Elvira D’Amico

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Aggiunte al parato Pape’ di Valdina

DOI: 10.7431/RIV03052011

Eccezionale è il ritrovamento di nuove parti del parato ricamato, originariamente in casa Papè di Valdina, di cui si è data notizia circa un decennio fa1. I nuovi pezzi ritrovati in collezione privata catanese, sono indiscutibilmente parte del suddetto parato, conservato a Palermo, presso gli eredi della famiglia, essendo costituiti dalle stesse farde – in numero di due – di velluto cremisi ricamate a riporto coi medesimi motivi di tralci vegetali che incorniciano storiette bibliche (Fig. 1). Unica differenza con quello già noto, costituito da tre farde verticali sormontate ciascuna da una storia, l’andamento orizzontale delle decorazioni, consistenti in un cespo centrale da cui si diramano tronchi nodosi, foglie, fiori e uccellini. Le storiette, poste simmetricamente all’estremità delle due farde, sono inserite in una esedra, delimitata da colonnine corinzie che sorreggono un’arcata, scandita da paraste e sormontata da una conchiglia, incorniciata da un cartiglio contenente un’iscrizione latina esplicativa della storia raffigurata (Figg. 2345). Altri frammenti presentano le storie delimitate dalle colonnine ma libere dall’intelaiatura architettonica di fondo (Figg. 6789), cosa che lascia presupporre una ulteriore estensione originaria del paramento. Un’altra differenza fondamentale con la porzione palermitana del parato, consiste nel tema biblico rappresentato: là storie di David, qui storie di Salomone. Le iscrizioni apposte sui cartigli ne illustrano pure il contenuto: IUDICIUM SALOMONIS, APPARET DEUS SALOM , HONORAT MATREM, PARCIT ADONI , PAX SUB SALOMONE, REGINA SABA, CANDELA BRUMAUREUM. L’opera originale presupponeva dunque una ideazione complessa, attribuibile a un artista di vasta cultura, che prestava la sua opera nel settore del ricamo e suggerita forse da un erudito del tempo. Un artista poliedrico –pittore, architetto e fornitore di cartoni per arazzi ricamati- era Vincenzo La Barbera, termitano d’adozione, a cui sono da riferire gli arazzi ricamati del museo civico di Termini Imerese con Storie di Coriolano, apprestati per gli Henriquez Cabrera signori di Caccamo agli inizi del secolo XVII2. Allo stesso artista si deve peraltro la complessa ideazione delle decorazioni della Cammara picta del Magistrato, ancora esistente nel palazzo comunale di Termini Imerese, realizzata nel 1610, su suggerimento del magistrato e del circolo umanistico termitano, secondo un vasto programma storico-antiquario, basato sulla corrispondenza pittura-verso , essendo le storie sottoscritte da versetti esplicativi in latino3. La stessa prassi si riscontra per il parato Papè di Valdina : là conoscenza della storia classica nella celebrazione della continuità tra la vecchia città di Imera e la nuova di Termini, qui conoscenza della storia veterotestamentaria, ma in entrambi i casi le “storie” sono ispirate all’assunto oraziano dell’ ut pictura poesis , che tornava di moda nel periodo umanistico- rinascimentale, e probabilmente realizzate con lo stesso fine didascalico – moralistico4.
L’ipotesi che l’ideazione e il disegno del complesso parato ricamato possa riferirsi di nuovo al La Barbera è avallata pure da raffronti stilistici.

Alla cultura tosco-romana dell’artista, che egli potè apprendere nella Palermo del Teatro del sole5 si rifanno alcuni elementi architettonici, quali le esedre manieristiche di fondo, la cui alternanza colonna-parasta appare nell’incisione da lui realizzata per i festeggiamenti di S.Rosalia del 16256, oppure la conchiglia stilizzata, che fa bella mostra di sé sul portale del Palazzo comunale di Termini Imerese, a lui attribuito7 (Fig. 10).
Parimenti, le figurine piatte, un po’ traballanti, dall’ espressione attonita, trovano un corrispettivo in alcune opere del pittore, così pure i tipi maschili dal marcato calligrafismo,con orbite rotonde,naso pronunziato e grosse mani carnose (Figg. 1112), e certe fisionomie femminili, bionde ed eteree (Fig. 12) , nonché gruppi interi di figure, come le due donne coi bambini in braccio del Giudizio di Salomone, replicate nell’ arazzo di Termini (Fig. 3 e Fig. 11). Di nuovo analogie sono coglibili tra gli edifici manieristici che appaiono nel parato (Fig. 6) ed altri presenti in dipinti del nostro (Fig. 12); oppure tra alcuni brani paesaggistici del manufatto (Fig. 6) ed altri degli arazzi ricamati di Termini (Fig. 11). Pure vicina allo stile del La Barbera, sembra la tipologia vegetale, riscontrabile nelle balze ricamate del museo civico di Termini Imerese8 .

