Bijoux Anciens

Bijoux Anciens: Un Álbum Inédito de dibujos de joyas en La Biblioteca De Archeologia E Storia Dell’arte De Roma (Ca. 1680-1820)

Autore: Carolina Naya Franco

Editore: ‎ Ediciones Universidad de Cantabria; 1° edizione (1 marzo 2021)

Lingua: ‎ Spagnolo

Copertina flessibile: ‎ 198 pagine

ISBN-10: ‎ 8417888071

ISBN-13: ‎ 978-8417888077

Uno degli aspetti che non viene talvolta messo molto in evidenza nella storia dell’oreficeria è l’importanza del disegno nella pratica artistica di orafi, argentieri, gioiellieri. Tale vulnus è spesso correlato alla insufficienza di fonti che non consentono di mettere pienamente a fuoco quanto questo ambito sia stato nel corso del tempo privilegiato dagli artisti dei materiali preziosi, benché negli ultimi anni siano stati restituiti fondamentali contributi grazie anche alle recenti e interessanti pubblicazioni di Antonella Capitanio, Cinzia Sicca, Sabina De Cavi, Francesca Barberini e Michela Dickmann, Teresa Vale e ai progetti internazionali curati da Maria Teresa Cruz Yábar, per cui questa branca del disegno oggi risulta sempre più approfondita e studiata, grazie anche alle investigazioni di Priscilla Muller che hanno lasciato una traccia indelebile in questo settore di ricerca.

In questa preziosa direzione si colloca il volume “Bijoux Anciens: un Álbum inédito de dibujos de joyas en la Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte de Roma (ca.1680-1820)” di Carolina Naya Franco, cui si deve la scoperta, presso la Biasa, di un album che consta di due manoscritti nei quali sono raccolti 345 disegni in cui sono rappresentati monili femminili, realizzati in un arco temporale che va dalla fine del XVII agli inizi del XIX secolo. Questo ritrovamento si considera sensazionale non solo per il materiale restituito, ma anche per l’analisi puntuale effettuata dalla studiosa. Il volume presenta la prefazione a firma di Ana Ágreda Pino, specialista di arti decorative che attraverso l’interesse scaturito dalle ricerche di Naya Franco afferma l’importanza degli studi dedicati ai gioielli e sottolinea come essi richiedano una maggiore attenzione da parte degli storici dell’arte, ancora oggi troppo spesso legati, seppure implicitamente, a quell’anacronistica gerarchia che, nello studio delle arti, soleva un tempo distinguerle in maggiori e minori.

Lo studio di Naya Franco parte da una descrizione accurata dell’album per cui vengono analizzati ubicazione, caratteristiche formali e tecniche, con grande attenzione a un uso di una terminologia specifica e da un convincente confronto con un esemplare conservato nella sala Goya de Bellas Arte della Biblioteca Nazionale di Spagna. Le analogie tra i due album risiedono nel fatto che entrambi sono plasmati dal gusto francese imperante nell’alta gioielleria di tutta Europa, nell’epoca in cui sono stati realizzati entrambi i manoscritti. È noto, infatti, come la moda francese si imponesse dal regno di Luigi XIV nella realizzazione di gioielli spagnoli, portoghesi inglesi, italiani e, in particolare, siciliani come anche Maria Concetta Di Natale osserva in “Gioielli di Sicilia”. Tali dettami fanno sì che si creasse una omogeneizzazione del gusto, anticipando una sorta di globalizzazione nel segno delle arti preziose.

Naya Franco riflette sul titolo che compare sull’album “Bijoux Anciens” in lingua francese ipotizzando correttamente che potesse materializzare la temperie culturale in atto, coerentemente con lo zeitgeist. Le pertinenti comparazioni effettuate dalla studiosa con manufatti conservati in collezioni internazionali e con le gioie dipinte dimostrano questa uniformità nel gusto del tempo.

Dopo aver ben ricostruito l’arrivo dell’album alla biblioteca romana attraverso la figura di Leo Samuel Olschki nel 1941, la studiosa in un saggio intitolato “Principales tipologías, temas, materiales represantados y destacadas ausencias: un Álbum de joyas napolitano?” si concentra non solo sulle tipologie di monili rappresentati e sui motivi ornamentali ma anche sui materiali raffigurati nei disegni formulando ipotesi interessanti in merito alla cronologia. L’osservazione sui tagli dei diamanti ritratti nei disegni mostra la dimestichezza della studiosa nell’affrontare tematiche legate alle arti decorative con un approccio interdisciplinare, grazie agli studi dedicati alla gemmologia e al conseguimento di un dottorato in Storia dell’Arte. Si reputano altresì interessanti le puntualizzazioni in merito ai grandi assenti nei disegni come le perle, in particolare quelle di forma irregolare, inserite nella struttura metallica del gioiello che conducono la studiosa a interrogarsi sulla destinazione d’uso di questo album. Naya Franco ipotizza con convincenti argomentazioni che l’album fosse un repertorio illustrativo di un lussuoso atelier italiano, ritenendo Napoli la sede ideale per l’elaborazione del manoscritto per le numerose connessioni tra le gioie spagnole e le napoletane che la studiosa riporta, menzionando una puntuale bibliografia selezionata tra cui si segnalano gli studi di Angelo Lipinsky. L’attribuzione alla città napoletana viene realizzata con un punto di domanda, incentivando ulteriori studi che si potranno evolvere in future ricerche.

Un ulteriore contributo del volume, di notevole interesse, riguarda la rassegna delle principali esposizioni e studi internazionali sulle fonti grafiche della gioielleria italiana che non solo contestualizza l’album ritrovato dalla studiosa, ma consente anche di delineare una panoramica dei fondi grafici per lo studio della storia della gioielleria di Roma, incoraggiando lo studio di questo particolare aspetto della storia dell’oreficeria. Ogni disegno nel catalogo è restituito attraverso una opportuna breve scheda realizzata con rigore scientifico. Le immagini dei gioielli disegnati consentono di immaginare la ricchezza dei monili realizzati in Età Moderna, oggi in gran parte non più esistenti, ad eccezione dei rari esemplari oggi custoditi in collezioni private e pubbliche. I gioielli disegnati e ritrovati da Carolina Naya Franco scintillano di nuova luce grazie a uno studio che si considera pertanto di fondamentale importanza per la conoscenza della storia dell’oreficeria.

Lucia Ajello