Bruna Bennardo

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Una bottega artigiana a Palazzolo Acreide: gli ebanisti Costa *

DOI: 10.7431/RIV02102010

La Sicilia Sud – Orientale – e più precisamente, l’area iblea intorno a Siracusa – costituisce il naturale scenario della nostra ricerca, volta a ricostruire l’attività degli ebanisti Costa documentati a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento a Palazzolo Acreide.

La ricerca è iniziata dalla catalogazione e dallo studio di circa 500 disegni di bottega prodotti dagli ebanisti Costa e attualmente in possesso degli eredi. Si tratta di progetti grafici per decorazioni a intaglio e sculture lignee per mobili, arredi sacri e apparati. Le preziose informazioni contenute nei disegni, nella forma di annotazioni di mano degli stessi ebanisti, successivamente confrontate con documenti di archivio, hanno permesso di ricostruire il sistema di produzione della bottega, il contesto artistico e sociale entro cui gli ebanisti si muovono, il profondo legame con il territorio e acrense e ibleo.

L’inizio dell’attività artigianale degli ebanisti Costa coincide con un momento di profonda rinascita culturale e intellettuale: nel primo trentennio del XIX secolo – “secolo della cultura laica”1 –  proliferano gli studi sull’antica colonia dorica di Akrai, primo nucleo dell’odierna Palazzolo Acreide, in particolare dopo la scoperta del Teatro Greco e delle Latomie ad opera del Barone Gabriele Judica2. Dopo l’Unità, la vita intellettuale locale si arricchisce con la fondazione di alcune Accademie, come quelle del Progresso (1868) e degli Ottimati (1877).

I primi membri della famiglia Costa ad essere documentati sono Mariano e il figlio Pasquale, menzionati negli archivi parrocchiali acrensi come “falegnami” nel 1846 e nel 18763.Nei piccoli centri, l’artigianato era considerata di per sé poco redditizio ed era spesso affiancato ad altre attività come l’agricoltura o l’allevamento4. Uno dei membri della famiglia ancora in vita, Paolino Costa, ricorda come il bisnonno Mariano “faceva anche questo mestiere [ il falegname ], però lo faceva in modo diverso, vale a dire: una mezza giornata lavorava nei campi perché avevano delle campagne.. Allora, prima di tutto, si pensava di provvedere al sostentamento”5.

Il figlio del falegname Pasquale, Paolo Costa (1833-1935), fondatore della bottega, inizia la sua attività come “tenace, bravo e onesto artigiano”6, intorno agli anni Settanta dell’Ottocento. La sua formazione avviene presso la bottega dei fratelli Giuliano, quattro generazioni di ebanisti attestati sin dal 1833. I Giuliano influenzarono notevolmente il panorama artigianale palazzolese, soprattutto per quanto riguarda la produzione di arredi sacri e fercoli per le processioni dei santi, in particolare San Paolo Apostolo, patrono della città7.

Dopo l’apprendistato, Paolo Costa inizia la propria attività artigianale con la produzione di mobili per abitazioni. Nel primo decennio del Novecento fonda la “Ditta Paolo Costa & figli” che gestisce insieme ai cinque figli: Pasquale (1877-1973), Francesco (1888-1971), Salvatore (1890-1951), Sebastiano (1893-1962), Enrico (1896-1916).

La “modesta azienda”8 fondata da Paolo Costa è un laboratorio artigianale sito sulla via principale di Palazzolo Acreide, il Corso.

Mi sembra interessante riferire, a questo punto, le testimonianze di Paolino Costa, il quale ricorda come il padre Pasquale – il primogenito tra i fratelli – fosse stato chiamato a svolgere il servizio militare in occasione del primo conflitto mondiale. Venne inviato a Torino presso la ditta automobilistica “Diatto”. La fisionomia industriale della città piemontese condusse il piccolo artigiano siciliano ad entrare in contatto con una realtà nuova, all’avanguardia, soprattutto sul versante tecnologico. Al il suo ritorno in Sicilia, Pasquale importò i frutti migliori di quel viaggio forzato a Torino9 .

