Simona Rinaldi

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Il restauratore Giuseppe Steffanoni al servizio dei Fratelli Mora (1884-1901)

DOI: 10.7431/RIV24082021

Nei libri dei conti del bergamasco Giuseppe Steffanoni (1841-1902), capostipite di una dinastia di restauratori in attività dal 1883 al 19871, sono registrati numerosi pagamenti ricevuti dai Fratelli Mora.

I pagamenti sono presenti sia nel libro dei conti più antico, contenente annotazioni relative agli anni 1884-1895, che nel successivo per gli anni 1895-1901, dove sono nuovamente ripetuti gli interventi eseguiti nel 1895 (Fig. 1), per concludersi con l’ultima registrazione risalente al 9 febbraio 1901.

Le datazioni riportate si riferiscono specificamente agli interventi condotti per i Fratelli Mora e si discostano dunque dalla cronologia più estesa registrata nei libri dei conti, poiché Giuseppe Steffanoni, e dopo di lui i figli Francesco (1879-1942) e Attilio (1881-1947), che gestirono la ditta di restauro dopo la morte del padre, adottano il tipico criterio archivistico della ‘pratica aperta’, nel senso che le note di pagamento non sono elencate di seguito in ordine cronologico nelle varie pagine di ciascun libro dei conti, ma sono raggruppate sotto il nome del cliente, aggiungendo in calce al primo intervento i successivi effettuati nel corso degli anni2.

Considerato l’arco cronologico delineato dai pagamenti, risulta chiaro che i rapporti con i fratelli Mora siano stati intrattenuti personalmente da Giuseppe Steffanoni, per operazioni concernenti in genere la foderatura di tele, spesso con l’adozione di un nuovo telaio e in qualche caso riguardando anche la stuccatura e la pulitura della superficie pittorica (vedi Tabella 1, in coda al testo).  Steffanoni operava pertanto rispettando sempre la suddivisione tipicamente tardo ottocentesca dell’intervento di restauro con una prima attività definita ‘meccanica’ relativa al consolidamento dei supporti pittorici, cui faceva seguito una seconda fase più propriamente ‘artistica’ concernente il ritocco delle lacune. Tale suddivisione, sancita dalle norme varate nel 1877 da Giovan Battista Cavalcaselle, Ispettore centrale per la Pittura e la Scultura del Ministero della Pubblica Istruzione3, corrispondeva alla prassi del restauro pittorico italiano almeno dal Settecento ed era adottata nelle botteghe lombarde anche per la pubblicazione nel 1866 del noto Manuale del conte Giovanni Secco Suardo (1798-1873)4.

Giuseppe Steffanoni del resto, si era formato nella bottega di Antonio Zanchi (1826-1883) che era stato il più stretto collaboratore del Secco Suardo nell’ultimo decennio di attività. E fu presumibilmente proprio in occasione di un cantiere di restauro pittorico affidato ad Antonio Zanchi, che Steffanoni conobbe personalmente i Fratelli Mora: nel 1880 erano stati infatti avviati degli estesi interventi nella Cappella di Teodolinda nel Duomo di Monza. Zanchi era stato incaricato del restauro del ciclo murale degli Zavattari (1444) che, oltre al sudiciume, risultava fortemente compromesso dalla presenza dell’altare barocco addossato alla parete di fondo della cappella occultando i dipinti e una finestra5.

L’eliminazione dell’altare con la riapertura della finestra, resero necessario un intervento sulle pitture che Zanchi iniziò ma lasciò incompiuto per il sopraggiungere della morte, avvenuta nel maggio 1883. Il restauro fu condotto a termine dallo Steffanoni che aveva affiancato il suo maestro sin dalle prime fasi, operando il consolidamento dei dipinti eseguiti con un ampio ricorso di stesure a tempera e a olio (Fig. 2)6.

