Elvira D’Amico – Mauro Sebastianelli

elvi.damico@alice.it – maurosebastianelli@hotmail.com

Due inediti quadretti a fili incollati di Marianna Elmo

DOI: 10.7431/RIV05062012

Elvira D’Amico

Di recente acquisizione in una collezione privata di Palermo sono due quadretti della ricamatrice leccese Marianna Elmo, la cui firma appare in bella vista su uno dei due; ma è presumibile che esistesse in origine pure sull’altro, nella piccola lacuna in basso a sinistra da cui potrebbe essere stata asportata.

La tecnica del ricamo a fili incollati sembra una prerogativa della città di Lecce, ove era praticata nel secolo XVIII dalla famiglia della Elmo, e precedentemente da Leonardo Quesi, e probabilmente da Gaetano e Angelo Pati1. Essa si caratterizza per la disposizione dei fili di seta ritorti su carta o cartoncino cosparso di cera, alla quale aderiscono senza sporcarsi, come avverrebbe nel caso della colla2. Simile al ricamo dunque negli effetti visivi e materici, differisce nettamente da esso, in quanto i fili di seta, protagonisti della scena raffigurata, si autosorreggono grazie alla stessa natura del supporto, invece che essere fermati da ulteriori fili di fermatura, come avviene nel ricamo, mentre gli incarnati dei personaggi sono dipinti, generalmente a tempera, in entrambi i casi. Differiscono pure dai collages, tipici dell’area siciliana, che presentano una maggiore varietà di materiali incollati sul supporto di base – laminette, miniature, mica, carta acquarellata, ecc… – di contro alla semplicità dei nostri quadretti.

Le due nuove opere arricchiscono il catalogo della Elmo, costituito in massima parte dalla produzione devozionale di santi e madonne, il cui disegno l’autrice riprendeva da dipinti del padre Serafino Elmo, esponente del classicismo arcadico della Roma di fine Seicento, o in genere dal repertorio napoletano coevo3. I due quadretti si annoverano invece nella più limitata produzione di episodi veterotestamentari, raffigurando l’uno Abramo che conduce Isacco sulla via del sacrificio, l’altro Giuseppe davanti al Faraone (Figg. 12). Il primo, che potrebbe considerarsi pendant del Sacrificio d’Isacco, del museo napoletano di San Martino4, è anche stilisticamente accostabile alle pastorellerie di collezione leccese5, ma più di queste, immerso in un’atmosfera arcadica, dominata dal paesaggio boschivo ove le figurine sembrano quasi accessorie. I personaggi, rappresentati come due taglialegna che camminano nel bosco, recano però inequivocabilmente gli attributi che il racconto biblico gli attribuisce: Abramo col coltello in mano con cui effettuerà il sacrificio, Isacco con la fascina di legna in spalla che servirà per lo stesso (Figg. 345).

Qui vi è tutta la sapienza della Elmo nel riprodurre le fronde degli alberi e la fitta vegetazione, tramite i fili di seta ripiegati che compongono una vera tessitura, che si avvale di preziosismi giuochi cromatici tesi alla creazione di effetti di profondità. I colori sono quelli soliti usati dalla ricamatrice leccese: azzurro in varie gamme, beige, marrone e bianco, con tocchi di nero e un cordonetto di seta e argento usato per i panneggi (Fig. 6). L’accenno alla città sul fondo si ripete pure in altre opere della stessa Elmo, come la Fuga in Egitto, del museo di San Martino, l’unica sua opera datata al 17526, che potrebbe suggerire una datazione simile per i nostri.

L’altro quadretto raffigura, con un buon margine di probabilità, Giuseppe che, liberato dal carcere, è ricevuto dal Faraone che, in virtù delle sue doti divinatorie, lo nomina ministro del regno (Figg. 78). L’albero con frutti indicato dall’angelo, sul fondo, può rappresentare l’abbondanza che il giovinetto aveva pronosticato per il regno d’Egitto e i soldati sono quelli che scortano il giovane, incarcerato dopo la denuncia ingiusta di Putifarre (Figg. 910).

