Paola Venturelli

vntpaola@tin.it

La situla eburnea di Gotofredo del Duomo di Milano: segnalazione di quattro copie

DOI: 10.7431/RIV03012011

Tra i suoi tesori il Duomo di Milano conserva una celeberrima opera: la situla di Gotofredo. Un secchiello lustrale eburneo completato da un manico di metallo (18,8 cm x12 cm.), realizzato tra il 974 e il settembre 979, in questi giorni esposto a Firenze, nell’ambito della mostra 2011 Restituzioni. Tesori d’arte restaurati1.

Ricavata da un unico pezzo d’avorio lavorato al tornio, la situla è intagliata a basso rilievo con il motivo di cinque arcate a tutto sesto, rette da colonne lisce culminanti in un capitello con foglie d’acanto arricciate. All’interno delle arcatelle si inseriscono i quattro Evangelisti, raffigurati seduti e intenti a scrivere il testo sacro, identificabili grazie alle iscrizioni che corrono lungo ciascun arco e ai rispettivi simboli: ogni Evangelista può essere considerato replica -con scarse varianti- di un identico modello. Si rivolgono due a due verso la Vergine, presentata in trono con il Bambino, affiancata da due Angeli che reggono rispettivamente un turibolo e una situla. Tra un arco e l’ altro si notano mura turrite, forse alludenti alla Gerusalemme Celeste. Al di sotto dei personaggi è intagliato un fregio a meandro, mentre al di sopra è visibile una vigorosa decorazione a elementi vegetali ripetuti. Con raro virtuosismo tecnico taluni particolari (per esempio l’aquila che accompagna san Giovanni, oppure la mano destra di san Luca e il muso del bue visibile sulla sinistra di questo Evangelista) sono resi quasi a tutto –tondo; notevole è anche la cura del dettaglio, come possono indicare le parole di apertura dei rispettivi Vangeli incise a caratteri latini sui libri, perfettamente leggibili2 (Figg. 12).

Come ha chiarito Mia Cinotti nel 1978, all’interno di una scheda che costituisce ancora oggi un punto di riferimento per chi vuole affrontare lo studio dell’opera eburnea del Duomo di Milano3, la situla risulta registrata negli inventari della sagrestia capitolare già dal XV secolo4. Molto la critica si è adoperata per riuscire a interpretare correttamente il senso della scritta dedicatoria visibile sul bordo superiore, che riferisce come l’opera («vas») fu commissionata dall’arcivescovo Gotofredo (che resse la cattedra milanese dal 974 al 979)5, in occasione della visita di un «veniente […] Cesare». Sembrerebbe non accettabile la tesi che vuole il secchiello eseguito nell’attesa dell’ingresso trionfale in Milano (avvenuto nel novembre del 980) di Ottone II, giunto nel capoluogo lombardo con la moglie (la principessa bizantina Teofano) e il figlioletto neonato (il futuro Ottone III), dal momento che Gotofredo era morto il 19 settembre 979. La situla non dichiara peraltro che Gotofredo era arcivescovo, quindi potrebbe essere stata realizzata prima del 974, quando egli era suddiacono in sant’Ambrogio: il che appare tuttavia poco probabile, in quanto esercitando tale funzione Gotofredo non poteva certo godere di un rapporto così privilegiato con Ottone6. Un’ altra supposizione avanzata è che Gotofredo abbia donato il pregiato esemplare a Ottone II poco dopo la morte del padre Ottone I (maggio 973): in questo caso «veniente» alluderebbe allora all’ottenimento del titolo imperiale. Nonostante tutte queste incertezza, la critica più recente si è orientata ad ogni modo, abbastanza concordemente7, sull’idea che l’iscrizione si riferisca proprio all’imperatore Ottone II e che il secchiello sia stato commissionato per un viaggio previsto prima del 980 e poi annullato8.

