Jacek Kriegseisen

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Il servizio da altare ornato di corallo del tesoro del santuario mariano di Częstochowa (Polonia)

DOI: 10.7431/RIV07042013

L’arte decorativa polacca d’epoca moderna, dal XVI al XVIII secolo, dati i vivaci contatti politici e commerciali del tempo con il Vicino Oriente, soprattutto con la Turchia, abbonda di opere decorate con materiali rari e insoliti. Queste avevano sempre goduto di popolarità in Polonia dove erano indice di un alto status materiale e sociale. Proprio a questo genere di manufatti si possono ascrivere gli oggetti ornati di corallo realizzati nelle botteghe siciliane di Trapani o Palermo. Benché nelle collezioni dei musei e delle chiese non si incontrino spesso, fanno tuttavia parte di un gruppo senz’altro consistente di questo genere di opere. In Polonia si sono conservati soprattutto alcuni caratteristici capezzali poligonali ornati di corallo, recipienti di vari generi e funzioni, nonché alcune piccole sculture ed esempi di gioielli. In definitiva si tratta di un insieme non uniforme composto di una quarantina di opere d’arte1. Fra questi, i vasi sacri decorati in corallo con la tecnica del retroincastro sono rappresentati solo dal servizio proveniente dal tesoro del santuario mariano di Częstochowa – il più importante della Polonia, conosciuto ben al di là dei suoi confini (Fig. 1).

Compongono il servizio da altare2: un calice con piede rotondo, nodo ovoidale e coppa incastonata in un cestino (altezza 25,2 cm; diametro del piede 12 cm; diametro della coppa 8,6 cm – Figg. 2 e 3); un vassoietto ovale porta-ampolle, decorato sul bordo da un fregio traforato con elementi che ricordano gigli, poggiato su una base che va a restringersi (altezza 5,5 cm; larghezza 19,2 cm; lunghezza 25,5 cm – Fig. 4); delle ampolle in forma di brocchette crepate con bocche fortemente incurvate e manici in forma di volute a erma (altezza 13,3 cm – Fig. 5); uno scrigno minore, a base circolare, laminata, con coperchietto traforato (altezza 5,7 cm; diametro 9,3 cm); uno scrigno maggiore, a base ovale, con le pareti del corpo convesse e coperchietto a cupola (altezza 13,5 cm; larghezza 15 cm; lunghezza 20,5 cm); una piccola acquasantiera con vaschettina che ricorda un cesto e parete posteriore decorata con motivi a traforo con un’ornamentazione stilizzata di elementi vegetali e ali d’angelo (altezza 16,5 cm – Fig. 6). La superficie di tutti gli oggetti è fittamente incrostata di pezzetti di corallo levigato, impaginati in disegni ornamentali (rosette, gigli e file di arricciature). Fra i coralli sono state inserite rosette a smalto. Con la stessa tecnica sono stati eseguiti anche gli ornamenti sulle pareti dell’acquasantiera. Sul vassoietto porta-ampolle sono stati inseriti inoltre cammei di corallo con figure umane, probabilmente personificazioni. Fra i coralli inseriti nel metallo sono state eseguite delicate incisioni puntinate in forma di un intreccio vegetale con rosette, mentre sulle bocche delle ampolle vi sono indicazioni che definiscono la loro destinazione d’uso: per il vino (V) e per l’acqua (A). Tutte queste opere sono state eseguite in una lega di rame dorato, a eccezione della coppa del calice realizzata in argento dorato.

Il servizio da altare è un esempio dei sontuosi doni votivi offerti per secoli all’immagine della Madonna di Częstochowa. Il servizio in questione, secondo una tradizione consolidata, venne offerto il 27 febbraio 1670 dal re Michele Korybut Wiśniowiecki (1638–1673) quando ebbe luogo il suo matrimonio con l’arciduchessa Eleonora Maria Giuseppa d’Austria (1653–1697). In occasione del matrimonio la coppia reale e la madre della regina, l’imperatrice Eleonora di Gonzaga–Nevers (1630–1686), moglie dell’imperatore Ferdinando III d’Asburgo (1608–1657), deposero nel tesoro del santuario molti oggetti preziosi. Anche se le descrizioni conservatesi dei solenni festeggiamenti in occasione delle nozze reali non ricordano direttamente la consegna da parte del re del servizio da altare ornato di corallo, essa viene confermata dalle memorie di un precettore e segretario personale dell’arciduchessa Eleonora, purtroppo rimasto anonimo, memorie che furono date alle stampe solo nella seconda metà del XIX secolo 3.