Un preciso resoconto del restauro è fornito da Luca Beltrami nel 1891, quando ricorda che

«La Commissione Conservatrice dei Monumenti della Provincia di Milano, nel 1880 stabilì le norme per la ripulitura dei dipinti, la quale fu affidata ad Antonio Zanchi di Bergamo, coadiuvato dall’allievo Stefanoni [sic] pure di Bergamo. In tale circostanza venne rimosso dalla parete di fondo l’altare barocco e ripristinata la finestra che dall’altare stesso era stata ostruita: in seguito si procedette a rifare gli  stucchi nelle parti deteriorate, i quali stucchi vennero nuovamente dorati a cura dei fratelli Mora di Bergamo, mente in tutte le parti dei dipinti distrutte dall’applicazione dell’altare si passò una tinta neutra che attenua l’impressione del danno subito: in tal modo si poté, malgrado le molte manomissioni e il sensibile deperimento delle colorazioni, rimettere sufficientemente in luce la importante opera pittorica»7.

In sostanza, l’intervento coinvolse un variegato gruppo di maestranze, tutte bergamasche, che se per le lacune pittoriche si attenne alle norme ministeriali di colmarle con piatte campiture grigie (le cavalcaselliane tinte neutre), per quanto riguardava i partiti decorativi procedette a un totale rifacimento stilistico.

Alcune indicazioni aggiuntive sulla pulitura ottocentesca sono fornite da Anna Lucchini cui si deve l’ultimo intervento di restauro sul ciclo pittorico (2009-2014), riportando un documento dell’epoca dove si afferma che i restauratori «attendono alla pulitura generale dei dipinti stessi valendosi di una semplice spugna bagnata nell’acqua pura, e di mollica di pane, con esclusione di qualsiasi agente chimico»8.

Da un’ulteriore indicazione di Beltrami si apprende che l’intervento di restauro pittorico fu concluso nel 1889, ma nel corso di esso e precisamente nel 1884, vi fu anche il ritrovamento «per caso fortuito» di «un’antichissimo crocifisso circondato da angeli, frescato sul muro che rimaneva coperto da detto altare della Corona. Ora codesto prezioso affresco venne egregiamente trasportato sulla tela dal Sig. Stefanoni [sic] di Bergamo, e vedesi in una sala attigua alla sacristia del Duomo stesso in cui fu scopetto»9.

Steffanoni ebbe dunque a Monza l’occasione di dare prova della sua principale abilità, consistente nel distacco e trasporto su tela dei dipinti murali, per la quale divenne particolarmente famoso, mentre i Fratelli Mora tradizionalmente apprezzati come mobilieri ed esperti ebanisti, ricrearono le dorature in rilievo della cappella, seguendo le indicazioni della Commissione Conservatrice per un restauro stilistico10.

Il ripristino delle dorature fu eseguito dai Mora con grande perizia mimetica, come documentano i campioni di doratura in rilievo (a pastiglia) prelevati e analizzati nel corso dell’ultimo restauro. Lo stucco costituente la pastiglia successivamente dorata adottato dai Mora, era ottenuto con un impasto di gesso e colla sul quale furono applicati due strati di missione oleosa per l’adesione dell’oro, il primo di colore giallastro (a base di ocra gialla e biacca) e il secondo, molto trasparente, a base di lacca rossa11.

Come osserva Cristina Danti, «tale doratura, sapiente e preziosa nella ricercatezza di ben due missioni pigmentate per dare riflessi colorati all’oro, è con certezza la doratura ottocentesca», differenziandosi nettamente da quella originaria, dove la lacca rossa è sovrapposta alla foglia d’oro, mentre i Mora utilizzano la lacca rossa all’interno della missione al di sotto dell’oro, per «una preferenza tutta ottocentesca per la nitidezza dell’oro puro»12.

La perizia riproduttiva delle tecniche antiche dimostrata dai Fratelli Mora non suscita troppo stupore, poiché si trattava di una abilità artigianale connaturata alla bottega d’intaglio ed ebanisteria fondata nel 1775 dal loro avo Giovanni Mora e trasferita nell’Ottocento al figlio Pietro e infine ai suoi tre figli Giovanni, Pietro e Luigi, che erano divenuti degli specialisti nella produzione di mobili in stile (Fig. 3) e cuoi artistici13. La creazione di «poltrone medievali» come di mobilia completa, alternativamente in stile medievale o cinque-seicentesco, consentì all’antica bottega paterna di trasformarsi in una ditta moderna in grado di realizzare gli arredi di intere stanze, che erano presentati al pubblico nelle numerose esposizioni nazionali e internazionali organizzate costantemente negli ultimi decenni del XIX secolo14.

