Valentina Filamingo

valentina.filamingo@beniculturali.it

Piccoli e preziosi: i cammei del Fondo Girardet al Museo Boncompagni Ludovisi

DOI: 10.7431/RIV22092020

“Il lavoro delle gemme è od incavo od di rilievo. Coll’incavo otteniamo un’impronta: e le gemme cos’ incise vengono complessivamente designate sotto il nome di intaglio. Il lavoro di rilievo non è che ad ornamento, e dà nome e carattere distinto ai cammei” (Enrico Girardet)1.

Nel 1997 Il Museo Boncompagni Ludovisi per le Arti decorative, il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX acquisisce in parte per vendita, in parte per donazione il ricco materiale – cammei finiti e semilavorati, impronte su ceralacca e in gesso, calchi preparatori, pietre dure per la lavorazione, attrezzi di lavoro, corrispondenze relative alle ordinazioni dei cammei e ritagli di giornale – del Fondo Girardet2, la storica famiglia di incisori in pietra dura di intagli e cammei e medaglisti attiva a Roma tra il XIX secolo e gli inizi del XX. Una parte del Fondo è stato recentemente oggetto dell’esposizione temporanea L’arte del cammeo. Dalla lavorazione ai preziosi del fondo Girardet al Museo Boncompagni Ludovisi3 (Figg. 12). Sono stati selezionati per l’occasione i cammei storici e cammei gioiello accompagnati da un breve excursus sulle fasi della lavorazione, dai modellini in gesso alla pietra lavorata (cfr. Appendice).

Prima di passare in rassegna alcuni dei materiali più peculiari del Fondo oggetto della mostra, si rende a mio avviso necessaria una presentazione dell’arte del cammeo nel contesto storico e culturale romano in cui operò la famiglia degli incisori romani.

Prodotto finissimo e delicato della lavorazione a tutto tondo o in rilievo di alcune pietre dure – agata, diaspro, sardonica, onice e simili – specialmente con strati di colorazione diversa tali da ottenere figure chiari su sfondi scuri4, il cammeo ha una lunga tradizione, le cui origini risalgono all’antichità.

Nell’Ottocento il cammeo di piccole dimensioni, generalmente di forma ovoidale, incastonato in oro o argento, con figurazioni varie (spesso ritratti), è un gioiello molto apprezzato5 e deve la sua fortuna al classicismo trionfante dell’inizio del secolo6.

Complemento di abiti di ispirazione greca o montato su cinture, collane, bracciali, il cammeo raggiunse ogni livello della società con una diffusione mai verificatasi prima di allora: dalle parure eleganti e vistose di ottima fattura per i personaggi di alto rango ai cammei di minor qualità e costo ma non meno gradevoli per un pubblico modesto e poco esigente7.

“L’artista padrone della difficile tecnica può nelle pietre, sia in incavo che in rilievo, eseguire ritratti, figure piene di forza e di vigore, oppure di grazia e di eleganza da raggiungere in questo genere di scoltura, quasi in miniatura, dei risultati veramente sorprendenti” (Giorgio Antonio Girardet)8.

Roma, meta del Grand Tour e di ricchi collezionisti d’arte sia italiani che stranieri è sede di numerosi laboratori di intagliatori, dislocati principalmente nel Tridente, intorno a piazza di Spagna e a piazza del Popolo9. La loro produzione soddisfa il desiderio di riportare dall’Italia, come souvenir, un cammeo o un intaglio, di frequente incastonato in un gioiello non ingombrante e prezioso riproducente opere d’arte, soprattutto capolavori neoclassici10.

A partire dagli anni Venti dell’Ottocento11, i laboratori iniziano a produrre e smerciare – accanto ai cammei in pietra dura – i cammei in conchiglia, materiale più comune, abbondante ed economico, ricercato per soddisfare la domanda di cammei anche a basso costo. La concorrenza dei cammei in conchiglia ai lavori intagliati nelle pietre dure che presuppongono estro e sapiente e paziente maestria è spietata12. L’ornamento commerciale decorativo si affaccia prepotentemente sul mercato con la crescente industrializzazione e causa a poco a poco il decadere e poi esaurirsi della glittica nella seconda metà dell’Ottocento13. L’impiego del cammeo da ora in poi è sempre più limitato alla bigiotteria, scadendo quindi qualitativamente14.

Nel momento di crisi della produzione artistica del cammeo in pietra dura, gli incisori devono scegliere se cambiare genere producendo lavori mediocri15 oppure proseguire nella produzione di opere di grandissima qualità che implicano anche difficili sperimentazioni.

