Salvatore Anselmo

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L’inedito antependium d’argento di Salvatore Castronovo a San Mauro Castelverde

DOI: 10.7431/RIV23052021

La devozione di una comunità, grande o piccola che sia, verso il Santo Patrono o Protettore della stessa, ha fatto sì che prelati, devoti, nobili, confrati e giurati commissionassero opere d’arte decorativa esclusivamente dedicate ad essi e tendenti ad esaltarne e celebrarne la figura. Come scrigni ricchi e magnifici, dentro i quali si conservarono preziosi monili e suppellettili liturgiche, i luoghi deputati a tale culto, nello specifico altari, cappelle, santuari, eremi e oratori, sono stati, dunque, considerati nel corso del tempo, veri e propri Tesori1. I sacelli, quando la devozione di una comunità è rimasta immutata nei secoli, si sono via via impreziositi di numerosi e pregevoli manufatti artistici consentendo, così, di delineare non solo il variare del gusto della committenza dal Medioevo ad oggi ma anche la storia delle opere d’arte. Talora, purtroppo, alcune suppellettili liturgiche sono state fuse o smontate per realizzarne altre in uno stile rispondente a quello della più attuale temperie culturale o, come spesso riportano i documenti d’archivio, alla “moderna”. Incisioni, stampe, inventari e atti di commissione, hanno, per fortuna, consentito di ricostruire e rintracciare manufatti artistici smarriti o, erroneamente, assemblati durante presunti interventi di restauro o di manutenzione e di riconfigurare interi Tesori perduti. Le fonti, inoltre, hanno talvolta rivelato l’originaria immagine del Santo, ricolma di ex voto o attorniata da suppellettili liturgiche, all’interno del suo originario luogo, come ha svelato, ad esempio, la stampa colorata di collezione privata raffigurante la venerata Madonna con il Bambino del Santuario carmelitano della Santissima Annunziata di Trapani2. Si è, inoltre, assistito ad una vera e propria competizione tra i committenti i quali hanno voluto, comunque, eternare su dipinti, statue e, nello specifico sulle suppellettili liturgiche, il loro inscindibile legame con il Santo, l’Athleta Christi, specialmente nei periodi di calamità, con un cartiglio che spesso recita “per devotione”.

Tra i diversi e tutti ricchi Tesori siciliani, indagati a partire dagli anni Trenta del secolo scorso dalla venturiana Maria Accascina, la quale ha reso note, per prima, le più importanti opere dedicate a Patroni e Protettori dell’isola3, si inserisce quello, pressoché inedito, di San Mauro Castelverde. Il borgo, piccolo centro madonita in provincia di Palermo ricadente nella Diocesi di Cefalù, appartenne, unitamente ai centri limitrofi, ai Ventimiglia, nobili committenti di diverse opere d’arte anche nell’intero comprensorio4. Nel suddetto centro montano si custodisce, infatti, il reliquiario antropomorfo d’argento, dalla forma di testa, di San Mauro Abate, patrono e protettore del borgo, gelosamente conservato nella Chiesa Madre. La suppellettile liturgica, che non sfuggì, per l’appunto, alle pioneristiche ricerche dell’Accascina, è stata realizzata, come riferisce l’iscrizione e il punzone della maestranza di Palermo, da un argentiere palermitano, su commissione, anzi “p(er) manu” come recita l’iscrizione, del procuratore S. La Barbera nel 14965. Alla prima metà del Seicento risale, invece, il simulacro ligneo di San Mauro riferito alla bottega dei Mancuso e custodito nell’eponima chiesa6. Al Santo benedettino, a conferma della grande devozione che la comunità madonita ha sempre nutrito verso l’oblate, è dedica la già citata e omonima chiesa la quale, come riferisce Francesco La Rocca nel manoscritto del 17007, «non tanto per l’antichità quanto per la sua grandezza, e devotione delli popoli, tiene il terzo luogo, tra le nostre Chiese, è stata ed è la più decorata d’ogni altra, toltone le due già ragguagliate, della usa primiera fundatione, però non ho memoria che mi additassero il tempo; certo è, che la Chiesa, è assai antica; e non saria fuora di proposito il credere che fosse stata edificata in quel tempo, che capitò nella nostra Terra la Reliquia del Santo». L’edificio chiesastico, oggetto dunque di grande venerazione da parte della comunità, nel Settecento, periodo in cui l’esuberante stile tardo barocco prima e rococò dopo invase con le sue briose soluzioni decorative i prospetti, i decori e gli arredi delle chiese siciliane8, si arricchisce di altre opere. Tra queste gli affreschi della volta del presbiterio, verosimilmente realizzati da un pittore siciliano nel 1716, raffiguranti l’Apoteosi di San Mauro9.