Il progetto iconografico illustrato dagli intagli è imperniato sulla figura del Cristo, fonte di vita eterna, rappresentato in posizione centrale in grembo a Maria «nutrice e nutrita dal suo nato»9, del quale gli Evangelisti diffondono la venuta, proseguendone la Gloria. Quanto alle iscrizioni -correttamente intese da Angelo Lipinsky quali efficaci elementi decorativi che solo in un secondo momento invitano alla decifrazione-10, verosimilmente si rifanno a un’antica fonte cristiana, quale il Carmen Paschale di Sedulio, i cui cinque libri di esametri esercitarono un durevole influsso sulle raffigurazioni altomedievali, ricorrendo spesso nella rappresentazione degli Evangelisti nei codici e negli avori di età carolingia e ottoniana11. Rispetto alle fonti, la situla di Gotofredo propone tuttavia un originale adattamento sia delle iscrizioni sia del repertorio iconografico: le figure classicamente composte non emulano infatti alcun modello specifico e gli Evangelisti a fianco della Vergine non sembrano avere precedenti in Occidente, ad eccezione (più o meno contemporanea), della copertura dell’Evangeliario di Saint Gauzelin, nel Tesoro della Cattedrale di Nancy12. E’ stato parimenti sottolineato come l’idea complessiva dell’opera riveli un approccio decisamente monumentale, il che ha spinto Adriano Peroni13, seguendo un’ intuizione precedentemente espressa dalla critica14, a ribadire i legami tra gli intagli della situla e quelli sulle quattro facce trapezoidali del grande ciborio in stucco nella Basilica milanese di Sant’Ambrogio, assegnato ai primi anni successivi al 970, dove sarebbero rappresentati Ottone I e Ottone II (lato sud), Adelaide e Teofano (lato nord)15. Le connessioni stilistiche con il ciborio servirebbero ad agganciare la situla a Milano, centro di lavorazione dell’avorio sin dall’epoca tardo – antica e dove, almeno dall’età carolingia, risulterebbe attivo un laboratorio presso il monastero benedettino di Sant’ Ambrogio16.

Il secchiello liturgico è stato inoltre posto all’interno di un gruppo di avori distinti da medesimi tratti stilistici, capeggiati dalle sedici placchette con scene del Nuovo Testamento, in origine destinate a un paliotto della cattedrale di Magdeburgo (962-973)17. Tra questi manufatti eburnei, quelli che si mostrano più legati all’esemplare del Duomo di Milano risultano la placchetta proveniente dalla collezione Trivulzio, conservata nei Musei del Castello Sforzesco di Milano e la situla Basilewskij, acquistata nel 1933 dal Victoria & Albert Museum di Londra18, due opere che condividono con la situla di Gotofredo anche la destinazione. I tre pezzi sono infatti da collocare entro una tipologia di oggetti generalmente realizzati in occasione della visita dell’imperatore -omaggiato nell’iscrizione, o raffigurato in atto offerente, o presentato a Cristo-, oggetti concepiti come testimonianza della missione divina dell’imperatore, il tramite tra Dio e gli uomini, accolto nella città liturgicamente, come il Cristo che egli rappresenta sulla terra19. La placchetta Trivulzio (forse eseguita dallo stesso maestro che intagliò la situla milanese) reca nel suppedaneo l’iscrizione «OTTO IMPERATOR» e mostra la famiglia imperiale china davanti a Cristo, assiso in trono tra la Vergine e san Maurizio (santo patrono della dinastia imperiale e dell’imperatore in persona): molto probabilmente si tratta di Ottone II, di fronte al quale è posta la consorte Teofano con il figlioletto Ottone III, effigiato bambino, ma già incoronato; se l’identificazione è corretta, la placchetta potrebbe quindi essere stata eseguita o in preparazione o a ricordo celebrativo dell’incoronazione di quest’ultimo, avvenuta nel 983, perché in quell’anno Ottone II morì e il figlio Ottone III, di tre anni, fu proclamato a Vienna successore del padre. Ma si connette alla figura dell’imperatore pure la situla Basilewskij20 per via della scritta dedicataria che vi figura («OTONI AVGVSTO»); concettualmente molto diversa dal secchiello di Gotofredo, è anch’essa distinta da iscrizioni rielaborate dal quinto libro del Carmen Paschale di Sedulio, poste in questo caso a corredare una fitta sequenza narrativa della Passione, direttamente derivata dal dittico forse paleocristiano nel Museo del Duomo di Milano21.