Giorgio Antonio Girardet (Roma, 1829 – Rio de Janeiro 1892), il “graveur de camées, specialiste de portraits”16 prima, e poi i figli Augusto Giorgio (Roma, 1855 – Rio de Janeiro, 1955), incisore e medaglista, e Enrico, (Roma 1861 – 1929), incisore di cammei e sigilli, scelgono tenacemente la seconda strada, affinché nella Città Eterna e in Italia non vada persa la tradizionale e prestigiosa produzione di cammei17. L’impegno di Giorgio Antonio si concretizza nella fondazione della “Società di Mutuo Soccorso fra gli Operai di Roma”, basata sul “vicendevole amore”18 per la pietra, il cui Statuto (Fig. 3) fu approvato in Adunanza generale il 1° novembre 1870.

“Sarò ben lieto se mi sarà dato vedere una schiera di giovani valorosi che combattendo contro quella dei mercanti dell’umano genio, rialzeranno la battuta arte tanto da quelli avvilita: mentre riportandola nel suo primiero splendore procureranno il loro bene e concorreranno a quello del proprio paese” relaziona Giorgio Antonio Girardet il 25 gennaio 1874 in occasione dell’Assemblea generale della Società Operaia Centrale19.

La famiglia di incisori è supportata a partire dal 1880 dai celebri orafi romani Castellani che, con le loro montature, valorizzano i piccoli capolavori d’arte dei cammei e dei sigilli20.

“L’arte dei camei sarebbe ora in decadenza, mentre i cammei di buona fattura non possono essere eseguiti per meno di cinquecento, seicento ed anche mille lire, e trovandosi pochi compratori che siano disposti a spendere simili somme i cammeisti sono costretti a far lavori da terminarsi presto, e del costo di 80 o di 100 lire, per cui non si possono avere quei lavori finiti che formavano la meraviglia di un’altra epoca” (Augusto Castellani)21.

Alla morte di Giorgio Antonio e trasferitosi il figlio primogenito Augusto Giorgio in Brasile dove diventerà medaglista e docente di incisione e medaglie e pietre preziose alla Escola Nacional de Belas Artes di Rio de Janiero, è Enrico a perseverare nella tradizione del cammeo lavorato a mano.

“(…) Rivedo l’artista dinanzi al suo deschetto con tutti i suoi ferri d’intorno e il piede sul pedale che fa da paziente motore alla ruota del trapano. Per lui non c’erano pietre troppo dure e difficili ad incidere: intagliare nell’agata, nella corniola, nella turchese, nel lapislazzuli era la stessa cosa!22 testimonia il poeta, antiquario e scrittore Augusto Jandolo quando nel 1942 si reca in visita dalla signora Maria Socci, vedova di Enrico Girardet.

Lo stesso Jandolo sulle pagine di “Capitolium” passa in rassegna alcuni cammei incisi da Enrico: “Non si deve dimenticare il famoso ritratto di Adelaide Cairoli ch’è ancora in possesso della famiglia la quale gentilmente ne autorizza la riproduzione. Questo cammeo è uno dei più importanti cimeli di quell’arte che oramai può ritenersi scomparsa. Chi può dimenticare il ritratto di re Umberto? Quello giovanile del nostro amato sovrano? Quello della regina Elena? Tutte opere eseguite con squisita bravura e nobile senso dell’arte”23

Proprio il cammeo raffigurante Adelaide Cairoli (Fig. 4) in agata sardonica a tre strati è uno dei preziosi esemplari del Fondo Girardet nelle collezioni del Museo Boncompagni Ludovisi. Abbozzato da Giorgio Antonio ed eseguito dal figlio Enrico “con tre mesi di assiduo lavoro”24, il cammeo è esposto nel Palazzo della Stampa in occasione dell’Esposizione internazionale delle industrie e del lavoro di Torino nel 1911. Il Giornale d’Italia lo recensisce come la più bella espressione di “femminilità italiana”25 nella resa della “madre eroica che diede tutti i figli alla patria”26.

Nella mostra di Torino figura anche il cammeo della Regina Elena di Savoia (Fig. 5) in onice bianco e nero. L’esposizione dei ritratti vale a Enrico Girardet il gran premio e una medaglia d’argento da parte del Ministero dell’industria27.

