Abstract

Paola Venturelli
La situla eburnea di Gotofredo del Duomo di Milano: segnalazione di quattro copie

Tra i suoi tesori il Duomo di Milano conserva una celeberrima opera: la situla di Gotofredo. Un secchiello lustrale eburneo completato da un manico di metallo, realizzato tra il 974 e il settembre 979. Ricavata da un unico pezzo d’avorio lavorato al tornio, la situla è intagliata a basso rilievo con il motivo di cinque arcate a tutto sesto, rette da colonne lisce culminanti in un capitello con foglie d’acanto arricciate. All’interno delle arcatelle si inseriscono i quattro Evangelisti, raffigurati seduti e intenti a scrivere il testo sacro, identificabili grazie alle iscrizioni che corrono lungo ciascun arco e ai rispettivi simboli. Anche le quattro copie qui trattate testimoniano l’interesse che la situla ha suscitato col passare del tempo.

Paola Venturelli
Gotofredo’s ivory
situla in Milan Cathedral: communication of four copies

Among his treasures, Milan Cathedral stores a very celebrated work: Gotofredo’s situla. A lustral ivory small bucket completed by a metal handle, realized between 974 and september 979. Made out of a single lathe-worked piece of ivory, situla is bas-relief carved with the motif of five round arches, supported by straight columns culminating in a capital with curled acanthus leaves. The four evangelists are inserted in the little arches, represented seated and busy writing the sacred text, identifiable thanks to the inscriptions running along every arch and to the respective symbols. Even the four copies discussed here testify the interest situla stirred up with the passing of time.

Margherita Spinucci
Nota sulle stauroteche medievali in Italia

Prendendo le mosse dagli studi di Frolow e Klein, l’autrice presenta un compendio dei vari modelli di stauroteche medievali esistenti oggi in Italia. C’è una naturale evoluzione formale delle stauroteche, che mutano con il passare del tempo e degli stili, piegandosi al gusto delle varie epoche, ma le forme di alcune di loro restano cristallizzate nelle tipologie imposte dagli archetipi e dalla loro iconografia: tali forme attestavano l’origine orientale del reliquiario, quindi erano la prova dell’autenticità della reliquia contenuta, dando vita ad una filiazione di stauroteche uguali le une alle altre, e prodotte in tutta Europa sulla scorta di più antichi modelli bizantini o gerosolomitani.

Margherita Spinucci
Note about medieval cross-shaped reliquaries in Italy

Starting from Frolow’s and Klein’s studies, the author presents an outline of the various models of medieval cross-shaped reliquaries existing today in Italy. There’s a natural formal evolution of cross-shaped reliquaries, changing as time and styles pass by, following the taste of various ages, but the shapes of some of them stays unchanging in models imposed by archetypes and their iconography: such forms testified the eastern origin of the reliquary, so they were the proof of the authenticity of the relic contained, generating a filiation of cross-shaped reliquaries equal between themselves and produced in whole Europe basing on more ancient byzantine or Jerusalem models.

Serena Franzon
I gioielli da capo nelle raffigurazioni quattrocentesche della Vergine Maria

La testa è un elemento chiave nella storia del costume occidentale. In Europa è soprattutto a partire dal Medioevo che sono comparsi in capo alle donne accessori e gioielli fastosi, spesso volti a ostentare lusso e opulenza. Dal XV secolo inoltre sono apparse in Italia contemporaneamente molte fogge di pettinature, e questo ha reso il capo uno dei veicoli privilegiati delle mode del periodo. Nei primi cinquant’anni del Quattrocento i gioielli da capo sono presenti nella loro fastosità quasi esclusivamente nella pittura profana. La Vergine Maria compare quasi sempre velata pesantemente, priva di preziosi o con i capelli lasciati sciolti, ma attorno alla metà del secolo i pittori hanno iniziato a fornire con il proprio lavoro una rappresentazione più fedele possibile del mondo in tutti i suoi aspetti. È dunque ragionevole supporre che in questo tentativo di riprodurre la realtà in ogni suo particolare non fosse fatta eccezione per i gioielli da capo.

Serena Franzon
Head jewels in fifteenth-century Virgin Mary’s representations

Head is a key element in western custom’s history. In Europe, most of all starting from the Middle Age, gorgeous fittings and jewels appeared in women’s head, often to parade luxury and opulence. Besides, since XV century many patterns of hairdressing contemporaneously appeared in Italy and this made head one of the most privileged vehicles of age’s fashion. In the first fifty years of XV century head jewels are present in their magnificence almost exclusively in profane painting. Virgin Mary appears hardly always heavily veiled, without jewels or with hair left untied, but round about the half of the century painters started with their work to give a representation of the world in all its aspects as faithful as possible. Then, it’s reasonable to suppose in this attempt to reproduce reality in every detail it didn’t make an exception for head jewels.