A conclusione, dunque, del processo di rinnovamento stilistico della chiesa, venne commissionato, nel 1778, l’inedito paliotto architettonico in argento, con la figura del Patrono al centro, che doveva decorare l’altare maggiore durante le principali funzioni liturgiche (Fig. 1)10. Su tutte le lamine che compongono l’antependium si trova impresso sia il punzone della maestranza palermitana, l’aquila a volo alto con l’acronimo RUP (Regia Urbs Panormi), sia i marchi dei due saggiatori del capoluogo siculo. Uno di essi è di don Gioacchino Garaffa, console degli argentieri nel 1778 con il punzone DGG78, mentre l’altro è di Salvatore Castronovo, artefice che rivestì il più alto ruolo della maestranza nel medesimo anno, verificando la qualità delle opere in oro con il bollo SC7811 (Fig. 2). L’anomala presenza dei due marchi di garanzia consente di ipotizzare che il paliotto possa essere stato eseguito dal Castronovo stesso che utilizza il marchio consolare. Questi, console degli orafi anche negli anni 1762, 1769, 177712, risulta attivo a Palermo dal 1753 al 178913. Lo scenografico arredo d’altare è verosimilmente da identificarsi con quello commissionato all’argentiere dal sacerdote Vincenzo Scialabba14. Il cognome del prelato, di cui il documento non riferisce né la provenienza del committente né il luogo di destinazione del manufatto, è, infatti, particolarmente diffuso nel centro madonita. Secondo il documento di commissione, individuato da Daniele Ruffino in occasione delle ricerche per la mostra Ori e argenti di Sicilia, l’artefice si impegna, l’11 novembre 1778, con il presbitero ad eseguire “un certo altare ossia palio con sua cornice d’argento di bollo, lavorato a tenore del disegno da farsi dal dicto di Castronovo a sue spese, e da firmarsi, e sottoscriversi dal dicto reverendo di Scialabba, dovendo essere dicto palio di altezza palmi quattro e di longhezza palmi 9 a tenore della misura data dal dicto Reverendo di Scialabba ad detto Castronovo”15. Si tratta, allo stato attuale degli studi, dell’unica opera esistente dell’argentiere di cui sono noti soltanto documenti di commissione, del 1762 e del 1767-1768, relativi a manufatti in oro e argento ancora da rintracciare16.

La vestis altaris, che afferisce alla tipologia del paliotto a pannello scenografico-architettonico, come quello eseguito dall’argentiere Vincenzo Bonaiuto nel 1764-1765 e custodito nella chiesa di San Tommaso Becket di Marsala (Tp)17, è un’opera che esalta le vicende terrene del Patrono del borgo madonita. Nell’esedra centrale, infatti, è raffigurata l’Estasi di San Mauro (Fig. 3) mentre nei fornaci aggettanti, che conferiscono spazialità all’intera composizione, campeggiano due episodi relativi alla vita dell’oblate. A sinistra emerge il Santo che salva il confratello Placido, il quale, uscito per attingere l’acqua nel lago, è travolto dalle onde, a destra, invece, l’apparizione di Dio Padre (Figg. 45)18. Sotto quest’ultima rappresentazione è cesellata e sbalzata una fiabesca veduta del centro madonita che richiama alla sua configurazione paesaggistica originaria, si distinguono, infatti, in alto, la Chiesa Madre e il castello, e, in posizione sottostante, la chiesa di San Mauro con il campanile dalla caratteristica guglia a bulbo maiolicata. La stessa visuale, che allude alla funzione chiaramente protettiva del Santo nei confronti del borgo delle Madonie, è raffigurata sullo zoccolo basamentale dell’esedra centrale (Fig. 6). Va sottolineata l’importanza storico-artistica di questa rappresentazione che si inserisce tra le rare vedute già note di centri siciliani dovute agli abili argentieri palermitani19. Il pavimento a scacchi accentua, inoltre, l’effetto prospettico dell’intera struttura architettonica. Questa è resa più briosa da eleganti e quasi modulari tralci floreali sulle pareste e sulla cornice che circonda l’intera costruzione, mentre timidi inserti rococò impreziosiscono la parte superiore dei frontoni e i timpani dei due corpi aggettanti.

