Salvatore Tornatore

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La corte di Pietro Luna e Isabella Vega, duchi di Bivona

DOI: 10.7431/RIV04012011

La più importante famiglia feudale di Bivona, in provincia di Agrigento, dopo i Chiaramonte nel XIV secolo, fu quella dei Luna che qui governarono dalla prima metà del Quattrocento fino alla fine del Cinquecento, dapprima con il titolo di baroni e poi di duchi1. La terra di Bivona passò dai Chiaramonte ai Peralta grazie al matrimonio di Elisabetta Chiaramonte con Nicolò Peralta e poi ai Luna tramite le nozze tra Margherita Peralta e Artale de Luna2.

I Luna sono un’antica casata dell’alta nobiltà spagnola, una delle otto grandi casate del Regno d’Aragona. Essi presero il nome dal possesso feudale della città di Luna, nella provincia di Saragoza. Si divisero in tre rami principali: Martinez de Luna, Lopez de Luna e Ximenes de Luna. Da quest’ultimo discese il ramo italiano che, venuto in Sicilia al seguito dei re aragonesi, ebbe la contea di Caltabellotta, una delle principali dell’isola, molti feudi in Calabria e si rese protagonista del tristemente noto Caso di Sciacca, una sanguinosa faida contro la potente famiglia feudataria dei Perollo. La famiglia de Luna fu portata in Sicilia da un Artale Luna, zio di re Martino I3.

A rendere glorioso il casato fu Pietro (+1575), figlio di Sigismondo Luna e di Luisa Salviati, che nel 1549 ricevette l’investitura della contea di Caltabellotta e della baronia di Bivona e divenne stratigoto di Messina4. V. Di Giovanni ci informa che il duca Pietro «non fu dedito né a cupidità, né ad ambizione, né ad avarizia; e fu in effetto per le sue magnanimità e grandezze reputato splendido e magno, essendo riverito ed onorato con gran volontà da signori e cavalieri». Inoltre, l’autore precisa che era appassionato di caccia, di cavalli (ne possedeva cinquanta), di cani e di falconi5. Nel 1552 sposò a Messina Isabella De Vega, figlia del vicerè di Sicilia Giovanni De Vega (1547-1557). Dalle numerose fonti gesuite sappiamo che Isabella era una giovane molto devota, dedita ad attività caritatevoli, figlia spirituale di Sant’Ignazio di Loyola, con il quale ebbe un fitto scambio epistolare6, «instancabile nel privarsi del suo per beneficare la tanto da lei amata Compagnia»7. Grazie all’influenza del Santo, Isabella accettò di sposare il conte Luna, obbedendo al volere del padre e lo stesso Ignazio inviò alla coppia una lettera di felicitazioni ufficiali. Il conte e la contessa dimorarono a Palermo (dove possedevano una casina di caccia nell’odierno Piano delle Croci, sulla cui area sorge la chiesa di S. Maria di Monserrato)8, a Trapani per qualche breve soggiorno e a Bivona, presso un palazzo nei pressi dell’antico castello, dove diedero vita a una corte formata da personalità locali e da nobildonne spagnole9. Il promotore dell’edificazione del palazzo non è noto ma potrebbe essere Gian Vincenzo Luna, nonno del duca Pietro, che dovette completarlo intorno al 1546 con l’aggregazione di altre case vicine, cedute da Giovanni Francesco Raineri10. Il palazzo sorgeva nell’area tra la chiesa di S. Pietro e il castello e confinava con i quartieri di S. Pietro, della Maddalena e del Castello11. Il palazzo divenne, tra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento, sede della Sottointendenza, della Sottoprefettura, del Municipio e del carcere12 (Figg. 12) mentre gli ambienti attigui erano utilizzati come grandi magazzini (ancora oggi tali strutture sono visibili e in particolare l’area compresa tra il carcere e la torre dell’Orologio racchiudeva i giardini ducali e i magazzini detti magasè). L’area del palazzo ducale è oggi occupata da un moderno condominio.