Al di là delle testimonianze orali e dei ricordi di famiglia, è certo che la meccanizzazione del laboratorio artigianale Costa avviene proprio all’indomani del primo conflitto mondiale. I macchinari acquistati da Paolo Costa nell’agosto 1919 – “una macchina per l’industria del legno”, una sega a nastro, una pialla, una “macchina a olio pesante della forza di cinque cavalli” e un altro motore ad olio “della forza di dodici cavalli”10 – vengono inizialmente collocati nel laboratorio del Corso, ma probabilmente gli spazi poco adatti ad ospitare gli strumenti da lavoro, conducono gli artigiani ad abbandonare i locali del Corso per una nuova e più ampia sede in via Macello, sempre a Palazzolo Acreide. L’apertura della “segheria” viene autorizzata dal sindaco Girolamo Ferla il 28 settembre 192211. (Fig. 1)

La trasformazione dei sistemi produttivi è da collegare ad un rapido incremento della produzione stessa e, di conseguenza, alla necessità di rispondere il più celermente possibile alla crescita della domanda di arredi. È la stessa denominazione dell’azienda a modificarsi, ad evolversi: si passa dalla “Ditta Paolo Costa & figli” ad “Arte e industria del Mobilio Paolo Costa & figli – Palazzolo Acreide”12. I fratelli Costa, infatti, non figurano più alle voce “Falegnami” ma a quelle “Ebanisti” e “Vendita mobili”, una riprova dello stacco che separa la produzione artigiana Costa – percepita come una vera e propria “arte del mobilio” – rispetto a quella dei predecessori o alle “semplici” opere di falegnameria coeve13.

Un valido supporto economico è poi offerto dal “Negozio”, presso il quale erano venduti articoli da regalo prevalentemente importati. Il Negozio diventa un importante strumento di promozione per i fratelli Costa: i locali – il vecchio laboratorio artigianale prima della meccanizzazione – si prestano all’esposizione di alcuni mobili realizzati dagli ebanisti, stimolando la curiosità del pubblico e, di conseguenza, la raccolta delle committenze. L’ubicazione nella centrale Via del Corso parla da sé.

I fratelli Costa affiancano il padre nella gestione dell’azienda: il primogenito Pasquale14  subentra al padre nel 1935; Salvatore e Sebastiano gestiscono il Negozio e i rapporti con la committenza. Il più giovane, Enrico non prende parte alla gestione dell’azienda, causa la morte in giovane età.

Una menzione particolare merita il secondogenito, Francesco. Nonostante fosse un autodidatta, diviene un abile disegnatore: realizza la maggior parte dei disegni di bottega rigorosamente firmati e datati15. (Fig. 2) Nelle decorazioni, ama indugiare sui particolari delle volute, delle foglie e dei fiori, indagando talvolta un rudimentale ma efficace effetto chiaroscurale. (Fig. 3). Nel suo diario,Francesco ricorda come “in tenera età fui messo a lavoro nella bottega di falegnameria di mio padre. Fin dalla mia prima gioventù fui preso dall’istinto dell’arte che cercai di coltivare con i soli miei mezzi, nel migliore dei modi e anche in questo campo acquistai delle buone condizioni che mi diedero, nella pratica del lavoro, esercitato sino a tarda età delle buone soddisfazioni”16. “L’istinto dell’arte” viene espresso da Francesco nei disegni di bottega, (Fig. 4) e nei ritratti: ricordiamo soprattutto quello del padre Paolo Costa e dei due sacerdoti della chiesa palazzolese di San Sebastiano17. (Fig. 5)