Si tratta, quindi, di una suppellettile liturgica che tradisce chiaramente il periodo in cui è stata realizzata, quello di transizione dallo stile rococò al neoclassicismo, e che si aggiunge ai diversi paliotti architettonici custoditi nei più ricchi Tesori siciliani20. Il frontale, che conferma l’importanza e la centralità riservata dalla Chiesa all’altare21, si configura generalmente come un lavoro di équipe che coinvolge, non solo gli artefici dell’opera e gli intagliatori che eseguono il supporto ligneo, ma anche gli architetti, i quali, spesso, realizzano il progetto dietro precise indicazioni da parte di committenti specifici, talora dotti teologi.

Referenze fotografiche
Le fotografie sono dell’autore per gentile concessione della Presidenza della Consulta per i Beni Culturali Ecclesiali della Diocesi di Cefalù del 5 ottobre 2020

  1. A riguardo si veda B. Mancuso, Sacre collezioni, oggetti, pratiche, significati dei Tesori siciliani, in Il Tesoro dell’Isola. Capolavori siciliani in argento e corallo dal XV al XVIII secolo, catalogo della mostra (Praga, Maneggio di Palazzo Wellestein, 19 ottobre-21 novembre 2004) a cura di S. Rizzo, 2 vol., Catania 2008, pp. 219-241. []
  2. M. C. Di Natale, “Coll’entrar di Maria entrarono tutti i beni nella Città”, in Il Tesoro Nascosto. Gioie e Argenti per la Madonna di Trapani, catalogo della mostra (Trapani, Museo Regionale Pepoli, 2 dicembre 1995-3 marzo 1996) a cura di M. C. Di Natale, V. Abbate, Palermo 1995, p. 25. []
  3. Tra i diversi testi della studiosa si cita M. Accascina, Oreficeria di Sicilia dal XII al XIX secolo, Palermo 1974. Per  i successivi studi sulle opere d’arte decorativa in Sicilia si rimanda a Le arti decorative del Quattrocento in Sicilia (Messina, chiesa dell’Annunziata dei Catalani, 28 novembre 1981-31 gennaio 1982), Roma 1981; Ori e argenti in Sicilia, catalogo della mostra (Trapani, Museo Regionale Pepoli, 1 luglio-30 ottobre 1989) a cura di M.C. Di Natale, Milano 1989; Splendori di Sicilia. Arti decorative dal Rinascimento al Barocco, catalogo della mostra (Palermo, Albergo dei Poveri, 10 dicembre 2000-30 aprile 2001) a cura di M.C. Di Natale, Milano 2001; M.C. Di Natale, Gioielli di Sicilia, Palermo 2000, II ed. 2008; Argenti e Cultura Rococò nella Sicilia Centro-Occidentale 1735-1789, catalogo della mostra (Lubecca, St. Annen–Museum, 21 ottobre 2007-6 gennaio 2008) a cura S. Grasso, M.C. Gulisano, Palermo 2008, p. 596 e Il Tesoro dell’Isola. Capolavori siciliani…, 2008. []
  4. Per la storia e le opere del borgo madonita si veda M. Ragonese, San Mauro Castelverde, Palermo 1976; Idem, Sulle origini di San Mauro Castelverde tra storia e leggenda. Le stazioni della Via Crucis quadri, affreschi ed altre cose non pubblicate nel libro del 1975 mestieri e cose scomparse o trasformate e racconti vari, Palermo 1987 e S. Anselmo Madonie. L’arte e la storia, Palermo 2008, II ed. aggiornata 2021, pp. 231-247. Per i Ventimiglia, committenti di diverse opere, si consultino O. Cancila, I Ventimiglia di Geraci (1258-1619), “Quaderni di Mediterranea. Ricerche storiche”, n. 30, collana diretta da R. Cancila, Palermo 2016 e Alla corte dei Ventimiglia. Storia e committenza artistica, atti del convegno di studi (Geraci Siculo, Gangi, 27-28 giugno 2009) a cura di G. Antista, Geraci Siculo 2009. []
