Lucia Ajello

Tavolette da soffitto cremasche di inizio Cinquecento – Dame e cavalieri da un antico palazzo lombardo

di Paola Venturelli, con un contributo di Pier Luigi Tagliabue, Milano 2020, Silvana Editoriale, 152 pp., ill. col., ISBN 9788836644001

Alcuni libri d’arte hanno il merito di restituire pienamente ai lettori le atmosfere e i contesti dei capolavori oggetto di disamina da parte degli autori.

È questo il caso di Tavolette da soffitto cremasche di inizio Cinquecento Dame e cavalieri da un antico palazzo lombardo di Paola Venturelli. L’autrice indaga la storia di trecento tavolette lignee da soffitto che fungono da trait d’union di due lucenti dimore nobiliari lombarde: dal palazzo già dei potenti Benzoni di Crema arrivarono, alla fine del XIX secolo, siffatte tavolette datate intorno al 1502 nella splendida villa Giovio della Torre di Sovico in Brianza.

Come se facesse gli onori di casa, Pier Luigi Tagliabue, nel suo contributo intitolato “Personaggi e storie della villa Rossi Martini di Sovico” che anticipa il lavoro di Venturelli, ci introduce alle meraviglie della dimora lombarda di cui è l’attuale proprietario, raccontando la storia della casa e quella delle famiglie che l’hanno abitata. L’autore si sofferma soprattutto sul nucleo formato dalla contessa Emilia Martini e dal marito, il senatore Gerolamo Rossi ai quali si deve la presenza delle tavolette nella villa di Sovico quando decisero di ristrutturare e ampliare la dimora briantea, arredandola ex novo intorno al 1895. Tagliabue restituisce attraverso testimonianze illustri come quella del pittore Francesco Hayez, una vivida atmosfera in cui donne affascinanti, grandi amori, tanti personaggi del Risorgimento Italiano, sembrano rivivere attraverso i dati documentali riguardanti la villa di Sovico, grazie anche a un corredo iconografico costituito da piantine della dimora, da cartoline d’epoca, dalla ricostruzione dell’albero genealogico dei Martini Rossi.

La storia delle tavolette cremasche sembra fare da contraltare al passato imponente di chi è entrato in stretto contatto con queste piccole opere d’arte.

Il saggio di Paola Venturelli intitolato “Le tavolette lignee da soffitto cremasche a Sovico, tra storia e moda” focalizza immediatamente l’attenzione su un censimento del 1907 in cui compare una foto che immortala le tavolette oggetto di disamina che campiscono le pareti del grande salone di rappresentanza.

Venturelli segnala come questo censimento fosse la prima (e unica) menzione delle tavolette da soffitto, pervenute con l’acquisto della villa nel 1953 all’ingegner Pier Luigi Tagliabue, che ha voluto sottrarre all’oblio i 185 esemplari ritrovati all’interno di scatoloni nella villa, valorizzandoli in un nuovo allestimento negli ambienti della sua dimora. Partendo da questa veloce citazione Venturelli indaga le origini delle tavolette, appassionando il lettore come se fosse un’inchiesta.

Le tavolette sono, infatti, attribuite storicamente a Vincenzo Civerchio (circa 1460/70 – 1544) un artista che come spesso accade viene nobilitato da un inesistente alunnato presso l’illustre Raffaello. Ad ogni modo, segnala la studiosa che il pittore fu una delle glorie pittoriche di Crema e una tradizione locale, mai comprovata, ha voluto riferirgli parte della produzione degli arredi lignei da soffitto locali.

L’interesse si sposta quindi sulla vivace e ricca cittadina lombarda, Venturelli ricorda come Crema fosse sotto il governo della Serenissima dal 1449 al 1797, con la breve parentesi del dominio francese tra il 1509 e il 1512.

Il contesto storico si rivela come sempre fondamentale per comprendere con profondità di sguardo un’opera d’arte.

La storica dell’arte rammenta come le “300 tavole” a Sovico appartengano al particolare genere artistico delle tavolette da soffitto, che ebbe tra la seconda metà del XV secolo e gli inizi del successivo in Crema un punto notevole di elaborazione, con opere di carattere sostanzialmente profano connotate da un alto livello pittorico, in contrasto con buona parte delle metope realizzate in altre aree, segnate spesso da formule iconografiche seriali di scarso valore formale, eseguite da maestri di non grandi capacità. La studiosa si concentra anche sui materiali, sulle collocazioni di questa particolare forma di arredamento, puntualizzando come fosse frutto di un lavoro di artigiani/artisti dalle capacità diverse, attivi in squadre ben organizzate con compiti e mansioni definite all’interno di botteghe altamente specializ­zate sul fronte delle tecniche e dei materiali, dalla lavorazione del legno alla pittura, alle pratiche costruttive. Venturelli ricorda anche come questo lavoro si configurasse come un prodotto “corale”, menzionando la felice definizione di Winifred Terni de Gregory (1879-1961), alla quale si deve la riscoperta e valorizzazione di questo genere pittorico.