L’opera si caratterizza per una buona resa dei panneggi delle abbondanti stoffe raffigurate, intonate sulle gamme del beige-marrone: quelle del baldacchino del trono del re e delle vesti dei due protagonisti, il primo con scettro in mano pronto a dare l’investitura al giovane profeta, che la accoglie con gesto di meraviglia e stupore. Tuttavia il meglio è costituito anche in questo caso dal brano paesaggistico sul fondo, di genuina ambientazione arcadica, ma come si è accennato sopra, racchiudente un preciso significato allegorico.

È palese che l’opera, per tutte queste caratteristiche, sia attribuibile alla stessa Marianna Elmo, la cui firma, come detto sopra, era presumibilmente apposta in calce al quadretto.

Mauro Sebastianelli

Le opere in esame consistono in due piccoli quadretti realizzati da Marianna Elmo presumibilmente intorno alla metà del Settecento, così come precedentemente accennato da Elvira D’Amico all’interno di questo stesso saggio.

La tecnica di esecuzione dei due quadretti, raffiguranti uno Abramo che conduce Isacco sulla via del sacrificio e l’altro Giuseppe davanti al Faraone, rientra nell’ambito di una produzione di opere a carattere decorativo a confine tra la pittura ed il ricamo.

Si tratta in realtà di una pratica piuttosto sconosciuta, o quantomeno ancora oggi scarsamente indagata sotto il profilo strettamente tecnico, come attesta la limitata divulgazione di studi scientifici sull’argomento e di una bibliografia specifica di riferimento. Inoltre, a testimonianza della necessità di delineare un quadro più chiaro ed approfondito su questa singolare tecnica artistica, vi è una relativa incertezza persino nell’attribuirne una definizione precisa ed esaustiva7.

Ciò che invece si può affermare con sicurezza è che tale modalità esecutiva, diffusa principalmente in un arco temporale compreso tra il XVII e il XIX secolo, trova una collocazione piuttosto infelice e decisamente non meritoria nell’ambito delle pratiche puramente “artigianali”, come tra l’altro spesso ancora si verifica per le opere d’arte decorativa in genere.

Al contrario la tecnica del “filo incollato” raggiunge proprio nel Settecento, ovvero nel momento storico di maggiore diffusione, dei livelli di notevole qualità, originalità ed elevato pregio dal punto di vista artistico. Infatti la raffinatezza e la cura riscontrabili nei due quadretti della Elmo, così come nelle opere di altri artisti coevi ed attivi principalmente nell’Italia meridionale, denotano non solo una particolare attenzione al dettaglio ma anche un’autentica capacità creativa ed una sapiente abilità manuale da parte dell’esecutrice leccese; pertanto essi sono indubbiamente da considerare come manufatti di rilevante preziosità, al pari delle più note realizzazioni artistiche eseguite da grandi maestri del passato certamente più celebri o rinomati.

Come già accennato, sul piano materico le opere in esame presentano delle analogie con i collages, gli arazzi e i tessuti ricamati in quanto si basano essenzialmente sull’uso di fili serici policromi o metallici, disposti ordinatamente e con “tessiture” molto serrate al di sopra di un supporto semirigido rivestito di cera; tuttavia esse mostrano anche effetti visivi di chiaroscuro, giochi di luce, volumi, sfumature e passaggi cromatici tra le varie campiture, che permettono di raggiungere risultati di consistente profondità e di un tale realismo da renderle assimilabili a vere e proprie opere pittoriche di stampo più “tradizionale”.

Pertanto, sebbene ad oggi siano pochi gli esempi di relazioni tecniche accurate su manufatti analoghi, i due quadretti di Marianna Elmo saranno indagati e descritti in questa sede cercando di illustrarne tutte le caratteristiche attraverso una vera e propria scomposizione per livelli, dallo strato più profondo fino a quello più superficiale.

