Margherita Spinucci

margherita.spinucci@gmail.com

Nota sulle stauroteche medievali in Italia1

DOI: 10.7431/RIV03022011

Prendendo le mosse dall’ancor oggi fondamentale contributo allo studio dei reliquiari della Vera Croce di Anatole Frolow2 e dalla successiva monografia di Holger A. Klein3 è possibile stilare un compendio ragionato e critico delle stauroteche medievali, più o meno note, presenti attualmente sul territorio italiano.

Benché il numero delle stauroteche4 – che talvolta possono custodire anche altre reliquie – sia piuttosto consistente5 ne saranno presentate solo alcune, in modo da offrire un panorama quanto più vasto e completo sulle varie tipologie esistenti ad oggi in Italia.

Le stauroteche realizzate in un periodo indicativo che va dal VI secolo alla fine del secolo XIII sino a giungere in qualche caso ai secoli immediatamente successivi, possono essere suddivise per tipologia in cinque gruppi, mutuati dagli studi del Frolow: stauroteche in forma di croce ad una traversa ed in forma di croce patriarcale, stauroteche a cassetta con coperchio scorrevole, “a pace” (inserite in teche sostenute da un piede o da una base, spesso di fattura posteriore), ed altre di forme varie6. Ogni gruppo inoltre può essere ulteriormente scisso e ricomposto seguendo altri criteri, dando così vita ad altri sottogruppi basati su elementi differenti quali, ad esempio, l’ambito cronologico, l’area di produzione e la provenienza, le reliquie custodite o le tecniche di lavorazione, utili per indagare e confrontare insiemi sempre più circoscritti e meglio definiti.

Il culto della Vera Croce, diffusosi in tutto il mondo cristiano, affonda le radici a Gerusalemme, a seguito dell’inventio Crucis da parte di Elena, madre di Costantino. Con lei ebbe inizio anche la dispersione di reliquie e reliquiari: subito dopo il rinvenimento della Croce di Cristo, Elena la divise in tre grossi frammenti. Il primo lo donò al vescovo di Gerusalemme, Macario, un altro lo inviò al figlio, a Costantinopoli, ed il terzo fu portato a Roma dove, secondo la tradizione, la Basilica Sessoriana o Heleniana, chiamata poi Santa Croce in Gerusalemme, ne divenne primo scrigno in Occidente. Nei secoli successivi e per lungo tempo pellegrinaggi, guerre e attività commerciali diedero nuovo e continuo impulso allo scambio di reliquie, con o senza reliquiari, provenienti dalle città d’Oriente per arricchire corti, santuari ed abbazie europee.

La prima stauroteca vera e propria è attestata e descritta dalla pellegrina Egeria, giunta a Gerusalemme intorno al 3357, e da quel momento in poi, per tutto il medioevo ed oltre, la produzione di reliquiari in differenti forme, materiali e dimensioni non si interruppe più.

Ogni stauroteca quindi, così come ogni altro oggetto o prodotto artistico mobile, passibile di spostamenti e dunque non vincolato ad un determinato luogo di produzione o di destinazione, ha una propria storia ed un proprio percorso, talvolta breve, altre volte assai complesso ed articolato: è così spesso difficoltoso ricostruirne le vicende storiche e definire con esattezza l’officina o l’area di provenienza, la committenza, ma anche l’ambito cronologico. Non sono che poche, in definitiva, le stauroteche che rispondono esaurientemente a tali interrogativi, così come rare sono quelle corredate di iscrizioni8.

E’ questo il caso, ad esempio, delle celebri croci gemmate9, dette “di Giustino II” – o Crux Vaticana – (Fig. 2) e “degli Zaccaria”, accomunate non solo per il gusto nell’impiego delle gemme e per l’utilizzo della lamina d’oro nell’intero lato posteriore, ma anche per le iscrizioni recanti i nomi dei committenti (la croce vaticana fu donata alla città di Roma dall’imperatore Giustino II10, mentre la stauroteca genovese fu commissionata da Barda, fratello dell’imperatrice bizantina Teodora11).

Molto più semplice e disadorna è la croce genovese detta “Cicali”, resa nota solo di recente (Fig. 3)12. Inserita in una più grande croce d’altare, la stauroteca vera e propria consta di quattro piccoli frammenti di legno disposti a forma di croce, tenuti insieme da una bordura liscia in argento dorato. Alle estremità dei bracci vi sono quattro parallelepipedi dorati13 arricchiti da placchette smaltate; anteriormente sono decorate da differenti motivi geometrizzanti di tre colori, bianco, rosso e blu, mentre sul verso vi sono quattro monogrammi in lettere greche maiuscole, che compongono l’auspicio: “Gesù Cristo sia vincitore14. La piccola croce è stata associata alla stauroteca conservata nella chiesa di Santa Barbara a Mantova15 in virtù della somiglianza delle decorazioni smaltate: alla luce di confronti stilistici e tecnici con questo ed altri manufatti è stato proposto, come datazione, un periodo compreso fra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, e un’officina bizantina come luogo di realizzazione16. Le stesse placchette smaltate potrebbero essere paragonate e confrontate con quelle che, ugualmente simili a “cappucci”, rinforzano le estremità dei bracci della stauroteca a croce patriarcale conservata nel Tesoro delle Croci del Duomo di Brescia, opera bizantina del X – XI secolo17.

Ancora un’altra stauroteca bizantina in forma di croce ad un solo braccio, conservata nel tesoro marciano di Venezia, vanta una committenza di altissimo rango, benché sia di molto più tarda: si tratta della croce fatta realizzare dall’imperatrice Irene Doukas fra il 1118 ed il 1138 (Fig. 4). In questo caso, tuttavia, l’iscrizione dedicatoria compare sui cappucci che ricoprono le estremità dei bracci, e solo in seguito la croce è stata racchiusa in una teca di cristallo montata da orafi veneziani18.

Al diffusissimo utilizzo del cristallo di rocca, in particolare a Venezia, si può ricondurre un unico corpus di croci ad un solo braccio realizzate in lastre o grani di quarzo ialino fra il XIII ed il XIV19. Queste croci, concepite da maestranze veneziane ed elaborate con sagome differenti20 sono talvolta arricchite da miniature su pergamena21. In seguito a numerosi furti avvenuti dopo la caduta della Repubblica, alle svariate “campagne di fusione”, a dispersioni e vendite22, le croci si sono diramate in tutta Europa. In Italia si possono trovare nella stessa Venezia23, ad Atri24, a Firenze e a Pisa25, a Foligno26, e ad Acerenza e Banzi (Fig. 5)27.