Alessandra Sorce
La chiesa di Santa Maria di Piedigrotta di Palermo e i suoi tesori perduti

Attraverso lo studio e la pubblicazione di due inventari del 1588 e del 1646, l’autrice ricostruisce il patrimonio artistico della chiesa di Santa Maria di Piedigrotta a Palermo. La chiesa fu edificata nel 1564, sulla sponda sinistra della Cala, nello stesso promontorio su cui si ergeva il Castellammare, su una piccola grotta naturale, poi inglobata nella costruzione religiosa. Il grande patrimonio artistico documentato dai manoscritti non è più esistente non solo perché probabilmente alcune di queste suppellettili furono rubate e riutilizzate per la creazione di altri monili o vendute; altre, in seguito, andarono distrutte dai bombardamenti bellici mentre le opere in tessuto si deteriorarono anche a causa della polvere e dell’umidità.

Alessandra Sorce
Santa Maria di Piedigrotta’s church in Palermo and its lost treasures

Through the study and the publication of two inventories of 1588 and 1646, the author reconstructs the artistic heritage of Santa Maria di Piedigrotta’s church in Palermo. The church was built in 1564, on the Cala’s left bank, on the same promontory where the Sea Castle risen, on a little natural cave, after absorbed by the religious building. The great artistic heritage documented by manuscripts doesn’t exist anymore, not only because probably some of these furnitures were stolen and reused for the creation of others jewels or sold; others, after, were destroyed by war shellings, while the textile works deteriorated even because of dust and dampness.

Elvira D’Amico
Aggiunte al parato Pape’ di Valdina

Eccezionale è il ritrovamento di nuove parti del parato ricamato, originariamente in casa Papè di Valdina, di cui si è data notizia circa un decennio fa. I nuovi pezzi ritrovati in collezione privata catanese, sono indiscutibilmente parte del suddetto parato, conservato a Palermo, presso gli eredi della famiglia, essendo costituiti dalle stesse farde – in numero di due – di velluto cremisi ricamate a riporto coi medesimi motivi di tralci vegetali che incorniciano storie bibliche. La scoperta di queste nuove parti consente di attribuire l’opera a Vincenzo La Barbera, grazie anche a raffronti con altre opere dello stesso artista.

Elvira D’Amico
Additions to Pape’ di Valdina’s tapestry

The discovery of new parts of the embroidered tapestry, at first in Papè di Valdina house, whose news have been given at least a decade ago, is exceptional. The new pieces discovered in a catanese private collection are unquestionably part of the above-named tapestry, stored in Palermo, at family’s heirs, being made of the same tails – two –  of crimson velvet appliqué embroidered with the same motif of vegetable shoots framing biblical histories. The discovery of these new parts allows to ascribe the work to Vincenzo La Barbera, thanks also to comparisons with other works of the same artist.

Ignacio Miguéliz Valcarlos
Orfebrería siciliana con coral en Navarra

La presencia en las iglesias hispanas de obras de platería procedentes de centros foráneos es una constante a lo largo de la Historia. Efectivamente, dentro del estudio de la platería española, uno de los capítulos más ricos lo constituyen aquellas piezas venidas de fuera, tanto de Indias, como de los territorios europeos de la Monarquía Hispánica. De esta forma, entre las piezas atesoradas por los templos navarros se encuentran varias obras de procedencia siciliana, todas ellas de gran vistosidad gracias a los materiales con los que están elaboradas, el bronce sobredorado, el marfil y, sobre todo, el coral.

Ignacio Miguéliz Valcarlos
Sicilian goldsmithry with coral  in Navarra

The presence in hispanic churches of silverware works coming from foreign centres is a costant in the course of History. Actually, in the study of hispanic silverware, one of the richest chapters is made up of these works came from abroad, as much from India as from hispanic monarchy’s european territories. In this context, among works stored in navarrian temples are many sicilian provenance exemplars, all beautiful, thanks to the materials they’re made of, gilded bronze, ivory and most of all coral.

Maria del Mar Nicolás Martínez
La colección de escultura y orfebrería de don Fernando Joaquín Fajardo, Marqués de los Vélez y Virrey de Nápoles (1675-1683)

El 27 de enero de 1683 abandonaba el palacio Real de Nápoles don Fernando Joaquín Fajardo de Requesens y Zúñiga (1635-1692), VI marqués de los Vélez, quién había ostentando el cargo de virrey de la Monarquía Hispánica en aquella corte territorial desde el año 1675. A su salida de la capital partenopea por el puerto del Molo llevaba consigo numerosas obras de escultura, orfebrería y pintura pertenecientes a la magnífica colección artística que había logrado formar en Italia durante el periodo de su virreinato, gran parte de la cual ya se encontraba desde hacía algún tiempo en España.