Supporto

Per quanto concerne lo studio più specificatamente tecnico, dall’osservazione visiva del verso si è riscontrato che il supporto dei due quadretti, che misurano rispettivamente 26 x 19 cm (Abramo che conduce Isacco sulla via del sacrificio) e 25,7 x 18,7 cm (Giuseppe davanti al Faraone), è costituito da un foglio di carta pressata dello spessore di circa 2 mm e di colore biancastro8; in questo caso, quindi, il pannello di cartone scelto come materiale di supporto appare pienamente conforme a quello delle altre opere firmate dalla Elmo e visionate fino a questo momento (Figg. 1112).

I due manufatti presentano un buono stato di conservazione della superficie e non vi sono grandi lacune che lasciano intravedere ampie porzioni dello strato sottostante, tuttavia in base al ritrovamento di piccole tracce visibili tra i filati è ragionevole ipotizzare la presenza di un disegno preparatorio che l’artista ha realizzato probabilmente tramite grafite o a pennello con un colore a tempera di tonalità grigia scura (Fig. 13).

La funzione di questo disegno, che doveva risultare non eccessivamente ricco di dettagli o particolari minuziosi, probabilmente era legata alla necessità di definire sia gli spazi principali, quali ad esempio i fondi, le architetture, i drappi, i tendaggi e la vegetazione sia le sagome dei protagonisti delle scene o dei personaggi secondari sullo sfondo.

Pertanto la presenza del disegno ha presumibilmente garantito una costruzione più spedita e sicura dell’immagine raffigurata durante la successiva fase di applicazione dei fili di seta, consentendo così la realizzazione di un’opera ben proporzionata e definita in ogni minimo dettaglio.

Strato preparatorio

Al di sopra del supporto in cartoncino è stato steso un unico strato di cera vergine d’api molto sottile, applicato a caldo in modo uniforme, probabilmente per colatura diretta o con l’ausilio di una spatola, fino al raggiungimento dello spessore di pochi millimetri.

Così come risulta dall’osservazione delle piccole lacune sul recto di entrambi i quadretti, lo strato preparatorio di cera presenta una colorazione piuttosto chiara, di tonalità giallo-ambra; inoltre l’esiguo spessore di questa stesura probabilmente ha permesso di mantenere visibile il disegno preparatorio sottostante, dal momento che la cera mostra un certo grado di trasparenza alla luce soprattutto per strati di dimensioni alquanto ridotte (Fig. 14)9.

Dato che il materiale risulta fortemente termoplastico e facilmente lavorabile a basse temperature, lo strato di cera rappresenta un elemento estremamente funzionale alla realizzazione delle opere in esame in quanto svolge il ruolo di collante per gli inserti e i fili di seta10.

Infatti, con l’apporto di una minima quantità di calore, la cera rammollisce prima di raggiungere il suo punto di fusione e poi solidifica nuovamente nella fase di raffreddamento, fino a mantenersi stabile e rigida alla temperatura ambiente.

Sulla caratteristica del materiale ceroso appena descritta è basato il principio su cui è incentrata la tecnica delle opere a “filo incollato” eseguite da Marianna Elmo: infatti, applicando in modo congiunto al calore anche una leggera pressione, gli inserti e i fili di seta risultano parzialmente inglobati nello strato più esterno della cera e di conseguenza restano adeguatamente fissati alla superficie (Fig. 15).

Dal momento che la cera presenta dei tempi di raffreddamento abbastanza limitati si può ipotizzare che l’autrice abbia lavorato procedendo in modo graduale per piccole porzioni, talvolta corrispondenti proprio alle campiture cromatiche; tale ipotesi sarebbe avvalorata da un’accurata osservazione visiva del manufatto, che risulta caratterizzato da un modo di procedere molto attento e meticoloso, anche nei confronti dei dettagli apparentemente meno rilevanti o significativi.

Strato superficiale

Una caratteristica specifica delle opere della Elmo è la presenza di piccoli inserti dipinti e ritagliati nei bordi, secondo il profilo del disegno preparatorio, con lo scopo di formare delle sagome da incollare sulla superficie seguendo una procedura analoga a quella prevista per il fissaggio dei fili di seta, ovvero facendo uso di calore e pressione per sfruttare le proprietà adesive della cera.