Intanto il conte Pietro si preparava a rivestire una carica unica in Sicilia: infatti nel 1554 l’imperatore Carlo V gli concede il titolo di duca13 e Bivona fu elevata a città ducale. Tali privilegi erano dovuti non tanto all’eccellenza del conte Luna quanto al favore per la moglie Isabella e per la fedeltà del padre di lei, il vicerè Giovanni Vega. Grazie alla benevolenza goduta dalla duchessa, Sant’Ignazio acconsentì alle richieste della stessa e del duca affinchè venisse fondato a Bivona un collegio di Gesuiti, interamente finanziato dall’ insigne coppia14. Il collegio venne costruito tra il 1554 e il 155615 mentre la chiesa annessa, dedicata a S. Sebastiano, tra il 1554 e il 158716. Per entrambe le costruzioni è documentato l’intervento dell’architetto gesuita Giovanni Tristano che nel 1563 giunse a Bivona per seguire i lavori17. Certamente nel campo architettonico e artistico fu questo l’impegno finanziario più rilevante da parte dei duchi che, nell’arco di un ventennio circa, spesero migliaia di scudi. Basti pensare che l’impegno iniziale fu di 10.000 scudi per il Collegio e 3.000 per la chiesa, oltre a numerosi doni tra cui vigne e giardini18.

La presenza di un palazzo ducale e di una corte fa supporre l’esistenza di una serie di arredi quali mobili in legno, quadri, statue e oggetti da collezione per il salone di rappresentanza, stoffe e gioielli per le dame, suppellettili per la cappella, per i quali poterono essere impiegate numerose maestranze locali, palermitane o ancora straniere, specie napoletane, spagnole e fiamminghe. Secondo una notizia non adeguatamente documentata, alla corte ducale bivonese lavorarono «molti pittori stranieri»19. Si ricordi che i primi gesuiti giunti a Bivona presso la corte dei duchi e nel nuovo Collegio erano di origine fiamminga, padre Eleuterio Du Pont, primo rettore, padre Geronimo Domenech, Provinciale di Sicilia, e padre Antonio Vinck, confessore della duchessa20. Della presunta attività di tali pittori stranieri rimarrebbe una testimonianza nelle due tavole raffiguranti S. Caterina d’Alessandria e S. Rocco un tempo nella chiesa di S. Giacomo, annessa al convento dei Cappuccini, e oggi custodite presso il convento palermitano21. Le tavole, datate tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo e attribuite a un ignoto pittore fiammingo22, facevano parte di un trittico per la devozione privata e probabilmente vennero donate al convento cappuccino bivonese dai Luna. Fu proprio il duca Pietro, intorno al 1552, a invitare i Cappuccini a fondare un convento a Bivona e la di lui moglie, Isabella De Vega, dispose nel 1557 un legato di 50 scudi23. Interessante appare la presenza di alcune dame spagnole al seguito di Isabella De Vega: Maria de Massa, Maria Usorio e Imperia Vigliena la quale sposa il bivonese Geronimo Bombici24.

Altre donne al suo servizio erano: donna Caterina de Arosuo, donna Maria de Arouso, donna Antonia de Vega, donna Laviana, donna Caterina Osoria, donna Violante, le schiave Margherita, Graziana, Angelica, Caterina, Eleonora, Itisal e Arcangela25. Le ultime due, dopo la morte della duchessa, rimarranno per sei anni presso la corte di Bivona a servire i tre figli, Luisa, Eleonora e Giovanni. Isabella si mostrò particolarmente affezionata e munifica verso le dame e le schiave lasciando loro, secondo le volontà testamentarie, numerosi scudi e preziosi ornamenti come «li bottoni de oro che io fece fare jn Napoli» e gioielli con perle e diamanti. Inoltre, dispose che le reliquie da lei donate nel 1556 al collegio dei Gesuiti «de lì non li possano levare per darle ne portarle ad altra terra», che «si diano cinquanta (scudi) aciochè se ajuti a finire la fabrica delli Scappuccini de Bivona», e ancora lascia al collegio bivonese «cinquecento scudi acio se finisca la chiesa»26. È pertanto verosimile che la duchessa e le sue dame commissionarono ad orafi palermitani, napoletani o ad artigiani spagnoli attivi a Palermo nella seconda metà del Cinquecento, preziosi gioielli quali catene, pendenti, anelli, bracciali e cinture27. A conferma di ciò basti analizzare il testamento28 (1557) e l’inventario29 (1558) dei beni della duchessa Isabella, custoditi presso l’Archivio di Stato di Sciacca e fino ad ora poco indagati dagli studiosi30.

