d.fuchs@museostibbert.it
Leonardo da Vinci e Niccolò Silva al Museo Stibbert, armature, stampe, medaglie e incisione
DOI: 10.7431/RIV24022021
Il bulino ed il cesello furono per il metallo delle armature e delle armi ciò che il tessuto operato, il damasco e il tessuto broccato, furono per il tessile. A queste tecniche si aggiunse l’incisione ad acido o acquaforte abitualmente associata all’arte della stampa ma che ebbe per prima applicazione la decorazione delle armi. L’importanza delle arti grafiche e della loro meccanizzazione nel Rinascimento coinvolge i nomi dei più grandi artisti nei centri artistici più brillanti nei loro legami con la produzione di oggetti metallici tra i più importanti e prestigiosi. L’abbigliamento professionale o da parata per le occasioni straordinarie1, l’armamento difensivo, l’armatura in ferro battuto impreziosita da metalli preziosi e le armi di accompagnamento formavano un tutt’uno con le cinture, i finimenti, l’abbigliamento tessile, il cuoio e le pellicce. Tutto proveniva dalla stessa bottega come spesso accadeva per esempio a Milano e Norimberga dove recenti studi hanno confermato che l’armaiolo provvedeva agli insiemi, ampliando fin dove possibile le proprie competenze professionali.
Nelle raccolte del Museo Stibbert a Firenze, due nomi di straordinario prestigio, Leonardo da Vinci (1452-1519) e Niccolò Silva (doc. 1511-1549), si legano particolarmente ai temi della decorazione incisa e dei legami tra le armi e le altre arti2, riferiti per Leonardo ad una corazza ed una cubitiera, delle quali si tratta più avanti, e a Niccolò Silva per due pezzi di rinforzo di un’armatura destinata ad Enrico VIII d’Inghilterra3,
Esempi di primaria importanza, all’interno del museo, sono anche le armature dovute a maestri come Konrad Treytz (c.1520) armaiolo dell’imperatore Carlo V, dalle caratteristiche fortemente plastiche4 (Fig. 1), oppure a Pompeo della Cesa (c.1585) milanese al servizio delle Corti, Imperiali, di Spagna e di Savoia, con l’armatura Borromeo5, opera finemente incisa e parzialmente dorata con un repertorio allegorico e araldico (Fig. 2).
Lo spallaccio e il pezzo di rinforzo del Museo Stibbert, incisi e dorati ad opera di Niccolò Silva, si distinguono “per l’eleganza e la precisione del disegno”6 (Fig. 3). La superficie è interamente decorata con fasce parallele di trofei ed ornamenti floreali sotto l’orlo superiore rialzato (haute-pièce) che reca un’affollata scena di battaglia, incisa a bulino con tratto sottile, con lanzichenecchi in parte con capello di ferro a visiera e combattenti con picche (Figg. 4 – 5). Questa iconografia si ritrova alle origini della incisione su metallo su matrice di ferro, la Battaglia di Thérouanne di Daniel Hopfer, Augsburg, 1493, conservata a Bologna7. La finezza dei due pezzi di Niccolò Silva si lega, per qualità, alla fattura delle armature del Musée de l’Armée e dello spallaccio del Metropolitan Museum8 aggiunge Pyhrr: «devono essere state parte di una guarnitura incredibilmente ricca che in questo caso sarebbe stata la prima armatura conosciuta agli studi che fosse interamente incisa e dorata, probabilmente il capolavoro di Niccolò Silva”9.
Legato all’altro nume del Rinascimento, Leonardo da Vinci, il Museo Stibbert vanta i «resti di un corsaletto da cavallo leggero» con petto, gorgiera e cubitiera decorati da Maestro Nicodemo, incisore a Milano, e databile intorno al 1500-1510 (Fig. 6). La presenza della firma dell’incisore è in sé di grande rarità e significato, e il legame diretto con le invenzioni grafiche leonardesche ne fanno ulteriormente un oggetto di grande richiamo. L’applicazione di un disegno del maestro fiorentino ad un elemento appartenente all’abbigliamento guerresco non è sorprendente in quanto l’artista ideò vari costumi, ma anche armi e armamenti per la corte milanese e si applicò anche alla trasformazione -a beneficio dell’ornamento- di oggetti da cui dipendevano la sicurezza, l’onore o la vita dei potenti. Progetti di Hans Holbein il Giovane e Giulio Romano per questa tipologia di oggetti stravaganti sono ancora conservati, ma sono estremamente rari pur essendo esistiti in abbondanza e poi danneggiati nell’uso nelle officine dove venivano realizzate le armi.