Una nota meritano i colori smaglianti perfettamente conservatisi del parato: il verde smeraldo dei prati che sfuma nel giallo e nel verde pallido; il velluto cremisi del supporto, che alle volte costituisce il fondo delle storie o diviene esso stesso protagonista della figurazione (Fig. 6). Della seta bianca è poi adoperata per i visi, sulla quale sono disegnati i tratti del volto, sfumati ad acquarello e alle volte ripassati a ricamo, mentre i punti usati in prevalenza per le vaste superfici del manufatto, sono il punto spaccato e l’or nuè, tipici dei ricami figurati tre-quattrocenteschi, e qui usati in modo più rado9.

Il parato ricamato Papè di Valdina potrebbe collocarsi dunque nell’ambito dell’attività palermitana del La Barbera, chiamato nel capoluogo verso il 1624, quando esegue la S. Rosalia del museo diocesano, e di nuovo nel 1635 quando viene eletto ingegnere del senato10, attestandoci un suo rapporto, oltre che col suddetto senato palermitano, anche con la classe nobiliare locale.
Il pregiato manufatto, commissionato probabilmente da Cristoforo Papè di Valdina, Protonotaro del Regno e proprietario di una importante quadreria11, doveva fare bella mostra di sé nel suo palazzo di via Protonotaro, assieme ad altri paramenti in tessuto, elencati nel suo testamento (1669), come quel “padiglione di damasco carmesino con cultra tornialetto e cappello con suoi frinzi di velluto piano raccamati” o quell’altro “paramento di broccatello verde e carmicino di farde 36 con suo friscio dui portali di borcatello conforme il paramento”12.
Esso si annoverava tra consimili ricercati manufatti, che ornavano le principali dimore patrizie del capoluogo siciliano, di cui rimpiangiamo la perdita, come quel paramento di camera di raso dipinto con figure mitologiche che Gerardo Astorino eseguiva nel 1627 su ideazione di don Onofrio Paruta per Giovanna Branciforte13, oppure gli arazzi ricamati con mottetti moralistici di Fabrizio Branciforte (1624)14, fra i quali unico superstite è il ricco panno manieristico, pure di committenza Branciforte, oggi esposto in una sala di Palazzo dei Normanni15.

  1. E. D’AMICO, Appunti per una storia del ricamo palermitano in età barocca. La committenza nobiliare, in Splendori di Sicilia. Arti decorative dal Rinascimento al Barocco, a cura di M.C.Di Natale, Milano 2001, pp. 204-221. []
  2. E. D’AMICO, Gli arazzi ricamati del Museo civico di Termini Imerese e l’attività di Vincenzo la Barbera come “cartonista” di ricami siciliani, in B.C.A. Sicilia, anno IV, nn.1-4, 1983, pp. 93-105. []
  3. V. ABBATE, La Cammara picta del Magistrato e l’”Umanesimo” termitano agli inizi del Seicento, in “Storia dell’Arte”, n. 68 – 1990, pp. 36-70. []
  4. V. ABBATE, ibidem, p. 41. []
  5. V. ABBATE, ibidem , p. 40. []
  6. V. ABBATE, ibidem, Fig. 4. []
  7. V. ABBATE, ibidem, p. 39, Fig. 3. []
  8. E. D’AMICO, Gli arazzi…, Fig. 12. []
  9. E. D’AMICO – R. CIVILETTO, scheda n. 25, in Splendori…, 2001, pp. 566 – 567. []
  10. V. ABBATE, La Cammara…, 1990, p. 40. []
  11. V. ABBATE, La stagione del grande collezionismo, in Porto di mare. Pittori e Pittura a Palermo tra memoria e recupero, Napoli,1999, pp.107-140, p.124. []
  12. E. D’AMICO, Appunti…, 2001, p. 215 e scheda n. 25, p. 567. []
  13. E. D’AMICO, ibidem, p. 209. []
  14. E. D’AMICO, ibidem, pp. 207-8. []
  15. E. D’AMICO, ibidem, p. 209. []