Attualmente, all’insieme delle opere è stato aggiunto un medaglione votivo in forma di cuore ornato di corallo (altezza 8,4 cm; larghezza 6 cm). Nonostante sia stato probabilmente eseguito nel XVII secolo e sia verosimilmente un prodotto siciliano o napoletano, non sembrerebbe far parte fin dall’inizio allo stesso insieme. Il fatto di essere stato unito al servizio da altare ha il compito di ricordare un altro ex-voto in forma di cuore, oggi non più esistente, che il re Michele Korybut Wiśniowiecki donò a Częstochowa nel dicembre del 1669, subito dopo la solenne incoronazione avvenuta a Cracovia, come gesto personale di sottomissione alla volontà della Vergine. Era un documento scritto di proprio pugno dal re con apposti sigilli e racchiuso in uno speciale scrigno. Secondo il cronachista contemporaneo all’evento era un cuore d’oro della grandezza di due palmi circondato di ali d’angelo e decorato di perle che componevano la scritta ‘Maria’. Oltre a ciò, sull’ex-voto si trovava un’iscrizione incisa che confermava l’atto di offerta („Supplicat Michael Rex Reginae Poloniae indignus peccator”)4.

Probabilmente per il fatto che talvolta si riteneva che il calice e le ampolle fossero state eseguite in oro o argento con l’utilizzo di un materiale insolito per la Polonia5, il servizio da altare o le sue parti per lungo tempo vennero annoverati, nelle pubblicazioni dell’ambito della storia dell’arte e nelle riviste popolari, fra gli altri doni particolarmente preziosi di re e nobili6. Gli oggetti furono menzionati più volte soprattutto nelle guide al santuario e al suo tesoro7. Non suscitarono tuttavia un grande interesse fra gli studiosi dell’artigianato artistico, forse a causa delle difficoltà di accedere direttamente alle opere, ma soprattutto a causa dei problemi nel definire il luogo in cui furono realizzate e la giusta datazione. Il primo lavoro polacco concernente unicamente le opere decorate in corallo risale solo al 1974; il secondo uscì nel 1989. Sono brevi e selezionate presentazioni di alcune opere delle collezioni polacche (fra cui anche di origine siciliana), basate su una scarna scelta bibliografica e purtroppo non prive di errori8. Soltanto gli ultimi anni ce ne hanno restituito una presentazione più precisa9.

Non sappiamo in che modo il re sia venuto in possesso del servizio da altare. Una delle possibilità è che lo avesse ricevuto non molto tempo prima a Varsavia come uno dei doni che gli vennero consegnati dopo essere stato eletto re di Polonia10. Un’altra possibilità è che siano stati trasmessi al santuario oggetti che si trovavano in possesso di Michele Korybut Wiśniowiecki o della sua famiglia. L’unica cosa certa è che le opere dovevano essere ritenute sfarzose e preziose, e per giunta insolite, cosa che poteva solo accrescerne il valore, e quindi degne di essere donate al tesoro di Częstochowa.

L’indicazione del limite superiore di tempo in cui sorse il servizio da altare non presenta difficoltà: esso coincide infatti con la data di donazione delle opere al tesoro del monastero, vale a dire il 1670. Invece l’epoca precisa della loro realizzazione è più difficile da definire. La loro nascita nella prima metà del XVII secolo sembra confermata da molti esempi dalle collezioni europee, che tuttavia non si possono prendere come esempi di paragoni diretti.