Ma tornando al secchiello milanese, anche il manico che lo completa si rivela di eccezionale qualità esecutiva. In argento fuso, cesellato finemente, con tracce di ageminatura, risulta composto da due mostri serpiformi azzannanti una testa umana, con le code che si inseriscono in un occhiello al di sopra di due protomi leonine d’argento, agganciate al vaso tramite una bandella metallica22. Le due borchie d’argento a testa di leone non sono però coeve al resto dell’opera. Vennero infatti eseguite prima del 1835 dall’orafo milanese Giovanni Battista Scorzini23, a sostituzione delle originarie ormai usurate che vediamo riprodotte nel disegno (Londra, Westminster Abbay Library, Pontifical Insignia, vol. I, n. 43) realizzato dall’architetto inglese Jhon Talman (1677-1726)24, quindi nelle incisioni inserite nei volumi di Gori (1759) e di Giulini (1760)25.

Attestano l’interesse che nel corso del tempo la celebre situla ha suscitato anche le quattro copie qui segnalate.

La prima, inedita, si trova nel Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova26 (Fig. 3). Un esemplare in bronzo, di misure pressoché identiche (19 cm.x12 cm.) a quelle del secchiello di Gotofredo. La data e le iscrizioni che corrono lungo il bordo superiore e quello inferiore, fissano la sua cronologia al “1670” e indicano in Bruxelles il luogo dove venne fuso e cesellato, facendosi inoltre sapere il nome anche di colui che fu con tutta probabilità il donatore, cioè «Fvlgencvs Moine Prieur» di Santa Gudula («de N+d+S.te Gvdule»), dato che l’iscrizione soppianta quella che nell’originale del Duomo milanese rimandava alla figura di Gotofredo. Altre varianti sono costituite dalle iscrizioni sulle arcatelle (entro cui vediamo scene desunte dal prototipo milanese) che menzionano infatti santi diversi dagli Evangelisti27. Mancano inoltre le mura turrite messe a intercalare le arcatelle della situla di Gotofredo, il modellato risulta appiattito e, nell’insieme, l’opera appare decisamente più corsiva. Altro elemento di differenza è costituito dal manico mistilineo e dai suoi agganci al secchiello, formati da musi di mostri stilizzati che si innalzano dal bordo.

Anche il secondo esemplare, assegnabile a produzione tra XIX e XX secolo, interamente d’avorio  (15,5 cm.x 13 cm.), è di proprietà del Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova28 (Fig. 4). Pur essendo distinto da un intaglio privo delle raffinatezze esecutive dell’esemplare milanese, gli è  decisamente fedele sia nelle scene che nelle iscrizioni, anche se non mancano in queste ultime sviste o interpretazioni fantastiche, come può esemplificare la scritta dedicatoria intagliata sul bordo superiore («+ VATESAMBROSIGOTERExDAT TEISGE VAS VENIENIESACPASARGENDVCESAREL+PIH»). Pure il manico, agganciato al vaso attraverso un moderno filo metallico, cita il famoso secchiello milanese e come questo è formato da una coppia di animali fantastici che azzannano un volto umano, risolvendosi però attraverso tratti maggiormente veristici.

Completamente in avorio è anche l’esemplare passato sul mercato statunitense nel 2006, venduto a un’ asta (Stair Galleries, 12 settembre 2006), per  5000 Dollari, quale “early Christian- Style carved Ivory Situla (“7 3/4×5 inc.”)29. Una copia moderna, più raffinata del secchiello mantovano, approntata con grande attenzione alla resa delle raffigurazioni, ma caratterizzata anch’essa da fantasiose iscrizioni.

In collezione statunitense si trova, infine, pure l’ultima copia che qui si segnala30 (Fig. 5). In bronzo, ricavato da uno stampo, era forse un tempo dorato. Risulta fedele alla situla di Gotofredo sia dimensionalmente (18 cm.x12 cm.) che nelle scene, incluso l’inserimento tra le arcatelle del dettaglio delle mura turrite; le iscrizioni, inoltre, visibilmente si sforzano di aderire a quelle famoso prototipo. L’opera statunitense è dotata di un manico non coevo al vaso, formato da una semplice asta metallica sagomata inserita negli occhielli, nonché da protomi leonine agli agganci. Queste paiono desunte da quelle ottocentesche eseguite dallo Scorzini, distanziandosi dalle originali presentate nell’incisione di G. Bianchi inserita nel citato volume di Giulini (edito nel 1760), quindi forse segnalandoci una data esecutiva successiva al 1835 ca.

