Rosalia Francesca Margiotta

rosaliafrancesca.margiotta@unipa.it

Argenti e argentieri per il monastero del SS. Salvatore di Corleone

DOI: 10.7431/RIV12042015

Corleone, città demaniale della Sicilia centro-occidentale, appellata dallo storico Giuseppe Carlo Marino “supplente della capitale” e dalla storiografia locale “città regia dalle cento chiese”1, vanta un notevole patrimonio artistico commissionato nella maggior parte dei casi ad affermati maestri, come i pittori Tommaso De Vigilia2, Pietro Ruzzolone3 e Antonello Crescenzio4 e i vari esponenti della famiglia degli scultori Gagini, tra cui Antonello5 e Vincenzo. Quest’ultimo, figlio di Antonello, nel 1583 scolpiva per il monastero del SS. Salvatore del centro demaniale la statua della Madonna delle Grazie raffigurata con il Bambino nel braccio sinistro e posta su un alto piedistallo6.

Tra le importanti opere un tempo custodite nel complesso monastico corleonese, fondato sullo scorcio del XIV secolo sopra un colle oltre la cinta muraria della cittadina7, va certamente ricordato anche il più antico polittico de L’incoronazione della Vergine tra i SS. Michele, Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e Leoluca della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, già citato dal Di Marzo8, attribuito da Genevieve Bresc Bautier a Guglielmo da Pesaro9, che insieme al padre Gaspare aveva lavorato per lo stesso centro impegnandosi a realizzare un perduto gonfalone per la confraternita di San Leoluca10.

L’antica chiesa monastica, ricostruita in forme più nuove dalla fine del XVII ai primissimi anni del XVIII secolo, tra il secondo e il terzo decennio del Settecento fu interessata da lavori di completamento della ornamentazione plastica e pittorica.

Il globale ammodernamento dell’edificio chiesastico fece perdere la più antica decorazione ad affresco con raffigurazione del Giudizio universale eseguita dal palermitano Cristoforo Guastapani, probabilmente arrivato a Corleone al seguito del Crescenzio11, e gli stucchi commissionati nel 1610 a Giuseppe Li Volsi junior, che si impegnava con la badessa donna Cesarea De Jacono a “stocchiari” fra l’altro “lo dammuso della ecclesia”, il presbiterio, le cappelle laterali seguendo il disegno di Mariano Smiriglio12.

L’ornamentazione plastica della chiesa del SS. Salvatore ad opera dell’artista originario di Nicosia e abitante a Tusa non vide probabilmente il suo completamento se il 12 agosto 1617 Nicolò Lo Bosco da Chiusa, in società con Vincenzo Falsone di Prizzi, si obbligava con Don Marco Antonio Rizzo, procuratore del monastero corleonese, a “stucchiari la ecclesia”13.

La decorazione settecentesca veniva affidata, invece, ad Antonio Campisi che nel 1735 era incaricato dalla badessa Antonia Benedetta Fratello di “fare tutte le opere di stucco della chiesa del monastero secondo il disegno di Francesco Ferrigno”14. Come osserva il Marchese, tale intervento fu dettato “oltre che da un aggiornamento di gusto della committenza, dal desiderio delle suore […] di emulare le consorelle benedettine del monastero della Maddalena, le quali appena tre anni prima […] avevano chiamato lo stuccatore palermitano Giacomo Serpotta, ad eseguire lavori di stucco e di architettura nella chiesa che si stava edificando”15. L’anno successivo la stessa badessa del SS. Salvatore commissionava a Filippo Randazzo16 l’affresco della volta17, opera firmata e datata che prima del parziale crollo del soffitto presentava il Trionfo di san Benedetto tra santi benedettini e carmelitani, in ricordo delle due comunità religiose che inizialmente vi risiedevano18, ormai solo in parte leggibile.

Le inedite notizie annotate nei libri mastri del monastero, depositati nel Fondo delle Corporazioni religiose soppresse dell’Archivio di Stato di Palermo, ampliano la conoscenza sulla storia artistica del complesso monastico, seppur non riportano notizie del polittico né delle più antiche opere commissionate per la dispersione dei volumi più antichi. Alle testimonianze figurative, plastiche e scultoree si aggiunge un notevole patrimonio d’arte decorativa, purtroppo ormai quasi del tutto perduto.

Il 29 ottobre 1686 è documentato l’acquisto a Palermo ed il conseguente trasporto dal capoluogo siciliano alla chiesa badiale di Corleone di alcuni candelieri d’argento e di un lampiero dello stesso materiale, ai quali si aggiungevano il 23 luglio 1688 ben 24 calici d’argento19.

I rialzi del prezzo del grano attorno al 173520 permisero alle religiose, che fondavano su tale risorsa il loro sostentamento, di servirsi di abili artisti e artigiani per aggiornare gli arredi lignei, i paramenti sacri e le suppellettili liturgiche d’argento.

Il 15 novembre 1742 la chiesa veniva dotata di un secchiello d’argento per l’acqua benedetta, tramite Antonio Mondello, che riceveva, probabilmente come acconto, ventotto tarì, per aver acquistato a Palermo il manufatto, diciassette tarì per il prezzo dell’argento e undici per la realizzazione dell’oggetto21.

Tra giugno e luglio 1745 si attestano ripetuti pagamenti ad Antonio La Torre per aver riparato tre lampieri della chiesa monastica22. L’artista era probabilmente un discendente degli argentieri palermitani La Torre di cui sono noti Francesco, già ricordato dal Di Marzo23, che nel 1531 insieme a Paolo Gili eseguiva due candelieri d’argento per la Cattedrale del capoluogo siciliano24, Gaspare, documentato a Palermo dal 1638 al 165125, e l’orafo Gioacchino attivo nel 170826.