Dagli annunci pubblicitari della ditta sia in fogli sciolti, sia negli Annuari del Regno d’Italia, si apprende che nelle diverse esposizioni cui aveva partecipato, essa aveva ricevuto numerosi premi: a Torino nel 1884, ad Anversa nel 1885, a Liverpool nel 1886, all’Esposizione Universale di Parigi del 1889 e all’Esposizione Italiana di Londra del 1898, fino almeno al 1900, quando ricevette una medaglia d’oro per tappezzerie e tessuti d’arredo all’Esposizione Universale di Parigi15.

A tali appuntamenti espositivi, ormai canonici per le arti applicate di fine Ottocento, va aggiunta anche un’occasione particolare che i Fratelli Mora seppero cogliere nell’effervescente clima artistico milanese, ovvero l’apertura a Brera della prima Triennale nel maggio 1891, per la quale la ditta fornì l’arredo di tutte le sale16. Sull’allestimento della mostra, che rappresentò un significativo aggiornamento della pittura italiana con la presentazione dei Divisionisti e di Gaetano Previati in particolare, che espose Maternità17, si rintracciano ben poche notizie sulla tipologia di arredi forniti. Tuttavia, un ruolo rilevante appare assunto da Vittore Grubicy, che oltre a indirizzare la manifestazione verso le sperimentazioni pittoriche divisioniste, favorì il coinvolgimento dei Fratelli Mora, come testimonia una loro lettera dell’aprile 1891 dove citano la realizzazione di «un tavolo artistico (stato eseguito su disegno di Tranquillo Cremona)», sulla base di un accordo con Grubicy sulla fornitura del mobilio per l’esposizione18.

La Triennale di Brera rappresentò un rilevante evento culturale per tutto il capoluogo milanese, suscitando attenzione anche a livello nazionale, e la previsione della sua importanza va a tutto merito dei Fratelli Mora che, con spirito veramente imprenditoriale, ne fecero una vetrina pubblicitaria per le loro produzioni artistiche.

L’utilizzo delle esposizioni per finalità commerciali era del resto presente all’interno della stessa struttura produttiva della ditta che, come dichiarato nelle inserzioni pubblicitarie, si era dotata di un «Museo di Arte Antica» (Fig. 4):

«Il Museo ricco di molte migliaia di oggetti rappresenta tutta la storia dell’Arte Decorativa incominciando dal secolo XIV fino al principio dell’attuale. Centinaia di poltrone, sedie e mobili in genere; letti, casse, armadi, panadore, cornici, camini, ecc.; una ricca raccolta di cuoi, di stoffe, di ricami, di passamanterie [sic], di guarnizioni in ferro e bronzo, di ceramiche, di vetri, di incisioni e di opere illustrate presentano abbondantemente materia per la decorazione ed ammobigliamento di qualsiasi importanza. Questo potente mezzo di cui la sola Casa Fratelli Mora dispone, mette in condizione di fornire lavori perfettamente fedeli ad ogni stile da non confondersi con tentativi vari di industriali, che si servono di fotografie o di disegni tolti da mobili che escono dagli Stabilimenti Fratelli Mora.

Il favore nel quale è tenuto il Museo da celebrità artistiche e da illustri personaggi che lo visitano, dà la giusta idea dell’importanza di esso, che continuamente si accresce di nuovi e numerosi acquisti. Le artistiche produzioni degli Stabilimenti Fratelli Mora, si trovano esclusivamente nei magazzini Corso Vittorio Emanuele 12 e 14 – Stabilimento via Milazzo 10 – Museo via Solferino 35 e via Milazzo 8 – Milano»19.