L’attribuzione ad una medesima bottega, o comunque ad uno stesso contesto storico-culturale, accomuna altre due croci, quelle ad un solo braccio con filigrane e smalti di Cosenza e di Napoli28, cui si avvicina per motivi stilistici la stauroteca di Salerno detta di Roberto il Guiscardo (Fig. 6). La manifattura delle tre croci è infatti riconducibile ad un tiraz palermitano del XII secolo, e solo per alterne vicende storiche sono giunte in momenti diversi in Calabria e Campania. Attribuita al medesimo ambito di produzione delle croci palermitane è anche la croce di Velletri, che ad un attento esame risulta essere in realtà il prodotto di una commistione di stili: le ipotesi della sua provenienza oscillano fra un atelier normanno ed una bottega dell’Italia settentrionale, tra il XII ed il XIII secolo29. Imprescindibile per le ipotesi avanzate nel tempo sull’area e sulla cronologia è il confronto della crux veliterna con la stauroteca di Gaeta proveniente da San Giovanni a Piro, ma anche con altre croci conservate all’estero30.

Ormai del tutto differenti dalle prime stauroteche bizantine e da quelle palermitane sono alcune croci di fattura prettamente occidentale, realizzate fra XIII e XIV secolo, il cui elemento caratterizzante è la presenza del Cristo crocifisso – realizzato a sbalzo o a fusione – collocato sul recto. Fra queste vi è la croce proveniente dall’Abbazia di Casamari, oggi nel Duomo di Veroli, datata al XIII secolo31. Mentre frontalmente vi è il crocifisso, sul verso campeggia una piccola teca metallica circolare contenente due frammenti del Sacro Legno, tenuti assieme in modo tale da formare una croce: circondate da un bordo costituito da palmette filigranate e piccole gemme a cabochon, le particole della Vera Croce erano protette da una copertura, anch’essa cruciforme e decorata con filigrane e pietre preziose, rubata nel 1977 (Fig. 7)32. Anche la trecentesca croce di Torre di Palme33, nel fermano, presenta frontalmente il Crocifisso affiancato dai Dolenti e da due angeli, disposti al termine de bracci; nella parte tergale è invece decorata con otto grandi cabochon ovali in cristallo di rocca (Fig. 8)34. Sempre realizzate nel secolo XIV, ma decisamente più raffinate, sono le stauroteche con crocifisso di Padova35, Porto Legnago36, e Massa Marittima37, realizzate entro la metà del secolo.

Come prima si accennava, non sono rari i casi in cui nei reliquiari frammenti della vera Croce sono affiancati da altre reliquie, di santi o provenienti dalla Terra Santa38. Fra le molte contenenti più di una reliquia, ad esempio, si possono citare le due croci custodite nella Pinacoteca comunale di Castiglion Fiorentino: una, in filigrana e pietre preziose, è la cosiddetta Croce Santa o “Croce di Fra’ Mansueto”, reliquiario della Santa Croce e della Sacra Spina, opera di probabile fattura francese del XIII secolo39; l’altra è una più piccola stauroteca ascrivibile alla fine del XII e l’inizio del XIII secolo, in forma di croce greca con cinque placchette smaltate che contiene, al termine dei bracci trilobati, altre quattro reliquie identificate da scritte su cartigli (Fig. 9)40.

Benché esistano molte stauroteche in forma di croce ad un solo braccio, la “croce patriarcale”, anche detta “croce di Lorena”41, è quella che, utilizzata nei riti religioso-imperiali bizantini come reliquiario della Vera Croce, viene ad essa immediatamente associata42. Fra le croci a doppio braccio43 realizzate a Costantinopoli e solo in un secondo momento giunte in Italia, figurano la grande croce di Maastricht44, oggi a Roma nel museo del Tesoro di San Pietro in Vaticano, e la croce di Montecassino (Fig. 10)45. Entrambe le stauroteche recano sul retro epigrammi in onore della Croce ed il nome del committente, in ambedue i casi un “Romano”: avendo tuttavia regnato a distanza di breve tempo ben tre imperatori con questo nome, Romano I Lacapeno (919-944), Romano II (959-963) e Romano III Argirio (1028-1034), non è possibile indicare con esattezza quale fra questi abbia commissionato le croci46. La croce cassinese, inoltre, può essere messa a confronto ed assimilata ad altre croci di medesima fattura ed ambito di provenienza conservate all’estero47.

Avviatosi con l’impulso devozionale di Elena, il processo di “traslazione” delle spoglie di Cristo prosegue, per intensificarsi secoli dopo a seguito dell’istituzione del Regno Latino di Gerusalemme in Palestina (1099) sino alla battaglia di Hattin (1187), toccando poi il proprio culmine con il “sacco di Costantinopoli” (1204), la più documentata e celebre spoliazione di oggetti sacri subita dalla capitale bizantina. Proprio a questi due avvenimenti il Meurer48 collega due ondate di produzione – e poi il successivo trasferimento in Occidente – di alcune stauroteche, realizzate tra XII e XIII secolo in una zona gravitante nell’orbita di Gerusalemme, ed oggi dislocate in tutta Europa49. La celebre croce patriarcale di Barletta50, spesso accostata per l’evidente somiglianza alla croce di Denkendorf, giunse da Gerusalemme direttamente in Puglia, nella chiesa amministrata dai Canonici Regolari del Santo Sepolcro. Sia il verso che il recto presentano caratteristiche affini ad entrambi i lati della citata stauroteca di Denkendorf: nel recto, quasi tutta lo loro lunghezza è segnata da una sottile cavità cruciforme contenente la reliquia, ai cui lati si sviluppa un decoro filigranato impreziosito da gemme e pietre preziose, mentre al termine di ogni braccio compaiono sei cornici in filigrana quadrilobate, atte a custodire reliquie e schegge del Santo Sepolcro. La parte posteriore invece è interamente occupata da un decoro floreale e da clipei stampigliati nelle estremità dei bracci. L’unica certezza cronologica di questa e delle altre croci ad essa assimilabili è che furono prodotte in corrispondenza delle prodighe commissioni della regina Melisenda (1105-1161), moglie di Folco51.

Fra le stauroteche prodotte a Gerusalemme o in una zona ad essa adiacente e contrassegnate dal costante elemento decorativo del Santo Sepolcro stilizzato, nell’estremità inferiore del palo della croce, vi sono diversi esemplari, caratterizzati da un apparato decorativo più articolato rispetto alla croce barlettana, seppur con lievi differenze fra una croce e l’altra. Nella rappresentazione stilizzata del Santo Sepolcro, quest’ultimo è composto da una arco che culmina con una croce (nei casi più articolati viene rappresentata anche una lampada ad olio pendente e tre piccole sfere come decoro dell’altare posto al di sotto di essa): potrebbe trattarsi di una sorta di “marchio di fabbrica”, posto ad indicare la provenienza da un’unica bottega gerosolimitana52. In questa tipologia di croci la reliquia è esposta ed inserita in due fessure cruciformi collocate in corrispondenza dell’incrocio del palo con le traverse, maggiore e minore.