Nel settembre 1745 veniva remunerato Gaetano D’Aquino per aver “acconciato e imbiancatoi candelieri d’argento, per i quali Filippo Longo aveva realizzato l’anima lignea27. Il D’Aquino, attivo a Palermo dal 172928, veniva nuovamente chiamato a lavorare per il convento corleonese il 26 maggio 1746 per la riparazione di un altro candeliere d’argento29. I pagamenti per tali lavori sono ripetuti pure dalla badessa donna Perpetua Fratello e il primo settembre 1747 (X Ind.) l’argentiere palermitano riceveva per lo stesso lavoro altre tre onze30. Pressoché dello stesso periodo è un altro versamento di undici onze e dieci tarì che testimonia l’intervento dell’artista palermitano per sistemare altri candelieri d’argento e per aver “acconciato” anche un aspersorio31. Il 15 ottobre 1747 ancora Gaetano D’Aquino riparava il calice di Santa Maria La Scala di pertinenza del complesso monastico corleonese32. Lo stesso artista nel novembre 1748 (XII Ind.) veniva pagato tre onze per aver riparato, imbiancato e pulito un paliotto d’argento della chiesa benedettina33.

Dalla metà del XVIII secolo ci si rivolgerà molto spesso ad un altro componente della maestranza di Palermo: Nunzio Gino34. L’abile argentiere e orafo, documentato dal 1729 al 1784, anno di morte, più volte console della maestranza palermitana35, di cui si ricostruisce un importante tassello della sua inedita attività per la città di Corleone, il primo dicembre 1745 (IX Ind.) riceveva un’onza e nove tarì per aver riparato un calice d’argento e una patena per il monastero36.

Il 20 settembre 1748 la badessa Fratello effettuava un pagamento di dodici onze e sedici tarì a favore di Antonio Mondello, di cui due tarì e  sedici grana servirono per “7 trappisi d’argento” e dieci tarì per la realizzazione di una saliera d’argento per la badessa37. Lo stesso il primo gennaio 1749 acquistava per venti tarì un bicchiere d’argento fatto a Palermo38.

La badessa pro tempore il primo febbraio 1750 (XIII Ind.) effettuava un pagamento ancora a favore dell’argentiere Nunzio Gino di due onze, venti tarì e dieci grana per sua mastria per aver fatto un “poso d’argento pel Divinissimo per la grada della comunione”, e un’onza, dieci tarì e dieci grana venivano pagate per la quantità d’argento aggiunto al manufatto39.

Il primo gennaio 1753 mastro Bocca di Fuoco, probabilmente un argentiere, discendente forse dalla famiglia di Giovan Filippo e Giuseppe Buttafuoco, orafi attivi nel XVI secolo40, riceveva ventuno tarì per aver riparato alcuni reliquiari d’argento della chiesa41.

Qualche anno dopo, il primo giugno 1759, venivano versati all’argentiere Dimitri, artista non identificato, nove tarì e diciassette grana per aver riparato un lampiere del Santissimo Crocifisso42.

Tra le inedite annotazioni esaminate, il 15 gennaio 1762 è inoltre registrato un pagamento di tre tarì in favore di don Domenico Collura, procuratore del monastero, per aver versato a sua volta un tarì e dieci grana a Giuseppe Longo, che aveva riparato una lampada pensile d’argento della chiesa43. Potrebbe trattarsi dell’omonimo argentiere messinese vissuto nel XVIII secolo44.

L’11 marzo dello stesso anno la badessa pro tempore effettuava un pagamento di ventuno onze e diciassette tarì al citato argentiere Nunzio Gino per “mastria d’argento accresciuto per aver fatto numero 2 sottocoppini per servigio del monastero”45 e inoltre lo stesso giorno gli versava pure dodici onze “per avere acconciato un lampiero a bottoni d’argento”46.

Tra le opere che versavano in cattivo stato di conservazione vi era anche la corona della Madonna del Soccorso, che il primo maggio 1762 veniva riparata e ripulita da un anonimo argentiere per un compenso di quattro tarì47. La Vergine, la cui grande fortuna iconografica è attestata nel centro siciliano dalla statua gaginiana della Chiesa Madre e da quella in legno policromo della chiesa di Sant’Agostino48, doveva presentare in mano verosimilmente la mazza, da cui deriva la popolare denominazione, e al suo fianco il bambino che afferra il suo manto in cerca di protezione.

Nel luglio 1762 (XI Ind.) la badessa del SS. Salvatore Pietra Preziosa Fulco saldava un debito di otto onze in favore di Antonio Briganti da quello spesi per pagare un anonimo argentiere “per prezzo di argento e maestria per aver acconciato un lampiero d’argento, l’incenziario ed una guantera d’argento”49.  Le spese per la riparazione o la realizzazione di tali vassoi o piatti da parata sono più volte ripetute tra le inedite annotazioni archivistiche analizzate, probabilmente perché destinati ad usi ornamentali chiesastici, come mostra il disegno per una credenza da sagrestia di Giacomo Amato adorno di tali suppellettili50, non solo in occasione delle più importanti ricorrenze liturgiche, ma anche per le cerimonie di elezione delle nuove badesse. Per tali eventi le monache benedettine corleonesi si rivolgevano agli abili paratori del centro siciliano, tra cui Andrea, Rosario e Giovanni Governali e Pietro e Cristoforo Pomara51, legati alla vita artistica della capitale e molto richiesti fino alla costa meridionale dell’isola52.