Sembra che le opere in oggetto non costituissero fin dall’inizio un servizio. Il calice, la coppia di ampolle con il vassoietto11 e uno scrigno (il minore) sono un insieme di oggetti il cui utilizzo comune è giustificato dal punto di vista liturgico. Sembrano più antichi degli altri. Sono decorati con pezzetti di corallo delicatamente levigati in forma di gocce, sistemati in un ornato, composto simmetricamente, in cui compare anche il caratteristico elemento del giglio araldico. Tuttavia nella loro decorazione ciò che salta maggiormente all’occhio sono le piccole rosette smaltate (sullo scrigno e sul piede del calice sono a quattro petali, monocromatiche – verdi o azzurre – mentre sulla coppa del calice, sulle ampolle e sul vassoietto sono a otto petali, smaltate alternamente in verde e azzurro). Proprio per l’omogeneità dei dettagli della decorazione in corallo che li ricoprono, ma soprattutto per le rosette ricoperte di smalto, questi oggetti potevano costituire in origine un servizio completo. Il tempo in cui furono create, sulla base delle opere presentate in letteratura, si può con una certa cautela definire come secondo quarto del XVII secolo. Lo confermerebbe la maniera decorativa di una navicella portaincenso dalle collezioni spagnole (Patrimonio Nacional, Real Monasterio de Santa Isabel, Madrid), datata in base ai punzoni da oreficeria con gli anni 1645–1647 che si trovano su di essa. Le sue pareti vennero ornate di corallo in modo simile: non troppo fittamente e con una marcata differenziazione nelle decorazioni, il che sottolinea la forma del recipiente12. Nella conferma di questa datazione non è di aiuto purtroppo la bordura del vassoietto porta–ampolle delle collezioni del monastero di Częstochowa. Essa è insolita per questo genere di recipienti. Fu realizzata con compatti, „robusti” elementi dalle terminazioni a tre petali, che ricordano un giglio araldico. Questa bordura è decisamente diversa da altre a noi note in opere di questo tipo. Negli esempi pubblicati le sue singole parti sono delicate, e grazie all’uso di smalto bianco e a volte celeste e all’accentuazione dell’asse o dei loro singoli centri tramite grani di corallo, queste bordure creano intorno ai recipienti dei „colletti” decorativi che sono decisamente in contrasto con i corpi compatti dei recipienti stessi. Il loro delicato traforo sembra addirittura imporre un confronto fra i recipienti e la stretta fascia di merletto che queste bordure ricordano13. A loro volta, un termine di paragone, relativo all’utilizzo nella decorazione del vassoietto di quattro cammei entro una cornice smaltata inseriti simmetricamente sul suo colletto, sono due vassoi ovali con una decorazione pensata in modo simile datati a cavallo fra XVI e XVII secolo. Per quanto è possibile sostenere, sono simili anche gli elementi centrali – alte e ampie rosette di corallo14.

Al momento di essere donato al tesoro del monastero, e forse anche prima, il servizio venne probabilmente completato con lo scrigno maggiore (in origine forse adibito a usi laici)15 e con l’acquasantiera. La forma di quest’ultima fa nascere del resto i maggiori dubbi, perché non si è riusciti a trovare per essa alcuna analogia. Tanto la sua forma, quanto i dettagli della decorazione, nonché le più tarde aggiunte di smalti decisamente maldestre, indicherebbero che essa fu rielaborata. Sarebbe stato riutilizzato solo il recipiente per l’acqua santa e un elemento in origine proveniente forse dall’incorniciatura di un capezzale ottagonale. Esso è, similmente alla decorazione in corallo dello stesso recipiente, quasi identica a un’opera della prima metà del XVII secolo proveniente dalle collezioni del Museo Liverino di Torre del Greco16.

Gli oggetti presentati fanno parte in Polonia di un gruppo relativamente ristretto di opere d’arte applicata realizzate nella Penisola Appenninica in epoca moderna. Oltre agli oggetti importati dall’Italia o eseguiti da artisti italiani e in gran numero fatti arrivare dall’Italia ai tempi in cui regnò in Polonia Bona Sforza d’Aragona (1494–1557; incoronata nel 1518)17, moglie del re Sigismondo I il Vecchio (1467–1548), la maggior parte di essi, per quanto si può stabilire, venne acquisita dalle collezioni private e dalle raccolte dei musei abbastanza tardi. Molte di esse, a quanto sembra, erano potute finire in Polonia come acquisti fatti durante viaggi educativi e pellegrinaggi nel sud dell’Europa18. Invece quelle che ci si procurò in anni più tardi, nel XVIII e soprattutto nel XIX secolo, già nel momento dell’acquisto avevano piuttosto il carattere antiquario di ricordi di viaggio. Per questo il servizio da altare del tesoro del monastero di Częstochowa va ritenuto a maggior ragione come interessante, per il fatto di essere giunto in Polonia relativamente poco tempo dopo la sua realizzazione, probabilmente come espressione dell’amore della nobiltà e del clero polacchi per gli oggetti rari e insoliti, per di più straordinariamente decorativi, e per questo preziosi.