Come rilevato da numerosi studi, tale esposizione permanente derivava dai continui viaggi condotti dai Mora in tutta Europa «visitando le principali collezioni di arte applicata e acquistando numerosi pezzi autentici confluiti in seguito nella loro raccolta»20, la cui finalità era di mostrare «in una sorta di catalogo illustrato» gli oggetti che i clienti potevano acquistare «con la garanzia di ottenere repliche fedeli e storicamente corrette»21 degli arredi esposti.

Per avere un’idea dell’organizzazione produttiva della ditta Mora si può ricorrere a un articolo pubblicato nel 1892 su un periodico francese dove da un lato, si rievoca l’antica discendenza dalla famiglia Mora de Bernabotti di Venezia, e dall’altro se ne elogia il carattere di opificio moderno, in grado di occupare ben trecento operai, al quale risulta annessa anche una scuola professionale di disegno, con corsi serali rivolti all’istruzione nella copia dagli originali visibili nel Museo22.

Tra gli ebanisti che lavorarono nella ditta dei Mora tra 1895 e 1898 si rintraccia anche la testimonianza di Lorenzo Gritti, resosi successivamente autonomo con una propria bottega, che ricorda Giovanni Mora attivo come restauratore all’Accademia Carrara23, la quale rappresentò un’altra occasione d’incontro e di collaborazione con Giuseppe Steffanoni.

Tornando a esaminare i pagamenti registrati dallo Steffanoni, si può osservare che i dipinti restaurati dal 1884 al 1901 erano certamente parte della raccolta dei fratelli, ma presumibilmente non come collezione nelle proprie abitazioni private, quanto piuttosto integralmente inseriti negli arredi dei salotti esposti per i clienti. Sembrano confermarlo le iconografie di tali dipinti, raffiguranti in genere paesaggi, vedute veneziane, nature morte e qualche sporadica rappresentazione sacra, che si vedono appesi nei salotti allestiti all’interno delle esposizioni cui partecipavano, come quella di Milano del 1894 (Fig. 5).

E proprio per l’acquisizione di paesaggi e vedute veneziane che i Mora si rivolgono a Steffanoni in una lettera del 3 marzo 1900 dove affermano:

«Abbiamo spedito al signor Antonio Carrer antiquario a Venezia quattro pezzi cuojo imitazioni di lavoro antico e i relativi campioni. Vi pregheremmo darne avviso allo stesso della spedizione fatta.

Vi raccomandiamo di farci tenere il più presto possibile le 4 vedute di Venezia e i due paesaggi dipinti.

Salutandovi con stima

F.lli Mora»24.

Il riferimento ad Antonio Carrer, mercante d’arte e di arredi, più volte citato nei libri dei conti dello Steffanoni insieme a Michelangelo Guggenheim, attivo a Venezia nel restauro di mobili antichi ma anche nella produzione di mobilia e arredi in stile tra i più noti all’epoca25, testimonia l’estesa rete di contatti e scambi che il restauratore bergamasco aveva saputo tessere tra Bergamo, Milano e Venezia.

I dipinti e tutte le raccolte dei Mora furono venduti all’asta nel 1910 per volontà di Luigi, ultimo dei fratelli ad essere sopravvissuto26. L’asta si svolse nella Sala verde della Corte Ducale del Castello Sforzesco dal 28 maggio al 4 giugno 1910 disperdendo tutti quegli oggetti accumulati in almeno cinquant’anni di attività. Gran parte di essi confluirono nei musei civici milanesi, incrementandone le raccolte di arte applicata27, ma anche la Pinacoteca28. Con l’occasione fu venduto anche un «violino con archetto»29, confermando l’estensione merceologica della raccolta, che rispecchiava una concezione del museo come ricostruzione storica d’ambienti antichi, all’epoca assai comune e integralmente condivisa, per esempio, da Luca Beltrami, al quale si doveva la rinascita del Castello Sforzesco30. Si trattò di un approccio al collezionismo e all’allestimento museale del tutto coerente con le predilezioni della società lombarda di fine XIX secolo, cui diedero un fattivo contributo gli artigiani specializzati sia della ditta Mora che della bottega Steffanoni.