Fra gli esemplari più o meno noti conservati in Italia53, vi è la croce dorata di Gerace, una stauroteca di modeste dimensioni decorata con perle e gemme e custodita nella cattedrale (Fig. 11)54. Contrassegnata dal Santo Sepolcro – ma attribuita ad un’officina adriatica55 – la croce di Gerace si differenzia per alcuni dettagli decorativi da altre croci-reliquiario similari: le croci di Agrigento56, di Troia57, e di Castel Sant’Elia (Fig. 12)58. Queste infatti alternano e ripetono sul recto (anche se non nella stessa identica sequenza) alcuni elementi, quali i simboli dei tetramorfi e gli arcangeli inseriti in clipei, le cornici quadrilobate (forse inizialmente castoni per reliquie del Santo Sepolcro) e le palmette ornamentali, cosa che non avviene nell’esemplare calabrese. Per quel che riguarda il verso, il decoro è molto simile in tutte le croci: consiste infatti in tralci floreali o geometrizzanti, ottenuti tramite stampigliatura; solamente nella croce di Castel Sant’Elia il tralcio fitomorfo è sostituito da una teoria di animali.

Tale profusione di stauroteche, realizzate in botteghe occidentali e modellate su archetipi orientali, testimonia l’importanza che le “vere” reliquie assunsero in Europa ben oltre la scoperta della Croce da parte di Elena: emblematico il caso di alcune stauroteche barlettane realizzate in forma di croce a doppio braccio ben oltre il periodo medievale59.

Nella chiesa di Santa Maria di Ronzano, nel teramano, è custodita una stauroteca rinvenuta, secondo la tradizione, durante l’aratura sotto un campo adiacente alla chiesa60: realizzata in legno, è rivestita frontalmente con lamina dorata, il cui ornato è costituito da un decoro in filigrana e gemme61, inserite in castoni bassi di varie e particolari forme, dimensioni e colori (Fig. 13). L’impianto decorativo del verso è assai differente da quello del recto, ed è stato ritenuto un’aggiunta posteriore62: attorno al clipeo centrale, in cui figura l’Agnus Dei, vi è una serie di decorazioni floreali inserite una dopo l’altra all’interno di circonferenze perfette (Fig. 14). Di lato compare un’iscrizione in caratteri gotici in cui si ricordano, in ordine da sinistra verso destra, “il Beato Cosma, San Giacomo Apostolo, il Legno del Signore, il panno con cui Cristo fu presentato al Tempio, San Tommaso Apostolo63, cimeli che potrebbero essere state inserite nelle cornici quadrilobate, così come il panno di Cristo potrebbe essere stato collocato all’interno della piccola teca di cristallo posta sopra la reliquia della Croce. Di incerta datazione64, le croce si avvicina alla stauroteca di La-Roche-Foulque, oggi ad Angres65 e a quella di Salisburgo66, entrambe datate XI – XII secolo, ancorché non sia possibile proporre confronti o paralleli convincenti, se non per il gusto e l’impiego delle gemme e della filigrana e per l’impostazione di indubbia derivazione orientale, ma ormai maturata e rielaborata con forme proprie dell’Occidente. La stauroteca di Santa Maria di Ronzano è ancor oggi alloggiata in una robusta teca lignea di forma ogivale decorata su tutti i lati, realizzata in un secondo momento rispetto alla croce67.

Sostanzialmente uniforme, per conformazione ed apparato iconografico, è il panorama che si apre sulle stauroteche in forma di cassetta con coperchio scorrevole, realizzate fra XI e XIII secolo quasi sempre in metallo, ma anche in altri materiali, quali il legno e la pietra. Fra le molte custodite in tutta Europa68, ben nove si trovano in Italia: a Brescia (Fig. 15)69, a Celano70, a Farneta71, a Fonte Avellana72, a Lentini (Fig. 16)73, a Nonantola74, a Roma75 e due a Venezia76. Si può riconoscere un “modello-tipo” di stauroteca a cassetta con caratteristiche ed attributi sempre uguali, benché possano variare materiali, dimensioni e sensibilità artistica, elementi legati e determinati principalmente dall’area di provenienza: sul coperchio scorrevole estraibile, che si inserisce tramite delle guide laterali nell’apertura della cassetta, compare una crocifissione con il Cristo al centro e la Vergine e San Giovanni ai suoi piedi, talvolta sovrastati dal sole e dalla luna (stauroteca lignea di Roma e stauroteca di Alba Fucens); sopra la traversa della croce, ai lati del cartiglio, vi sono due angeli, mentre alla base della croce vi è il cranio di Adamo, anch’esso elemento ricorrente nelle crocifissioni. In alcuni esemplari la scena è accompagnata dalle parole pronunciate dal Cristo morente, rivolgendosi alla Vergine ed al discepolo prediletto: “Ecco tuo figlio, ecco tua madre”. Benché alcuni coperchi siano andati perduti (sono scomparsi il coperchio della stauroteca di Lentini, Farneta e Fonte Avellana), si può ben ritenere che anche quelli mancanti fossero decorati con le medesime scene ed immagini. All’interno, ai lati dell’inserto cruciforme della reliquia, si trovano Costantino, a sinistra, e la madre Elena, a destra, entrambi identificati da un’iscrizione77 ed abbigliati con ricche e sontuose vesti (ad esclusione della steatite di Lentini, in cui gli abiti appaiono più stilizzati). Tra il braccio maggiore e quello minore, laddove lo spazio lo permetta, vi sono talvolta due arcangeli (stauroteca lignea del Sancta Sanctorum, stauroteca di Brescia e Farneta), altrimenti raffigurati tra la traversa minore ed il limite superiore dell’intera scena. Più rari i casi in cui gli angeli sono raffigurati a figura intera (stauroteca di Lentini) o che sono sostituiti da altre figure: solo nella stauroteca proveniente dal Sancta Sanctorum di Roma nell’interstizio dell’estremità superiore della scena sono rappresentati, anziché i consueti angeli, Cristo e la Vergine.

Vi sono poi alcune stauroteche che, nate come oggetti liturgici o devozionali in forma di tavoletta, sono state nel tempo modificate sino ad assumere l’aspetto attuale di “monstrance78. Fra queste la più significativa è quella della chiesa di San Francesco di Cortona79, il cui nucleo è costituito da una tavola eburnea del X secolo (Fig. 17), posta nel XVII secolo su di un basamento monumentale, il quale le ha donato l’aspetto di un “ostensorio” di notevoli dimensioni. Interamente in avorio, benché simile ad altri prodotti eburnei80 è l’unico reliquiario della Vera Croce realizzato in questo prezioso materiale e conformato a tavoletta a noi noto, nonostante il reimpiego di scatole e contenitori di uso profano, realizzate in epoche precedenti, in lipsanoteche e reliquiari81. Come recita l’iscrizione tergale disposta in forma di croce, la stauroteca cortonese fu commissionata dall’imperatore Niceforo Foca (963-969), e giunse in Italia per mano di un frate francescano, Elia, inviato da Federico II presso l’imperatore Giovanni III Vatatze82 nel 1245/124683.