La stessa badessa il 15 agosto 1762 pagava dodici tarì all’argentiere Giuseppe, di cui non si riporta il cognome, come compenso per aver riparato due inguantiere della sagrestia53, forse Giuseppe Pierruzzo (?) che il 10 febbraio 1782 riceveva nove onze e cinque tarì “per argento e mastria in aver acconciato un lampiero d’argento”54. Sempre per la festa dell’Assunta venivano versati tarì dodici al signor Giovannino “l’argentiero per prezzo di mastria per aver acconciato due inguantere per servigio della sagrestia”55, probabilmente da identificare con Giovanni Lorrazzo che in seguito sarà pagato quattro onze e cinque tarì “per sua mastria in aver acconciato il lampiero e due incensieri d’argento della nostra chiesa”56. Tra tutti gli altri oggetti sacri i turiboli sono i più soggetti al deterioramento per il continuo surriscaldamento delle pareti, avendo pertanto bisogno di maggiori riparazioni.  È molto raro trovare tali manufatti in buone condizioni, specie quelli di fattura siciliana perché realizzati con una lamina d’argento piuttosto sottile rispetto ad altri esemplari napoletani o romani57.

Il primo febbraio 1764 ancora Nunzio Gino, argentiere di fiducia del monastero, riceveva venticinque tarì per la sua mastria e argento aggiunto “in aver cambiato un sicchetto piccolo vecchio e fattolo grande nuovo”58.

Allo stesso argentiere palermitano si pagavano il primo giugno 1765 ancora cinquantaquattro onze, ventisette tarì e undici grana “cioè onze 17. 10. 13 per procura d’una calamarera d’argento di peso libre 6.4.3 e trappesi 13.3 per procura d’un bacile e palangana e tre sottocoppine onze 5. 6. 18 per procura d’una inguantera ed un tazzonello d’argento usato”59. Contestualmente si versavano altre sessantadue onze e due tarì allo stesso Gino a completamento delle centoventuno onze e ventinove tarì “per prezzo di mastria di 6 candilieri e 6 vasi d’argento novi per servigio della nostra chiesa”60.

Il 30 giugno dello stesso anno indizionale il suddetto argentiere riceveva un’onza e venticinque tarì come saldo per aver realizzato candelieri, vasi e altri piccoli oggetti in argento per il monastero probabilmente rifondendo argento vecchio61.

Il 30 ottobre 1765 (XIV Ind.) si effettuava un altro pagamento di sette onze e venti tarì all’argentiere Nunzio Gino per aver realizzato una corona di spine in argento per il Santissimo Crocifisso della chiesa62.

Il 20 novembre 1765 (XIV Ind.) si registra un inedito pagamento di un’onza e venti tarì effettuato dalla badessa Felice Aurora Fratello a favore di un argentiere anonimo che realizza i gradini in argento per l’altare maggiore della chiesa63.

Il primo dicembre 1765 (XIV Ind.) l’argentiere Nunzio Gino riceveva un altro pagamento di venti onze e due tarì per un piatto “menzo reale d’argento” per il monastero, inclusi due tarì per l’imballaggio del manufatto64. La collaborazione con lo stesso artista palermitano è testimoniata ancora da un ulteriore versamento in data 25 giugno 1766 (XIV Ind.) di due onze e ventitré tarì per un vassoio d’argento65.

Tra le spese per la chiesa annotate il 20 ottobre 1766 (XV Ind.) si registra un altro inedito pagamento di diciassette onze, venticinque tarì e tredici grana sempre a Nunzio Gino per l’oro aggiunto al perpetuo del monastero e per l’argento aggiunto alla sponsa della chiesa ed altri lavori66.

Il 10 febbraio 1768 (I Ind.) Francesco Denaro riceveva dalla badessa Domenica Calà onza una per aver portato nella città di Palermo il tabernacolo d’argento per “farsi nuovo” inclusa la “portatura” di tre quadri da Palermo a Corleone67. L’opera doveva essere pure realizzata dall’abile Nunzio Gino, in un altro documento di pagamento del primo aprile 1768, infatti, così si legge: “onze 35. 21. 14 al signor Nunzio Gino sono per tanti da esso spesi” di cui “onze 6. 6 per argento aggiunto al tabernacolo in aversi ingrandito onze 8 per mastria tarì 24”68.

Lo stesso giorno la badessa Calà, predisponeva un pagamento di quindici onze, otto tarì e dieci grana a favore dell’argentiere Nunzio Gino per altri due candelieri d’argento di libre 33.12 per la chiesa del SS. Salvatore69. Oltre al versamento già effettuato a favore del noto argentiere palermitano ve ne è un altro per lo stesso artista di sei onze, ventidue tarì e dieci grana, di cui quattro onze e quattro tarì per la realizzazione di un fangotto d’argento, piatto grande di forma ovale, fatto nuovo e due onze, diciotto tarì e dieci grana per l’argento in più che è stato aggiunto per la realizzazione del nuovo incinziero e un’onza e dieci tarì per la manifattura70.

Altri pagamenti si susseguivano negli anni seguenti ancora all’argentiere di fiducia Gino, il 30 agosto 1772 riceveva, infatti, un’onza e dodici tarì per un paio di bilance d’argento piccole per pesare i denari della cassa del monastero71 e il 5 giugno 1774 gli si versavano nove onze e ventitré tarì “per sopra più d’argento e mastria per aver fatto un carabè, un piatto ottangulato ed una paletta d’argento ed aver acconciato un candeliere d’argento per il monastero”72.

