Elisa Zucchini

elisa.zucchini@unifi.it

Premesse delle medaglie di cantanti d’opera nel mecenatismo degli ultimi Medici

DOI: 10.7431/RIV24072021

Il fiorire, nel primo Settecento, di una medaglistica celebrativa delle cantanti e dei cantanti si può ricondurre al modello mecenatistico del Gran Principe Ferdinando de’ Medici, primogenito di Cosimo III, premorto al padre (1663-1713), della sua consorte Violante Beatrice di Baviera (1673-1731) e del cardinale Francesco Maria de’ Medici, fratello minore di Cosimo III (1660-1711), i quali traslarono la propria intensa attività in ambito teatrale, dettata da sincera passione per la musica1, sul piano della committenza artistica, suscitando imitazione nell’aristocrazia fiorentina.

Il Gran Principe Ferdinando ricoprì, fra la fine del Seicento e il primo decennio del Settecento, un ruolo chiave nel mecenatismo delle arti a livello europeo. Fin dagli esordi, i suoi interessi musicali e teatrali, culminanti nelle rappresentazioni operistiche della villa di Pratolino, alle quali partecipavano musicisti e scenografi fiorentini e forestieri, si dipanarono parallelamente alla sua attività collezionistica2. Se in gioventù egli si rivolse ad artisti già attivi per la corte medicea, in particolare a Mehus, Gabbiani, Foggini e Soldani Benzi, ad eccezione di scenografi e quadraturisti bolognesi3, i viaggi a Venezia del 1688 e del 1696 segnarono una svolta nei suoi gusti in direzione della pittura veneta e in generale non toscana4, che ebbe quale esiti rapporti di mecenatismo con gli artisti più progrediti del tempo – Sebastiano e Marco Ricci, Alessandro Magnasco, Giuseppe Maria Crespi – mentre il suo collezionismo si rivolgeva da un lato ai grandi maestri della pittura cinque-seicentesca, nella raccolta di pale d’altare e nel Gabinetto d’opere in piccolo fondato nella villa di Poggio a Caiano, dall’altro a generi contemporanei poco praticati a Firenze, ossia il paesaggio, la veduta, i soggetti quotidiani e burleschi, la natura morta5.

Le inclinazioni musicali e teatrali del Gran Principe furono condivise dalla moglie Violante Beatrice di Baviera, il profilo culturale della quale è stato ricostruito solo di recente6. Ella collaborò col marito all’organizzazione delle rappresentazioni teatrali del teatro della villa di Pratolino e del teatro S. Sebastiano di Livorno7, scrisse commedie recitate da cortigiani e, fino al 1701, da lei medesima8. Rimasta vedova senza figli, nel 1717 ricevette dal suocero Cosimo III l’incarico di Governatrice di Siena e fissò la propria dimora nella villa di Lappeggi, proseguendo il mecenatismo spettacolare del defunto marito; al suo servizio figurarono primedonne di fama internazionale, quali Aurelia Marcello, Francesca Cuzzoni, Giustina Eberhardt ed altre accompagnate fuori d’Italia da sue lettere di raccomandazione, nonché il castrato Gaetano Berenstadt9. Il suo mecenatismo artistico assunse un certo rilievo soprattutto nella vedovanza. La principessa partecipò alle esposizioni pubbliche della SS. Annunziata del 1715 e del 1724 con dipinti di Sustermans, Zeggin e Ferretti; dall’inventario post mortem della villa di Lappeggi (1732) e da altri documenti sappiamo che collezionò opere di Puglieschi, Ferretti, Franchi, Scacciati, Rosalba Carriera, Anton Domenico e Giovanni Gaetano Gabbiani, Pier Dandini, Giovanna Fratellini10. Tra gli scultori, predilesse Andreozzi, Soldani Benzi e Cornacchini, ma commissionò medaglie con la propria effigie a Montauti, Selvi e Weber11.