Il repertorio iconografico dei Girardet al Museo Boncompagni Ludovisi attinge di frequente dai personaggi di Casa Savoia. I rapporti con la famiglia reale sono già stati avviati da Giorgio Antonio, il padre di Enrico che intaglia in onice bianco carnicino e rosso e in onice bianco e nero il ritratto del Re Umberto I di Savoia e in onice bianco carnicino e rosso il ritratto di Vittorio Emanuele III giovinetto (Fig. 6).

Del cammeo in agata rossa e carnicino del 1884 con il ritratto della Regina Margherita di Savoia, oggi non più rintracciabile28, il Museo Boncompagni Ludovisi conserva il gesso del cammeo (Fig. 7) e il gesso a tutto tondo (Fig. 8) dove emergono il diadema, gli orecchini a pendente e undici fili di perle29, immancabili nella parure di rappresentanza della Regina.

“Con l’Unità d’Italia e con la presenza dei reali a Roma erano arrivati anche i due inviti per presentare ai sovrani due memorabili lavori (…) Cloty ricorda ancora l’emozione e l’eccitamento familiare quando nel 1884 era arrivata una seconda comunicazione questa volta direttamente dal Quirinale. Il marchese di Villamarina pregava l’incisore Girardet “di favorire a Palazzo del Quirinale lunedì 3 marzo alle ore una”. Si trattava di consegnare una piccola agata rossa dal bianco carnicino raffigurante il profilo a grande rilievo della regina Margherita di Savoia con i suoi immancabili fili di perle, firmato a destra “G. A. Girardet”. Anche questo cammeo aveva riscosso pieno successo e la regina lo aveva acquistato per lire 1.500 per farne dono a sua madre la duchessa di Genova”30

Anche un’altra regina è protagonista dei cammei dei Girardet: la Regina Guglielmina d’Olanda, il cui grande cammeo ovale in agata è compiuto da Enrico Girardet per commissione di un ricco olandese di nome Hora Siccama. Del cammeo il Museo Boncompagni Ludovisi conserva il calco in metallo e il gesso (Fig. 9).

“Nel 1904 un nobile olandese, Hora Siccama (…) ordinò un cammeo di grandi dimensioni raffigurante la regina Guglielmina D’Olanda. Fu una vera avventura. Hora Siccama aveva solo una cartolina con l’effigie della regina, però avvertì Enrico che la sovrana sarebbe passata in incognito alla stazione Termini. L’olandese fece avere un lasciapassare per Enrico che, in prima fila, nel piccolo gruppo di fedelissimi, attese Guglielmina. (…) Enrico ebbe solo un attimo per imprimersi bene nella mente il viso di Guglielmina d’Olanda. Con fantasia Enrico riprodusse la regina non certo in abito da viaggio, ma con il diadema sull’abbondante capigliatura e un vaporoso tulle attorno all’ampia scollatura”31.

I preziosi del Fondo Girardet non attingono solo dai reali, ma anche da uomini illustri del passato e del presente, da episodi storici e da temi mitologici32. Di Giorgio Antonio Girardet è l’onice bianco e nero, non montato a gioiello, della Danzatrice con veli (Fig. 10), in cui il voile magistralmente reso diventa quasi evanescente.

Tre amorini spiccano sul cammeo in conchiglia (firmato in basso Thorwaldsen inv.) montato a ciondolo, mentre da un’agata sardonica a fondo chiaro emerge ad alto rilievo Venere che afferra Cupido (Fig. 11). Il cammeo in questione montato a spilla in oro e zaffiri reca sotto il piedistallo la firma di G. A. Girardet e sull’agata la sigla Castellani. Un pregevole esempio, dunque, di quella collaborazione tra gli incisori romani e la celebre famiglia di orafi a cui prima si è accennato.

Un sigillo, non un cammeo, è dedicato al mito della Città Eterna. Si tratta della Lupa del Campidoglio, di cui il Museo Boncompagni conserva sia due piccoli gessi sia il sigillo finito in diaspro sanguigno con monogramma di Aloisio Ravani (Figg. 1213).

Completa la panoramica dei preziosi del Fondo Girardet il cammeo a due facce raffigurante la composizione allegorica con Mazzini e l’Unità d’Italia (Figg. 1415).