L’importante argentiere era molto apprezzato dalla committenza monastica anche del capoluogo siciliano, nel settembre del 1771 si era pure impegnato con la badessa del monastero di Santa Chiara di Palermo, suor Geronima Rosalia Montaperto per l’esecuzione di quattro lampade di lamina d’argento cesellato “con suoi bracci a menzola” secondo il disegno e il modello in stucco dell’architetto Andrea Gigante73, pure documentato a Corleone per avere stilato una relazione per alcune modifiche da farsi al prospetto della chiesa del SS. Salvatore74.

Le religiose benedettine acquistavano anche manufatti non legati a funzioni liturgiche, come la cioccolattiera d’argento saldata al procuratore del monastero don Ignazio Romano il 18 novembre 177675, che poteva presentare forme simili a quella in argento sbalzato e cesellato con manico in legno ebanizzato prodotta dagli argentieri di Augsburg nel XVIII secolo, venduta in anni recenti ad un’asta italiana76.

Ancora Ignazio Romano il 10 dicembre 1776 (II Ind.) spendeva tre onze, otto tarì e tredici grana per l’acquisto di due “coretti di villuto con sue piancie d’argento per li servimenti del monastero” e dodici tarì e dieci grana per l’acquisto di un “librettino con coperta fatta d’argento per le licenze del monastero77. Simile copertura d’argento è probabilmente quella del messale custodito nella Chiesa Madre di Corleone, proveniente dal monastero del SS. Salvatore (Fig. 1)78. L’opera, sbalzata, cesellata, traforata e applicata su velluto rosso, presenta centralmente un medaglione inglobato nel ricco ornato fitomorfo con lo stemma dell’Ordine benedettino. Sul manufatto è impresso oltre al marchio della città di Palermo con l’aquila a volo alto e la sigla RVP, abbreviazione di Regia Urbis Panormi, il punzone del console di Palermo del 1755 Antonino Pensallorto, che ricopre in tale anno l’importante carica all’interno della maestranza79.

Il 10 luglio 1777 (X Ind.) la nuova badessa del monastero corleonese, Beatrice Bentivegna, si rivolgeva ancora a Nunzio Gino per la realizzazione di una campanella d’argento per il monastero versandogli, probabilmente come anticipo, due onze e ventiquattro tarì80. La stessa religiosa il 20 aprile 1779 verserà al noto argentiere palermitano ancora quarantanove onze e venticinque tarì per “due lampieri d’argento per il Divinissimo, inclusi otto tarì per forzatura e due tarì per imballatura”81.

Il 31 luglio 1780 è annotato un ulteriore inedito pagamento di diciannove onze e sedici tarì eseguito pure a favore dell’argentiere Nunzio Gino a completamento di cinquantacinque onze e due tarì in parte versati da donna Agnese Calà e da donna Grazia Fratello per la realizzazione del nuovo ostensorio82 per il quale si riutilizzava argento vecchio, come quello comprato il 31 gennaio 1781 (XIV Ind.) e “rimesso in Palermo per aggiungervi alla nova sfera”83, perdendo, purtroppo, interessanti e antiche suppellettili.

Il 31 gennaio 1783 la badessa pro tempore effettuava un ulteriore pagamento di ventuno onze e diciotto tarì ancora in favore dell’argentiere Nunzio Gino a saldo di un antico debito di centodiciannove onze, due tarì e quattro grana84.

Le opere realizzate dall’artista palermitano per la chiesa monastica dovettero certamente aderire ai nuovi stilemi dettati dalla cultura rococò, in parte desunti dalle incisioni e dai disegni circolanti, tra cui quelli di Juste Aurèle Meissonnier, che proponevano curve spiraliformi, motivi rocailles e stilizzati coquillages85. Il nuovo ostensorio eseguito da Nunzio Gino poteva essere caratterizzato dal movimento a spirale che, come sottolinea l’Accascina, caratterizza il barocchetto anche palermitano, e da “arricciature spumeggianti quasi imitanti creste d’onde nel loro frangersi e disciogliersi nel movimento ondoso della superficie”86, similmente all’ostensorio del 1762-1763 della chiesa di S. Maria di Gesù di Mussomeli, attribuito a Giovanni Messina, o ancora al calice del 1766 della maggior chiesa di Termini Imerese o alla pisside eseguita nel 1767-1768 da Antonino Barrile per la Chiesa Madre di Bisacquino87.

Dopo la morte di Nunzio Gino, le monache del SS. Salvatore si rivolsero ad un altro importante argentiere palermitano, Vincenzo Natoli, al quale il 31 ottobre 1787 venivano versate duecentocinquantanove onze e due tarì per alcuni preziosi manufatti, tra cui un messale d’argento, “una corona d’argento invece della mezza luna per la lampada della Novena del Bambino”, “6 candilieri d’altare, un piatto fangotto grande, una corona per il Bambino all’altare di Nostra Santissima ed un calamaio, e rinarolo per la Sagrestia”, riutilizzando, purtroppo, ancora una volta argento vecchio “in numero candelieri all’antica, un piatto fangotto grande ed una ciotola” e per “argento nuovo”88.  Nella stessa data si annota un inedito pagamento al medesimo argentiere “per accesso e recesso e mastria dell’argentiere di Palermo Vincenzo Natoli conferitosi […] per formarci il disegno dell’Altare Maggiore di Nostra Chiesa e a un suo giovane venuto per situare l’altare d’argento89. L’artista palermitano90 era probabilmente molto abile nella lavorazione di altari e paliotti, nel 1768 eseguiva, infatti, insieme a Francesco Martinez, un paliotto d’argento su disegno del citato architetto Andrea Gigante per la chiesa di San Giuseppe ad Enna91. Nello stesso anno con il fratello Agostino si impegnava con Francesco Ballaroto, su incarico di Baldassare La Rizza, governatore di Raffadali, a realizzare un altro paliotto “di prospettiva di piangia d’argento lavorato” con le figure di “nostra Signora dell’Ammalati altra di Gesù Maria e Giuseppe e l’altra di San Giovanni Battista”92.