Più precisamente si tratta di ritagli di seta e di carta dipinti a tempera e poi applicati in corrispondenza di zone prestabilite e ben determinate. Per il quadretto di Abramo che conduce Isacco sulla via del sacrificio sono stati riscontrati inserti di seta dipinta nelle anatomie dei due personaggi protagonisti della scena: tali elementi si ritrovano, infatti, in corrispondenza dei volti e degli arti superiori e inferiori e riportano i dettagli dei visi, dei capelli e dei calzari, resi pittoricamente con ricchezza di particolari (Fig. 16); inoltre un altro ritaglio di seta è localizzato nel margine inferiore sinistro con lo scopo di simulare l’immagine di un sasso su cui l’autrice ha apposto la sua firma a lavoro ultimato (Fig. 17).

Nella scena di Giuseppe davanti al Faraone si individua un’interessante particolarità, ovvero la compresenza di inserti sia di seta che di carta: più precisamente la prima si ritrova nelle figure di Giuseppe, del Faraone e dell’angelo visibile in alto a destra tra le fronde dell’albero (Fig. 18); la carta, invece, è presente in corrispondenza del gruppo di tre figure secondarie sulla destra della scena nonché sui piccoli frutti tondeggianti osservabili sull’albero alle loro spalle (Fig. 19). Infine, anche in questo caso, sul margine inferiore sinistro probabilmente era presente un’ulteriore sagoma di seta, posta con l’intento di raffigurare un sasso, su cui la Elmo ha dipinto la propria firma, secondo una prassi ormai comune e già verificata sui numerosi manufatti riferiti alla ricamatrice leccese; in questo caso l’inserto non è più esistente ma le tracce ancora visibili permettono di ipotizzarne l’originaria presenza con un discreto margine di certezza.

Ad una visione complessiva delle due opere i fili di seta impiegati risultano di spessore variabile, mentre all’osservazione al microscopio a 40x essi mostrano generalmente una torsione in senso antiorario, indicata come torsione contraria o a S.

L’applicazione sul supporto mostra delle analogie con la tecnica del ricamo definita a “punto posato”, così come già ricordato da Marialuisa Rizzini nel suo saggio presente all’interno del catalogo della mostra tenutasi a Bari tra dicembre 2003 e gennaio 200411.

Infatti, nel caso dei quadretti in esame, Marianna Elmo ha fatto uso di fili continui, quindi non tagliati, che venivano riavvolti su loro stessi fino al completamento della campitura; inoltre per facilitare questa laboriosa operazione, l’artista ha impiegato probabilmente degli strumenti appuntiti riconoscibili dai segni ancora visibili sulla superficie. In particolare il riavvolgimento dei filati è avvenuto presumibilmente tramite l’ausilio di spilli metallici molto sottili o di strumenti a punta del tutto analoghi, fissati sulla superficie di cera ed in seguito rimossi, una volta conclusa la fase di applicazione dei fili. Questi spilli sono riconoscibili per la forma “ad anelli” assunta dal filato nelle estremità delle campiture oltre che dai segni lasciati dallo strumento, visibili sullo strato di cera sotto forma di piccoli fori tondeggianti.

Il definitivo incollaggio probabilmente è avvenuto per mezzo di uno strumento metallico, impiegato per scaldare la superficie e consentire il rammollimento della cera relativa allo strato preparatorio sottostante12.

Dall’osservazione attenta delle diverse campiture, in particolare dall’analisi del loro diverso orientamento, è possibile supporre la cronologia di realizzazione delle varie forme.

Nel caso specifico, una volta applicati gli inserti dipinti, l’artista in un primo momento ha eseguito le sagome delle figure, i dettagli del tronco e delle foglie (Abramo che conduce Isacco sulla via del sacrificio), il tendaggio e la colonna (Giuseppe davanti al Faraone); successivamente ha riempito gli spazi restanti relativi ai fondi del cielo o del paesaggio, così da creare un effetto paragonabile a quello dei più comuni commessi in pietre dure.