Indizi di una qualche affinità di gusti artistici fra Violante e Ferdinando si ricavano da committenze di quadri analoghi, ad esempio quelli di Antonio Franchi raffiguranti Il Giardino di Venere (per Ferdinando) e Venere ed Amorini (per Violante)12, oppure dal comune interesse per i dipinti di piccolo formato13 e per la natura morta14. Cosa ancor più importante ai fini di questa ricognizione, sia Ferdinando sia Violante commissionarono ritratti dipinti dei propri musicisti prediletti. Lui richiese ad Anton Domenico Gabbiani cinque tele raffiguranti i virtuosi al proprio servizio, ora nelle Gallerie dell’Accademia di Firenze, facendosi addirittura ritrarre fra loro in una di esse15. Lei conservava a Lappeggi, stando all’inventario del 1732, una coppia di dipinti di autore imprecisato raffiguranti l’uno i poeti estemporanei Maria Domenica Mazzetti, Alessandro Ghivizzani, Jacopo Antonio Lucchesi e i musicisti Pietro Salvetti e Domenico Palafuti, l’altro il pittore Pietro Simone Vannetti16.

Fra le medaglie del Museo del Bargello se ne trovano alcune raffiguranti primedonne eseguite a Firenze entro il primo quarto del diciottesimo secolo, punti di partenza di un filone proseguito nella seconda metà del secolo17, riconducibili all’influenza dei suddetti principi Medici sull’ambiente culturale toscano. Si ritiene che le due medaglie di Faustina Bordoni, fuse da Giuseppe Broccetti nel 1723 (Figg. 3-6), inaugurino il genere18, ma in realtà il titolo spetta ad una medaglia attribuita a Massimiliano Soldani Benzi, datata 1708, raffigurante il soprano Vittoria Tarquini, detta “la Bombace” o “la Bambagia”, protagonista nel primo decennio del Settecento delle opere inscenate dal Gran Principe Ferdinando nel teatro della villa di Pratolino e nel teatro di San Sebastiano a Livorno (Figg. 1-2)19. La mancata identificazione di Vittoria Tarquini con una cantante nei repertori20 e la scarsità di documentazione hanno finora ostacolato il riconoscimento della rilevanza della medaglia. Al contrario, le medaglie raffiguranti Faustina godono di un’ampia bibliografia21 e sono menzionate in numerose fonti primarie, anche a causa dello scandalo che la loro fusione suscitò22, il che ne ha favorito l’individuazione quale primo esempio di opera d’arte celebrativa di una cantante.

Le recenti ricerche musicologiche hanno ricostruito la vita di Vittoria Tarquini, inquadrando meglio la sua attività in Toscana. Nel 1688, anno del suo debutto nella stagione di Carnevale del Teatro di S. Giovanni Crisostomo di Venezia, la Tarquini cantò in almeno un’esibizione privata in onore del Gran Principe Ferdinando, in visita a Venezia per la prima volta; egli l’accompagnò con la spinetta e forse le fece donare un anello con diamante in segno d’apprezzamento23. In seguito lei si trasferì ad Hannover, poi a Napoli. La prima testimonianza del suo impiego alla corte fiorentina è una quietanza di pagamento del Gran Principe Ferdinando datata marzo 1698 ab Incarnatione, allegata in copia al testamento della cantante, forse in relazione ai suoi investimenti24. Nel 1699 Vittoria è registrata nei ruoli dei virtuosi al servizio di Gian Gastone de’Medici25 – manca una documentazione sul suo trasferimento a Firenze da Napoli, ma si è ipotizzato un legame con la corrispondenza fra il viceré di Napoli, duca di Medinaceli, e il cardinale Francesco Maria de’ Medici26. È quindi indubbio che la medaglia fusa nel 1708 in onore della primadonna dovesse celebrarne i vent’anni di carriera e i dieci anni di permanenza in Toscana27. Il presunto incarico a Massimiliano Soldani Benzi, stimato medaglista favorito soprattutto dal Gran Principe28, sembra indicare proprio una committenza da parte di Ferdinando, ma il denso carteggio fra la Tarquini e Francesco Maria de’Medici29 persuade a non escludere quest’ultimo come possibile committente. Siccome, a quanto mi consta, non si conoscono altri esemplari della suddetta medaglia oltre a quello del Bargello, mi sembra ragionevole supporre che esso rappresenti un unicum destinato alla collezione di uno dei due Medici, quindi ad una visione privata, il che spiegherebbe la carenza di fonti e di indicazioni bibliografiche in merito.