Referenze fotografiche

Figg. 1-2, Foto: Franco Blumer

Figg. 3-4, Foto: Lucio Alberto Iasevoli

Fig. 5, Foto: Collezionista


  1. Rimando alla scheda (con bibliografia precedente): P. VENTURELLI, Situla di Gotofredo, in 2011 restituzioni Tesori d’arte restaurati, catalogo della mostra a cura di C. Bertelli, Palazzo Pitti, Firenze (22 marzo- 5 giugno)- Gallerie di Palazzo Leoni Montanari, Vicenza (17 giugno- 11 settembre), Venezia 2001, n. 13, pp. 118-123 (il restauro ad opera di Franco Blumer, effettuato in occasione della mostra, si è svolto con la direzione di Emanuela Daffra, SBSAE di Milano). []
  2. IN PRINCIPIO ERAT VERBVM ET; VOX CLAMANTIS IN DESERTIS ; XPI GENERATIO; FVIT IN DIEBUS. Lungo il bordo: VATES AMBROSI GOTOFREDVS DAT TIBI SANCTE – VAS VENIENTE SACRAM SPARGENDVM CESARE LYMPHAM (Dono di Gotofredo a te, santo vate Ambrogio: un vaso per spargere acqua benedetta su Cesare quando verrà); sulle arcatelle: VIRGO FOVET NATUM GENITRICEM NVTRIT ET IPSE (come la Vergine alimenta il suo nato, così Egli nutre la sua genitrice), CELSA PETENS AQUILE VULTVM GERIT ASTRA IOHANNES (con volto d’aquila, Giovanni rivela le eccelse realtà del cielo), CHRISTI DICTA PREMIT MARCVS SVB FRONTE LEONIS (Marcho racchiude sotto l’aspetto leonino le parole di Cristo), ORA GERENS HOMINIS MATHEVS TERRESTRIA NARRAT (con lingua d’uomo Matteo narra cose terrena),ORE BOVIS LVCAS DIVINU(m) DOGMA REMVGIT (in sembiante di vitello, Luca fa risuonare il dogma divino). Le iscrizioni incise rivelano tracce di pigmento rosso. []
  3. M. CINOTTI, in R. BOSSAGLIA – M.CINOTTI, Tesoro e Museo del Duomo di Milano, vol. I, Milano 1978, p. 50, e n. 2, p. 51 (ma si veda anche M. CINOTTI, Tesoro e arti minori, in Il Duomo di Milano, II, Milano 1973, pp. 235-302). []
  4. Cfr. M. MAGISTRETTI, Due inventari del Duomo di Milano del secolo XV, in “Archivio Storico Lombardo”, XXXVI, 1909, p. 321, n. 36; nella sagrestia settentrionale o dei canoni è descritta da G. GIULINI, Memorie spettanti alla storia, al governo, ed alla descrizione Della Città, e della Campagna di Milano, ne’ secoli bassi. Raccolte , ed Esaminate dal Conte Giorgio Giulini, parte II, Milano 1760, II, pp. 367-369 (ed. 1854, I, pp. 619-620). []
  5. Cfr. C. BERTELLI, Sant’Ambrogio da Angilberto II a Gotofredo, in Il Millennio ambrosiano, vol. II. La città del vescovo dai Carolingi al Barbarossa, a cura di C. Bertelli, Milano 1988, pp. 3-77. []