Nel lungo inventario sono descritte varie tipologie di gioielli e arredi personali come braccialetti, cinture, anelli d’oro con diamanti, smeraldi e rubini, medaglie, bottoni, corone di rosario, quadri, libri, cappelli, mantelli, borse e guanti, gilet, corpetti, stoffe, fazzoletti, cuscini, lenzuola. I materiali segnalati sono: smeraldi, diamanti, oro, rubini, coralli, cristallo, argento, avorio, damasco, taffità, velluto, raso, broccato, tela di Olanda, tela di Calambraj, tela di Tunisi, seta di Napoli, cuoio.

Tra le opere più interessanti per tipologia e per preziosità si segnalano: «una roccia di curallj cum uno Crucifissu et Santo Francisco intro una caxetta» (si tratta di una sacra composizione con il Crocifisso e S. Francesco posti su una piccola montagna fatta di corallo, all’interno di una scatola, detta scarabattola, fornita di vetri che permettevano la visione delle sacre immagini), «uno agnus dej ingastato di argento» (è un particolare monile, un pendente di forma ovoidale fornito di tre catenelle, che raffigurava l’Agnus Dei ovvero l’Agnello mistico e veniva indossato per la forte valenza apotropaica)31, «un quadreto cum la immagini di santo Francisco et santo Hieronimo cum due portj undi su dipictj santo Francisco et santo Saverio» (è la descrizione di un trittico con due sportelli laterali che all’apertura mostravano le facce dipinte con figure di santi), «una smiralda di oru con la figura di Herculj sculpita di calmeo» (è un gioiello d’oro con al centro scolpita a bassorilievo la figura di Ercole di cammeo), «sessanta pernj grossi cum soi partituri di oro grossi cum la chruchj che tutti cum li pernj sunnu una curuna» (si tratta di una corona di rosario), «una chinta di oru cum chinquanta pezi di pernj diamanti et rubini et ala punta chi è una la broncha smiralda» (cintura d’oro con perni di diamanti e rubini e con una bronchia di smeraldi)32. Tra i materiali descritti merita attenzione il corallo, che chiaramente proveniva da Trapani dove già nel XVI secolo operavano numerosi maestri corallari33. In particolare vengono segnalate alcune immagini di San Giorgio, di San Cristoforo e della Veronica, due anelli, «uno fiscaletto» e una gamba. Tra gli oggetti in argento: un immagine raffigurante da un lato il Crocifisso e dall’altro la Deposizione, una saliera, due cucchiai, un sigillo con le insegne, un calice con patena in argento dorato, un secchiello per l’acqua benedetta, due candelieri. Ancora sono presenti un cane di pietra o marmo, quattro statuette di legno di Santa Barbara, Santa Chiara, San Domenico e San Giovanni Battista, una medaglia d’oro con l’immagine della Natività, un crocifisso di osso di balena34.

Non potevano mancare i dipinti, probabilmente di piccolo formato per la devozione privata: oltre al già citato quadro con i santi Francesco e Girolamo, si segnalano almeno sette quadri che raffiguravano il Santo Volto, la Coronazione di spine, la Madonna col Bambino, un’altra Madonna, la Deposizione dalla croce, “lo ministerio dila Passioni”, la Resurrezione 35.