Come per tutti questi Maestri, già a partire dagli anni della sua formazione nella bottega di Andrea del Verrocchio, l’interesse di Leonardo per le armi e le armature fu costante. Un suo disegno per una corazza decorata, databile intorno al 1478-1480, ben si avvicina a quella del pannello coevo della Decollazione del Battista in argento sbalzato del suo maestro per l’altare del Battistero di Firenze10. Capace di ideare armature fantastiche, Leonardo disegnò anche vari progetti per else di spade e per armi in asta, alabarde con lame estremamente sofisticate11 e di realizzazione opinabile. Queste sue ricerche forse echeggiavano l’interesse rinnovato per la trattatistica militare in seguito alla pubblicazione del De re militari (scritto tra 1446 e1455) di Roberto Valturio nelle due edizioni a stampa in latino del 1472 e arricchite da illustrazioni xilografiche nel 1483.
In un riepilogo efficace la specialista di stampe Evelina Borea12 non identifica nessuna incisione come direttamente attribuibile alla mano di Leonardo da Vinci e limita gli esempi di stampe leonardesche alle riproduzioni dell’Ultima Cena, incise poco dopo il completamento dell’affresco nel 1498, a tre studi grafici per un monumento equestre riferibili al monumento Sforza distrutto nel 1499, e ai sei rami chiamati Academia Leonardo da Vinci; si tratta dei soli esempi di incisione che è possibile avvicinare, seppur indirettamente, alle opere del maestro fiorentino. Si può aggiungere che l’incisione di riproduzione poco poteva comunicare della sottigliezza cromatica e tonale della produzione pittorica dell’artista e infatti non contribuì alla diffusione della sua opera.
Il corsaletto del Museo Stibbert13 ha una larga fascia incisa sull’alto del petto rappresentante una Sacra conversazione, come sovente si vedeva nelle armature e i corsaletti milanesi di questi anni (c.1510) e ha la goletta incisa sul padiglione anteriore con un medaglione leonardesco tra due nodi, raffigurante Marco Curzio che si getta nella voragine e, sotto, l’iscrizione petrarchesca in capitale «VN BEL MORIR TVTA LA VITA ONORA»14 (Fig. 7); il medaglione è raccordato alla lista che contorna lo scolo mediante campiture, incise con i nodi vinciani e chiuso da altre due liste disposte a triangolo e convergenti. Le liste sono incise a candelabri di fogliami su fondi graffiti obliqui, mentre quelle sul cordone e le altre lame sono messe a girali con piccole parti d’armi. I nodi figurano nei suoi disegni all’incirca dal 1482 al 1497 e Leonardo li utilizza nella scollatura della Gioconda, nella veste di Maria e dell’Angelo nella Vergine delle Rocce di Londra, nella Pala Sforza della National Gallery di Londra e sono presenti in opere di Ambrogio de Predis. Altri esempi si ritrovano nel foglio 385 v° (ex 140v-b) del Codice Arundel della British Library a Londra che si presenta come un vero e proprio catalogo degli intrecci vinciani.
Sul padiglione posteriore della goletta, tra liste incise con fogliami e nodi, troviamo un altro medaglione inciso molto consunto con a destra un personaggio seduto, un cane accosciato, a sinistra una bandiera iscritta dove si legge «RIZO» e un personaggio che si avvicina inchinandosi; all’esergo, una scritta s’ispira a qualche canzone petrarchesca.