Maria del Mar Nicolás Martínez
The collection of sculpture and goldsmithry of don Fernando Joaquín Fajardo, Marqués of los Vélez and Viceroy of Naples (1675-1683)

On January 27th, 1683, don Fernando Joaquín Fajardo de Requesens y Zúñiga (1635-1692), VI marqués de los Vélez, who had held the position of hispanic monarchy’s viceroy since 1675, abandoned the Royal Palace of Naples. On his departure from neapolitan capital’s harbour he carried with him many sculpture, goldsmith and painting works, belonging to the magnificent collection he had gathered in Italy during his vicereign, whose great part since some time was in Spain.

Benedetta Montevecchi
I reliquiari  Bonsignori nel Duomo di Tuscania

La Cattedrale di Tuscania possiede una ricca dotazione di arredi sacri, tra i quali un pregevole ‘tesoro’ di argenterie, già ampiamente studiate. Non sono state ancora prese in considerazione, invece, le suppellettili in materiali diversi, a volte inusuali, come il curioso gruppo di reliquiari donati da monsignor Bartolomeo Bonsignori, uno dei protagonisti della storia religiosa di Tuscania tra la seconda metà del XVII e i primi decenni del XVIII secolo. I reliquiari oggetto di queste note furono offerti in tre fasi successive, nel 1704, nel 1708 e nel 1713 e sembrano essere stati realizzati, forse dietro suggerimento dello stesso committente, utilizzando piccoli manufatti, più o meno preziosi, secondo una tradizione secolare di reimpiego di contenitori profani per conservare i venerati cimeli di santi e di martiri.

Benedetta Montevecchi
Bonsignori reliquaries in Tuscania
Cathedral

Tuscania’s Cathedral owns a rich equipment of sacred ornaments, among whom a valuable treasure of silverware, already widely studied. Furnishings in different materials, sometimes unusual, not yet taken in consideration, are treated here, like the curious group of reliquaries donated by monsignor Bartolomeo Bonsignori, one of the protagonists of Tuscania’s religious history between the second half of the XVII and the first decades of XVIII century. The reliquaries were offered in three successive phases, in 1704, in 1708 and in 1713 and they seem to have been realized, maybe on suggestion of the customer himself, using small manufactured goods, more or less precious, according to an age-old tradition of re-use of profane containers to store saints and martyrs’ venerated relics.

Lucia Ajello
Albarelli di scuola calatina al Museo Nazionale delle Arti Decorative di Madrid

Il Museo Nazionale delle Arti Decorative di Madrid presenta all’interno delle sue collezioni un cospicuo numero di manufatti d’arte decorativa siciliana databili tra il XV ed il XIX secolo1. Tra questi spiccano tre inediti albarelli di scuola calatina, realizzati tra la prima e la seconda metà del XVIII secolo. Gli esemplari, già della collezione Enrique Scharlau Bellsch, sono stati acquisiti dal Museo nel 2004 attraverso Christie’s Iberica e fanno parte di quella categoria di manufatti tra i più diffusi nei corredi delle spezierie.

Lucia Ajello
Albarellos from calatine school in Madrid’s National Museum of Decorative Arts

National Museum of Decorative Arts in Madrid presents inside its collections a great number of sicilian decorative arts’ manufactured articles datable between XV and XIX century. Among these some unpublished albarellos of calatine school, realized between the first and the second half of the XVIII century, stand out. The exemplars, already belonging to Enrique Scharlau Bellsch’s collection, have been acquired by the Museum in 2004 through Christie’s Ibérica  and they’re part of that category of the more widespread manufactured articles in the spicery’s equipments.

Giovanni Travagliato
I Capitoli della Congregazione di Sant’Eligio di Palermo (1844) e un inedito disegno di Valerio Astorini

L’autore, in seguito ad un’importante scoperta presso l’Archivio Storico Diocesano di Palermo, del quale è vicedirettore, pubblica i Capitoli della Congregazione di Sant’Eligio di Palermo, documento del 1844, ed un inedito disegno del 1767 di Valerio Astorini, contenuto all’interno del fascicolo con i Capitoli. Il documento è particolarmente importante perché testimonia il persistere del corporativismo tra i maestri artigiani ben dopo l’abolizione definitiva delle maestranze e fornisce un significativo elenco di orafi ed argentieri palermitani in attifvità in quegli anni.