Fra le stauroteche conservate in Italia e che non appartengono a nessuno dei gruppi sinora esposti vi sono, fra le altre, la celeberrima stauroteca di Monopoli84, la stauroteca di Santa Maria in Portico in Campitelli, a Roma (Fig. 18)85, e a Grado la nota stauroteca inviata dall’imperatore Eraclio nel 630, insieme ad una cattedra alla cui base si inseriva il reliquiario in un’apposita apertura86. A Veroli invece, nel Tesoro del Duomo, sono stati portati dall’abbazia di Casamari, congiuntamente alla citata croce processionale, due reliquiari costituiti da lastre metalliche intagliate a giorno in molteplici forme e sagome, in cui sono custodite reliquie di santi. Uno di essi in particolare espone, nei trafori laterali cruciformi con terminazioni polilobate, due croci argentate, reliquiari della Vera Croce: una a doppio braccio in filigrana e gemme, l’altra a braccio singolo87.

In conclusione, è evidente come, in forza della loro destinazione, le stauroteche orientali e quelle occidentali siano strettamente connesse le une alle altre. Mentre da un lato si osserva una naturale evoluzione formale delle stauroteche, che mutano con il passare del tempo e degli stili, piegandosi al gusto delle varie epoche, dall’altro lato le forme di alcuni reliquiari – in particolar modo le stauroteche tipicamente orientali, quali le croci a doppio braccio e quelle in forma di cassetta con coperchio scorrevole -, restano cristallizzate nelle tipologie imposte dagli archetipi e dalla loro iconografia: tali forme, infatti, attestavano l’origine orientale del reliquiario e quindi, per esteso, erano la prova dell’autenticità della reliquia contenuta, dando vita così ad una filiazione di stauroteche uguali le une alle altre, e prodotte in tutta Europa sulla scorta di più antichi modelli bizantini o gerosolomitani.

Referenze fotografiche

Fig. 2, da: V. Pace, S. Guido, P. Radiciotti, La Crux Vaticana o Croce di Giustino II, Città del Vaticano 2009.

Fig. 3, da: Genova e l’Europa mediterranea: opere, artisti, committenti, collezionisti, a cura di P. Boccadoro e C. Di Fabio, Milano 2005, p. 49.

Fig. 4, da: Il Tesoro di San Marco. Il tesoro e il museo, vol. II, a cura di H. R. Hahnloser, Firenze 1971, Tav. XXIX.

Fig. 5, da: Medioevo Mediterraneo: L’Occidente, Bisanzio e l’Islam, a cura di A. C. Quintavalle, Milano 2007, p. 367.

Fig. 6, da: Nobiles Officinae: perle, filigrane e trame di seta dal Palazzo Reale di Palermo, catalogo mostra a cura di M. Andaloro (Palermo-Vienna 2004), Catania 2006, p. 218.

Fig. 7, da: Veroli. Thesaurus Ecclesiae est hic, Casamari 2000, p. 114.

Fig. 8, da: G. Barucca. B. Montevecchi, Atlante dei beni culturali dei territori di Ascoli Piceno e di Fermo. Beni artistici: oreficerie, Cinisello Balsamo 2006, p. 34.

Fig. 9, foto dell’autore.

Fig. 10, da: H. M. Willard, The Staurotheca of Romanus at Monte Cassino, in “Dumbarton Oaks papers”, n. 30, Washington 1976, p. 56.

Fig. 11, da: S. Gemelli e C. Bozzoni, La cattedrale di Gerace: il monumento, le funzioni, i corredi, Cosenza 1986.

Fig. 12, foto dell’autore.

Fig. 13, foto dell’autore.

Fig. 14, foto dell’autore.

Fig. 15, Matilde di Canossa: il papato, l’impero; storia, arte, cultura alle origini del romanico, catalogo mostra a cura di R. Salvarani e L. Castelfranchi (Mantova 2008-2009), Milano 2008, p. 419.

Fig. 16, da: Nobiles Officinae: perle, filigrane e trame di seta dal Palazzo Reale di Palermo, catalogo mostra a cura di M. Andaloro (Palermo-Vienna 2004), Catania 2006, p. 122.

Fig. 17, da: F. Venuti, Notizie storiche e critiche sulla croce cortonese. La Reliquia della Croce Santa, a cura di E. Mori, Cortona 2004, tav. 22.

Fig. 18, foto della dott.ssa Silvia Pedone.