Per quanto concerne i fili è possibile riscontrare diversi orientamenti che contribuiscono a rendere più realistica la resa generale dell’immagine figurata. In particolare per il cielo (Abramo che conduce Isacco sulla via del sacrificio) o per il suolo (Giuseppe davanti al Faraone) i fili sono ordinati parallelamente rispetto alla direzione orizzontale della scena; al contrario essi sono disposti con orientamento verticale in corrispondenza degli elementi architettonici come la colonna ed il suo basamento nel caso del quadretto che riproduce la scena di Giuseppe davanti al Faraone; infine sulla vegetazione e sui panneggi i filati seguono l’andamento delle forme quasi come le pennellate cariche di colore mosse dalla mano creativa di un abile pittore.

Lo scopo di orientare diversamente la direzione dei filati sulla superficie è da mettere in relazione con la volontà di sviluppare nell’opera un forte dinamismo proprio attraverso la materia e di conferire uno spiccato senso di movimento all’immagine rappresentata. Ciò è possibile grazie anche alle proprietà fisiche della seta, in riferimento soprattutto alla caratteristica di mantenere un aspetto più o meno lucido a seconda dell’incidenza della luce.

Inoltre, attraverso uno studio attento delle singole campiture, è stato individuato un accorgimento tecnico molto significativo utilizzato da Marianna Elmo per aumentare il senso di profondità dell’intera rappresentazione. Infatti laddove l’artista voleva accentuare i diversi piani e i passaggi netti tra i volumi delle figure, la separazione delle campiture di colore è ulteriormente definita attraverso un filato che segue perfettamente il disegno ed il profilo delle varie forme: nella scena di Giuseppe davanti al Faraone, ad esempio, è possibile riconoscere questa caratteristica nelle architetture, nel trono e nelle pieghe dei panneggi o del tendaggio, ben distinti dai fondi del cielo e del paesaggio (Fig. 20).

Al contrario, nelle zone in cui l’intenzione dell’artista era quella di rendere un effetto sfumato tra le campiture il filo di contorno risulta assente, così da mantenere un passaggio graduale tra le colorazioni: tale aspetto è ben visibile, ad esempio, nei particolari delle fronde degli alberi e nei dettagli della vegetazione relativi ad entrambe le scene raffigurate (Fig. 21).

Un’ulteriore caratteristica riscontrata nella scena di Abramo che conduce Isacco sulla via del sacrificio è la presenza di alcuni dettagli dipinti con colore grigio scuro direttamente sulle campiture con fili di seta: in particolare si fa riferimento ad uno dei rami appartenenti all’albero centrale nonché ad alcune foglie in primo piano in corrispondenza del margine inferiore13.

Infine, come già attestato su altri manufatti della Elmo, la gamma cromatica impiegata dall’artista leccese appare abbastanza limitata, anche se resta da verificare se la motivazione di una tale scelta sia da ricercare in cause di natura tecnico-conservativa o semplicemente in ragioni di tipo estetico.

Per i due quadretti in esame, abbastanza simili dal punto di vista della cromia generale, si osservano fili di seta di colore prevalentemente chiaro (avorio, giallo chiaro, giallo oro, celeste, azzurro, verde) in forte contrasto con le tonalità più scure (brune e nere).

Inoltre per arricchire ulteriormente l’opera la ricamatrice leccese ha previsto l’uso di argento filato avvolto intorno ai fili di seta: infatti questi filati metallici contribuiscono ad aumentare notevolmente l’impatto visivo generale dal momento che, in aggiunta all’orientamento diversificato delle campiture, essi determinano ulteriori effetti di riflessione della luce (Fig. 22).

La testimonianza di un tale senso di ricercatezza è osservabile su entrambi i quadretti e in particolare in corrispondenza delle vesti di Abramo e Isacco per la prima scena, nei tendaggi o nei panneggi di Giuseppe, del Faraone e degli angeli per la seconda rappresentazione14.