Il 31 agosto 1796 (XIV Ind.) veniva effettuata la consegna di una parte dell’argento del monastero alla Regia Zecca. Negli inediti registri contabili è annotato, infatti, che la badessa donna Diana Sarzana pagava tre onze e sedici grana a Salvatore La Cecla, delle quali due onze “per sua mercede in aver fuso l’argento del nostro monastero, ed onze 1. 0. 16. per cause porto, e riporto di detto argento per lista presentata a ricevi privato a 2 luglio 1796 […] tarì otto ad un uomo per aver portatoli denari della Regia Zecca alla tavola ed avere assistito al deposito per insino all’ore 18 e tarì 6 al ragazzo della Regia Zecca per sua regalia”93. Viene così documentata l’inedita collaborazione con un altro importante artista attivo a Palermo tra il 1762 e il 180494.

Il 31 gennaio 1797 venivano versate a Gioacchino Valenti sette onze, tre tarì e quattro grana per altrettante spese fatte per le consegne dell’argento al decano don Serafino Bartuletta95. Il 30 novembre 1800 ancora l’argentiere Gioacchino Valenti, la cui attività era finora segnalata dal 1763 e il 179696, consegnava alla Zecca di Palermo libre 20. 6 di argento proveniente dal monastero, per un valore di diciannove onze, sette tarì e quattro grana97.

Il 31 gennaio 1828 si registra un inedito pagamento effettuato dalla badessa pro tempore a Vincenzo e Salvatore Vesco per le opere aggiunte al tabernacolo d’argento98, il primo dei quali non segnalato finora. A un altro componente della famiglia Vesco, Gesualdo, attivo a Palermo dal 177099, si era rivolta nel 1795 la badessa donna Vincenza Garlano per la realizzazione di un calice in argento dorato, impreziosito da diamanti e piccole perle, tuttora custodito in Chiesa Madre (Fig. 2)100. L’opera, che presenta oltre al marchio con le iniziali GV, riferibili all’artista, anche l’iscrizione “Gesualdo Vesco fecit”, caratterizzata alla base da festoni binati, foglie acantiformi, motivi a robbiana e meandri alla greca, è ormai di gusto neoclassico101.

Nonostante i registri contabili ancora custoditi presso l’Archivio di Stato di Palermo non vadano oltre il terzo decennio del XVIII secolo, l’illuminata committenza delle badesse del SS. Salvatore non si sarà arrestata certamente in tale periodo. Soltanto le leggi post unitarie che sancirono la soppressione degli ordini religiosi posero fine a tanto fervore artistico, disperdendo con il successivo incameramento dei loro beni da parte dello stato numerose opere di grande pregio.