Al corsaletto si aggiunge una cubitiera dalla lista mediana incisa con un libro aperto, due bastoni decussati una sfera armillare e una targhetta che reca la firma «NICODE(MO)» (Fig. 8). L’aletta è decorata con due monumenti equestri incisi contro il fondo graffito obliquo, uno per parte rispetto alla cordonatura, ispirati a modelli di Leonardo da Vinci che furono incisi entro il 1499 a Milano. Si tratta, per vasto consenso degli studiosi, di invenzioni leonardesche ispirate da schizzi «sottratti al Maestro senza il suo consenso, contro la consuetudine del tempo di incidere composizioni compiute, definitive»15. I due cavalieri impennati raffigurati sulla cubitiera derivano dai progetti dei due monumenti equestri ai quali si dedicò Leonardo a Milano, quello col cavallo impennato e cavaliere volto a sinistra dal foglio a bulino riferito a Zoan Andrea e quello con i Quattro studi per il monumento a Francesco Sforza del 1483-149316.
La scena con Marco Curzio che si getta nella voragine presente sul padiglione della goletta Stibbert è adattata da un disegno di Leonardo cronologicamente molto vicino all’invenzione del maestro e la decorazione incisa a forma di una collana con un medaglione appeso collega Leonardo all’arte della medaglia, un tema affrontato da lui in vari disegni. All’interno del Codice sul volo degli uccelli della Biblioteca Reale di Torino egli scrive schematiche annotazioni per «improntare medaglie» che rimandano alle “medaglie” (insegne) per copricapi recanti imprese e motti, una moda ricorrente alla fine del ‘400. L’artista contribuì, probabilmente con l’elaborazione di emblemi, alla messa a punto di soggetti per medaglie come per l’Allegoria del Ramarro17. Allo stesso modo, i disegni entro cerchi e ovali con l’Allegoria del Destinato rigore e dell’Hostinato rigore potrebbero essere dei progetti per una medaglia o una placchetta per il re Luigi XII di Francia al quale rimanda sullo stesso foglio il tema dei Tre gigli nel sole18. La serie di piccoli studi sul tema Nulla è occulto sotto il sole19, può essere stata concepita anch’essa per delle medaglie, analogamente all’Allegoria dell’ermellino20. L’associazione tra medaglia e catena si riscontra, oltre che nell’oreficeria, nella decorazione dei piatti di rilegatura21 come quelle eseguite a Milano per il bibliofilo Jean Grolier (1479-1565) negli stessi anni di realizzazione del pezzo di armatura Stibbert. Le medaglie utilizzate per le rilegature sono da attribuire a Giovanni Fondulino de Fondulis (Maestro IO.FF.) (1420/30-1485/97) per il Marco Curzio22 e l’Orazio Coclite, a Galeazzo Mondella detto il Moderno (1467-1528 c.), e a Zoan Antonio (Giovanni Antonio) da Brescia (1460c.-1523).
Le placchette circolari o profilate a scudo, spesso usate per decorare i pomi delle spade milanesi o bresciane trovano nel Maestro IO.FF un artista fortemente influenzato da Leonardo, la cui opera si diffuse fino a Venezia a partire dal 1495 grazie all’attività di Andrea Solario. Paola Venturelli scrive in proposito: “nelle placchette è vinciano il movimento avvolgente assunto dalle figure, con il busto in diagonale quasi a misurare la profondità dello spazio, cosi come le anatomie caratterizzate da una ricercata indagine, con la compiaciuta definizione della dinamica dei muscoli con la posizione della testa che deflette dal busto e le sinuose delineazioni. A Leonardo rimandano anche la complessa e sottile allusività dei gesti e dei ‘moti d’animo’. Esemplificativo, è il personaggio nel gruppo di sinistra dell’impronta con Marco Curzio con il dito alzato verso il cielo, rinviante all’Angelo dell’Annunciazione […]. Nella placchetta con Orazio Coclite che difende il ponte, agli echi della colonna Traiana si coniugano gli studi per il Monumento equestre che al tempo della dominazione francese era per il Monumento a Giangiacomo Trivulzio”23. Leonardo lasciò Milano nel 1499 all’arrivo dei francesi e si recò a Mantova dove eseguì il ritratto d’Isabella d’Este e vide sicuramente gli affreschi cruenti del ciclo arturiano del Pisanello (1435-1444) la cui brutalità può costituire un precedente della Battaglia d’Anghiari per Palazzo Vecchio a Firenze (1503-1506) conosciuta attraverso copie della zuffa centrale.