  6. C.T. LITTLE, Avori milanesi del X secolo, in Il Millennio ambrosiano, vol. II, La città del vescovo…, 1988, pp. 82-88. []
  7. Ad eccezione di Carlo Bertelli, che esclude allusioni a Ottone II, credendo inoltre che l’appellativo di «Cesare» si riferisca simbolicamente a Cristo (C. BERTELLI, Situazione dell’arte italiana, in Il secolo del ferro. Mito e realtà del X secolo, Settimane di studi, Spoleto 1990, Spoleto 1991, pp. 711-712). G. GIULINI (Memorie spettanti alla storia…, 1760, pp. 367-368) precisa che con il termine «Vates si chiamavano comunemente gli antichi Vescovi, e massimamente in Poesia» (anche per Giulini il secchiello lustrale si connetterebbe alla figura di Ottone II, mentre la sua realizzazione risalirebbe a un momento prossimo al 978), cfr. P. VENTURELLI, Situla di Gotofredo…, 2011, p. 120. []
  8. E. BESTA, Dall’invasione dei Barbari all’apogeo del governo vescovile, in Storia di Milano, II, Milano 1954, 1954, p. 481. []
  9. M. CINOTTI, in R. BOSSAGLIA, M.CINOTTI, Tesoro e Museo del Duomo…, 1978, p. 51. []
  10. A. LIPINSKY, Il secchiello d’avorio dell’arcivescovo Gotofredo, in “Diocesi di Milano”, maggio, 1963, pp. 316-317. []
  11. J. BECKWITH, The Basilewsky Situla, London 1963, pp. 1-2, p. 7. []
  12. C.T. LITTLE, Avori milanesi del X secolo, in Il Millennio ambrosiano, vol. II, La città del vescovo…,1988 p. 82 (il riferimento più prossimo va ad ogni modo rintracciato nelle croci pettorali bizantine del secolo precedente, in cui alla Vergine Odigitria fanno corona dei medaglioni disposti lungo i bordi, contenenti i busti degli Evangelisti). []
  13. A. PERONI, La plastica in stucco nel Sant’Ambrogio di Milano. Arte ottoniana e romanica in Lombardia, in Kolloquium über spätantik und frühümittelolteriche sculptur, III (Vortragstext 1972), Heidelberg 1974, pp. 74 e sgg.; Idem, Nota sulla ‘situla’ di Gotofredo, in Miscellanea Augusto Campana, Padova 1981, pp. 561-574; C. Nordenfalk, Milano e l’arte ottoniana : problemi di fondo sinora poco osservati, in Il Millennio ambrosiano, II. La città del vescovo dai Carolingi al Barbarossa…, 1988, pp. 102-123; A. PERONI, Il ruolo della committenza vescovile alle soglie del mille. Il caso di Warmondo, in Committenti e produzione artistico- letteraria sull’Alto medioevo occidentale, Settimane di studio , XXXIX (Spoleto 1991), Spoleto 1992, pp. 243-271. []
  14. A. HASELOFF, Pre- Romanesque Sculpture in Italy, New York 1930, pp. 66 e sgg.;