  1. Il presente lavoro è un estratto della mia tesi di laurea specialistica in Storia dell’Arte Bizantina dal titolo “Le stauroteche medievali in Italia”, relatore prof.ssa C. Barsanti, correlatore dott.ssa Silvia Pedone, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, A.A.2008/2009. Da ciò l’estrema sintesi nella trattazione delle stauroteche per le quali, nel lavoro iniziale, erano previsti in appendice una cartina geografica dell’Italia con la loro dislocazione (Fig. 1) ed uno schema con riportati alcuni dati essenziali, quali la collocazione attuale, le misure, la datazione e le immagini. Poco dopo la discussione della tesi è stato inoltre pubblicato un articolo che tratta di un argomento affine: V. PACE, Staurotheken und andere Reliquiare in Rom und in Süditalien (bis ca. 1300): ein erster Versuch eines Gesamtüberblick, in … das Heilige sichtbar machen: Domschätze in Vergangenheit, Gegenwart und Zukunft, Ratisbona 2010, pp. 137-160. []
  2. A. FROLOW, La relique de la Vraie Croix: recherches sur le developpement d’un culte, Parigi 1961; A. FROLOW, Les reliquaires de la Vraie Croix, Parigi 1965. []
  3. H. A. KLEIN, Byzanz, der Westen und das ‘wahre’ Kreuz: die Geschichte einer Reliquie und ihrer kunstlerischen Fassung in Byzanz und im Abendland, Wiesbaden 2004. []
  4. Allo studio delle croci-enkolpia bronzee, qui non considerate, si è recentemente dedicata la Pitarakis: B. PITARAKIS, Les croix-reliquaires pectorales byzantines en bronze, Parigi 2006. []
  5. Fra questi sono stati presi in considerazione anche alcuni manufatti stilisticamente e storicamente rilevanti ma ad oggi scomparsi, come la croce gemmata conservata sino al 1945 nel tesoro del Sancta Sanctorum a Roma e poi trafugata, o realizzati come copie fedeli degli originali, come nel caso del reliquiario della Croce e del Sacro Sangue dell’Imperatrice Maria, ancor oggi nel museo marciano di Venezia. []
  6. Il lavoro iniziale prevedeva una rigida suddivisione delle 85 stauroteche individuate: 41 stauroteche in forma di croce ad una traversa; 24 reliquiari in forma di croce patriarcale; 9 stauroteche a cassetta; 4 reliquiari “a pace”; 7 di forme varie. []
  7. (il venerdì santo) si pone una cattedra per il vescovo dietro la Croce, dove egli si trova in quel momento. Il vescovo siede sulla cattedra (…): viene portata una cassetta d’argento dorato in cui c’è il santo legno della croce, la si apre e la si espone.” da EGERIA, Pellegrinaggio in Terra Santa, introduzione, traduzione e note a cura di P. Siniscalco e L. Scarampi, Roma 2000, p.163. Successivamente il re persiano Cosroe II (588-628) saccheggiò Gerusalemme impadronendosi della reliquia della Croce con il suo reliquiario, restituiti entrambi da Eraclio nel 631 al vescovo gerosolimitano Zaccaria, evento conosciuto come restitutio Sanctae Crucis. []
  8. Alcune scrizioni che compaiono su manufatti medievali si possono trovare tradotte in: A. GUILLOU, Recueil des inscriptions grecques médiévales d’Italie, Roma 1996. []
  9. La crux gemmata fatta erigere da Costantino o, secondo altre fonti da Teodosio II, sulla sommità del Golgota fu modello ed ispirazione per molte “croci gemmate” impiegate nell’arte cristiana, sia nella pittura che nei mosaici e nelle arti suntuarie a partire dall’epoca di Costantino in poi: prima precoce rappresentazione della croce gemmata è quella che compare nell’antico mosaico absidale della chiesa di Santa Pudenziana a Roma (390 circa). []
  10. Per la croce di Giustino II (VI sec.) si veda il recente: V. PACE, S. GUIDO, P. RADICIOTTI, La Crux Vaticana o Croce di Giustino II, Città del Vaticano 2009. L’aspetto originario della croce, modificato in occasione dei restauri compiuti durante il pontificato di Pio IX (1846-1878), è noto grazie al trattato De Cruce Vaticana del cardinale Stefano Borgia (1779). []
  11. La croce (IX sec.) è collocata nel Tesoro del Duomo di Genova. Si veda, fra gli altri, C. DI FABIO, Bisanzio a Genova fra XII e XIV secolo, in Genova e l’Europa mediterranea: opere, artisti, committenti, collezionisti, a cura di P. Boccadoro e C. Di Fabio, Milano 2005, pp. 41-67. []
  12. La croce – cm 10,4 x 8,4 – deve il novello nome al suo più recente possessore, monsignor Giovanni Cicali, che nel 2000 la donò alla cattedrale di San Lorenzo a Genova. C. DI FABIO, in Mandylion. Intorno al Sacro Volto da Bisanzio a Genova, catalogo mostra a cura di G. Wolf – C. Dufor Bozzo – A.R. Calderoni Masetti (Genova 2004) Milano 2004, pp. 260-263.; e C. DI FABIO, Bisanzio…, 2005, pp. 49-51. []
  13. Tali “cappucci” o “rinforzi” al termine dei bracci, smaltati o arricchiti da gemme incastonate, sono presenti in alcune croci di fattura orientale, quali, tra le altre, la croce di Montecassino, la croce di Limburg-an-der-Lahn, la croce di Irene Doukas conservata a Venezia, ma anche nella croce incassata nella cassetta-reliquiario di Grado. []
  14. C. DI FABIO, Mandylion…, 2004, p. 261. []
  15. Ibidem. []
  16. Datata all’XI secolo da M-M. GAUTHIER, scheda n. 9, Les routes de la foi. Reliques et reliquaires de Jèrusalem à Compostelle, Friburgo 1983, p. 29, la stauroteca di Mantova è stata datata al IX-X secolo da G. PASTORE, scheda n. II.4, in Nobiles Officinae: perle, filigrane e trame di seta dal Palazzo Reale di Palermo, catalogo mostra a cura di M. Andaloro (Palermo-Vienna 2004), Catania 2006 pp. 118-119. []
  17. G. PANAZZA, Il tesoro delle Sante croci nel Duomo vecchio di Brescia, Brescia 1994, p. 6; M’illumnino d’immenso. Brescia, le Sante Croci, catalogo mostra a cura di C. Bertelli – C. Stella (Brescia 2001) Milano 2001, p. 122. []
  18. Il Tesoro di San Marco. Il tesoro e il museo, vol. II, a cura di H. R. Hahnloser, Firenze 1971, pp. 35-37; A. GUILLOU, Recueil…, 1996, p. 92. []
  19. Un vasto campionario di croci in cristallo di rocca di origine veneziana si trova in Omaggio a San Marco, catalogo mostra a cura di H. Fillitz e G. Morello, Milano 1994. Si veda inoltre: L. CASELLI, La croce di Chiaravalle e le croci veneziane in cristallo di rocca, Padova 2002. []
  20. Le terminazioni dei bracci possono essere, ad esempio, sagomate in forma di “goccia”, gigliate, o trilobate (Dreipaßkreuz). []