  1. Cfr. G.C. Marino, Prefazione, in Corleone. L’identità ritrovata, Atti del Seminario di Studi (Corleone, Salone Istituto Suore di S. Chiara, 15-16 maggio 1999), a cura di A.G. Marchese, Milano 2001, p. 12; A.G. Marchese, Animosa civitas, in Corleone, suppl. a “Kalòs, Arte in Sicilia”, coll. “Viaggio in Sicilia”, Palermo 2000. Si veda anche Idem, Tra i Gagini e i Ferraro. Marmorari, scultori lignei e stuccatori a Corleone, Palermo 2002. Per la distribuzione degli edifici chiesastici nel tessuto urbano cfr. A. Badami – M. Carta, Storia urbanistica della città di Corleone, Palermo s.a. Per il ricco patrimonio artistico della città siciliana si veda tra l’altro S. Mangano, Antichità a Corleone, Palermo 1977; Idem, Corleone e i suoi beni culturali, Palermo 1993; G. Mendola, Inediti d’arte nella diocesi di Monreale e A.G. Marchese, Uno scrigno di tesori, in Gloria Patri. L’arte come linguaggio del sacro, Palermo 2001; M. Guttilla, Terre e altari. Aspetti di arte religiosa in Sicilia dalla Maniera al Neoclassicismo e V. Chiaramonte, E. De Castro, E. Gorgone, M. Pecoraro Marafon, schede II.1- II.9, in Mirabile artificio. Pittura religiosa in Sicilia dal XV al XIX secolo, a cura di M. Guttilla, Palermo 2006, con  precedente bibliografia; A.G. Marchese, Antonino Ferraro e la statuaria lignea del ‘500 a Corleone. Con documenti inediti, Palermo 2009; Mirabile artificio 2. Lungo le vie del legno del marmo e dello stucco. Scultori e modellatori in Sicilia dal XV al XIX secolo, a cura di M. Guttilla, Palermo 2010; R.F. Margiotta, Opere d’arte francescane dall’alto Belice corleonese alla Valle del Sosio, in Opere d’arte nelle chiese francescane. Conservazione, restauro e musealizzazione, a cura di M.C. Di Natale, Quaderni dell’Osservatorio per le arti decorative in Italia “Maria Accascina”, 4, Collana diretta da M.C. Di Natale, Palermo 2013, pp. 67-90. Si veda anche M. Sicari, Opere d’arte della Chiesa Madre di Corleone, tesi di Laurea, Università degli Studi di Palermo, Facoltà di Lettere e Filosofia, relatore prof.ssa M.C. Di Natale, a.a. 1998-1999; S. Squitieri, Arte decorativa della Chiesa del Monastero del Santissimo Salvatore di Corleone, tesi di Laurea, Università degli Studi di Palermo, Facoltà di Lettere e Filosofia, relatore prof.ssa M.C. Di Natale, a.a. 2011-2012. Per la bibliografia su Corleone si rimanda anche a A.G. Marchese, Inventario corleonese, prefazione di V. Consolo, Palermo 1997. []
  2. M.C. Di Natale, Tommaso De Vigilia, parte I e II, Palermo 1974 e 1977. Cfr. inoltre A.G. Marchese, Tra i Gagini…, 2002, pp. 8-9. []
  3. M.C. Di Natale, in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, vol. II, Pittura, a cura di M.A. Spadaro, Palermo 1993. []
  4. G. Di Marzo, La pittura in Palermo nel Rinascimento. Storia e documenti, Palermo 1899, p. 130. Si veda più recentemente G. Mendola, Inediti d’arte…, in Gloria Patri…, 2001, pp. 18-19. []
  5. Sull’artista si veda tra l’altro H. W. Kruft, Antonello Gagini und seine Söhne, München 1980; G. Di Marzo, Memorie storiche di Antonello Gagini e dei suoi figli e nepoti, scultori siciliani del secolo XVI, in “Archivio Storico Italiano”, vol. III, 1986, t. 8, pp. 39-109; Idem, I Gagini e la scultura in Sicilia nei secoli XV e XVI. Memorie storiche e documenti, 2 voll., Palermo 1880-1883. []
  6. G. Mendola, Inediti d’arte…, in Gloria Patri…, 2001, p. 19. []
  7. C. Bruno, Relazione sulla animosa città di Corleone, ms. del 1787, f. n. n.; G. Colletto, Storia della città di Corleone, Siracusa 1934, ed. cons. Palermo 1992, pp. 99. []
  8. G. Di Marzo, Delle Belle Arti in Sicilia, t. III, Palermo 1862, p. 126. Sull’opera si veda tra l’altro anche G. Meli, La pittura in Sicilia dal XV al XVI secolo, lettera al signor dottor F. Gesell-Fels in Monaco di Baviera, in “Archivio Storico Siciliano”, n.s. a. IX, fasc. III e IV, 1884, pp. 465-496, in part. p. 472; G. Di Marzo, La pittura…, 1899, p. 90; F. Meli, Problemi di pittura siciliana del Quattrocento, Palermo 1934, p. 18 e ss.; R. Van Marle, The development of  Italian School of painting, vol. XV, The Hague 1934, p. 407; R. Longhi, Frammento siciliano, in “Paragone”, 1953, p. 16; S. Bottari, Arte in Sicilia, Messina-Firenze 1962, p. 42 e 95; M.C. Di Natale, Echi antonelleschi nella pittura palermitana tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, in Antonello da Messina, atti del convegno di studi (Messina, 22 novembre – 2 dicembre 1981), Messina 1987, pp. 347-383, in part. p. 350; M.C. Di Natale, Tommaso…, 1977, p. 27 ss. Per una più completa bibliografia si rimanda a V. Sola, Il polittico di Corleone, in Corleone…, 2001, pp. 105-113. []
  9. G. Bresc Bautier, Guglielmo Pesaro (1430-1487). Le peintre de la croix de Cefalù et du Polyptyque de Corleone, in “Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Moyen Age-Temps moderne”, 86, 1974-1975, 213-249. Si veda inoltre tra l’altro V. Abbate, Il Palazzo, le collezioni, l’itinerario, in G.C. Argan -V. Abbate -E. Battisti, Palazzo Abatellis, Palermo 1991, p. 71; M.C. Di Natale, Le croci dipinte in Sicilia. L’area occidentale dal XIV al XVI secolo, introduzione di M. Calvesi, Palermo 1992 e V. Sola, Il polittico…, in Corleone…, 2001, pp. 105-113. Per l’artista si veda anche M.C. Di Natale, in L. Sarullo, Dizionario…, vol. II, 1993, ad vocem. []
  10. G. Bresc Bautier, Artistes, patriciens et confréries. Production et consommation de l’œuvre d’art à
    Palerme et en Sicile Occidentale (1348 – 1460), Roma 1979, p. 272. []
  11. G. Mendola, Inediti d’arte…, in Gloria Patri…, 2001, p. 19. Si veda anche B. De Marco Spata, Arte e artisti a Corleone dal XVI al XVIII secolo, Palermo 2002, pp. 47-49. Sull’artista si veda anche E. De Castro, in L. Sarullo, Dizionario…, vol. II, 1993, ad vocem. []