La formazione dei cinque fratelli Costa – compreso Francesco – avviene attraverso il lavoro quotidiano nella bottega di famiglia, nonostante la presenza, nella vicina Siracusa, della Scuola d’ Arte applicata all’Industria diretta dal piemontese Giovanni Fusero18. Nel 1872, il Consiglio comunale di Siracusa aveva istituito una Scuola Serale di disegno per operai successivamente trasformata, nel 1883, nella Scuola d’Arte applicata all’Industria, diretta da Fusero a partire dal 1891. Il direttore piemontese propone un articolato programma didattico19 pensato prima di tutto per allievi di modesta estrazione sociale, i quali dovevano conciliare lavoro e ore di lezione. L’esperienza della “scuoletta”20 siracusana si scontra nella maggior parte dei casi con delle difficoltà oggettive, dovute prima di tutto alla diffusa convinzione che fosse molto più redditizio imparare il mestiere in bottega piuttosto che a scuola. In piccoli centri come Palazzolo Acreide, è raro che gli artigiani abbandonino l’apprendistato in bottega – e soprattutto nella bottega di famiglia – per una formazione scolastica, nonostante gli interessanti programmi didattici di Fusero. Lo stesso Paolino Costa, figlio di Pasquale, ricorda come inizialmente avesse intrapreso la via della frequentazione di una scuola d’arte a Siracusa, poi abbandonata perché “tutto quello che imparavo a scuola ce lo avevo davanti agli occhi”21, preferendo cioè l’immediatezza del mestiere appreso in bottega alla formazione scolastica.

L’ambito di produzione degli ebanisti Costa riguarda soprattutto mobili per abitazioni, arredi sacri e una piccola ma interessante produzione di apparati effimeri, a carattere sacro e profano.

I mobili per camera da letto e per salotto sono i più richiesti dalla committenza (Figg. 67): specchiere, sedie, poltrone (Fig. 8), comò, comodini (Fig. 9), letti, armadi e tolette, sono gli esemplari maggiormente prodotti dall’azienda. Sulla struttura base del mobile, gli ebanisti disegnano e intagliano partiture decorative composte da volute, ghirlande, fiori, piccole figure sacre e profane all’interno di tondi scolpiti su testiere di letto, cimase e cornici di armadi. Una produzione immediatamente riconoscibile, grazie alla presenza della particolare “firma” degli ebanisti Costa, intagliata sulla cornice dei loro mobili: una voluta, stilizzata fino ad assumere l’aspetto di una “C”, l’iniziale del loro cognome. (Figg. 1011).

Dalla metà dell’Ottocento agli inizi del secolo successivo ,nei piccoli centri della Sicilia Orientale22 si assiste ad un rinnovato interesse per l’arredamento. Le migliorate condizioni economiche, rapporti più intensi tra le classi sociali23, l’introduzione di metodi di coltivazione e di un sistema lavorazione più razionale24, conducono ad una decisa apertura dei ceti sociali “minori” verso la piccola edilizia e l’arredamento. Le botteghe artigiane realizzano mobili per abitazioni, modesti e di rappresentanza, con una precisa richiesta per una particolare ornamentazione, un’esigenza percepita adesso anche dai ceti modesti25. Una vera e propria democratizzazione dell’arredamento, che allarga la fruizione a ceti sociali prima esclusi. La commissione di arredi, spesso affidata ad un’unica bottega, si caratterizza per una forte omogeneità stilistica. (Figg. 67)

La stessa committenza26 che si rivolge agli ebanisti Costa è fortemente eterogenea: la domanda “medio alta” costituita dai nobili e clero locale, “professionisti”- avvocati e medici non necessariamente di “nobile nascita”- ma resi benestanti dalla professione svolta, si colloca accanto a quella di ceti sociali“ minori”, piccoli artigiani e contadini proprietari di aziende agricole.

Nella produzione di mobili per abitazioni, il lessico decorativo elaborato dagli ebanisti bottega Costa mescola con disinvoltura elementi direttamente ripresi dalla tradizione tardo barocca insieme ai delicati motivi liberty (Fig. 12): volute si intrecciano a sinuosi motivi floreali, in una commistione stilistica molto forte che conduceva spesso a “rinvenire insieme al cantarano ottocentesco anche qualche mobile liberty”27 (Figg. 1314).