  21. M. COLLARETA, Il cristallo nella liturgia religiosa e civile con qualche osservazione sulle croci veneziane in cristallo di rocca, a cura di B. Zanettin, Cristalli e gemme. Realtà fisica e immaginario, Venezia 2003, pp. 495-515. []
  22. L. CASELLI, La croce…, 2002, p. 85. []
  23. La croce si trova nella chiesa di S. Giuliano. A. AUGUSTI, scheda n. 55, in I tesori della fede: oreficeria e scultura dalle chiese di Venezia, catalogo mostra (Venezia 2000), Venezia 2000, pp. 200-201. []
  24. Un recente contributo allo studio della croce di Atri è stato dato da L. CASELLI, La croce…, 2002, p. 78; e M. COLLARETA, Il cristallo…, 2003, p. 501. La croce è collocata nel Museo Capitolare di Atri. []
  25. Per la croce di Pisa, oggi nel Museo Nazionale di San Matteo, si veda, Torcello. Alle origini di Venezia tra Occidente e Oriente, catalogo mostra a cura di G. Caputo e G. Gentili (Venezia 2009-2010), Venezia 2010, p. 178. La croce fiorentina si trova invece nel Museo dell’Opera di Santa Croce. []
  26. Proveniente dalla chiesa di San Feliciano di Foligno, assieme ad altri reliquiari, figurava anche la croce di cristallo: «Et finalmente in una Croce di Cristallo di montagna, venerabilmente si custodisce del Legno della Santissima Croce, ove fu crocifisso il nostro Redentore». F. IACOBILLI, Vita di San Feliciano Vescovo protettore di Foligno e dei suoi successori, a cura di M. Sensi, Foligno 2002, p. 66. []
  27. Per le croci di Acerenza e Banzi si veda S. DI SCIASCIO, Reliquie della Vera Croce in Puglia e Basilicata fra XI e XV secolo, a cura di A. C. Quintavalle, Medioevo Mediterraneo: L’Occidente, Bisanzio e l’Islam, Milano 2007, pp. 367-368. []
  28. Sulla larga diffusione del culto della Vera Croce nella città partenopea e sull’istituzione della diaconia staurita (legata, appunto, alla croce), cito G. VITOLO, Culto della Croce e identità cittadina, Santa Croce e Santo Volto. Contributi allo studio dell’origine e della fortuna del culto del Salvatore (secoli IX-XV), a cura di G. Rossetti, Pisa 2002, pp. 119-152. []
  29. Queste quattro celeberrime croci sono state esposte insieme ad altri oggetti realizzati alla corte palermitana fra XII e XIII secolo, fra cui altre cinque stauroteche, in occasione della mostra Nobiles Officinae: perle, filigrane e trame di seta dal Palazzo Reale di Palermo (Palermo-Vienna 2004). Si rimanda al catalogo per la precedente ricca bibliografia e le immagini. []
  30. La stauroteca di Velletri è stata accostata alla cosiddetta “Croce dei Guelfi” ed alla scomparsa croce di Enrico II. L’enkolpion che figura centralmente sul recto della croce veliterna è stato invece accostato alla croce di Dagmar, realizzata per la sovrana danese intorno al 1212. []
  31. L. PAGLIARELLA, Croce processionale, in Veroli. Thesaurus Ecclesiae est hic, Casamari 2000, pp. 110-115; V. PACE, La Croce santa di Veroli. Un capolavoro di oreficeria duecentesca dall’abbazia cistercense di Casamari, in Opus Tessellatum. Modi und Grenzgänge der Kunstwissenschaft, Hildesheim 2004, pp 197-204. []
  32. C. BERTELLI, La croce di Veroli dall’abbazia cistercense di Casamari, in, Federico II. Immagine e potere, catalogo mostra a cura di M. S. Calò Mariani – R. Cassano (Bari 1995), Venezia 1995, p. 91. []
  33. A. MUCCICHINI, Il comune di Torre di Palme, Marina Palmense, S. Maria a Mare: storia, arte, immagini, tradizioni, vita paesana, Torre di Palme 2003, p. 98 e B. MONTEVECCHI, Influssi d’Oltralpe e bizantini tra XIII e XIV secolo, in G. Barucca – B. Montevecchi, Atlante dei beni culturali dei territori di Ascoli Piceno e di Fermo. Beni artistici: oreficerie, Cinisello Balsamo 2006, pp. 34-35. []
  34. Nelle Marche sono conservate anche tre croci ad un solo braccio legate alla committenza di papa Niccolò IV (1288-1292): la croce proveniente da Poggio Canoso, ora nel Museo Diocesano di Ascoli Piceno e le croci di Cossignano e Appignano del Tronto. Per le tre croci francescane, e per quelle in forma di croce patriarcale di Castignano ed Ascoli Piceno: B. MONTEVECCHI, in Influssi..., 2006, pp. 29-30, con bibliografia precedente. []
  35. La croce è opera presumibilmente di Goro di Gregorio o Guccio di Mannaia, realizzata nel primo ventennio del secolo XIV. Per la scheda critica e le immagini si veda: M-M. GAUTHIER, Les routes…, 1983, pp. 248-249; E. CIONI, Scultura e smalto nell’oreficeria senese dei secoli XIII e XIV, Firenze 1998, pp. 112-124; 130-135. []
  36. E. CIONI, Scultura…, 1998, pp. 133-135; G. ERICANI, scheda del Reliquiario della Croce di Porto Legnago, in Restituzioni 1999, catalogo mostra (Vicenza 1999), Vicenza 1999, pp. 42-51. []
  37. B. SANTI, Scheda della croce-reliquiario di Massa Marittima, in Il Gotico a Siena, catalogo mostra (Siena 1982) Firenze 1982, pp. 109-113. []
  38. La stauroteca di Limburg-an-der-Lahn (969 – 976) ne costituisce un valido e celebre esempio: attorno alla croce centrale sono disposte numerose piccole nicchie che ospitano diverse reliquie. []
  39. P. TORRITI, Croce reliquiario, in Sacra mirabilia. Tesori da Castiglion Fiorentino, catalogo mostra a cura di P. Torriti (Roma 2010), Firenze 2010, pp. 34-37 (con bibliografia precedente). []
  40. M. FONTANA – C. ORTOLANI in Sacra mirabilia…, 2010, pp. 31-33 (con bibliografia precedente). []
  41. Una reliquia costantinopolitana del Sacro Legno, in forma di croce a due bracci, venne donata nel 1241 da Jean di Alluye all’abbazia angioina della Boissière, divenendo così simbolo degli Angiò, duchi di Lorena. La traversa minore rappresenta il titulus crucis. []
  42. Il vescovo Arculfo (680 ca.), di ritorno da un pellegrinaggio a Gerusalemme, parla di una grande croce a doppio braccio composta da tre frammenti della Vera Croce, conservata a Costantinopoli nella chiesa di Santa Sofia e alloggiata in un grande e ricco reliquiario, posto su di un altare d’oro. []
  43. Per le croci a doppia traversa cfr. FROLOW, Les reliquaires…, 1965, p. 124 e sgg.. Il Frolow distingue fra le croci a doppia traversa e croci con doppia traversa “allungata”, ovvero quelle croci in cui la traversa maggiore è sensibilmente più lunga della traversa minore. []