Lo studio più vicino all’incisione presente sul pezzo Stibbert è quello con il combattente a cavallo sulla destra di un famoso foglio conservato al Louvre24, la Lotta col dragone, con la sola differenza del cavallo senza sella. Simile, ma più accurato grazie alle ombreggiature a inchiostro, è l’omonimo Cavaliere che combatte un drago del British Museum25, con il cavallo nella stessa posizione del bronzetto di Budapest26. Il foglio inciso a bulino con Quattro studi per un monumento equestre27 attribuita a Zoan Andrea è invece quasi certamente riferibile a bronzetti fusi su modelli di Leonardo approntati nella fase di preparazione del monumento Sforza e variamente replicati in seguito. L’incisione è il frammento di una composizione più ampia, che comprendeva altri due studi, di analogo soggetto, nella parte alta, messa in relazione con gli Studi per il monumento equestre di Francesco Sforza, ai quali Leonardo da Vinci stava lavorando a Milano tra il 1489 e il 1493. Il disegno eseguito a punta d’argento su carta blu, databile verso 1484, fa pure parte degli studi per lo stesso monumento che raffigurava Francesco Sforza a cavallo con il capo nudo, il bastone di commando nella destra e le briglie nella sinistra e il cavallo impennato con le zampe anteriori sollevate scavalcava un guerriero a terra28.
È necessario confrontare l’incisione del pezzo Stibbert con la medaglia di Francesco di Giorgio Martini, una prova di fusione non nettata senza iscrizione o firma della medaglia di Federico da Montefeltro, recante sul verso Bellerofonte e la chimera, databile dopo il 147629. Ne è stata tratta una placchetta in bronzo dorato profilata a scudo (1475-80), del tipo destinato alle impugnature di spade, con la stessa composizione: tra schiacciato donatelliano e sfumato leonardesco, il Bellerofonte mostra una conoscenza delle sperimentazioni fiorentine degli anni 1460-1480 nella bottega del Verrocchio, il cui protagonista era il giovane Leonardo da Vinci. La placchetta presenta delle piccole rielaborazioni autografe di Francesco di Giorgio30, nel copricapo di Bellerofonte, nella criniera e nella coda del cavallo. La destinazione tipica di queste placchette a pomo di spada, precede la serie delle placchette del Maestro IO. FF, ma non può discostarsi di molto cronologicamente dalla realizzazione della medaglia di Federico di Montefeltro (1476c.) o di altre famose opere di Francesco di Giorgio come il bassorilievo della Deposizione (1475 c.) oggi nella chiesa del Carmine a Venezia, o dalla Discordia Chigi-Saracini (1475-1480) oggi a Siena. L’uso della placchetta è illustrato nel Ritratto di gentiluomo dell’Amico Friulano del Dosso (attivo 1500-1530), in cui l’impugnatura della spada è ornata con la placchetta di Muzio Scevola del Maestro IO F.F.31.
Il legame rappresentato dall’attività di sommi artisti tra armature, armi, oreficeria, incisione e stampa appare imprescindibile nello studio dei maggiori artisti al di là della loro sola produzione di opere di pittura e di scultura e i pezzi conservati nel Museo Stibbert ne sono un’efficace dimostrazione.