Interessanti sono ancora i numerosi libri, taluni forniti di coperte preziose, citati nell’inventario: «item uno libro di li Evangeli cum soj buccoli di argento, item un altro libro cum la cuperta di parchimino bianco di la Vita di lo imperador, item uno libretto pichulo cuperto di parchimino chiamato Desideruso, item uno libretto vecho di la vita di la biata Camilla di Urbino, item uno altro libretto pichulo cuperto di parchimino bianco di la Vittoria del marchisi di Piscara»36. Tutto ciò dimostra come anche presso il palazzo ducale di Bivona esistesse una Wunderkammer ovvero una stanza delle meraviglie dove venivano custoditi i tesori di famiglia, alla pari delle migliori dimore patrizie siciliane del Cinquecento37.

La duchessa Isabella morì a Sciacca il 3 gennaio 1558 dopo un difficile parto e secondo alcune fonti venne sepolta nella prima chiesa del collegio dei Gesuiti di Bivona da lei fortemente voluta e finanziata e dove fu, probabilmente, costruito un monumento sepolcrale38. La chiesa in questione è quella di S. Sebastiano, oggi detta di S. Chiara (1554-1587 circa), recentemente ricostruita ex novo, ma di cui rimane il portale tardo manierista in pietra39. E’ probabile che il corpo di Isabella non venne mai sepolto in questa chiesa perché venne completata soltanto nel 1587 quando il duca era morto da dodici anni e potrebbe trovarsi nel luogo provvisorio designato dalla stessa duchessa l’«Abbatia Grandi di Xacca», ovvero la chiesa di S. Maria dell’Itria detta della Badia grande a Sciacca40. Non è nemmeno documentata una traslazione del corpo alla nuova chiesa dei Gesuiti, nella parte settentrionale del paese, oggi Chiesa Madre.

Dopo la morte di Isabella, il duca Pietro sposò in seconde nozze nel 1563 Angela La Cerda, figlia del nuovo vicerè, il duca di Medinaceli, la quale continuò presso il palazzo ducale di Bivona lo stile di vita lussuoso della duchessa Isabella41.

Da questo secondo matrimonio nacque un solo figlio, Giovanni, che nel 1576, dopo la morte del padre (1575), ne ereditò i beni e i titoli. Nel 1584 furono ceduti alla sorellastra Aloisia (Luisa), primogenita di Pietro e Isabella, che nel 1592, in seguito alla morte del fratellastro Giovanni, assunse l’investitura della ducea di Bivona. Due anni prima, nel 1590, il duca Giovanni aveva donato ai Gesuiti il quadro (anch’esso perduto) raffigurante la Madonna della Neve che fu collocato sull’altare maggiore della chiesa gesuita di S. Sebastiano per poi essere trasferito, alla fine del ‘500, nella nuova chiesa42. E’ probabile che negli stessi anni il duca abbia finanziato l’acquisto del quadro per l’altare maggiore della chiesa del convento dei Cappuccini, raffigurante la Madonna degli Angeli, realizzato da un pittore fiammingo, Ettore Cruzer o Cornelio43.

Anche Aloisia, come il padre e il fratellastro, fu molto legata a Bivona e alla corte ducale dove visse fino al 1567, quando sposò don Cesare Moncada, principe di Paternò, trasferendosi definitivamente a Caltanissetta44. La duchessa portò con sé, oltre alla ricca dote di 40.000 scudi in danaro, svariati manufatti come biancheria, gioielli e sette arazzi con le storie di Alessandro Magno, provenienti dalla sua casa natale45. A Caltanissetta creò una splendida corte frequentata da molti artisti e uomini di cultura, così come aveva fatto la madre Isabella a Bivona46.

Appendice Documentaria

Archivio di Stato di Sciacca, notaio Pietro Falco, vol. 265, a. 1557-1558, ind. I, cc. 419-425.