Di particolare interesse risulta l’iconografia della medaglia. Nel diritto (Fig. 1), Vittoria Tarquini è raffigurata a mezzobusto, col profilo rivolto a destra; è abbigliata all’antica con velo ricadente dalla nuca, perle fra i capelli e alle orecchie, ed ha una rosa davanti a sé, come se la tenesse nella mano, non raffigurata. Nell’ esergo (Fig. 2), si nota un emblema naturalistico: una rosa che sovrasta altri fiori, col motto Supereminet omnes30. Tale frase è tratta da un passo dell’Eneide relativo all’episodio di Didone durante la costruzione di Cartagine:

«Qualis in Eurotae ripis aut per iuga Cynthi

exercet Diana choros, quam mille secutae

hinc atque hinc glomerantur Oreades; illa pharetram

fert umero gradiensque deas supereminet omnis

(Latonae tacitum pertemptant gaudia pectus):

talis erat et Dido, talem se laeta ferebat

per medios instans operi regnisque futuris.»31

Pertanto, non si distingue dagli altri motti negli eserghi delle medaglie di Soldani, spesso tratti dalla poesia latina32. Invece, la figurazione fitomorfa si distingue da quelle degli altri rovesci, allegorici o mitologici, che comprendono solitamente figure umane33. Viene da chiedersi se ciò non sia correlato allo status sociale dell’effigiata, non appartenente alla nobiltà o ad una casa reale, al clero o alle schiere dei funzionari di corte e degli eruditi, al contrario degli altri individui effigiati da Soldani34; per una donna di tale condizione un’impresa erudita poteva sembrare azzardata. L’ insolita raffigurazione della rosa su ambo i lati valorizza il significato simbolico del fiore. Nel Mundus Symbolicus di Filippo Picinelli, la rosa è simbolo della fama della virtù, nella fattispecie, la rosa fra altri fiori col motto Inter omnes allude alla suprema bellezza di una donna – in questo caso bellezza vocale, poiché il ritratto rivela un aspetto non proprio avvenente35. L’immagine, unita ad un motto riferito a Didone e a Diana, alludeva senz’altro alla supremazia della Bombace sulle scene toscane, oltre che ai suoi ruoli prediletti di donna regale o nobile36. L’accostamento fra la rosa e le perle nel ritratto sul diritto potrebbe rimandare alla grazia della cantante, capace di rapire gli animi sulla scena, nonché al suo temperamento scenico, tendente all’affettuoso e al patetico37.

Sicuramente la medaglia di Vittoria Tarquini rappresentò un antecedente di quelle fuse da Giuseppe Broccetti in onore di Faustina Bordoni nel 1723, anno nel quale la cantante si esibì al Teatro della Pergola nel Flavio Anicio Olibrio (libretto di Apostolo Zeno e Pietro Pariati, musica di Francesco Gasperini); esse sono note in vari esemplari, conservati al Museo del Bargello, al Victoria and Albert Museum, al Museo Civico Archeologico di Bologna e in collezioni private38. Sulla committenza di queste medaglie la critica ha avanzato ipotesi differenti: alcuni l’hanno ricondotta a Violante Beatrice di Baviera, dedicataria del Flavio Anicio Olibrio39, ma le pagine di una miscellanea conservata nel fondo Ranuzzi dell’Università del Texas ad Austin, pubblicate da Huub Van Der Linden, riportano che Faustina

«fu regalata dal marchese…Giugni dilettante di musica, che suona a maraviglia il flauto […] di dodici gran medaglie d’argento di peso sopra quatro oncie, e trenta di bronzo, ove da Giuseppe Broccetti fu fatto il suo ritratto di Faustina Bordoni, e nel rovescio della medaglia eravi in terra un trofeo d’instrumenti musicali sopra de’ quali stava in piedi una deità che mostrava havere posato nella pianta della mano una fenice, e tale impresa haveva il seguente motto “Una avis in terris”. Non paghi di questa illustre espressione, altro sig.re fece un consimile dono d’altra medaglia pure col ritratto di Faustina Bordoni scolpito da Giuseppe Brocetti [sic], il rovescio della quale era l’eroe Arione armato che sentendo cantare le sirene si buttò in mare, e d’intornava questa impresa il seguente motto:

“Quis tam ferreus ut teneat se”»40

Sembra quindi che la commissione dei due modelli giunti sino a noi, fra le poche opere sopravvissute di Broccetti41, si dovesse a due nobili fiorentini – il primo identificabile con Ottavio Giugni, dedicatario dell’opera L’odio redivivo inscenata a Bologna nel Carnevale 1723, o con Giovanni Giugni, cavaliere di Santo Stefano e ciambellano onorario di Cosimo III42 – salvo ipotizzare che essi abbiano richiesto repliche di medaglie originariamente commesse da Violante di Baviera. La succitata descrizione corrisponde a grandi linee agli esemplari conservati. Il diritto è identico in entrambe (Figg. 34): Faustina è ritratta a mezzobusto ‘all’antica’, con un velo ricadente dai capelli raccolti, mantello e doppia catena di perle trattenuta da un fermaglio sullo scollo dell’abito. I rovesci invece si differenziano, essendo l’uno di soggetto allegorico, l’altro di soggetto letterario. Nel primo (Fig. 5), una figura femminile, identificabile con la Fama grazie alla tromba che tiene in una mano, assisa su un cumulo di strumenti musicali, regge un globo sormontato da una fenice, col motto Una avis in terris43. Nel secondo (Fig. 6), soldati antichi su una nave, con tutta probabilità i compagni di Ulisse, si sporgono verso una sirena che emerge dal mare, col motto Quis tam ferreus ut teneat se44. Una “Canzona uscita in Firenze, città che va alla mallora [sic]”, trascritta sempre nella miscellanea Ranuzzi, tramanda il nome del fonditore della medaglia allogata da Giugni, Girolamo Montanti detto Momo45. Un’altra miscellanea manoscritta, ora nella Biblioteca Universitaria di Bologna46, citata da Corrado Ricci, accenna ad una terza medaglia, avente sul diritto il ritratto della cantante e sul rovescio una cicala col motto Vox vox praetereaque nihil,47, della quale non si conoscono esemplari; è probabile che la notizia sia inesatta, in quanto basata su descrizioni altrui48. Sui materiali nei quali le medaglie furono fuse sussistono ugualmente notizie contrastanti. Attualmente si conoscono solo esemplari bronzei, ma la miscellanea Ranuzzi menziona dodici medaglie d’argento e trenta di bronzo, ed un inventario della collezione Riccardi del 1751 ne elenca una di metallo dorato49. Van Der Linden ha sottolineato che i motti delle medaglie derivano entrambi dalle Satire di Giovenale: il primo dalla Satira VI, 165 («rara avis in terris nigroque simillima cycno, quis feret uxorem cui constant omnia?»), il secondo dalla I, 30-31 («Nam quis iniquae tam patiens urbis, tam ferreus, ut teneat se»)50. Mi sembra eccessivo leggere in questa scelta un invito implicito alla satira, che sarebbe stato colto a Bologna dal marchese Giovanni Paolo Pepoli, autore di un’iscrizione latina denigratoria riprodotta, insieme alle due facce della medaglia con la Fenice, su vasi da notte fatti fabbricare da lui51, poiché il primo motto è chiaramente encomiastico, il secondo decontestualizzato per far assumere alla frase un senso positivo52. Comunque, la satira di Pepoli, nonché le lettere di Antonio Cocchi, medico fiorentino residente a Londra, e dell’inglese Anthony Dereham a Gian Giacomo Zamboni a Londra, comprovano la circolazione delle medaglie fuori dai confini toscani53, causa di scalpore perché dedicate ad una donna di teatro, quindi di basso rango, anzi reputata alla stregua di una cortigiana54. Proprio l’audacia di tale omaggio porta a non sottovalutare il possibile influsso di Violante di Baviera. Al tempo dell’esordio di Faustina a Firenze la principessa, vedova da dieci anni del Gran Principe Ferdinando e da sei anni Governatrice di Siena, autrice e promotrice di spettacoli teatrali e musicali anche nella vedovanza55, ricevette la cantante nella propria villa di Lappeggi, coerentemente col proprio impegno a liberare le cantanti e le attrici dal pregiudizio che le accostava alle cortigiane56. Il desiderio di Violante di celebrare le virtù canore della Bordoni sta forse dietro al ritratto a pastello di quest’ultima, eseguito contemporaneamente alle medaglie da Giovanna Fratellini, artista favorita della principessa, nel quale la cantante mostra abito e posa da gentildonna57 (Fig. 7).  D’altronde, fin dalla gioventù la bavarese si era distinta per la rivendicazione dell’uguaglianza di virtù fra uomini e donne, espressa nella carità a favore delle fanciulle povere, delle malmaritate e delle ex meretrici e nella promozione dei talenti femminili58. Può darsi che i presunti committenti delle medaglie volessero emulare la principessa nell’onorare il raro talento della Bordoni, come suggeriscono le parole di Antonio Cocchi a Francesco Nefetti. in una lettera del 23 agosto 1723:

«Mi è piaciuta la nuova delle medaglie donate alla Faustina, ma voi per non so qual supina negligenza avete tralasciato di dirmi chi le ha fatte fare, chi le ha fatte, qual ne sia il rovescio, se siano gettate o coniate, e di qual grandezza. Lodo sì nobile ed ingegnosa maniera di fare un bel presente a quella divina Donna […]. È interesse pubblico che l’eccellenza nelle arti sia distintamente onorata, ciò invoglia molti allo studio, e produce gli ottimi artisti che fanno tutto il comodo e ‘l diletto dell’umana società. Avreste voi forse caro che ‘l canto e la musica si spegnesse?»59

Non sembra improbabile che la novità dello stile canoro di Faustina, una delle ragioni del suo successo60, abbia motivato la scelta di celebrarla con opere solitamente riservate ad aristocratici, chierici, dotti e poeti61 e soprattutto di diffondere tali opere. Stando a quel che si deduce dalle testimonianze coeve, Faustina si distingueva dalle primedonne precedenti e contemporanee per le agilità eseguite a voce spiegata, con facilità strumentale, perciò rappresentava lo “stile nuovo” del canto, incentrato su tempi veloci e colorature che imitavano quelle degli strumenti, solitamente associato ai castrati62; queste caratteristiche favorirono, lungo tutta la sua carriera, ma specialmente nel periodo in cui cantò a Londra nella compagnia di Georg Friedrich Händel al teatro Haymarket, un’associazione con ruoli di donna attiva e di forte carattere, nonché con ruoli en travesti63, anche per via del suo timbro androgino64. Tali meriti artistici, accostati ad una forte personalità scenica, agli occhi di Violante, convinta sostenitrice del valore femminile, potevano valere una commemorazione pubblica eccezionale per mano di Broccetti e una nobilitazione tramite il ritratto di mano della Fratellini.

Faustina fu la cantante d’opera più ritratta del tempo, anche grazie alla sua bellezza e alle sue amicizie con artisti, in particolare Anton Maria Zanetti e Rosalba Carriera65. Le medaglie ed il ritratto a pastello eseguiti a Firenze precedono di un anno il primo dei celebri ritratti eseguiti da Rosalba Carriera66 e si collocano pertanto al principio della sua consacrazione in ambito figurativo, correlata al suo successo internazionale67. Mi pare significativo che la fortuna iconografica della Bordoni sia iniziata in un ambiente nel quale era stato creato il precedente della medaglia di Vittoria Tarquini68. Alla distanza temporale di quindici anni tra queste opere si associa un’evoluzione degli emblemi dei rovesci: le figurazioni, da botaniche, diventano allegoriche e mitologiche, affini a quelle solitamente usate per soggetti illustri, il che probabilmente acuì lo scandalo suscitato dalle opere di Broccetti69, eppure dovette rappresentare la conseguenza del trattamento riservato a Faustina dalla Gran Principessa vedova.