  1. C. GELAO, Il filo di Marianna. Appunti e ipotesi su Marianna Elmo e su altri ricamatori leccesi sei-settecenteschi, in Il filo di Marianna. Marianna Elmo quadri a fili incollati e collages nell’arte meridionale del Settecento, catalogo della mostra (Bari, Pinacoteca Provinciale, 13 dicembre 2003 – 31 gennaio 2004) a cura di C. Gelao, Lavello (PZ) 2003, pp. 15-24. []
  2. M. RIZZINI, Appunti per una storia della tecnica a “filo incollato”, in Il filo di Marianna…, 2003, pp. 35-46. []
  3. M. LOIACONO, Sul repertorio iconografico della bottega degli Elmo, in Il filo di Marianna…, 2003, pp. 29-34. []
  4. Ibidem, cat. 30. []
  5. Ibidem, cat. 32, 33, 34. []
  6. Ibidem, cat. 28. []
  7. La storica dell’arte Marialuisa Rizzini, richiamando la prima indicazione di Elisa Ricci risalente al 1925, suggerisce la dicitura di “filo posato e incollato su supporto incerato” o, più semplicemente, di “filo incollato”. Cfr. M. RIZZINI, Appunti per una storia …, 2003, p. 38. []
  8. In entrambi i casi il formato dei quadretti è rettangolare orizzontale. Sul verso, inoltre, è stata riscontrata l’iscrizione diretta “marigliano” realizzata con penna di colore blu e databile al XX secolo. []
  9. La trasparenza alla luce è una caratteristica della cera che è stata messa in evidenza anche nello studio della tecnica esecutiva di una ceroplastica siciliana realizzata dalla scultrice Anna Fortino tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo, raffigurante il Cristo deposto; il prezioso manufatto, oggi conservato ed esposto in una delle sale del Museo Diocesano di Palermo, è stato oggetto di un recente intervento di restauro, progettato ed eseguito da Mauro Sebastianelli, in cui si è avuta l’occasione di indagare a fondo le specificità tecniche dell’opera e le proprietà chimico-fisiche del materiale costitutivo. Per ulteriori approfondimenti si veda: M. L. AMADORI – R. BURESTA – A. CASOLI – M. SEBASTIANELLI, La ceroplastica in Sicilia. Studio e restauro, Ariccia (RM) 2011, pp. 55-80. []
  10. Le cere animali, vegetali e minerali hanno punti di fusione compresi tra i 40 e gli 80 °C ma risultano malleabili e plasmabili anche a temperature di poco inferiori per cui possono essere facilmente lavorate a caldo senza rischiare di comprometterne le caratteristiche di stabilità ed inerzia chimica. Cfr. M. L. AMADORI – R. BURESTA – A. CASOLI – M. SEBASTIANELLI, La ceroplastica in Sicilia…, 2011, pp. 41-54. Per ulteriori approfondimenti sulle proprietà delle cere si veda: M. MATTEINI – A. MOLES, La chimica nel restauro. I materiali nell’arte pittorica, (1989), Firenze 2004, pp. 172-178. []
  11. M. RIZZINI, Appunti per una storia…, 2003, pp. 36-39. []
  12. Per una maggiore chiarezza su questa tipologia di strumento di lavorazione, si può associare la punta metallica riscaldante impiegata dalla Elmo ad una sorta di spatola calda. []
  13. In merito ai particolari dipinti sui fili di seta resta da chiarire se si tratta di una precisa intenzione da parte dell’artista, quindi da considerare come parte integrante della tecnica esecutiva, o se piuttosto siano da riferire ad interventi successivi alla realizzazione originale del manufatto. []
  14. Le caratteristiche tecniche dei due quadretti della Elmo descritti in questa sede risultano del tutto analoghe a quelle di altre opere firmate dall’artista leccese, alcune delle quali sono state analizzate in occasione di un intervento di restauro. Cfr. N. D’ARBITRIO, I pannelli a fili di seta ed argento filato dei secoli XVII e XVIII nelle collezioni del Museo di San Martino a Napoli. Appunti ed analisi di un restauro, in Il filo di Marianna…, 2003, pp. 47-48. []