. A. Uccello, Il Presepe…, 1979, p. 73. []
  30. Sull’iconografia del pellicano cfr. M. C. Di Natale, Le croci dipinte in Sicilia. L’area occidentale dal XVI al XVI secolo, introduzione M. Calvesi, Palermo 1992;  M.C. Di Natale, Gioielli di Sicilia, Palermo 2000, pp. 146-154. []
  31. Ibidem. []
  32. Ibidem. []
  33. A. Uccello, Il Presepe…, 1979, p. 24. []
  34. A. Uccello, Il Presepe…, 1979, pp. 24-25 []
  35. M. Levi D’Ancona, The Garden of the Renaissance, Firenze 1977, p. 153. []
  36. M.C. Di Natale, Gioielli…, 2000, p. 190. []
  37. A. Gucciardi, scheda 23, in M. Vitella, Gloria…, 2005, p. 41. []
  38. Cfr. anche le schede 37, 38, 39, 40, 41,42, in M. Vitella, Gloria…, 2005, pp. 55-70. []
  39. Le braccia, le mani e le gambe sono state restaurate recentemente. []
  40. M.C. Di Natale, scheda II,69, in Ori e argenti …, 1989, p. 236. []
  41. M.C. Di Natale, Gioielli ..., 2000, p. 15. []
  42. M.C. Di Natale, Gioielli…, 2000, pp. 12-13 []
  43. P. Palazzotto, Gli oratori di Palermo, Palermo 1999, pp. 209-212. []
  44. G. Palermo, Guida istruttiva per Palermo e i suoi dintorni, a cura di G. Di Marzo Ferro, Palermo 1858, p. 252 n.1; Ven. Congregazione di Maria SS. Della Mercede fondata nel 1963 nell’ex Real Convento dei RR. Padri Mercedari in via Catari, depliant, Palermo 1971; cfr. Le Confraternite dell’Arcidiocesi di Palermo. Storia e Arte, a cura di M.C. Di Natale, Palermo 1993. S. Terzo, Scheda 1.25, in Le Confraternite…, 1993, pp. 85-86. []
  45. A. Barricelli, L’Epifania nella sculturale presepiale in Sicilia, in Epiphania…, 1992, pp. 46-47; S. La Barbera, Antonello Gagini a Santa Cita, in La chiesa di Santa Cita. Ritorno all’antico splendore, a cura di M. C. Di Natale, Palermo 1998, pp. 61-91. []
  46. Ibidem []
  47. Si ringrazia per la segnalazione Sergio Intorre []
  48. S. Intorre, La custodia eucaristica della chiesa dello Spirito Santo di Naro tra storia, arte e conservazione, in Opere d’arte nelle chiese francescane. Conservazione, restauro e musealizzazione, a cura di M.C. Di Natale, Quaderni dell’osservatorio per le arti decorative in Italia “Maria Accascina”, Bagheria 2013, pp. 149-154. []
  49. Ibidem. []
  50. Cfr. Opere d’arte …., a cura di M.C. Di Natale, 2013; per l’arte francescana in ceroplastica cfr. T. Crivello, Opere in ceroplastica nelle chiese francescane di Sicilia, in Opere d’arte…, 2013, pp. 155-164. []
  51. Cfr. M. A. Cazzetta, Le Custodie lignee nelle chiese cappuccine della Sicilia centro-meridionale (tesi di Laurea), relatore M.C. Di Natale, A.A. 2005-06. []
  52. Ibidem. []
  53. S. Grasso, M.G. Gulisano, Mondi…, pp. 151-152. []
  54. Ibidem. []
  55. Per l’iconografia dei Crocifissi francescani cfr. M. C. Di Natale, Il Crocifisso nelle Chiese francescane in Sicilia: dalla croce dipinta tardo gotica alle sculture in legno e in mistura della Maniera, in Opere d’arte…, 2013, pp. 22-47; S. Anselmo, Sculture e intagli dal XV al XIX secolo nelle chiese francescane delle Madonie, in Opere d’arte..., 2013, pp. 48-66. []