  1. L. Spinelli, Le esperienze veneziane del principe Ferdinando de’ Medici e le influenze sulla politica spettacolare e dinastica toscana (1688-1696), in «Medioevo e Rinascimento», XVI n.s., 2005, pp. 159-199, 162. []
  2. R. Spinelli, Ferdinando di Cosimo III de’Medici, Gran Principe di Toscana…, in Il Gran Principe Ferdinando de’Medici – collezionista e mecenate, catalogo della mostra (Firenze, Galleria degli Uffizi, 26 giugno – 3 novembre 2013), a cura di R. Spinelli, Firenze 2013, pp. 34-71: 35-38. []
  3. R. Spinelli, Ferdinando di Cosimo III…, 2013, pp. 38-41; Idem, L’arte a Firenze da Cosimo III de’Medici a Pietro Leopoldo d’Asburgo-Lorena, in Il fasto e la ragione. Arte del Settecento a Firenze, catalogo della mostra (Firenze, Galleria degli Uffizi, 30 maggio-30 settembre 2009), a cura di A. Natali, C. Sisi e R. Spinelli, Firenze 2009, pp. 23-45, 26-30. []
  4. R. Spinelli, Ferdinando di Cosimo III…, 2013, pp. 46, 56. []
  5. R. Spinelli, L’arte a Firenze…, 2009, pp. 26-30. []
  6. L. Spinelli, Il principe in fuga e la principessa straniera – Vita e teatro alla corte di Ferdinando de’Medici e Violante di Baviera (1675-1731), Firenze 2010; Idem, Violante di Baviera e gli ultimi divertimenti di una dinastia e S. Benassai, Tra le carte di Violante. Note sul mecenatismo della Gran Principessa di Toscana, in Ferdinando di Cosimo III de’Medici, Gran Principe di Toscana e Violante Beatrice di Baviera, atti del seminario (Firenze, Biblioteca degli Uffizi, 25 gennaio 2014), “Valori Tattili”, 3/4. 2014, pp. 114-123, 84-112. []
  7. L. Spinelli, Il principe in fuga…, 2010, pp. 79-80, 85, 109 sgg.; Idem, Violante di Baviera…, 2014, p. 115. []
  8. L. Spinelli, Il principe in fuga…, 2010, pp. 85-86; Idem, Violante di Baviera…, 2014, p. 116. []
  9. L. Spinelli, Violante di Baviera…, 2014, pp. 116-118. Di Gaetano Berenstadt sono noti una medaglia di Lorenzo Maria Weber datata 1730 (Filippo Antichi, in Plasmato dal fuocola scultura in bronzo nella Firenze degli ultimi Medici, catalogo della mostra – Firenze, Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti – Tesoro dei granduchi, 18 settembre 2019-12 gennaio 2020 – a cura di E.D. Schmidt, S. Bellesi, R. Gennaioli, Firenze 2019, pp. 376-377, n°101) ed un busto di Giovacchino Fortini (S. Bellesi, in Il fasto e la ragione, 2009, pp. 240-241, n° 85). []
  10. S. Benassai, Tra le carte di Violante…, 2014, pp. 85-100. []
  11. S. Benassai, Tra le carte di Violante…, 2014, pp. 100-103. []
  12. F.S. Baldinucci, Vite di artisti dei secoli XVII – XVIII – prima edizione integrale del codice palatino 565, a cura di A. Matteoli, Roma 1975, pp. 43-44. []
  13. F. Paliaga – R. Spinelli, Il Gabinetto d’opere in piccolo del Gran Principe Ferdinando de’Medici a Poggio a Caiano, “Gli Uffizi. Studi e ricerche”, 33, 2017; Elisa Acanfora, “Si disegna, si minia e si dipinge”: la pittura su pergamena nelle fonti e la sua fortuna a Firenze fra Sei e Settecento, in Pergamene fiorite, catalogo della mostra (Poggio a Caiano, Villa Medicea, 13 settembre – 14 dicembre 2014), a cura di M.M. Simari ed E. Acanfora, Livorno 2014, pp. 23 – 37: 32. []
  14. I. Della Monica, Gran Principe Ferdinando e S. Casciu, Violante Beatrice di Baviera, in Il giardino del Granduca, Torino 1997, pp. 238-289, 329-337. []
  15. Strumenti musicali: guida alle collezioni medicee e lorenesi, a cura di G. Rossi Rognoni., Firenze 2009, schede n° 5, 6, 20, 21, 22, pp. 44-49, 82-87. []
  16. Archivio di Stato di Firenze, Guardaroba Medicea, f. 1393, c. 160; S. Benassai, Tra le carte di Violante…, 2014, p. 96. []
  17. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots for Faustina Bordoni: celebrity and material culture in early eighteenth-century Italy, “Journal for Eighteenth Century Studies” vol. 40 n° 1, 2017, pp. 23-47: 33-34. []