Tabella 1

Data Operazione effettuata Costo
16/02/1884 Foderato due ritratti di donna con telajo nuovo £ 16.00
15 /04/1884 Foderato con telaio due Pale di altare e due quadrotti £ 60.00
16/02/1885 Foderato un quadretto ovale con telaio e stuccato £ 5.00
15/12/1885 Foderato con telaio nuovo e stuccato quadro un Baschenis £ 8.00
10/06/1886 Foderato con telaio nuovo e stuccato un quadro di genere che rappresenta una figura d’uomo con frutti £ 8.00
14/09/1886 Per aver smontato e rimontato cornici £ 16.00
Giugno 1891 Foderato con telaio nuovo quadro rappresentante la Madonna angioli ed un pontefice £ 12.00
07/03/1892 Foderato n° 12 quadretti rappresentanti la Via crucis, accordo fatto £ 2 cadauno £ 24.00
07/03/1892 Foderato un Cristo dipinto della figlia Balpina £ 4.00
25/02/1893 Foderato un quadro ovale che rappresenta angioli £ 4.00
15/06/1893 Foderato a Milano due Crivelloni con telaio nuovo £ 16.00
16/06/1893 Fodera [sic] la tela di Volta grande sagomata d’accordo £ 38.00
07/02/1894 Foderato [sic] semplice foderatura e stuccatura quattro quadretti eguali che rappresentano fondi in legno con oggetti appesi £ 16.00
14/04/1894 Fatto la doppia foderatura con varie aggiunte a due angioli attribuiti del Talpino £ 12.00
Febbraio 1895 Per aver fatto la doppia foderatura ad un quadro rapp.te La Crocifizione di G. C. con telaio nuovo, ed aggiunti di Cent.tri 40 in altezza di tela impressa con stuccatura al dipinto £. 45.00
Novembre 1895 Foderato con telaio nuovo, pulitura e stuccatura ad un quadro di forma ovale del pitt. Lisandrino £ 6.00
Novembre 1895 Foderato, stuccato e pulito con telaio nuovo ad un’architettura £ 6.00
Foderato, stuccato e puliti N° 6 Lisandrini , d’accordo £ 4 cad. £ 24.00
Novembre 1895 Fatto ai medesimi una seconda foderatura su cartone pesante £ 6.00
Marzo 1896 Foderato, stuccato e pulito con telaio nuovo ad un’architettura £. 6.00
Marzo 1896 Foderato, con telaio nuovo, pulitura e stuccatura a N° 6 quadri uguali di forma ovali-rapp.ti paesaggi del pitt. [spazio vuoto] a £ 6 cadauno £ 36.00
Settembre 1896 Foderato un quadro rapp.te l’Inverno copia Bassano £ 7.00
Maggio 1897 Foderato su cartone un paesaggio del pittor Lisandrino £ 2.50
23/09/1898 Per l’operazione di doppia foderatura, telaio nuovo e grande stuccatura ad un quadro rapp.te “Il Ponte di Rialto” £ 18.00
08/03/1900 Per l’operazione di doppia foderatura, telaio nuovo a quattro vedute di Venezia £ 25.00
08/03/1900 Per come sopra a due paesaggi £ 15.00
12/04/1900 Per come sopra ad una Santa Caterina £ 18.00
12/04/1900 Per come sopra a due putti £ 6.00
13/11/1900 Per la foderatura di N° 3 fiori (senza telaio) fatta a Milano £ 12.00
13/11/1900 Come sopra ad un putto con fiori, forte stuccatura e montato su telaio £ 5.00
29/01/1901 Per l’operazione di doppia foderatura, telaio nuovo, stuccatura e forte pulitura a quattro quadri eguali rapp.ti Le 4 parti del Mondo £ 50.00
09/02/1901 Per come sopra a numero 3 vedute di Venezia a £ 5 cadauna £ 15.00