  12. G. Mendola, Inediti d’arte…, in Gloria Patri…, 2001, p. 22. Lo Smiriglio, che si era recato a Corleone come Ingegnere della Regia Curia “per misurare e stimare le fabbriche dell’alloggiamento delle truppe che si andavano realizzando in quel periodo”, l’anno successivo dipingerà per la chiesa monastica il quadro con la raffigurazione del Santissimo Salvatore, come attesta un versamento di 38 onze e mezzo in suo favore del 15 maggio 1611 (G. Mendola, Inediti d’arte…, in Gloria Patri…, 2001, p. 21). []
  13. A.G. Marchese, Tra i Gagini…, 2003, p. 88. []
  14. A.G. Marchese, Tra i Gagini…, 2003, p. 83. Per il Campisi si veda Idem, in L. Sarullo, Dizionario …, vol. III, 1994, ad vocem. []
  15. A.G. Marchese, Tra i Gagini…, 2002, p. 33. []
  16. Sul Randazzo si rimanda  tra l’altro a C. Siracusano, La pittura del Settecento in Sicilia; Roma 1986; M. Guttilla, in L. Sarullo, Dizionario…, vol. II, 1993, ad vocem. []
  17. M. Guttilla, Terre e altari…, in Mirabile artificio…, 2006, p. 67. []
  18. Cfr.  G. Colletto, Storia…, 1992, pp. 99-100. []
  19. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1577, ff. 117 e 135. []
  20. O. Cancila, Imprese, redditi,  mercato nella Sicilia moderna, Palermo 1993, p. 58. []
  21. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1558, f. 21. []
  22. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1497, ff. 350, 390. []
  23. G. Di Marzo, Notizie di alcuni argentieri che lavoravan pel duomo di Palermo nel sec. XVI, in “Archivio Storico Siciliano”, n.s., a. III, 1879, p. 365; Idem, I Gagini … ,1880-83, p. 621. []
  24. Su Francesco La Torre si veda S. Barraja, in Arti decorative in Sicilia. Dizionario biografico, a cura di M.C. Di Natale, Palermo 2014, ad vocem. []
  25. S. Barraja, Gli orafi e argentieri di Palermo attraverso i manoscritti della maestranza, in Splendori di Sicilia dal Rinascimento al Barocco, catalogo della mostra (Palermo, Albergo dei Poveri, 10 dicembre 2000-30 aprile 2001), a cura di M. C. Di Natale, Palermo p. 673; Idem, in Arti decorative…, vol. II, 2014, ad vocem. []
  26. Cfr. G. Travagliato, in Materiali preziosi dalla terra e dal mare nell’arte trapanese e della Sicilia occidentale tra XVIII e XIX secolo, Catalogo della mostra (Trapani, Museo Regionale “A. Pepoli”, 15 febbraio-30 settembre 2003), a cura di M. C. Di Natale, Palermo 2003, p. 382; Idem, in Arti decorative…, vol. II, 2014, ad vocem. []
  27. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1497, f. 390. []
  28. Cfr. S. Barraja, La maestranza degli orafi e argentieri di Palermo, in Ori e argenti di Sicilia dal Quattrocento al Settecento, catalogo della mostra (Trapani, Museo Regionale “A. Pepoli”, 1 luglio-30 ottobre 1989), a cura di M.C. Di Natale, Milano 1989, p. 400; Idem, Gli orafi … in Splendori … , 2001, p. 671; G. Mendola, Orafi e argentieri a Palermo tra il 1740 e il 1790, in Argenti e cultura rococò nella Sicilia centro-occidentale 1735-1789, catalogo della mostra (Lubecca, St. Annen – Museum, 21 ottobre 2007- 6 gennaio 2008), a cura di S. Grasso e M. C. Gulisano, con la collaborazione di S. Rizzo, Catania 2008, pp. 598, 617. []
  29. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1497, f. 390. Si veda anche vol. 1559, c. 8. []
  30. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1497, f. 350. []
  31. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1497, f. 465. []
  32. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1497, f. 441. []
  33. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1497, f. 465. []
  34. Si veda R. Sinagra, in Arti decorative…, vol. II, 2014, ad vocem, con prec. bibl. []
  35. Ibidem. Si veda anche S. Barraja, I marchi degli argentieri e orafi di Palermo dal XVII secolo ad oggi, saggio introduttivo di M.C. Di Natale, Milano 1996, pp. 77-80. []
  36. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1558, f. 46. []
  37. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1525, ff. 49, 120. []
  38. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1525, f. 120. Si veda anche vol. 1559, f. 107. []
  39. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1497, f. 460. Si veda anche vol. 1559, f. 33. []
  40. Cfr. G. Travagliato, in Arti decorative…, vol. I, 2014, ad voces. []
  41. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1559, f. 76. []
  42. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1560, f. 11. []
  43. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1527, f. 278. []
  44. Si veda A. Bilardo, in Arti decorative…, vol. I, 2014, ad vocem. []
  45. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1560, f. 88. Si veda anche vol. 1501, f. 381. []
  46. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1501, f. 381. []
  47. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1527, f. 139. []
  48. Si veda A.G. Marchese, Animosa…, in Corleone, 2000, pp. 14-15; Idem, Tra i Gagini…, 2003, p. 10; Idem, scheda II,5, in Gloria Patri…, 2001, p. 166, che riporta prec. bibl.. []
  49. ASPA, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1501, f. 488. Si veda anche vol. 1527, f. 110. []
  50. D. Malignaggi, Il disegno decorativo dal Rinascimento al Barocco, in Splendori…, 2001, p. 86. []
  51. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1533, f. n.n. Si veda anche vol. 1558, f.n.n.; vol. 1559, f. 126; vol. 1560, f. 189; vol. 1561, ff. 19, 86. []
  52. Per le famiglie di paratori corleonesi cfr. B. De Marco Spata, L’effimero barocco a Corleone tra devozione e artigianato. Tre famiglie di paratori: i Grimaldi, i Governali, i Pomara, in Corleone…, 2001, pp. 203-215. Si veda anche R.F. Margiotta, in Arti decorative…, voll. I e II, 2014, ad voces Governali e Pomara. []