  18. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, p. 24; S.M. Woyke, Faustina Bordoni: Biographie – Vokalprofil – Rezeption, Francoforte 2009, p. 87; L. Spinelli 2010, p. 216. []
  19. L. Spinelli, Il principe in fuga…, 2010, pp. 121-136; F. Lora, Nel teatro del Principe– i drammi per musica di Giacomo Antonio Perti per la Villa medicea di Pratolino, Bologna 2016, passim. []
  20. G. Toderi – F. Vannel, Medaglie italiane del Museo Nazionale del Bargello di Firenze, II, Firenze 2005, p. 29. []
  21. G. Toderi – F. Vannel, Medaglie italiane del Museo Nazionale del Bargello di Firenze, III, Firenze 2006, schede 243-244, pp. 37-38; Iidem, La medaglia barocca in Toscana, Firenze 1987, p. 129; G. Cantelli, Una raccolta fiorentina di medaglie tra ’600 e ’700, Firenze 1979, p. 30; C. Avery, Giuseppe Broccetti’s medal of the singer Faustina Bordoni, “The Medal” 36.2000, pp. 3-7. []
  22. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, pp. 24, 31-32; C. Ricci, Figure e figuri del mondo teatrale, Milano 1920, pp. 12-14; S.M. Woyke, Faustina Bordoni…, 2009; L. Spinelli, Violante di Baviera…, 2014, pp. 120-121. []
  23. B.L. Glixon, ‘Supereminet omnes’ – New light on the life and career of Vittoria Tarquini, in “Händel – Jahrbuch” n. 62, 2016, pp. 401-414: 404-405. []
  24. B.L. Glixon, ‘Supereminet omnes’…, 2016, pp. 405-409. []
  25. B.L. Glixon, ‘Supereminet omnes’…, 2016, pp. 407-409; U. Kirkendale, Music and meaning, Firenze 2008, p. 383; E. Selfridge-Field, A New Chronology of Venetian Opera and Related Genres, 1660-1760, Stanford 2007, p. 185; W. Kirkendale, The court musicians in Florence during the Principate of the Medici, Firenze 1993, p. 652. []
  26. B.L. Glixon, ‘Supereminet omnes’…, 2016, p. 408. []
  27. B.L. Glixon, ‘Supereminet omnes’…, 2016, p. 411. []
  28. K. Lankheit, Florentinische Barockplastik, Monaco di Baviera 1962, pp. 114-115; M.L. Strocchi, Parigi – Poggio a Caiano 1661-2003, in Il Gran Principe Ferdinando de’Medici e Anton Domenico Gabbiani, Prato 2003, pp. 10-31: 20. []
  29. B.L. Glixon, ‘Supereminet omnes’…, 2016, pp. 408-409, 412-413. Per la corrispondenza di Francesco Maria de’Medici concernente il teatro si veda F. Fantappié, Per una rinnovata immagine dell’ultimo cardinale mediceo. Dall’epistolario di Francesco Maria Medici (1660-1711), “Archivio Storico Italiano”, CLXVI, 2008, pp. 495-531; Un garbato fratello et un garbato zio: teatri, cantanti, protettori e impresari nell’epistolario di Franceso Maria Medici (1680-1711), tesi di dottorato, Università di Firenze, Dottorato di ricerca in Storia dello Spettacolo, XVI ciclo, 2001-2004. []
  30. G. Toderi – F. Vannel, Medaglie italiane…, 2005, p. 29. []
  31. Publio Virgilio Marone, Eneide, I 498-503. Traduzione di M. Ramous (Venezia 1998): «Come sulle rive dell’Eurota o per i gioghi del Cinto Diana guida le danze e mille Oreadi da ogni parte al suo seguito si raccolgono; e lei, la faretra sulla spalla, incedendo tutte le altre dee sovrasta (e a Latona segretamente di gioia si gonfia il cuore); tale era Didone, tale raggiante tra i suoi incedeva, spronando l’opera di costruzione del futuro regno». []
  32. K. Lankheit, Florentinische Barockplastik…, 1962, pp. 119 – 121. []
  33. K. Lankheit, Florentinische Barockplastik…, 1962, pp. 121-122. []
  34. K. Lankheit, Florentinische Barockplastik…, 1962, pp. 115-119, 121-123. []
  35. F. Picinelli, Mundus Symbolicus, Colonia 1687, voce “Rosa”. []
  36. B.L. Glixon, ‘Supereminet omnes’…, 2016, pp. 412-416; Cambridge Handel Encyclopedia, a cura di A. Landgraf e D. Vickers, Cambridge 2009, voce “Tarquini, Vittoria”. []
  37. C. Ripa, Iconologia, a cura di S. Maffei, Torino 2012, ad vocem “Grazia”; Cambridge Handel Encyclopedia, ad vocem “Tarquini, Vittoria”; F. Lora, Nel teatro del Principe…, 2016, pp. 138-139. []