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  1. I libri dei conti si trovano nell’Archivio Steffanoni presso l’Accademia Carrara di Bergamo, in attesa di inventariazione. Prima della cessione all’Accademia, l’archivio fu fotocopiato da Cristina Giannini (non è noto se totalmente o in parte) che ne aveva avviato lo studio dal 1994, fino alla sua prematura scomparsa nel 2019. Per volontà della studiosa la copia dell’archivio è pervenuta a chi scrive, e d’ora in avanti sarà indicata come: Roma, Copia Archivio Steffanoni (RMCAS). []
  2. È stato mantenuto intatto il riordino condotto da Cristina Giannini in dieci faldoni che sono stati unicamente numerati: Libro dei conti 1883-1901, Faldone 1; Libro dei conti 1901-1911, Faldone 2; Libro dei conti 1912-1929, Faldone 3; Copialettere 1896-1910, Faldone 4; Carteggi 1887-1916, Faldone 5; Carteggi 1917-1922, Faldone 6; Carteggi 1923-1956, Faldone 7; Carteggi Attilio Steffanoni antiquario 1939-1945, Faldone 8; Carteggi 1957-1969, Faldone 9; Ritagli di stampa 1890-1989, Faldone 10. []
  3. V. Curzi, Giovan Battista Cavalcaselle funzionario dell’Amministrazione delle Belle Arti e la questione del restauro, “Bollettino d’arte”, serie VI, anno LXXXI, 1996, 96-97, pp. 189-198; S. Rinaldi, Le circolari sul restauro dei dipinti dello Sato italiano e la precedente normativa pontificia, in “Annali di critica d’arte”, 2009, 5, pp. 311-343. []
  4. G. Secco Suardo, Manuale ragionato per la parte meccanica dell’Arte del Ristauratore dei dipinti, Milano 1866. La seconda parte sul restauro ‘artistico’ fu pubblicata postuma nel 1894 riunendo in un unico volume le due parti: G. Secco Suardo, Il Ristauratore di dipinti, Milano 1894. []
  5. R. Delmoro, Per l’antico aspetto del Duomo di Monza: appunti dalle Visite pastorali tra XVI e XVII secolo e alcune precisazioni sui polittici di Stefano de Fedeli, in “Acme”, 2, 2014, pp. 41-81. []
  6. R. Delmoro-A. Lucchini, «De Zavatarijs hanc ornavere capellam». Precisazioni storiche sull’epigrafe nella cappella di Teodolinda alla luce degli interventi di restauro, in “Venezia Arti”, 26, 2017, pp. 71-87, in part. p. 79. []
  7. C. Fumagalli-L. Beltrami, La Cappella detta della Regina Teodolinda nella Basilica di San Giovanni in Monza e le sue pitture murali, Milano 1891, p. 14. []
  8. A. Lucchini, Cappella Zavattari: concluso il restauro della volta, in “Il Duomo»”, LXXXV, 2011, 9, pp. 15-17, in part. p. 15. []
  9. G. Carocci, Monza. Quel che s’è fatto nel 1884, in “Arte e Storia”, IV, 1885, 3, p. 24. []
  10. R. Cassanelli-R. Conti, Monza. La Cappella di Teodolinda nel Duomo. Architettura, decorazioni, restauri, Milano 1990, pp. 137, 141. []
  11. C. Danti, Le Storie di Teodolinda nel Duomo di Monza, in Materiali e tecniche nella pittura murale del Quattrocento, a cura di B. Fabjan-M. Cardinali- M.B. De Ruggieri, Roma 2010, pp. 243-258, in part. p. 254. []
  12. C. Danti, Le Storie di Teodolinda…, 2010, pp. 254- 255. []
  13. M. Nebbia, “Tutto analogo allo stile del secolo XIII, se non che purgato”: un’idea di Medioevo nelle arti applicate dell’Italia unita. Emergenze dalle grandi esposizioni nazionali del secondo Ottocento e sul territorio piemontese, tesi di dottorato in Storia delle arti visive e dello spettacolo, Università degli studi di Pisa, aa. 2009-2011, tutor A. Capitanio, p. 324, ma cfr. anche V. Muzio, Vecchi cuoi artistici nella raccolta dei signori Mora a Milano, in “Arte Italiana Decorativa e Industriale”, IX, 1899, 9, pp. 93-96. []