  44. La stauroteca, detta “dell’imperatore Romano”, fu portata da alcuni crociati a Maastricht intorno al 1206, dove fu collocata nella cattedrale: nel 1837 fu donata a papa Gregorio XVI insieme alla stauroteca-encolpio cosiddetta “di Costantino”, un piccolo reliquiario bizantino oggi esposto insieme alla croce nel Tesoro di San Pietro in Vaticano. []
  45. Come riportato nel Chronicon Casinense la croce giunse nell’abbazia come dono del monaco Leone, fratello dell’Abate Aligerno, di ritorno da un pellegrinaggio a Gerusalemme compiuto tra il 985-990. M. L. PAPINI, in Ave crux gloriosa. Croci e crocifissi nell’arte dall’VIII al XX secolo, a cura di P. Vittorelli, Montecassino 2002, pp. 154-155 (con bibliografia precedente). []
  46. Per la croce cassinese sono stati proposti Romano I e Romano II, in virtù di dati storici accertati; per quella proveniente da Maastricht si ritiene che il committente possa essere Romano II o Romano III. []
  47. Si veda la croce reliquiario portata nel Tesoro della cattedrale di Colonia dopo il 1204 e realizzata a Costantinopoli per un nipote di Alessio I Comneno (1081-1118). P. VERDIER, A thirteenth-Century Reliquary of the True Cross, in “Bulletin of the Cleveland Museum of Art”, Marzo, Cleveland 1982, pp. 95-110; ed anche la celeberrima croce inserita nel reliquiario di Limburg-an-der-Lahn, fatta realizzare, come recita l’epigramma tergale, da “Costantino e Romano”: in questo caso potrebbe trattarsi di Costantino VII e Romano II – 945-959 -, oppure di Costantino VII e Romano I – 17 dicembre 920 – maggio 921 -. []
  48. H. MEURER, Zu den Staurotheken der Kreuzfahrer, in “Zeitschrift für Kunstgeschichte”, 48, Monaco 1985, p. 65. []
  49. Il Meurer suddivide le croci in più insiemi e sottogruppi: H. Meurer, Kreuzreliquiare aus Jerusalem, in “Jahrbuch der Staatlichen Kunstsammlungen in Baden-Württemberg”, 13, Berlino 1976, pp. 7-18; e Meurer, Zu den Staurotheken…, 1985, pp. 65-76. Dopo il Meurer anche J. Folda e A. Cadei si sono dedicati allo studio delle “croci dei crociati”: J. FOLDA, The art of the Crusaders in the Holy Land: 1098-1187, Cambridge 1995; A. CADEI, Gli ordini di Terrasanta e il culto per la Vera Croce e il Sepolcro di Cristo in Europa nel XII secolo, in “Arte Medievale”, 1, Milano 2002, pp. 51-69. []
  50. Oltre alla stauroteca conservata nella chiesa del S. Sepolcro, a Barletta sono custodite altre quattro croci patriarcali, per lo studio delle quali rimando a G. BORACCESI, Oreficeria sacra in Puglia: tra medioevo e Rinascimento, Foggia 2005; S. DI SCIASCIO, Reliquie e reliquiari dai Luoghi Santi in Puglia: prodotti crociati ed imitazioni locali, in “Il cammino di Gerusalemme. Atti del II Convegno Internazionale di Studio” a cura di M. S. Calò Mariani (Bari-Brindisi-Trani, 18-22 maggio 1999), Bari 2002, pp. 327-342; e S. DI SCIASCIO, Reliquie della…, 2007, pp. 360-370. La croce conservata nella chiesa del S. Sepolcro è stata accostata alle croce di Denkendorf, oggi al Württembergisches Landesmuseum di Stoccarda, alla croce del monastero cistercense di Kaisheim, ed a due stauroteche conservate nel Cleveland Museum of Art. Tutte queste croci sono state trattate nei citati testi del Meurer e del Folda. []
  51. J. FOLDA, The art…, 1985, p. 169. []
  52. G. CURZI, La croce dei crociati: segno e memoria, in La Croce…, 2007, pp. 127-147. []
  53. Alcune stauroteche provenienti da Gerusalemme sono conservate anche all’estero, come quelle di Santiago di Compostela, che proviene dal monastero di Carboeiro, di Scheyern – il cui aspetto originario è noto grazie ad un’acquaforte del XIX secolo -, una croce conservata nel museo del Louvre, a Parigi (Inv. OA 3665), e la croce di Conques. Tutte queste croci sono state trattate da A. CADEI, Gli ordini di Terrasanta e il culto per la Vera Croce e il Sepolcro di Cristo in Europa nel XII secolo, in “Arte Medievale”, 1, Milano 2002, pp. 51-69. []
  54. S. GEMELLI, La Cattedrale di Gerace: il monumento, le funzioni, i corredi, Cosenza 1986, pp. 238 e sgg.. []
  55. Arte e Fede a Gerace. XII – XX secolo, a cura di M. Cagliostro e M. T. Sorrenti, Roma 1996, pp. 15-16. []
  56. La lamina decorata di una croce a doppio braccio fa parte del cosiddetto “Altarolo dei Crociati”, oggi nel Museo Diocesano di Agrigento. Per la complessa vicenda dell’altarolo rimando a C. GUASTELLA, scheda n. IV.10, in Nobiles Officinae…, 2006, pp. 290-291. []
  57. S. DI SCIASCIO, Reliquie e reliquiari…, 2002, p. 331 e S. Di Sciascio, Reliquie della..., 2007, p. 363. []
  58. Un mio più completo contributo allo studio della stauroteca di Castel Sant’Elia è previsto per il secondo numero della rivista “Nel Lazio. Guida al patrimonio storico artistico ed etnoantropologico”, in corso di pubblicazione (2011). []
  59. La stauroteca del monastero di San Ruggero è stata addirittura datata al XIX secolo dalla Di Sciascio; il Boraccesi invece l’ascrive al XV secolo, riconoscendovi alcuni interventi seriori, del XVIII e XIX secolo. Per questa ed altre stauroteche barlettane si vedano i citati contributi della Di Sciascio e del Boraccesi. []
  60. S. GALLO, Reliquiario della Vera Croce a Castel Castagna, in La Valle Siciliana o del Mavone, vol. I, Roma 1983, pp. 268-269; A. LIPINSKY, Oreficerie bizantine dimenticate in Italia: la stauroteca gemmata in Santa Maria di Ronzano presso Castel Castagna, in “Calabria Bizantina: istituzioni civili e topografia storica”, Roma 1986, pp. 35-50; S. DI SCIASCIO in Federico II. Immagine e potere, catalogo della mostra a cura di M. S. Calò Mariani e R. Cassano, Venezia 1995, pp. 488-489; V. Pace, Staurotheken…, 2010, p. 145. La croce misura cm 27 x 14. []
  61. La corniola rossa è arricchita da una breve iscrizione in caratteri cufici. Si tratta probabilmente di una formula apotropaica, tradotta dal Prof. G. Oman con “beh beh beh – seh seh seh”. Cfr. LIPINSKY, Oreficerie…, 1986, p. 50. []
  62. S. GALLO, Reliquiario…, 1983, pp. 268-269. []
  63. Le iscrizioni sono state riportate in maniera disordinata e non conforme all’ordine di scrittura che compare sul reliquiario stesso. Non è inoltre riportato il nome dell’apostolo Giacomo. Iscrizione sulle facce laterali della croce di Castel Castagna, in S. Gallo, Reliquiario…, 1983, pp. 263-274. []