INVENTARIUM BONORUM QUONDAM ILL.ME D.NE DUCISSE BISBONE

Gioielli:

[…] una joya cum ycula di oro cum soi trj pernj et sua smiralda. Item una altra joya di oru cum trj pernj grossi cum uno diamanti et uno rubino. Item una cruchi di deamanti cum sei pernj. Item un’altra joya cum uno diamanti cum quattro rubinj. Item due brazalettj di oru cum sidichj camafei per uno. Item una chinta di oru cum chinquanta pezi di pernj diamanti et rubinj at ala punta chi è una la broncha smiralda. Item uno curdunj di chinchirj di oru cum vintj una petra di Lazaro et cum quatordichi paternostra grossi di oru cum soj rubinij cum novantachinco paternostra di oru pivuli. Item una smiralda di oru con la figura di Herculj sculpita di calmeo. Item uno anello di oro cum uno diamanti et quatro punti. Item uno altro anello di oro cum suo diamanti grandi. Item uno altro anello grandi di oro cum una smiralda. Item uno altro anello grandi cum uno rubbino grandi. Item uno altro anello di oro cum septi diamanti pichuli et quatro robbinj pichuli. Item uno altro anello di oro cum otto rubini in mezzo una punta di diamanti […]

Coralli:

[…] item una roccia di curallj cum uno Crucifissu et Santo Francisco intro una caxetta. Item quatro coralli infilati in una catinella di oro. Item uno paro di paternostra di curallj cum dechinovi partituri di oru pichulj li quali chi beneditti dilo papa. Item una immagini di santo Georgio di curallj. Item uno altro di santo Christofano. Item una Vironica di curallj. Item duj anelli di curallj. Item una tavoletta di curallj, uno fiscaletto di curallj et una gamba di curallj […]

Argenti:

[…] item una immagini di argento: in una banda lu crucifissu et laltra banda quando nostro Signuri discisi dila cruchj. Item due pignatelli di argento pichuli et una firmaturella di argento. Item un’altra tazetta di argento picula. Item uno panaretto di argento. Item uno fiaschetto di argento. Item duj candilirettj pichulj di argento. Item una cazoletta di argento. Item uno vaschiletto di argento. Item uno vachilj grandi di argento di lavari la testa. Item uno fiscaletto di argento. Item uno pumo di argento. Item una salera di argento diaurata. Item dui cucharellj di argento. Item uno sigillo di argento cum soj armi. Item uno calachj cum sua patena di argento deaurati intro sua inbesta. Item uno brayeri seu conca di focu di argentu. Item uno panarettu di argentu.

Dipinti:

[…] Item uno quatro del vulto di nostro Signorj. Item un altro quatro dello incoronamento di nostro Signorj. Item un altro quatro di nostra Donna cum suo Figlo in braza. Item un altro quatro di nostra Donna diaurata cum li lettiri di oru. Item un altro quatro antico cum lo Ministeri odila passioni di due portj. Item un altro quadreto pichulo undi chi è pinto nostro Signorj quando discisi dila cruchj cum sua catinella di oru. Item un altro quadreto pichulo di nostra Donna cum sua catinella di argento. Item un altro quadreto cum la immagini di santo Francisco et santo Hieronimo cum due portj undi su dipictj santo Francisco et santo Saverio. Item una immagini dila Resurressionj. Item un’altra immaginj dila oracioni di mortu […]

Sculture in legno:

[…] Item quatro santuchj di ligno di santa Barbara, santa Clara, santo Domenico et san Jouan Battista […].

Libri:

[…] Item uno libro di Evangeli cum soj buccoli di argento. Item uno altro libro cum la cuperta hornata vecho dili ephigie di santo Geronimo. Item un altro libro cum la cuperta di parchimino bianco dila Vita dilo imperador. Item uno altro libro cum la cuperta hornata del transito di santo Geronimo. Item altri dui libri di cuperta azoli lavorati di oru intranbo dila Sagra scrittura. Item uno officiolo cum sua cuperta di villuto camixino cum soj buccoli di argento diauratj di parchimino dilo officiolo di nostra Donna. Item item tri officioli di parchimino uno cum la sua imbesta buccola di argento […].

Tessuti:

[…] Item uno manto di sita guarnuto cum duj listi di sita di oro et camexino. Item uno gippuni di raso usato. Item uno manto di brocato. Item uno cappello di villuto nigro. Item item una mantellina di villuto nigro infurrata di felpa di bardigla et bianca. Item quaranta uno linzolo di tila di Landa. Item cultrichelli di poniri supra li spalli. Item quatro coxini grandi et duj pichulj lavurati di sita virdi di tila di Landa. Item uno coxinetto di tafita carmexino guarnuto di gruppi di oru chino di rosj. Item trj tovagliettj di Calambraj. Item uno muscaloro di sita bianca incarnata et oro inbugliato intro un pezo di tafita bianco. Item uno coteto di panno di Spagna guarnuto di villuto usato […].