La produzione sacra della bottega Costa , per le chiese di Palazzolo Acreide e del territorio28 (Fig. 15) si muove decisamente nel solco della grande tradizione tardo barocca (Fig. 16). Citiamo i due casi del confessionale e del nuovo organo della Chiesa di San Sebastiano Martire a Palazzolo Acreide. Il primo viene realizzato intorno al 1940 secondo uno stile assolutamente in linea con gli altri confessionali, più antichi, presenti nelle due navate, dai quali l’opera realizzata dai Costa si distingue per il colore più chiaro del legno. (Fig. 17). Per quanto riguarda il nuovo organo è opportuno riferirsi direttamente al contratto, stipulato nel luglio del 1912, tra gli ebanisti Costa e il sacerdote della chiesa Salvatore Cappellani che prescrive una decorazione realizzata secondo “ lo stile della decorazione della chiesa”29. Evidentemente, è forte la ricerca di una certa omogeneità stilistica tra le opere più antiche e opere decisamente moderne e qualitativamente differenti. Dalla metà dell’Ottocento, e fino a tutto il primo decennio del Novecento, la riproposizione di stilemi tardo barocchi è considerata la forma più idonea alla quale riferirsi per gli arredi e in generale per gli interventi nei luoghi di culto30.

La Chiesa di San Sebastiano a Palazzolo Acreide, conserva alcune delle più importanti opere realizzate dalla bottega Costa: la “Raricula” (Fig. 18) e la “Vara che cianciani”31 i due fercoli rispettivamente delle reliquie e della statua di San Sebastiano per le processioni; l’ organo32 (Fig. 19), probabilmente la commissione più prestigiosa per gli ebanisti Costa, realizzato tra il 1894-1895 e il 1914, insieme ai Polizzi di Modica, celebre famiglia di “organari” siciliani.

La produzione sacra in area palazzolese spazia fino a comprendere piccole sculture per altare, come la Colomba dell’altare maggiore nella Chiesa di San Michele Arcangelo (Figg. 2021), urne per reliquie, sportelli di tabernacolo33.

Gli arredi della Chiesa di Sant’Antonio Abate a Palazzolo Acreide (Fig. 22) sono le ultime opere realizzate dagli ebanisti, collocate tra il 1960-70: nonostante la datazione, continua la rielaborazione di formule ormai appartenenti al passato.

Un’altra particolare declinazione della produzione sacra è costituita dalla progettazione e realizzazione di apparati effimeri allestiti nelle chiese in occasione feste patronali (Fig. 23) e di esequie (Fig. 24). Il sistema di drappi e di sostegni in cartapesta investiva e arricchiva gli altari maggiori, con un’evidente contaminazione della più ricca spettacolarità barocca. È documentata anche una produzione di apparati per feste profane, come la Festa della Musica, per la quale i fratelli Costa realizzano i ritratti di quattro musicisti – Verdi, Puccini, Wagner e Bellini (Fig. 25) – da apporre ai quattro lati di un palco appositamente allestito. Sono stati ritrovati i progetti per i ritratti dei quattro musicisti, caratterizzati dalla presenza di una quadrettatura per il riporto delle figure.

Uno dei punti di forza nella produzione degli ebanisti Costa riguarda il profondo legame con il territorio acrense e ibleo: una questione stilistica e sociale allo stesso tempo. Da un punto di vista stilistico, l’introduzione dei motivi liberty è costantemente filtrata dalla ripresa dalla ben più collaudata tradizione figurativa locale tardo barocca, che costituisce una solida base sulla quale sperimentare la ricezione delle “novità”.

Da un punto di vista sociale, gli ebanisti sono perfettamente inseriti nel contesto a cui si rivolgono, ne sono parte integrante. Nella maggior parte dei casi, infatti, i fratelli Costa intrattenevano un rapporto personale, quotidiano con i committenti. Ne consegue una perfetta conoscenza – da parte degli ebanisti – del tipo di domanda, differenziata da un punto di vista stilistico ed economico in base alle possibilità dei singoli soggetti.

I fratelli Costa vengono addirittura ricordati in un modo di dire del dialetto palazzolese “chi ti vistienu i Costa?” (letteralmente, “ti hanno per caso vestito i Costa?”)34. Il detto è rivolto a chi, nel modo di vestire o di atteggiarsi si fa notare per la sua eleganza –o, ironicamente- per la sua stravaganza.