- Ne dà testimonianza per il mimetismo con l’abito tessile, l’armatura da parata o da torneo o da giostra regalata da Carlo V a Wilhelm von Regendorf datata 1523, opera dell’armaiolo Kolman Helmschmid in collaborazione con l’incisore Daniel Hopfer (Kunsthist. Mus. Wien, Rustkammer. Inv. Nr. A 374) maestri che collaborarono anche alla realizzazione della sella incisa con acconciature femminili, accompagnate dal suo monogramma DH nello stesso museo. [↩]
- Gli scambi tra le arti si verificavano anche a livello personale nei legami rafforzati da matrimoni, alleanze tra membri di grandi famiglie di armaioli, spadai, artigiani orafi e del metallo e artisti come documentato per esempio a Norimberga dove la figlia dell’armaiolo Hans Grünewald sposò un membro della famiglia Beham di cui Bartel e Hans-Sebald sono gli incisori più famosi. Inoltre dal 1509 Albrecht Dürer abitava a due passi dalla Schmiedgasse, la via degli armaioli dove lavoravano Kunz Lochner il Vecchio, Hans Grünewald e Wilhelm von Worms il Vecchio all’insegna de “Uomo in armatura”; quando Dürer morì nel 1528, l’artista aveva come apprendisti Valentin Siebenbürger e Kurt Lochner il Giovane. Un argentiere e incisore come Wenzel Jamnitzer, a Norimberga dal 1534, fu l’inventore della pressa meccanica per imbutire ed era anche un incisore di coni. [↩]
- Armatura da campo c.1510-15, Musée de l’armée, Parigi, Inv. G. 178. [↩]
- Inv. Stibbert n. 3465. [↩]
- Inv. Stibbert n. 3476, Armatura di Renato (?) Borromeo (1585-1590) recante (come l’elmetto conservato al Museo Poldi-Pezzoli di Milano) l’impresa del liocorno e del morso equino. [↩]
- Museo Stibbert, Inv. 3122, 3127 discussi in S.W. Pyhrr, Some elements of Armour attributed to Niccolò Silva, “Metropolitan Museum Journal”, vol. 18 (1983), p. 111. [↩]
- Gabinetto Disegni e Stampe, Bologna, numero di inventario PN 8138 Hopfer Daniel, Volume 48, La battaglia presso Thérouanne, foglio smarginato, mm 234×220, tecnica acquaforte (lastra di ferro), provenienza Collezione Ludovico Aurelio Savioli. [↩]
- Parigi, Musée de l’Armée (inv. G. 7, G. 178); New-York, Metropolitan Museum (Bashford Dean Memorial Fund), inv.29.158.81. [↩]
- S.W. Pyhrr, Some elements…, 1983, p. 112. [↩]
- Leonardo da Vinci, Windsor RL 12370 v°, Disegno per una corazza ornata; Andrea del Verrocchio, Decollazione del Battista, 1477-1480, argento e smalti montati su supporto ligneo. Firenze, Museo dell’Opera del Duomo. [↩]
- Disegni con else di spade, Codice Atlantico, f. 133r-a. e Studi per undici punte di lance e tre mazze d’armi, Parigi, Institut de France, Ms. 2184. [↩]
- E. Borea, L’effetto di Leonardo, in Lo specchio dell’arte italiana, stampe in cinque secoli, 4 vol., Pisa 2009, I, pp. 31 sgg. [↩]
- La goletta ha otto lame incise e si presenta con il petto bombato, lo scollo dritto e il guardascella con tortiglione aggettante. Sotto lo scollo vi è una larga fascia incisa, tripartita da pilastri che reggono un architrave: vi si scorge a destra, molto abraso, un santo barbuto con tonaca che alza la mano; a sinistra, santa Barbara stante. Al di sotto della fascia tripartita è iscritto un verso apotropaico dal Vangelo di Giovanni, XIX, 36: «OS NON COMMINUETIS EX EO». Sul petto è incisa un’impresa con due fiaccole ardenti decussate, annodate da bende con tintinnaboli e accompagnate da uno svolazzo con il motto «[UT] NON.DIFICIAT.FIDES.TUA » (« affinché la tua fede non venga meno », Luca, 22,32). Sulla schiena la decorazione a liste di girali che circondava scollo e ascelle è quasi sparita. [↩]