ABBREVIAZIONI

ASSc: Archivio di Stato di Sciacca

  1. F. SAN MARTINO DE SPUCCHES, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia, Palermo 1924, pp. 359-362; A. MARRONE, Bivona città feudale, vol. I, Caltanissetta 1987, pp. 85-95. []
  2. A. MARRONE, Bivona…, 1987, pp. 86-87. []
  3. I. SCATURRO, Il caso di Sciacca: episodio di storia siciliana, sec. XV-XVI, Mazara del Vallo 1948; A. MARRONE, Bivona…, 1987, pp. 140-150; D. LIGRESTI, Sicilia aperta (secoli XV-XVII). Mobilità di uomini e idee nella Sicilia spagnola, Quaderno n. 3 di “Mediterranea-Ricerche storiche”, Palermo 2006, p. 123. []
  4. F. M. EMANUELE E GAETANI MARCHESE DI VILLABIANCA, Della Sicilia Nobile, Palermo 1754-1759, vol. 2, p.159; F. SAN MARTINO DE SPUCCHES, La storia dei feudi…, 1924, pp. 359-362. []
  5. V. DI GIOVANNI, Del Palermo restaurato, in Biblioteca storica e letteraria di Sicilia, serie seconda, vol. I, a cura di G. Di Marzo, Palermo 1872, pp.338-339. []
  6. H. RAHNER, Ignazio di Loyola e le donne del suo tempo, Milano 1968, pp. 651-688. []
  7. P. TACCHI VENTURI, Storia della Compagnia di Gesù in Italia narrata col sussidio di fonti inedite, vol. II, Roma 1950, pp. 477-478. []
  8. A. CHIRCO, Palermo. La città ritrovata. Itinerari fuori le mura, Palermo 2006, p. 317. []
  9. A. MARRONE, Bivona…, 1987, p. 152. D. LIGRESTI, Sicilia aperta…., 2006, pp. 32-33. []
  10. A. MARRONE, Bivona…, 1987, p. 160. []
  11. Per la suddivisione dei quartieri di Bivona cfr. A. MARRONE, Bivona…, 1987, pp. 198-203. []
  12. A. MARRONE, Bivona dal 1812 al 1881, Bivona 2001, pp. 90, 432 []
  13. F. SAN MARTINO DE SPUCCHES, La storia dei feudi…, Palermo 1924, p. 359. []
  14. P. TACCHI VENTURI, Storia della Compagnia di Gesù…, vol. II, Roma 1950, pp. 476-478; A. MARRONE, Storia delle Comunità Religiose e degli Edifici Sacri di Bivona, Bivona 1997, pp. 303-305. []
  15. A. MARRONE, Storia delle Comunità…, 1997, pp. 305-306. []
  16. A. MARRONE, Storia delle Comunità…, 1997, pp. 389-390; A. I. LIMA, Architettura e Urbanistica dei Gesuiti in Sicilia, Palermo 2001, pp. 119-120; S. TORNATORE, Arti decorative nella ex chiesa del collegio dei Gesuiti di Bivona in “OADI Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia”, n. 2, 2010. Era nelle intenzioni del duca la costruzione di una tomba patrizia all’interno di questa chiesa, ma non è certo che la coppia sia stata realmente seppellita qui (cfr. A. MARRONE, Storia delle Comunità…, 1997, p. 308 e H. RAHNER, Ignazio di Loyola…, 1968, p. 688). []
  17. A. MARRONE, Storia delle Comunità…, 1997, pp. 308-309. []
  18. P. TACCHI VENTURI, Storia della Compagnia di Gesù…, 1950, p. 477 []
  19. D. LIGRESTI, Sicilia aperta…, 2006, p. 299. []
  20. A. MARRONE, Storia delle Comunità…, 1997, pp. 303-305. []
  21. F. D. FARELLA, Bivona e i Cappuccini. Storia e Arte, in “Fiamma Serafica”, a. LIII, n. 6, 1974, pp. 76-78; A. MARRONE, Storia delle Comunità…, 1997, p. 348. []