Doppia è sia la lavorazione – la parte convessa è lavorata su due strati con il volto di Mazzini di profilo e la parte concava è lavorata su tre strati con l’allegoria dell’Unità d’Italia – che l’esecuzione, poiché il cammeo viene iniziato da Giorgio Antonio e terminato dal figlio Augusto. Ma lasciamo che siano ancora una volta i ricordi di Clotilde Girardet, la figlia di Giorgio Antonio, a descrivere il capolavoro in pietra dura:

“Cloty non ricorda bene, le sembra che suo padre lo avesse iniziato nel 1882 per i dieci anni della morte di Mazzini. Non gli era stato ordinato da nessuno, quello era un lavoro tutto suo, un suo omaggio a Mazzini. Su agata a più strati il cammeo, così inconsueto, era inciso su due lati, come le medaglie. Sulla superficie leggermente convessa era il profilo di Mazzini, sopra di lui un sole leggermente accennato e tutto intorno al cammeo una corona di alloro. Nella parte concava suo padre aveva iniziato a incidere un’allegoria sull’unità d’Italia. Giorgio Antonio l’aveva portato con sé in Brasile per finirlo. Per non lasciare incompleta una simile rarità di lavoro, Augusto lo aveva terminato, dopo la morte improvvisa del padre”33.

Appendice: Come nasce un cammeo

In occasione dell’esposizione temporanea L’arte del cammeo. Dalla lavorazione ai preziosi del fondo Girardet al Museo Boncompagni Ludovisi la mostra dei cammei storici e cammei gioiello è stata integrata da un breve rassegna sui materiali per la loro preparazione, dalla pietra dura ai gessi/ceralacche per le impronte ai cammei abbozzati e semilavorati. Sono calzanti in proposito le parole di Enrico Girardet tratte da alcuni dattiloscritti conservati nel Fondo degli incisori romani al Museo Boncompagni.

Le pietre dure (Fig. 16)

“La durezza della pietra, la sua trasparenza, la possibilità di dare il lucido alle parti che si desidera; la possibilità di ottenere su pietre a più colori differenti colorazioni tra le parti in rilievo e quelle costituenti il fondo e le gradazioni di sfumature che derivano dalla trasparenza della pietra in corrispondenza dei differenti spessori sono tutti fattori questi che danno alle gemme ben incise un aspetto di eccezionale eleganza e bellezza artistica. E chi ha senso artistico non può fare a meno di ammirare un cammeo ove una nettissima testa bianca, finemente disegnata e modellata spicchi sul fondo scuro a cui naturalmente aderisce e che qua e là traspare nelle parti meno rilevate dando con ciò più risalto. È bello vedere un panneggiamento scuro stendersi nelle varie sue pieghe sopra carni bianche di una figura le quali staccano meravigliosamente dal campo d’un vario colore”34.

Le impronte su ceralacca e in gesso (Fig. 17) e gli utensili per la lavorazione (Figg. 1819)

L’intagliatore (scalptor dei Lat.) s’accosta o seduto ovvero in piè ad un piccolo banco, sul quale alla sua sinistra ha varie sorte di rotelle di ferro larghe quant’è un centesimo comune per le maggiori, e come una lenticchia per le minime. Alcune di queste valgono per tagliare, e perciò sono sottili; altre per ispianare, ed hanno certa spessezza, maggiore e minore secondo l’uso a cui servono (…)35.

Scelta la gemma adattata al lavoro da eseguirsi, e di cui già si fece un modellino di cera in rilievo, l’intagliatore comincia con una rotella sottile da taglio a segnarne in essa il contorno. Ciò fatto, e cambiata rotella, abbozza le parti più larghe e di maggior profondità. E dopo queste le altre, procurando sempre di penetrar alquanto meno di quel che farebbe d’uopo ad opera finita. E per esser più sicuro di quello che fa, conserva accanto al modellino di norma un pezzo di creta di modellatore, sul quale, a misura che opera, prova sovente la gemma, fintanto che l’impronta di questa nel complesso venga simile al modellino. L’artista, ciò eseguito, s’accinge al finire, che è la parte più difficile e che costituisce il merito principale36.

I cammei difettati

“Tanto a chi le prepara, quanto a chi le deve scegliere dopo la pulitura, è necessario avvertire ch’esse (le pietre) siano senza paglie, senza mancanze, senza screpolature; che se sono onici per cammei,  abbiano i loro strati regolari e continui; che lo strato il quale deve servire per le carni sia d’un bel bianco di latte; ovvero bianco roseo, e distacchi su di un bruno caldo ed intenso di tinta; che il bianco non  sia venato: e quando vogliasi fare uso di tre colori, il bianco di mezzo sia tale da poter somministrare un bel rilievo alle parti nude della figura che si ha da incidere. Per gli intagli poi, quantunque il lavoro d’incavo che in essi praticasi abbia per iscopo principale di ricavarne un’impronta, pure suolsi aver molto riguardo alle venature ed alle macchie della gemma. Perocchè hanno un prezzo maggiore, anche a parità di lavoro, quelle in cui il colore più scuro cadendo sulla capigliatura o sul panneggio della figura, contribuisce naturalmente al buon effetto della medesima”37.