Giovanni Travagliato
The Chapters of  Palermo’s St. Eligius Congregation
(1844) and an unpublished drawing by Valerio Astorini

The author, after an important discovery at Palermo’s Diocesan Historic Archive, whose he’s vice-director, publishes the Chapters of  Palermo’s St. Eligius Congregation, document of 1844, and an unpublished drawing of 1767 by Valerio Astorini, contained inside the file with the Chapters. The document is particularly important because it testifies the persisting of corporatism between the artisan masters even after the definitive workforces’ abolition and it provides a meaningful list of  palermitan goldsmiths and silversmiths working in those years.

Enrico Colle
Una tarsia di Francesco Ravaioli per celebrare Pio IX

L’argomento di questo articolo è la tarsia di Francesco Ravaioli sul piano di un tavolo, che, come indica la scritta apposta lungo il margine inferiore del pannello, fu eseguito poco dopo il 17 luglio 1846 per commemorare l’amnistia concessa, a un mese esatto dalla sua elezione al soglio pontificio, da Pio IX a tutti coloro che si erano macchiati di reati politici. Il mobile, che documenta con precisione uno dei fatti salienti del nostro Risorgimento, oltre ad essere  una importantissima testimonianza storica, rappresenta anche l’evoluzione del gusto nell’area romagnola durante la Restaurazione quando, accanto al persistere degli stilemi neoclassici, qui evidenti nella forma delle gambe del nostro arredo, iniziava a farsi strada la nuova moda per la mobilia decorata con episodi ispirati ai principali avvenimenti politici italiani.

Enrico Colle
An inlay by Francesco Ravaioli to celebrate Pius IX

This article’s argument is Francesco Ravaioli’s inlay on a table’s plane, which, as indicated by the writing on the lower panel’s border, was realized a little after July 17th, 1846 to commemorate the amnesty granted, after a month since his election to the pontifical throne, by Pio IX to everyone who had committed political crimes. The piece of furniture, documenting with precision one of the main facts of our Risorgimento, besides being a very important historic proof, even represents the evolution of taste in Romagna’s area during Restoration, when, beside the persisting of neoclassical stylistic features, evident here in the shape of  table’s legs, started to become popular the new taste for furnitures decorated with episodes inspired by the main italian politic facts.

Maria Laura Celona
Gli argenti Formusa

L’esclusivo design dell’artigianato italiano è solo una delle caratteristiche della lavorazione dei materiali preziosi del nostro Paese che, da svariate centinaia di anni, è riconosciuta per innata creatività e abilità fuori dal comune. L’Arte degli argentieri italiani, di cui la penisola era rigogliosa e che spesso si è tramandata da padre in figlio e dai piccoli laboratori in aziende protagoniste dei mercati internazionali, si concretizza nel racconto di vita narrato all’autore dal Dott. Carlo Lo Cicero, titolare dell’azienda di argenti Formusa.

Maria Laura Celona
Formusa silverware

The exclusive italian handicrafts’ design is only one of the characteristics of precious metal’s manufacture in our Country which, since many years, is rewarded for innate creativity and out of the ordinary ability. The Art of italian silversmiths, of whom peninsula was rich and who often has been handed from father to son and from small workshops to firms protagonists of international markets, takes shape in the life tale of Dr. Carlo Lo Cicero, owner of Formusa’s silver firm, narrated to the author.

Valentina Filice
Casa Vita

Vissuto tra Ottocento e Novecento, Guglielmo Vita rappresenta la particolare vicenda di un artista inserito nel contesto storico e sociale di un Paese, l’Italia, ancora ai suoi albori eppure irrimediabilmente segnato da profondi contrasti culturali e religiosi. I numerosi riconoscimenti ottenuti come artista, architetto, poeta ed editore non bastarono a scongiurare la dissoluzione di una memoria che, attraverso questi studi, torna a riaffiorare a distanza di oltre cinquant’anni dalla sua scomparsa. Lo studio dell’abitazione fiorentina di Guglielmo Vita, in una prospettiva di recupero e valorizzazione della sua opera, rappresenta un fondamentale punto di partenza per la ricostruzione della vicenda artistica e personale dell’uomo e dell’intellettuale.

Valentina Filice
Vita House

Lived between Eighties and Nineties, Guglielmo Vita represents the particular figure of an artist included in a Country’s historic and social context, Italy, still at the beginning, but irreparably marked by deep cultural and religious contrasts. The numerous acknowledgements obtained as artist, architect, poet and publisher weren’t enough to avoid the decay of a memory coming back after over fifty years since his death. The study of Guglielmo Vita’s Florentine house, in a perspective of recovery and exploitation of his own work, represents a fundamental point of start for the reconstruction of man and intellectual’s artistic and personal course.