  1. L’Autore del presente testo sta preparando un’opera più ampia concernente gli oggetti eseguiti nelle botteghe attive in Sicilia nel XVII e XVIII secolo e presenti nelle collezioni polacche. []
  2. Dell’insieme del servizio da altare fa parte anche una patena, che però costituisce un’aggiunta molto posteriore e perciò qui è stata omessa. []
  3. A.M.S. DE CHARPIN-FEUGEROLLES, Éléonore d’Autriche, reine de Pologne, Paris 1866 [seconda edizione: Éléonore d’Autriche, reine de Pologne, (Suivi d’une notice historique et généalogique sur la famille de l’auteur), Saint-Étienne 1885]; cfr. M. HENNEL-BERNASIKOWA, Ślub królewski na Jasnej Górze. Michał Korybut Wiśniowiecki i Eleonora Habsburg – 1670, Częstochowa 2005, pp. 26, 108, nota 13. []
  4. A. NIESZPORKOWICZ, Odrobiny z stołu królewskiego królowy nieba y ziemi nayświętszey Bogarodzicy panny Maryi, historyą, łaskami y cudami obrazu częstochowkiego na Janséy Górze od S. Łukasza na cyprysowym stole iéy malowanego…, Jasna Góra 1720, p. 56; W. KOCHOWSKI, Roczników Polski klimakter IV. obejmujący dzieje Polski pod panowaniem króla Michała, ed. J.N. Bobrowicz, Lipsk 1953, p. 57; Relacye nuncyuszów apostolskich i innych osób o Polsce od roku 1548 do 1680, vol. 2, Berlin 1864, p. 408; M. BALIŃSKI, Pielgrzymka do Jasnej-Góry w Częstochowie odbyta przez pątnika XIX wieku i wydana z rękopisu, Warszawa 1846, p. 293; S SZAFRANIEC, Wotum króla Michała, in Archiwa, Biblioteki i Muzea Kościelne, II, 1962, 1–2, p. 331. []
  5. W. DMOCHOWSKI – B. GRABOWSKI, Widoki Częstochowy i Jasnej Góry z opisem, Warszawa 1876, p. 11; Skarbiec Jasnogórski i dary w nim złożone, Warszawa 1896, fig. a p. 42; W. TRĄPCZYŃSKI, Częstochowa, Warszawa 1909, pp. 49–50. []
  6. A. PRZEŹDZIECKI – E. RASTAWIECKI, Wzory sztuki średniowiecznej i z epoki Odrodzenia po koniec wieku XVII w dawnej Polsce, Serya Druga / Monuments du moyen-âge et de la renaissance, dans l’ancienne Pologne depuis les temps les plus reculés jusqu’à la fin du XVII. siécle, Seconde série, Warszawa 1855–1858, fig. Rr; W. DMOCHOWSKI – B. GRABOWSKI, Widoki Częstochowy…, 1876, fig. senza n., p. 11 (n. 7). []
  7. W. PLEBANKIEWICZ, Marya Bogarodzica w Nazaret i na Jasnej-Górze Częstochowskiej. Jej żywot, pomniki jej cnót i cudów, vol. 2, Kraków 1845, pp. 85–86; M. BALIŃSKI, Pielgrzymka do Jasnej-Góry…, 1846, pp. 41–42, 47; A. PRZEŹDZIECKI – E. RASTAWIECKI, Wzory sztuki…, 1855–1858, fig. Rr; J. LOMPA, Przewodnik dokładny dla odwiedzających święte, od wieków cudami słynące miejsce w obrazie Najświętszej Panny Maryi na Jasnej Górze w Częstochowie, Warszawa 1860, p. 29; Skarbiec Jasnogórski i dary w nim złożone, Warszawa 1896, figg. a pp. 42–43; Opis klasztoru i cudownego obrazu Matki Boskiej na Jasnej Górze, Częstochowa 1900, p. 159; J. ADAMCZYK, Skarbiec Jasnogórski, Częstochowa 1903, p. 40, figg. a p. 41, 43; W. TRĄPCZYŃSKI, Częstochowa…, 1909, pp. 49–50; W.S. TURCZYŃSKI, Przewodnik po skarbcu jasnogórskim, Częstochowa 1926, p. 14, fig. 8; J. SAMEK, Monstrancja paulińska z r. 1706 i relacja o niej Benedykta Chmielowskiego oraz koral w rzemiośle artystycznym w Polsce, in Folia Historiae Artium, X, 1974, p. 156, figg. 12–14; Z. ROZANOW – E. SMULIKOWSKA, Skarby kultury na Jasnej Górze, Warszawa 1979, p. 94; J. PASIERB – J. SAMEK, Skarby Jasnej Góry, Warszawa 1980 (I ed.), p. 29, 141, scheda e fig. n. 57; J. SAMEK – J. ZBUDNIEWEK, Klejnoty Jasnej Góry, Warszawa 1982 (II ed.: 1983), p. 108–109, figg. 81, 82; E. SMULIKOWSKA, Skarbiec jasnogórski – narodu skarbnicą, in Jasnogórska Bogurodzica 1382–1982, ed. J. Majdecki, Warszawa 1982 (II ed.: 1987), p. 106; J. SAMEK, Italian quadretti