  22. T. VISCUSO, scheda n. 7, in XI Catalogo di opere d’arte restaurate (1976-78), Palermo 1980, pp. 56-59. []
  23. A. MARRONE, Bivona…, 1987, p. 265; ASSc, notaio Pietro Falco, vol. 265, 1557-1558, ind. I, cc. 476-482: Testamentum pro Ill.ma D. Donna Isabella de Vega et Luna Ducissa Bisbone, cit. in I. NAVARRA, I coralli dei corallari di Trapani fra i gioielli di Isabella de Vega e Luna, Duchessa di Bivona, in “Libera Università Trapani”, a. VII, n. 19 Luglio 1988, doc. 1, p. 159; A. MARRONE, Storia delle Comunità…, 1997, pp. 331, 347. []
  24. A. MARRONE, Bivona…, 1987, p. 152. []
  25. I. NAVARRA, I coralli dei corallari di Trapani…, in “Libera Università Trapani”, a. VII, n. 19 Luglio 1988, pp. 158-159. []
  26. ASSc, notaio Pietro Falco, vol. 265, 1557-1558, ind. I, cc. 476-482: Testamentum pro Ill.ma…, cit. in I. NAVARRA, I coralli dei corallari di Trapani…, in “Libera Università Trapani”, a. VII, n. 19 Luglio 1988, doc. 1, p. 159. []
  27. M. C. DI NATALE, Oro, argento e corallo tra committenza ecclesiastica e devozione laica, in Splendori di Sicilia. Arti decorative dal Rinascimento al Barocco, catalogo della mostra a cura di M. C. Di Natale, Milano 2001, p. 28. []
  28. ASSc, notaio Pietro Falco, vol. 265, 1557-1558, ind. I, cc. 476-482: Testamentum pro Ill.ma…, cit. in I. NAVARRA, I coralli dei corallari di Trapani…, in “Libera Università Trapani”, a. VII, n. 19 Luglio 1988, doc. 1, pp. 157-161. []
  29. ASSc, notaio Pietro Falco, vol. 265, 1557-1558, ind. I, cc. 419-425: Inventarium bonorum quondam Ill.me D.ne Ducisse Bisbone cit. in I. NAVARRA, I coralli dei corallari di Trapani…, in “Libera Università Trapani”, a. VII, n. 19 Luglio 1988, doc. 4, pp. 162-169. []
  30. I. NAVARRA, I coralli dei corallari di Trapani…, in “Libera Università Trapani”, a. VII, n. 19 Luglio 1988, pp. 151-169; R. F. MARGIOTTA, Gioielli e suppellettili d’argento nelle corti dei Moncada tra XVI e XVII secolo, in J. RIVAS CARMONA (a cura di), Estudios de Plateria, Murcia 2010, pp. 423-432. []
  31. Cfr. M. C. DI NATALE, scheda I, 3, in Il Tesoro nascosto. Gioie e argenti per la Madonna di Trapani, catalogo della mostra a cura di M. C. Di Natale e V. Abbate, Palermo 1995, pp. 99-100. []
  32. ASSc, notaio Pietro Falco, vol. 265, 1557-1558, ind. I, cc. 419-425: Inventarium bonorum…, cit. in I. NAVARRA, I coralli dei corallari di Trapani…, in “Libera Università Trapani”, a. VII, n. 19 Luglio 1988, doc. 4, pp. 163, 165-166. []
  33. S. COSTANZA, Per una storia dei corallari in L’arte del corallo in Sicilia, catalogo della mostra a cura di C. Maltese e M. C. Di Natale, Palermo 1986, pp. 25-49; V. ABBATE, Le vie del corallo: maestranze, committenti e cultura artistica in Sicilia tra Sei e Settecento in L’arte del corallo…, 1986, p. 53; A. PRECOPI LOMBARDO, L’artigianato trapanese dal XIV al XIX secolo, Trapani 1987; M. C. DI NATALE, I maestri corallari trapanesi dal XVI al XIX secolo in Materiali preziosi dalla terra e dal mare nell’arte trapanese e della Sicilia occidentale tra il XVIII e il XIX secolo, catalogo della mostra a cura di M. C. Di Natale, Palermo 2003, pp. 23-52; Il tesoro dell’isola: capolavori siciliani in argento e corallo dal XV al XVIII secolo, a cura di S. Rizzo, Catania 2008. []