  5. M. Accascina, Oreficeria di Sicilia…, 1974, p. 146. L’iscrizione è la seguente SANTO MAURO MCCCCLXXXXVI FATTA P MANO DE S LABARVERA PRECURATO. L’opera è stata restaurata nel 1700, si veda a riguardo M. Ragonese, San Mauro Castelverde…, 1976, p. 66.  Per il culto e la custodia della reliquia del Patrono, si consulti Arc. Dr. D. Francesco La Rocca, Tradizioni e memorie della terra di S. Mauro (oggi S. Mauro Castelverde), pubblicate ed annotate dal Dr. Gioacchino Drago, Palermo 1976, II. ed. Roma-San Mauro Castelverde 1997, pp. 31-33. []
  6. G. Fazio, La cultura figurativa in legno nelle Madonie tra la gran corte di Cefalù, il marchesato dei Ventimiglia e le città demaniali, in Manufacere et scolpire in lignamine. Scultura e intaglio in legno in Sicilia tra Rinascimento e Barocco, a cura di T. Pugliatti, S. Rizzo, P. Russo, Catania 2012, p. 231. []
  7. Arc. Dr. D. Francesco  La Rocca, Tradizioni e memorie della terra di S. Mauro …, 1997, p. 49. []
  8. A riguardo si veda M.R. Nobile, S. Piazza, L’architettura del Settecento in Sicilia. Storie e protagonisti del tardobarocco, Palermo 2009, D. Surtera. Ricostruire: storia e rappresentazione. Prospetti chiesastici nella Sicilia del Settecento, Palermo 2013, Il Settecento e il suo doppio: rococò e neoclassicismo, stili e tendenze europee nella Sicilia dei vicerè, atti del convegno internazionale di studi (Palermo, 10-12 novembre 2005) a cura di M. Guttila, Palermo 2008 e Argenti e Cultura Rococò…, 2008 a cui si rimanda per la specifica bibliografia. []
  9. S. Anselmo Madonie. L’arte…, 2021, p. 244. []
  10. Sull’argomento si veda M. Vitella, scheda II,11, in Il Tesoro Nascosto…, 1995, pp. 200-202 e G. Cantelli, Il paliotto e la ritualità scenografica dell’altare barocco, in Architetture barocche in argento e corallo, catalogo della mostra (Lubecca, Katharinenkirche, 15 luglio-26 agosto 2007, Vicenza, Pinacoteca Civica, Palazzo Chiericati, 7 settembre-7 ottobre 2007) a cura di S. Rizzo, Catania 2008, pp. 15-25. []
  11. S. Barraja, I marchi degli argentieri e orafi di Palermo, saggio introduttivo di M. C. Di Natale, Milano 1996, II. ed. 2010, p. 80. []
  12. S. Barraja, I marchi degli argentieri e orafi…, 2010, pp. 78-80. []
  13. S. Barraja, ad vocem Castronovo Salvatore, in Arti Decorative in Sicilia. Dizionario biografico, a cura di M.C. Di Natale, Palermo 2014, vol. I, p. 122. []
  14. D. Ruffino, in Catalogo dei documenti, in Ori e argenti…, 1989, p. 396. []
  15. Ibidem. []
  16. Si veda G. Mendola, Orafi e argentieri a Palermo tra il 1740 e il 1790, in Argenti e Cultura Rococò…, 2008, pp. 596, 616. []
  17. Per l’opera si consulti D. Scandariato, scheda n. 8, in Architetture barocche in argento…, 2008, pp. 133-137 con precedente bibliografia. []
  18. A. Lentini, ad vocem S. Mauro, in Bibliotheca Sanctorum, vol. IX, Roma 1967, cc. 210-219. []
  19. Si veda a riguardo M. C. Di Natale, Vedute di citta nelle arti decorative siciliane dal XV al XVIII secolo, in L’obietto move il senso, Giornate di studi su arte e paesaggio (Palermo, Lumsa 28-29 settembre 2001) a cura di G. E. Viola, “Quaderni della Libera Università “Maria SS. Assunta” Lumsa Roma”, n. 20, Roma 2003, pp. 1-28. []
  20. Per le opere d’arte decorativa che presentano elementi di transizione tra il rococò e il neoclassicismo, si consulti Argenti e Cultura Rococò…, 2008, pp. 395-425. Per i paliotti siciliani si rimanda a M.C. Ruggeri Tricoli, Il teatro e l’altare. Paliotti d’architettura in Sicilia, contributi tematici di G. Bongiovanni, E. Brai, E. D’Amico, S. Di Bella, C. Filizzola, C. Laezza, L. Novara, Palermo 1992 e Architetture barocche in argento…, 2008. []
  21. Si veda a riguardo M. Vitella, Paliotti architettonici d’argento nella Sicilia occidentale: espressione dell’arte controriformata, in Architetture barocche in argento…, 2008, pp. 57-65. []