  53. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol.1527,f. 67. []
  54. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1563, f. 40. []
  55. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol.1560, f. 99. []
  56. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol.1560, f. 227. []
  57. M.C. Di Natale, scheda II,238, in Ori e argenti…, 1989, p. 347. []
  58. ASPa, Corporazione religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol.  1560, f. 151. Si veda anche vol. 1527, f. 209. []
  59. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1560,  f. 187. Si veda anche vol. 1501, f. 488; vol. 1527, f. 289. []
  60. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1502, f. 404. []
  61. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1560,  f. 191. []
  62. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1502, f. 491. Si veda anche vol. 1528, f. 29. []
  63. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1502, f. 491. Si veda anche vol. 1528, f. 36. []
  64. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1560,  f. 213. Si veda anche vol. 1502, f. 491. []
  65. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol.1502, f. 514. []
  66. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1502, f. 492. Si veda anche vol. 1528, f. 102. []
  67. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1503, f. 379. []
  68. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone,  Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1560,  f. 289. Si veda anche vol. 1503, f. 367; vol. 1528, c. 282. []
  69. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1503, f. 379. []
  70. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1528, c. 281. Si veda anche vol. 1503, f. 379. []
  71. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1529, c. 99. Si veda anche vol. 1561, f. 54. []
  72. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1561, c. 93. []
  73. G. Mendola, Orafi… , in Argenti… , 2008, p. 599. []
  74. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1563, f. 79. []
  75. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1504, f. 9. []
  76. Cfr. Gioielli, argenti ed orologi antichi e contemporanei, catalogo della casa d’aste Cambi (Genova, Castello Mackenzie, 14 marzo 2011), asta 112, Genova 2011, p. 17. []
  77. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1504, f. 131. []
  78. V. Chiaromonte, scheda II. 34, in Gloria Patri …, 2001, p. 205. []
  79. S. Barraja, I marchi…, 1996, p. 77. []
  80. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1504, f. 27. []
  81. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1561, f. 188; vol. 1504, f. 99. []
  82. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1505, f. 154. []
  83. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1531, f. 48. []
  84. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1531, f. 151. []
  85. M. Vitella, Argenti palermitani del Settecento, in Il Tesoro dell’Isola. Capolavori siciliani in argento e corallo dal XV al XVIII secolo, catalogo della mostra (Praga, Maneggio di Palazzo Wellestein, 19 ottobre -21 novembre 2004), a cura di S. Rizzo, vol. I, Catania 2008, pp. 75-85; S. Grasso – M.C. Di Gulisano, Forme e divenire del rococò nella produzione delle botteghe argentarie a Palermo, in Argenti…, 2008, pp. 39-83; M.C. Di Natale, Influenze francesi nell’oreficeria siciliana dal Rococò all’Impero, in Arte e migranti. Uomini, idee e opere tra Sicilia e Francia, Atti dei seminari (Strasburgo, 11-13 dicembre 2007), a cura di G. Travagliato, Palermo 2007. []
  86. M. Accascina, Oreficeria di Sicilia dal XIII al XIX secolo, Palermo 1974, pp. 393, 387. []
  87. M. Vitella, Argenti…, in Il Tesoro…, 2008, p. 83; Idem, Gli argenti della Maggior Chiesa di Termini  Imerese, Termini Imerese 1996, pp. 106-108; R.F. Margiotta Tesori d’arte a Bisacquino, Quaderni di Museologia e Storia del Collezionismo, Collana di studi diretta da M.C. Di Natale, n. 6, premessa di M.C. Di Natale, Caltanissetta 2008, pp. 133-134. []
  88. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1532, f. n. n.. []
  89. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1532, f. 160. []
  90. Cfr. S. Barraja, in Arti decorative…, vol. II, 2014, ad vocem, che riporta completa bibliografia. Si veda anche G. Mendola, Orafi…, in Argenti…, 2008, pp. 607-608, 620. []
  91. Cfr. M. Accascina, Oreficeria…, 1974, pp. 398, 401; M.C. Ruggieri Tricoli, Il teatro e l’altare. Paliotti “d’architettura” in Sicilia, Palermo 1992, p. 161. []
  92. D. Ruffino, L’Urna argentea di San Vito martire di Ciminna. Vicende biografiche dell’argentiere palermitano don Gaspare Cimino (1711-1779), in Argenti …, 2008, p. 634. []
  93. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1533, f. 237. Si veda anche vol. 1508, f. 278. []
  94. S. Barraja, Gli orafi …, in Splendori …, 2001, p. 673. Si veda anche S. Barraja, in Arti decorative…, vol. II, 2014, ad vocem. []
  95. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1508, f. 278. []
  96. Cfr. S. Barraja, in Arti decorative…, vol. II, 2014, ad vocem. []
  97. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1534, f. 60. []
  98. ASPa, Corporazioni religiose soppresse di Corleone, Monastero del SS. Salvatore, Libro mastro, vol. 1516, f. 133. Per Salvatore Vesco cfr. S. Barraja, in Arti decorative…, vol. II, 2014, ad vocem. []
  99. S. Barraja, Gli orafi…, in Splendori…, 2001, p. 677; G. Mendola, Orafi…, in Argenti…, 2008, p. 623. Si veda pure S. Barraja, in Arti decorative…, vol. II, 2014, ad vocem. []
  100. Cfr. G. Travagliato, scheda II, 23 in Gloria Patri …, 2001 , p. 192. []
  101. Ibidem. []