  34. ASSc, notaio Pietro Falco, vol. 265, 1557-1558, ind. I, cc. 419-425: Inventarium bonorum…, cit. in I. NAVARRA, I coralli dei corallari di Trapani…, in “Libera Università Trapani”, a. VII, n. 19 Luglio 1988, doc. 4, pp. 164, 167. []
  35. ASSc, notaio Pietro Falco, vol. 265, 1557-1558, ind. I, cc. 419-425: Inventarium bonorum…, cit. in I. NAVARRA, I coralli dei corallari di Trapani…, in “Libera Università Trapani”, a. VII, n. 19 Luglio 1988, doc. 4, p. 166. []
  36. ASSc, notaio Pietro Falco, vol. 265, 1557-1558, ind. I, cc. 419-425: Inventarium bonorum…, cit. in I. NAVARRA, I coralli dei corallari di Trapani…, in “Libera Università Trapani”, a. VII, n. 19 Luglio 1988, doc. 4, pp. 166-167. []
  37. Wunderkammer siciliana: alle origini del museo perduto, a cura di V. Abbate, Napoli 2001. []
  38. H. RAHNER, Ignazio di Loyola…, 1968, p. 688. []
  39. S. TORNATORE, Arti decorative nella ex chiesa del collegio dei Gesuiti di Bivona in “OADI Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia”, n. 2, 2010. []
  40. I. NAVARRA, I coralli dei corallari di Trapani…, in “Libera Università Trapani”, a. VII, n. 19 Luglio 1988, pp. 151-169. []
  41. F. D’AVENIA, Il mercato degli onori: i titoli di don nella Sicilia spagnola, in “Mediterranea. Ricerche storiche”, a. III, agosto 2006, n. 7, p. 278. []
  42. A. MARRONE, Storia delle Comunità…, 1997, p. 171. []
  43. V. ABBATE, I tempi del Caravaggio: situazione della pittura in Sicilia (1580-1625), in Caravaggio in Sicilia, il suo tempo, il suo influsso, catalogo della mostra, Palermo 1984, p. 65; IDEM, Cruzer Ettore, ad vocem, in L. Sarullo, Dizionario degli artisti Siciliani, vol. II, Pittura, a cura di M. A. Spadaro, Palermo 1993, pp. 120-121; A. MARRONE, Artisti bivonesi dell’età moderna, in L’isola ricercata. Inchieste sui centri minori della Sicilia secoli XVI-XVIII, atti del convegno di studi (Campofiorito, 12-13 Aprile 2003), a cura di A. G. Marchese, Palermo 2008, pp. 319-320. []
  44. A. MARRONE, Storia delle Comunità…, 1997, p. 153; La Sicilia dei Moncada. Le corti, l’arte e la cultura nei secoli XVI-XVII, a cura di L. Scalisi, Catania 2006. []
  45. R. ZAFFUTO ROVELLO, Cultura e corte nella Caltanissetta del Cinquecento, in La Sicilia dei Moncada…, 2006, p. 278; Le pretiose merci della Sapientia, a cura di R. Zaffuto Rovello, catalogo della mostra (Catania 12 marzo-12 aprile 2007), Palermo 2007, p. 18. []
  46. B. MANCUSO, L’Arte signorile d’adoprare le ricchezze. I Moncada mecenati e collezionisti tra Caltanissetta e Palermo (1553-1672), in La Sicilia dei Moncada…, 2006, pp. 98-109. []