L’azienda passa ai nipoti di Paolo, Paolino e Vittorio ,rispettivamente figli di Pasquale e di Sebastiano, che collaborano fino al 1970 circa, quando ciascuno dei due fonda una propria azienda.

Vittorio abbandona l’attività nel 1980 circa; la riprende, nel 2000, il figlio Sebastiano, che attualmente produce arredi di gusto contemporaneo.

Paolino Costa, ormai novantenne, è tutt’ora attivo presso la piccola bottega in Via Don Luigi Sturzo a Palazzolo Acreide, circondato dagli antichi strumenti di lavoro con i quali realizza opere ancora in linea con l’antico spirito della bottega di famiglia.

* Il presente articolo è tratto dalla mia tesi di laurea in Scienze dei Beni Culturali, La raccolta di disegni di bottega della Ditta Costa di Palazzolo Acreide 1870-1970, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Pisa, a.a. 2009-2010. Ringrazio il relatore Dott. Antonella Gioli, il correlatore Dott. Gaetano Pennino e la Dott.ssa Antonella Capitanio, per avermi seguito nelle ricerche durante e dopo la tesi.

  1. Cfr. T. GRIMALDI, Da Fra Giacinto Leone a Gabriele Judica, in Studi Acrensi , vol I, Palazzolo Acreide, 1983, p.255. []
  2. Akrai venne fondata dai Dori Siracusani intorno al 664 a.C. Il barone Gabriele Judica, può essere considerato il principale iniziatore della riscoperta del passato greco palazzolese: condusse infatti, nel primo trentennio del XIX secolo, un’intensa attività di scavo riportando alla luce le vestigia dell’antica Akrai. La riscoperta del Teatro Greco, delle Latomie e del Bouleuterion trovarono una più intensa e partecipata trattazione ne “Le antichità di Akrai scoperte, descritte e illustrate”, pubblicate dal Barone nel 1819. Le ricerche inaugurate dal barone Judica stimolarono notevolmente la vita culturale del centro acrense: “l’attività di Gabriele Judica vivificò l’ambiente culturale stimolando l’interesse degli studiosi, molti dei quali, successivamente si interesseranno di studi letterari, archeologici e storici”. T. GRIMALDI, ibidem. []
  3. Libri della numerazione delle anime degenti nel Distretto della Parrocchiale Basilica di San Sebastiano, in Archivio Chiesa di San Sebastiano; consultato su Regesto informatico L’Archivio Storico della Venerabile Sacramentale Parrocchiale Chiesa di San Sebastiano, a cura di C. Allegra, Palazzolo Acreide 2009. []
  4. F. BRANCATO, La partecipazione popolare al Risorgimento in Sicilia da “Il Risorgimento in Sicilia – Trimestrale di studi storici” , Anno IV, n.4, Ottobre- Dicembre 1968, cit.,p.489: “ Molto tristi erano le condizioni degli artigiani (calzolai, fabbri, falegnami) che, specie nei piccoli comuni dell’interno non differivano molto da quelle dei contadini, con i quali anzi si confondevano, in quanto, per sopperire agli scarsi guadagni, andavano anch’essi a lavorare alla giornata nelle campagne…”. []
  5. Intervista al sig. Paolino Costa, effettuata nella giornata del 20 ottobre 2009. []
  6. Ricordi scritti dall’ing. Paolo Costa, in Archivio privato ing. Paolo Costa, Roma. []
  7. Per la Basilica di San Paolo Apostolo, i Giuliano realizzano il Pulpito (1833) e la Vara (1889), il fercolo utilizzato durante le processioni. Cfr. T. Grimaldi, San Paolo Patrono di Palazzolo Acreide, Palazzolo Acreide 1980, pp.102-103. []
  8. Ricordi scritti dall’Ing. Paolo Costa, in Archivio privato ing. Paolo Costa, Roma. []
  9. Intervista al sig. Paolino Costa, 20 ottobre 2009. []
  10. Contratto di acquisto macchinari, 3 Agosto 1919, in Archivio privato, Ing. Paolo Costa, Roma. []