  64. L’ambito cronologico proposto oscilla fra l’ultimo quarto del XII secolo ed il XIV-XV secolo. []
  65. C. LESSEUR, scheda n. 77, in Signum Salutis: cruces de orfebreria de los siglos V al XII, a cura di C. G. de Castro Valdes Oviedo 2008, pp. 377-378. []
  66. R. GRATZ, scheda n. 64, in Signum Salutis…, 2008, p. 335. []
  67. Benché le immagini dipinte risultino ormai quasi del tutto illeggibili, ai lati della croce, internamente, si possono cogliere la Vergine e San Giovanni; la decorazione delle ante è invece andata del tutto perduta. All’esterno, lungo lo spessore della teca, corre un semplice decoro vegetale in varie tonalità di verde. La teca di legno è stata presumibilmente realizzata tra la fine del secolo XIII e gli inizi del XIV secolo, mentre le decorazioni potrebbero essere il risultato di interventi successivi, gli ultimi dei quali paiono risalire agli inizi del XV secolo. []
  68. A. FROLOW, Les reliquaires…, 1965, pp. 158 e sgg. []
  69. La stauroteca è collocata nella cappella delle Sante Croci, nel Duomo Vecchio. []
  70. Proviene dalla chiesa di San Nicola, presso Alba Fucens, ed oggi si trova nel Museo d’Arte Sacra della Marsica. Testimonianze preziose. Capolavori sacri svelano la loro storia, a cura di F. de Sanctis – A. Saragosa, L’Aquila 2008, pp. 46-50. []
  71. Il reliquiario si trova nella Certosa di Farneta, a Lucca. []
  72. Proveniente dal Monastero di San Michele in Isola di Murano, la stauroteca è oggi collocata nel Monastero di Santa Croce di Fonte Avellana. M. S. Beltrame, La stauroteca bizantina del venerando eremo di Fonte Avellana, in “Patavium. Rivista veneta di Scienze dell’Antichità e dell’Alto Medioevo”, fasc. 15, Padova 2000, pp. 81-109 ; e G. Fiaccadori, Minina byzantina, in Nεα Pωμη. Rivista di ricerche bizantinistiche, IV, Roma 2007, pp.393-412. []
  73. Il reliquiario, unico esemplare in steatite, si trova nella Chiesa Madre di Sant’Alfio. S. Piazza, scheda n. II.6, in Nobiles Officiane…, 2006, pp. 123-124. []
  74. Il reliquiario è datato alla fine dell’XI secolo – inizi XII, ed è conservato nel Tesoro dell’Abbazia di Nonantola. G. CASELGRANDI, Stauroteca a doppia traversa, in Romanica. Arte e liturgia nelle terre di San Geminiano e Matilde di Canossa, catalogo mostra a cura di A. Peroni, F. Piccinini (Modena 2006-2007), Carpi 2006, pp. 189-190. []
  75. Unico reliquiario a cassetta realizzato in legno, proviene dal Tesoro del Sancta Sanctorum. È oggi collocato nel Museo Sacro. H. GRISAR, Il Sancta Sanctorum e il suo tesoro: scoperte e studii dell’autore nella cappella palatina lateranense del Medio Evo, Roma 1907, pp. 112-113; A. WEYL CARR, scheda n. 35, in The Glory of Byzantium, catalogo della mostra a cura di H. C Hevans – W. D. Wixom, (New York 1997), New York 1997, pp. 76-77. []
  76. Un esemplare, in argento dorato e gemme, è collocato nel Tesoro di San Marco. L’altra stauroteca è la cosiddetta “stauroteca del Cardinal Bessarione”, custodita nelle Gallerie dell’Accademia: entrambe le stauroteche veneziane rappresentano varianti rispetto alle stauroteche a cassetta di seguito descritte. []
  77. Nonostante l’iscrizione Costantino nella stauroteca di Farneta è stato confuso con Sant’Antioco dai curatori della scheda della Mostra di Lucca del 1957, errore rettificato dal Lipinsky nel 1983: A. LIPINSKY, Oreficerie bizantine dimenticate in Italia: Vico Pisano, Venezia, Roma, Farneta, Mantova, Oristano, estratto da “Studi bizantini e neogreci”, Galatina 1983, pp. 164-167. []
  78. Termine inglese che significa “ostensorio”. []
  79. Per la stauroteca di Cortona si veda A. GUILLOU, Recueil…, 1996, pp. 16-18; F. VENUTI, Notizie storiche e critiche sulla croce cortonese. La Reliquia della Croce Santa, a cura di E. Mori, Cortona 2004; H. A. KLEIN, Die Elfenbein-Staurothek von Cortona im Kontext mittelbyzantinischer Kreuzreliquiarproduktion, in Spätantike und byzantinische Elfenbeinbildwerke im Diskurs, a cura di G. Bühl – A. Cutler – A. Effenberger, Wiesbaden 2008, pp. 167-190. []
  80. La dott.ssa Benedetta Montevecchi mi segnala un cofanetto eburneo conservato a Civita di Bagnoregio, opera di arte islamica databile al XII secolo e ripartito in vari scomparti, il cui coperchio scorrevole presenta all’interno l’immagine del Cristo Crocifisso: non è improbabile che possa trattarsi di un oggetto profano reimpiegato come stauroteca. []
  81. M-M. GAUTHIER, Reliquaires du XIIIe Siecle enrte le proche Orient et l’Occident Latin, in Il Medio Oriente e l’Occidente nell’arte del XIII secolo, a cura di H. Belting, Bologna 1982, p. 58; e M. NAVONI, I dittici eburnei nella liturgia, in Eburnea…, 2007, p. 302. []
  82. F. VENUTI, Notizie..., 2004, p. 15. []
  83. A. GUILLOU, Recueil…, 1996, p. 16. []
  84. La stauroteca di Monopoli è stata oggetto di numerosissimi studi: per la sua vasta letteratura critica rimando a S. DI SCIASCIO, scheda n. II.5, in Nobiles Officinae…, 2006, p. 121 (con bibliografia precedente). []
  85. Il nucleo della stauroteca è costituito da una croce posta centralmente entro una tavola verticale che poggiava su di una base più tarda, da cui oggi è stata nuovamente separata. All’incrocio dei bracci della croce, sotto una fenestrella in cristallo di rocca, sono inserite le schegge del Sacro Legno; la croce è affiancata da quattro capselle aggiunte posteriormente contenenti altre reliquie. L’autore autografo è Gregorius Aurifes. P. Montorsi, Cimeli di oreficeria romanica. Un bronzetto modenese e due reliquiari romani, in Federico II e l’arte del Duecento, a cura di A. M. Romanini, Galatina 1980, pp. 127-152; A. DIETL, Die Sprache der Signatur: die mittelalterlichen Künstlerinschriften Italiens, Berlino 2009, pp. 1412-1414. L’immagine, con il permesso del parroco, mi è stata fornita dalla dott.ssa Silvia Pedone. []
  86. S. TAVANO, In hoc signo. Il tesoro delle croci, catalogo mostra a cura di P. Goi (Pordenone 2006), Milano 2006, p. 341. []
  87. L’opera è datata 1291 ed è stata realizzata su committenza dell’abate Giovanni VII Bove. V. PACE, I reliquiari del Tesoro di Casamari, in Testimonianze dell’opus cistercense a Casamari e nelle sue filiazioni, a cura di R. Cataldi – A. Coratti, Casamari 2004, pp. 61-65. []