    G. DE FRANCOVICH, Arte carolingia ed ottoniana in Lombardia, in “Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte”, VI, 1942-1944, pp. 148 e sgg.; W.D. WIXON, An Ottonian Ivory Book Covery, in “Bulletin of The Cleveland Museum of Art”, 55, 1969, pp. 275-289. []

  15. C. BERTELLI, et al., Il ciborio della Basilica di Sant’Ambrogio in Milano, Milano 1981, pp. 45 e sgg.. []
  16. A. HASELOFF, Pre- Romanesque …, 1930; C.T. Little, Avori milanesi…, 1988. Centro senza rivali nell’ambito della rinascita dell’intaglio eburneo, caratterizzante l’arte d’epoca ottoniana, Milano si specializza nell’esecuzione di questo tipo di manufatti, una diretta conseguenza delle relazioni politiche intercorse tra gli imperatori ottoniani e l’arcivescovo di Milano, cfr. C.T. LITTLE, From Milan to Magdeburg Ivories in Ottonian Art, in Milano e I Milanesi prima del Mille (VIII-X secolo), Atti del X Congresso Internazionale di studi sull’Alto Medioevo, Milano 26-30 settembre 1983, Spoleto 1986, pp. 441-451; A. PERONI, Il ruolo della committenza vescovile…, 1992; S. BANDERA, Ariberto, tra vecchio e nuovo millennio, in Il Crocifisso di Ariberto. Un mistero millenario intorno al simbolo della cristianità, a cura di E. Brivio, catalogo della mostra (Milano, 4 novembre 1997- 25 gennaio 1998), Cinisello Balsamo 1997, pp. 62-64. []
  17. Cfr. A. GOLDSCHMIDT, Die Elfenbeinskulpturen aus der Zeit der karolingischen und sächesischen Kaiser- VII.- XI. Jarhundert, II, Berlino 1918 (ed. Berlin 1970), pp. 3, 15 n. 1. []
  18. BECKWITH 1963; cfr. inoltre H. FILLITZ, in Bernward von Hildesheim und das Zeitalter der Ottonen, a cura di M. Brandt, A. Eggenbrecht, 2 voll., catalogo della mostra (15 agosto- 15 novembre 1993), Hildesheim- Mainz 1993, n. II-30, pp. 75-76 (con bibliografia precedente). []
  19. J. BECKWITH, The Basilewsky Situla…, 1963, p. 1. []
  20. H. FILLITZ, in Bernward von Hildesheim…, 1993, II, n. II-29, pp. 74-75. []
  21. M. CINOTTI, in R. BOSSAGLIA – M. CINOTTI, Tesoro e Museo del Duomo…,1978, n. 2 a-b, pp. 50-51. []
  22. Cfr. P. VENTURELLI, Situla di Gotofredo…, 2001, pp. 121-122. []
  23. L. MALVEZZI, Il tesoro del Duomo di Milano, Milano 1840, p. 17; per lo Scorzini, morto nel 1835 settantasettenne, attivo ripetutamente per il Duomo di Milano, cfr. P. VENTURELLI, Argentieri e orefici a Milano e in Lombardia dal tardo Settecento agli anni Trenta, in Le arti decorative in Lombardia nell’età moderna 1780-1940, a cura di V. Terraroli, Milano 1999, pp. 288-290. []
  24. Rimando a P. VENTURELLI, John Talman e il Duomo di Milano, in “Nuovi Annali. Rassegna di Studi e Contributi per il Duomo di Milano”, II, 2011, in corso di pubblicazione (l’architetto John Talman, noto soprattutto come collezionista dagli spiccati interessi antiquari, soggiornò a Milano, visitando anche il Duomo, tra il 13 e il 16 aprile del 1713 e nuovamente il 7 maggio dello stesso anno; su Talman, in generale, si veda da ultimo C. M. SICCA, A. CAPITANIO, Viaggio nel rito: John Talman e la costruzione di un museo sacro cartaceo, Firenze 2008; En Early Eighteenth- Century Connoisseur, a cura di C. M. Sicca,Yale 2009). []
  25. A. F. GORI, Thesaurus veterum diptychorum consularium et ecclesiasticorum tum eiusdem auctoris cum aliorum elucubrationibus inlustratus ac in tres tomos divisus, Firenze 1759, III, tav. XXV-XXVI; G. GIULINI, Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della Città, e della Campagna di Milano, ne’ secoli bassi[…], Milano 1760 (ed. Milano 1854), II, tav. 368. []
  26. Ringrazio vivamente Mons. Roberto Brunelli, Direttore del Museo, per la concessione alla pubblicazione. Per l’analisi dettagliata del secchiello, rimando alla scheda in P. VENTURELLI, Ori e Avori. Museo Diocesano Francesco Gonzaga, di prossima pubblicazione. []
  27. Santa Gudula, patrona di Bruxelles, è titolare del Duomo cittadino. Si legge: SVZANNVS ADORATIO HORTENSI; S. LEONVS B.V.S.ABRAHAM; S. VENERAND S. TRAVALIS; S. PETRVS EREMITA; S. ISIDORVS DVNSTANVS. []
  28. P. VENTURELLI, in R. BRUNELLI, Il Museo Francesco Gonzaga di Mantova, Mantova 2011, p. 71. []
  29. https://www.stairgalleries.com/auction/12-09-2006/lots/201-300/279.htm []
  30. Ringrazio vivamente la proprietaria, alla quale devo la trascrizione delle iscrizioni e le informazioni sull’opera. []