  11. Concessione del sindaco di Palazzolo Acreide, 28 settembre 1922, in Archivio privato, ing. Paolo Costa, Roma. []
  12. Carta intestata della ditta, in Archivio privato ing. Paolo Costa, Roma. []
  13. Statistica professioni di Palazzolo Acreide, anno 1930, fornitami dal Prof. Luigi Lombardo, archivio privato, Palazzolo Acreide. []
  14. È interessante notare come nella maggior parte dei contratti ritrovati, accanto alla firma del padre Paolo sia presente solo quella di Pasquale, anziché quella degli altri fratelli: un preciso segno di come il maggiore tra i figli fosse naturalmente designato ad affiancare il padre nella gestione degli affari. []
  15. Numerosi disegni di bottega infatti, riportano la firma dell’autore Francesco Costa, nelle iniziali “F.C” oppure “F. Costa”. Spesso, oltre alla firma, il disegno riporta una datazione precisa. []
  16. Diario personale di Francesco Costa, consultato per gentile concessione del figlio, Ing. Paolo Costa. Archivio privato ing. Paolo Costa, Roma. []
  17. Francesco Costa, Ritratto di Paolo Costa, tempera su tela;1930 ca, Palazzolo Acreide; Francesco Costa, Ritratto del Sacerdote Francesco Cappellani Zocco e Ritratto del Sacerdote Francesco Corridore, tempere su tela, 1937, Palazzolo Acreide, Chiesa di San Sebastiano Martire, sagrestia. []
  18. Giovanni Fusero nasce nel 1866 a Murello (Cuneo). Compie i suoi studi a Torino, conseguendo il diploma per l’insegnamento di disegno presso l’Accademia Albertina e nel 1888 il diploma per l’insegnamento nelle scuole industriali presso il Regio Museo Industriale. Dopo un’esperienza didattica triennale all’Istituto Ronco, viene nominato nel gennaio del 1891 insegnante di terzo corso e, nello stesso anno , riceve la carica di direttore della Scuola di Arte applicata all’industria Siracusa. Da questo momento la sua attività sarà profondamente connessa con la vita della scuola siracusana. Muore nel 1959.L’attività della scuola  è stato oggetto degli studi di A. Damigella, Un modello di decorazione liberty: la Scuola d’Arte applicata all’Industria di Siracusa negli anni 1883-1914, Siracusa, 1983. []
  19. Fusero, rifiutando le rigide impostazioni dell’insegnamento accademico, propone un’educazione del gusto di giovani sprovvisti di una solida cultura attraverso l’osservazione diretta della natura. Il disegno viene percepito come fattore educativo, strumento di elevazione morale del ceto operaio. La necessità di ovviare al problema di un’occupazione remunerativa e immediata doveva esprimersi attraverso l’istituzione di premi da parte della scuola, e l’elaborazione di un metodo che fornisse l’apprendimento del mestiere. La scuola del Fusero si scontrerà con difficoltà economiche ed organizzative, soprattutto per quanto riguarda le  Esposizioni, vero e proprio momento di scambio culturale per gli allievi. Cfr. A Damigella, Un modello di decorazione Liberty, 1983, pp. 10-12. []
  20. “Scuoletta Siciliana” è la definizione data da Camillo Boito alla Scuola di arti applicate all’Industria di Siracusa inArte Decorativa e Industriale”, maggio 1902, pp. 43-44; cfr. A. Damigella, cit. p.90. []
  21. Intervista al signor Paolino Costa, effettuata nella giornata del 20 ottobre 2009. []
  22. Cfr. A. DAMIGELLA, Prefazione, in C. APPOLLONI, Avola Liberty, 1985 p.10 e Eadem, Un modello di decorazione liberty, Siracusa, 1983 pp.15-16; A. UCCELLO, Il Liberty degli Emigrati, in Sicilia, n.63,1970, pp.75-76. []