  14. O. Selvafolta, 1850-1890, in C. Paolini-A. Ponte-O. Selvafolta, Il bello ‘ritrovato’. Gusto, ambienti, mobili dell’Ottocento, Novara 1990, pp. 300-592, in part. p. 466; R. Pavoni, Il Salone Mora, in R. Pavoni-O. Selvafolta, Milano 1894. Le Esposizioni Riunite, Milano 1994, pp. 105-108; F. Nanni, Fratelli Mora, in E. Colle, Il mobile dell’Ottocento in Italia: arredi e decorazioni d’interni dal 1815 al 1900, Milano 2007, p. 449; O. Selvafolta, Le arti decorative alle grandi esposizioni milanesi, 1881, 1894, 1906: uno sguardo critico, in “Istituto Lombardo. Accademia di Scienze e Lettere. Incontri di studio”, 2016, 260, pp. 201-234, in part. p. 212. []
  15. Cfr. La lista completa dei premiati italiani, in “Il Risveglio Italiano”, I, 22 agosto 1900, 25-26, pp. 1-2, in part. p. 2. []
  16. Brera 1891. L’esposizione che rivoluzionò l’arte moderna, a cura di E. Staudacher, Milano 2016, p. 100, nota 19, ma cfr. anche L. Chirtani, L’Esposizione Triennale di Brera I-III, in “L’Illustrazione Italiana”, XVIII, 17 maggio 1891, n. 20, pp. 309; 318-319; Ivi, 24 maggio 1891, n. 21, pp. 334-335. []
  17. Maternità di Gaetano Previati, a cura di P. Plebani-S. Rebora-F. Rossi, Bergamo 2015. []
  18. Brera 1891…, 2016, p. 100, nota 19. []
  19. Annuario d’Italia. Calendario Generale del Regno, anno XXX, Parte Prima, Roma-Genova 1892, tav. 53. []
  20. M. Nebbia, “Tutto analogo allo stile…, 2009-2011, p. 434, ma cfr. anche F. Nanni, Fratelli Mora …, 2007, p. 449; O. Selvafolta, 1850-1890 …, 1990, p. 466. []
  21. Ibidem. []
  22. La fabbricazione dei mobili artistici e i cuoi artistici brevettati della Casa Fratelli Mora, in “Le Pantheon de l’Industrie”, 1° gennaio 1892, p. 196. []
  23. Cfr. https://www.bottegagritti.com/la-bottega/lorenzo [ultimo accesso: 25/06/2021]. []
  24. RMCAS, Carteggi 1887-1916, Faldone 5. []
  25. A. Martignon, Michelangelo Guggenheim e le arti decorative, in “Saggi e Memorie di storia dell’arte”, 39, 2015, pp. 46-71. []
  26. Ceramiche, vetri, quadri, ferri, bronzi, mobili, cornici e specchi di compendio della Raccolta Mora in vendita all’asta, Milano 1910. []
  27. E. Colle, Introduzione, in Museo d’Arte Applicata. Mobili e intagli lignei, Milano 1996, pp. 26-28. []
  28. Museo d’Arte Antica del castello Sforzesco: Pinacoteca, a cura di M. T. Fiorio, Milano 1997, vol. 1, pp. 24, 234, n. 169 (Madonna con bambino, tempera su tela, 65 x 47, inv. 699); vol. 3, p. 34 (E. Baschenis, Strumenti musicali, olio su tela, 75 x 97) e altre nature morte con fiori e frutta. []
  29. A. Restelli, Il mercato antiquario di strumenti musicali a Milano tra Ottocento e Novecento, Milano 2017, p. 42. []
  30. F. Tasso, “Un tranquillo asilo di arte e di memorie cittadine”: Beltrami e i musei del Castello Sforzesco di Milano, in Luca Beltrami, catalogo della mostra a cura di S. Paoli, Milano 2014, pp. 157-167; Eadem, Malaguzzi Valeri, le arti industriali e il Museo artistico municipale di Milano, in Francesco Malaguzzi Valeri (1867-1928) tra storiografia artistica, museo e tutela, atti del convegno a cura di A. Rovetta-G.C. Sciolla, Segrate 2014, pp. 177-185. []