  38. S.M. Woyke, Faustina Bordoni…, 2009, pp. 87-90; L. Spinelli, Il principe in fuga…, 2010, p. 216; H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, p. 24; M. Betti, in Plasmato dal fuoco, 2019, pp. 358-359, n°91. []
  39. L. Spinelli, Violante di Baviera…, 2014, pp. 120-121; M. Betti, in Plasmato dal fuoco, 2019, p. 358. []
  40. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, p. 35. La miscellanea raccoglie in un volume diversi manoscritti di argomento morale, religioso, storico, cronachistico, giuridico (The University of Texas at Austin, Harry Ransom Center, Ranuzzi Papers, MS Ph. 12738, n° 12, cc. 103r-108v). []
  41. K. Lankheit, Florentinische Barockplastik…, 1962, p. 181; Toderi-Vannel 1987, p. 129. []
  42. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, p. 26. []
  43. G. Toderi – F. Vannel, Medaglie italiane…, 2005, p. 38. []
  44. G. Toderi – F. Vannel, Medaglie italiane…, 2005; H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, p. 30. []
  45. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, pp. 26-39. []
  46. La miscellanea raccoglie diversi fogli o ritagli incollati su fogli, nella fattispecie di argomenti satirico (Bologna, Biblioteca Universitaria, MS 408, busta VI, fascicolo I: Fasciculus I, Satire contro Bolognesi o per esse accadute in Bologna). []
  47. Bologna, Biblioteca Universitaria, MS 408, busta VI, fascicolo I: Fasciculus I, Satire contro Bolognesi o per esse accadute in Bologna, pp. 27, 29, 40-41; C. Ricci, Figure e figuri…, 1920, p. 14. []
  48. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, pp. 28-29. []
  49. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, p. 30. []
  50. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, pp. 26, 28, 31; Plasmato dal fuoco 2019, p. 358. Traduzione di U. Dotti (Milano 2013): «Raro uccello qui in terra, del tutto simile ad un cigno nero, chi mai potrà sopportare una donna di tante virtù?»; «Chi mai, in una città tanto perversa, la potrà sopportare? Bisognerebbe essere di ferro per trattenersi». []
  51. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, pp. 27-28, 32, 34, 35, 39-42. []
  52. S.M. Woyke, Faustina Bordoni…, 2009, pp. 87-88; Plasmato dal fuoco, 2019. []
  53. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, pp. 28-30. []
  54. Ibidem; C. Ricci, Figure e figuri…, 1920, pp. 13-14; L. Spinelli, Violante di Baviera…, 2014, pp. 120-121. []
  55. L. Spinelli, Il principe in fuga…, 2010, pp. 85-86; Idem 2014, p. 118. []
  56. L. Spinelli, Violante di Baviera…, 2014, p. 120. []
  57. L. Spinelli, Violante di Baviera…, 2014, p. 121. []
  58. L. Spinelli, Il principe in fuga…, 2010, pp. 83-88, 141; D. Balestracci, Violante Beatrice Gran Principessa di Baviera, Siena 2010, pp. 114-117, 122-127. []
  59. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, pp. 29, 31, 45. []
  60. S. Aspden, The rival sirens, Cambridge 2013, pp. 43-45; Woyke 2009, pp. 138-140, 157. []
  61. S.M. Woyke, Faustina Bordoni…, 2009, p. 87. []
  62. S. Aspden, The rival sirens…, 2013, pp. 43-49; Woyke 2009, pp. 138-149. []
  63. S. Aspden, The rival sirens…, 2013, pp. 44-49. Per una lista completa dei ruoli interpretati da Faustina Bordoni vedi <https://mugi.hfmt-hamburg.de/artikel/Faustina_Bordoni.html>. []
  64. S.M. Woyke, Faustina Bordoni…, 2009, p. 162. []
  65. K. Lowerre, Beauty, talent, virtue and charm: portraits of two of Handel’s sopranos, “Imago musicae” 9-12 (1992-1995), pp. 205-244: 225 – 227. []
  66. K. Lowerre, Beauty, talent, virtue…, 1995, pp. 227-232; Bernardina Sani, Rosalba Carriera, Torino 200, p. 184, n° 183. []
  67. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, p. 34. []
  68. S.M. Woyke, Faustina Bordoni…, 2009, p. 87. []
  69. H. Van Der Linden, Medals and chamber pots…, 2017, pp. 31-32, 38-39. []