- Canzoniere CCVII: «Ben mi credea passar mio tempo omai […] Tu ài li strali et l’arco fa’ di tua man, non pur bramand’io mora, ch’un bel morir tutta la vita honora». [↩]
- E. Borea, L’effetto di Leonardo…, 2009, p. 31. [↩]
- Da Leonardo, Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, n. segnatura: Art. prez. m. 278. Con attribuzione a Zoan Andrea, Quattro studi per un Monumento equestre a Francesco Sforza, 14831493, 21.7 x 15.9 cm, in The Illustrated Bartsch, n° 2509.019. [↩]
- Leonardo da Vinci, Allegoria del Ramarro, recto: schizzo, inserito in un tondo, di un giovane addormentato con una lucertola che lotta contro una serpe accanto alla testa reclinata, 1494-96, New York City, Metropolitan Museum of Art, Rogers Fund. Potrebbe essere il progetto per una medaglia, di 7 cm di diametro, vicino allo standard di Pisanello (8 cm). La scena sarebbe un’allegoria della fedeltà, come spiega il testo: «Il ramarro fedele all’omo vedendo quello addormentato combatte cholla bisscia. Comprendendo di non poter vincere il serpente, la lucertola corre sul volto dell’omo per farlo risvegliare». [↩]
- Leonardo, Imprese col giglio, Windsor Library, inv. n° RL 12700. [↩]
- Allegoria sul tema della verità e della menzogna, c. 1508-10, Windsor Castle, The Royal Collection Trust, inv. n° RL 12700; Allegoria dell’Invidia smascherata, Bayonne, Musée Bonnat, inv. n° 656. [↩]
- L’ermellino, simbolo di purezza, 1488-90, 91 mm. Cambridge, The Syndics of the Fitzwilliam Museum, inv. n° PD 120-1961. [↩]
- Si veda ad esempio la rilegatura approntata a Milano nel 1509 per Jean Grolier col Giudizio di Paride del Maestro IO F.F. e, sul retro di copertina, Orfeo che incanta gli animali entro una cornice annodata per il volume di Procopio, La Guerra gotica, stampato a Roma nel 1506. Un esempio di piatto di rilegatura con doppia cornice a catena si riscontra nel Pontificale del 1511 della Morgan Library, New-York, fatto rilegare da Simon Charetier, Abbate di Jouy le Chatel dal rilegatore di Louis XII e François Ier nel 1521-1522. [↩]
- Placchetta a forma di scudo, Morte di Marco Curzio, seconda metà XV secolo, bronzo, patina marrone scuro, 6,1 x 5,9 cm. Washington D.C., National Gallery of Art, Samuel H. Kress Collection, inv. n° 1957.14.481. [↩]
- P. Venturelli, Legature a placchetta per Jean Grolier, tesoriere generale di Luigi XII a Milano. Considerazioni sul maestro IO. F. F., in Milano e Luigi XII. Ricerche sul primo dominio francese in Lombardia (1499-1512), a cura di L. Arcangeli, Milano 2002, pp. 85-105. [↩]
- Leonardo da Vinci, Lotta col dragone, tre cavalli al passo, un cavaliere su cavallo rampante, un cane, penna e inchiostro bruno, acquerellato in bruno, 19.3 x 12.3 cm. Paris, Musée du Louvre, Département des arts graphiques, Fonds Rothschild, inv. n° 781. [↩]
- Leonardo da Vinci, Uomo che combatte contro un drago, c. 1480. British Museum, Prints and Drawings, inv. n° 1952.1011.2. [↩]
- Figura su cavallo impennato, bronzo, sec. XVI. Budapest, Szépmuvészeti Múzeum, Dipartimento di scultura antica, 1914, inv. n° 5362, cf. nota 24. [↩]
- V. nota 16. [↩]
- Windsor R. L. n. 1235730; Y. Hackenbroch, Renaissance Jewellery, London, Sotheby Parke Bernet, 1979, p. 70, fig. 156, segnala un pendente con il motivo del Cavaliere su cavallo impennato, databile al 1490, che sembra tenere conto dei progetti di Leonardo. [↩]
- Bronzo, diam. 9.8 cm. London, British Museum, inv. n° 1922-7-9-5. [↩]
- Cm. 9.5 x 9.4, London, Victoria and Albert Museum, inv. n° A.410-1910. [↩]
- Amico Friulano del Dosso, Ritratto di gentiluomo, 1515-20, olio su tela, 84 x 74 cm. Warwick Castle, collezione Lord Warwick. [↩]