L’autrice disquisisce poi intorno alla scelta per nulla scontata da parte dei coniugi Martini-Rossi di arredare il proprio ambiente domestico con “300 tavole” da soffitto in un’epoca in cui in Italia era scarsissima l’attenzione verso questo genere di manufatti artistici. Opere che, specifica la studiosa, sono state oggetto in quegli anni di rapaci operazioni mercantili dovute alla noncuranza di proprietari e amministratori pubblici, portando alla perdita d’interi cicli menzionati puntualmente da Venturelli. Manufatti che tolti dagli ambienti e immessi sul mercato, sono oggi dispersi in una miriade di passaggi collezionistici.

Lo studio delle tavolette cremasche a Sovico diventa quindi occasione per affrontare un tema attuale di importanza fondamentale come la tutela e la conservazione di opere di assoluto pregio artistico ma considerate per gusto o pregiudizio di minore importanza.

L’osservazione diretta delle opere, operazione imprescindibile per uno studio storico-artistico di alto valore scientifico, consente all’autrice di costruire delle solide e convincenti ipotesi investigative.  Le indagini della storica dell’arte, quindi, approfondiscono la provenienza delle tavolette. Scrive la studiosa: “Sono le vivaci rappresentazioni araldiche a fornirci importanti indizi per in­cominciare a costruire la nostra storia e a permettere di risalire alla famiglia che abitava nel palazzo da dove provengono le metope lignee pervenute a Sovico, facendocene anche scoprire il probabile committente”. Il riconoscimento nelle metope di un gran numero di stemmi appartenenti all’antica famiglia Benzoni consente all’autrice di ragionare intorno a diverse opere connesse all’ autorevole famiglia cremasca.  Venturelli precisa poi che lo stemma Benzoni-Martinengo fisserebbe dunque la cronologia delle tavolette presenti oggi a Sovico in­torno al 1502.

Venturelli giunge ad elaborare una convincente ipotesi riguardante gli autori della serie di Sovico attribuendo la realizzazione quindi a due diversi atelier, uno dei quali stilisticamente vicino alla produzione del leonardesco Bernardino de Conti (1470 circa – post 1522).

Attraverso la penna di Venturelli si dischiude poi un’analisi formale dei gioielli, degli abiti indossati dai protagonisti che si stagliano dalle metope. L’attenta analisi di gentiluomini, di dame e di condottieri, re e imperatori immortalati nelle tavolette da soffitto consente all’autrice di raccontare i gusti e la moda imperante a Crema nel XVI secolo, con elementi desunti dalla cultura veneta e milanese, declinati in una formula originale. Le metope, infatti, si configurano come piccoli e preziosi tasselli di un mosaico che raffigura un’epoca passata. La descrizione attenta di abiti, di dettagli di moda, di elaborati gioielli e di fantasiose acconciature consente di imparare un lessico da addetti ai lavori; anche il lettore meno avveduto, leggendo il prezioso contributo di Venturelli, può allenare il proprio occhio nel riconoscere ornamenti lontani nel tempo.

Nella “Nota introduttiva al catalogo”, infine, appare lodevole la scelta insolita di presentare le parti posteriori di questi esemplari, generalmente omessi dai cataloghi perché non godono di grande impatto visivo. Siffatta scelta dimostra invece l’importanza del retro che, come spesso accade, diventa chiave di volta per comprendere la storia di un’opera d’arte.

Tavolette da soffitto cremasche di inizio Cinquecento Dame e cavalieri da un antico palazzo lombardo attesta quindi come si possa coniugare il piacere della lettura con lo studio rigoroso di un saggio scientifico.

Grazie alla prosa sapiente di Paola Venturelli, una storica dell’arte che si è sempre contraddistinta per studi nel settore delle Arti Decorative di altissima qualità scientifica, possiamo quindi viaggiare nel tempo e nello spazio intrecciando storie, nomi e protagonisti di diverse epoche alla ricerca di notizie di piccole e preziose opere d’arte.