  23. Antonino Uccello, individua nel periodo immediatamente successivo all’Unità d’Italia “rapporti più intensi tra le classi sociali, con la partecipazione sempre più attiva dei ceti popolari alla vita politica e delle migliorate condizioni economiche, anche l’arredamento raggiunse una maggiore diffusione fino a diventare patrimonio comune” in A. UCCELLO, cit., p.75. []
  24. Cfr. A. DAMIGELLA, Prefazione … cit., p. 7. []
  25. Cfr. A. DAMIGELLA, Un modello … cit., p. 15. []
  26. È stato possibile tracciare una casistica del tipo di committenza che si rivolge alla ditta Costa basandosi sugli appunti e le iscrizioni ritrovate sui disegni di bottega, comparate e confermate dai documenti, da alcuni contratti, dalle opere ancora esistenti, dalle  testimonianze orali dei discendenti Costa. []
  27. A. UCCELLO, cit., p.77. []
  28. Il riferimento è soprattutto alle opere realizzate per la chiesa annessa al convento dei cappuccini di Ferla (provincia di Siracusa) e la chiesa di Santa Maria degli Angeli a Licodia Eubea (provincia di Catania). []
  29. Contratto per la decorazione dell’Organo di San Sebastiano, 31 luglio 1912 in Archivio privato ing. Costa, Roma. []
  30. Cfr. P. GIANSIRACUSA et al. Il Liberty, un linguaggio europeo: lo stile floreale in Sicilia, in La valle dell’Anapo e il Leontinoi, nelle terre di Hyblon e Thukles: L’arte e l’architettura, Siracusa, 2008 p.325, che fa riferimento agli “interventi di ristrutturazione e di adeguamento funzionale degli edifici religiosi confiscati con le leggi del 1866-67. Lo stile prevalentemente barocco dei monasteri e delle chiese suggerì interventi in armonia linguistica, impedendo l’affermazione del nuovo. Sono sporadici i progetti artistici di avanguardia nei grandi come nei piccoli centri. Anche Palermo, pur legata alle correnti culturali europee, ha pochi esempi ottocenteschi di modernità stilistica” []
  31. La prima, la Raricula (Reliquia) è datata al 1913; la Vara che cianciani – letteralmente “Fercolo con i campanelli”, così chiamato per la presenza di campanelli sul baldacchino – è secondo alcuni datata al 1923 ( Cfr. N. BLANCATO, Il culto di San Sebastiano a Palazzolo Acreide, Palazzolo Acreide, 2002. p.12. ); secondo altri potrebbe essere stata realizzata nel 1927 (Cfr. L. FARGIONE , San Sebastiano Protector Palatioli, Siracusa 1957, p.54). []
  32. È stato possibile ricostruire le varie fasi di realizzazione dell’Organo di San Sebastiano grazie ai contratti ritrovati presso l’Archivio della Chiesa di San Sebastiano; per la seconda fase dei lavori, il riferimento è soprattutto la Convenzione per il soffitto del nuovo organo, 11 Giugno 1911. Archivio privato, ing. Paolo Costa, Roma. []
  33. Numerosi mandati di pagamento in favore di Paolo e Pasquale Costa sono stati ritrovati presso gli Archivi Parrocchiali delle Chiese di San Paolo e San Sebastiano, trascritti su Regesti Informatici (cfr. L’Archivio storico della Venerabile Sacramentale Prima Basilica Chiesa di S. Paolo Apostolo, a cura di C. Allegra, Palazzolo Acreide  2005) e  sul Registro Inventario dei Documenti dell’Archivio Storico della Venerabile Sacramentale Chiesa di S. Michele Arcangelo di Palazzolo Acreide, a cura di C. Allegra, Palazzolo Acreide 2001. []
  34. Il modo di dire in dialetto palazzolese è stato scelto come titolo per della mostra “chi ti vistienu, i Costa? I disegni di bottega degli ebanisti Costa di Palazzolo Acreide, Museo etnografico “Casa Museo Antonino Uccello di Palazzolo Acreide”-11 dicembre 2010- 6 gennaio 2011- a cura di Bruna Bennardo. La mostra presenta 40 disegni di bottega tra gli oltre 200 catalogati, scelti fra i più rappresentativi della produzione degli ebanisti Costa. []