in Polish collections, in Bulletin du Musée National de Varsovie, XXX, 1989, 1–2, p. 39; J. PASIERB – J. SAMEK, Skarby Jasnej Góry, Warszawa 1997 (V ed.), p. 16, 214, scheda e figg. nn. 84–86, 88; J. GOLONKA – J. ŻMUDZIŃSKI, Skarbiec Jasnej Góry, Jasna Góra 2000, pp. 257–258, 269, figg. 16, 46; M. HENNEL-BERNASIKOWA, Ślub królewski…, 2005, p. 98, 116, note 166–167; J. GOLONKA, Skarby Jasnej Góry, in Alma Mater, 2007, 94, pp. 18–19, fig.; J. Golonka – J. Żmudziński, scheda n. 54, in U tronu Królowej Polski. Jasna Góra w dziejach kultury i duchowości polskiej, catalogo della mostra (Castello Reale di Varsavia) a cura di P. Mrozowski, Warszawa 2007, pp. 164–165; K.J. Czyżewski – D. Nowacki, scheda n. I.41, in Droga do Watykanu, catalogo della mostra (Museo Storico di Cracovia e Museo Arcidiocesano del Cardinale Karol Wojtyła di Cracovia), Kraków 2008, pp. 54–55. []
  8. J. SAMEK, Monstrancja paulińska…, 1974, pp. 147–161; J. SAMEK, Italian quadretti…, 1989, pp. 34–39. []
  9. J. GOLONKA – J. ŻMUDZIŃSKI, Skarbiec Jasnej Góry…, 2000, pp. 257–258, 269, figg. 16, 46; J. Golonka – J. Żmudziński, scheda n. 54, in U tronu Królowej Polski…, 2007, pp. 164–165, fig. []
  10. M. HENNEL-BERNASIKOWA, Ślub królewski…, 2005, p. 22. []
  11. Un’analogia formale per le ampolle può essere costituita da un acquamanile con bacile, opera di orefici di Palermo della prima metà del XVII secolo, proveniente dal monastero palermitano di Santa Maria di Valverde. Quest’opera tradisce una concezione simile dell’orefice circa la struttura della forma del recipiente, cfr. V. Abbate, scheda n. 74, in Splendori di Sicilia. Arti decorative dal Rinascimento al Barocco, a cura di M.C. Di Natale, Milano 2001, pp. 408–409. []
  12. F.A. Martín, scheda 48, in Skarby Korony Hiszpańskiej / Treasures of the Spanish Crown, catalogo della mostra (Museo Nazionale di Cracovia) a cura di J.G. Moya Valgañón, Kraków 2011, p. e fig. 200. []
  13. Cfr. schede nn. 4–5, in C. DEL MARE – M.C. DI NATALE, Mirabilia Coralli. Capolavori barocchi in corallo tra maestranze ebraiche e trapanesi / Baroque masterpieces in coral by jewish and sicilian craftsmen in Trapani, catalogo mostra a cura di / exhibition catalogue edited by C. Del Mare, Napoli 2009, pp. 96–97; schede nn. 5–7, in Il corallo trapanese nei secoli XVI e XVII, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale con la collaborazione di M.T. Bottarel e L. Foi, (I quaderni di Brixiantiquaria, n. 1), Brescia 2002, pp. 32–37. []
  14. M. Accascina, Palinodia sull’arte trapanese del corallo, in Antichità viva, 5, 1966, 3, p. 49, fig. 1; cfr. scheda n. 15, in Rosso corallo. Arti preziose della Sicilia barocca, catalogo mostra a cura di C. Arnaldi di Balme e S. Castronovo, Milano 2008, p. 115, fig. []
  15. E’ vicina, per forma e tipo di decorazione, all’opera delle collezioni della Galleria Regionale Della Sicilia di Palazzo Abatellis a Palermo, cfr. scheda n. 3, in C. DEL MARE – M.C. DI NATALE, Mirabilia Coralli…, 2009, p. 94; scheda n. 2, in Il corallo trapanese…, 2002, p. 26. []
  16. Scheda n. 21, in C. DEL MARE – M.C. DI NATALE, Mirabilia Coralli…, 2009, p. 130. []
  17. Da esempio può servire il perfetto cammeo con il ritratto della regina Bona conservato al Metropolitan Museum of Art di New York, cfr. M. PIWOCKA, Jeszcze o kamei z portretem królowej Bony w zbiorach The Metropolitan Museum of Art, in Całe srebro Rzeczypospolitej Panu Michałowi Gradowskiemu ofiarowane, a cura di J. Kriegseisen, Warszawa 2012, pp. 89–102, con ulteriore bibliografia. []
  18. Cfr. H. BARYCZ, Podróże polskie do Neapolu w wiekach XV–XVIII, Warszawa 1939. []