I cammei abbozzati (Fig. 20)

“Ognuno il quale abbia certa giustezza d’occhio e certa pratica meccanica degli ordigni può bozzare con bontà sufficiente; ma s’egli non ha precisa cognizione del disegno, e abilità di dar forme ch’egli vuole alla materia che lavora, non farà mai cosa di qualche merito. Epperciò diversissimo è il valore che ha una gemma soltanto abbozzata da una ben condotta; ed i poco intelligenti amatori d’intagli spesse volte restano ingannati, credendosi di comprare a buon prezzo oggetti che pagano carissimo, avuto riguardo al poco o niun prezzo in che si tengono dai periti cotesti abbozzi”38.

I cammei ultimati a carattere commerciale (Fig. 21)

Presentemente quest’arte di incidere gemme è ormai scomparsa. (…) Le incisioni in conchiglia credo abbiano dato il colpo maggiore all’incisione in gemme. In queste conchiglie di natura tenerissima, distruttibili, di nessun valore e di facilissima lavorazione, sul principio si fecero dei bei lavori, ma sempre per speculazione e per sfruttamento dei negozianti se ne sono fatte e se ne fanno tante e male di queste incisioni in conchiglia da riempirne il mondo, chiamandoli cammei”39.

  1. Cfr. E. Girardet, Gemme incise (Archeol. e B. A.), dattiloscritto conservato nei materiali d’archivio del Fondo Girardet al Museo Boncompagni Ludovisi per e Arti decorative, il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX. La citazione è stata estrapolata da p.13. []
  2. Nel 1997 la Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea ha acquistato dagli eredi Girardet per l’allora museo satellite di moda e arti decorative n.6 cammei storici, n.3 cammei per gioielli, n.1 sigillo, n.11 medaglie dei presidenti della repubblica Fed. Brasiliana. Gli eredi Girardet hanno accompagnato la vendita con la donazione di circa 1400 ceralacche, 12 gessi di medaglie, 3 grandi bronzi e 3 grandi gessi, 60 cammei in varie fasi di lavorazione, 145 gessi di cammei e incisioni, alcuni campioni di pietre dure pronte per la lavorazione, la corrispondenza relativa alle ordinazioni, alcuni utensili, 12 album contenitori per l’esposizione di ceralacche e gessi. []
  3. Mostra inaugurata presso il Museo Boncompagni Ludovisi in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2020 (26-27 settembre) e durata fino al 29 novembre 2020. []
  4. Cfr. Cammèo in N. Zingarelli (a cura di), Lo Zingarelli 2004, vocabolario della lingua italiana, Bologna, p.288. []
  5. Cfr. https://www.sapere.it/enciclopedia/camm%C3%A8o.html []
  6. G. Tassinari, Le pubblicazioni di glittica (2007-2011): una guida critica, in Aquileia Nostra, Anno LXXXII – 2011, Pubblicazione Annuale Associazione nazionale per Aquileia, p.425. []
  7. Ibidem. []
  8. Cfr. E. Girardet, Relazione sulla Comunità 12^ Tagliatori di pietre dure, dattiloscritto conservato nei materiali d’archivio del Fondo Girardet al Museo Boncompagni Ludovisi per e Arti decorative, il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX. La citazione è stata estrapolata da p.5 del dattiloscritto. []
  9. Cfr. P. Venturelli, L’intagliatore Paolo Neri (1813-post 1889): un cammeo e qualche notizia biografica, in “OADI – Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia”, n. 13, Giugno 2016. []
  10. G. Tassinari,  Le pubblicazioni di glittica…, 2011, p. 425. []
  11. P. Venturelli, L’intagliatore Paolo Neri…, 2016. []
  12. L. Pirzio Biroli Stefanelli in E. Girardet, Gli acquerelli di Cloty. I Girardet artisti romani, edizioni Com Nuovi Tempi, Roma, 2013, p.8. []
  13. G. Tassinari,  Le pubblicazioni di glittica…, 2011, p. 425. []
  14. Cfr. https://www.sapere.it/enciclopedia/camm%C3%A8o.html []
  15. L. Pirzio Biroli Stefanelli in E. Girardet, Gemme incise…, p.8. []
  16. Cfr. www.treccani.it/enciclopedia/giorgio-antonio-girardet_(Dizionario-Biografico)/ []
  17. L. Pirzio Birolli Stefanelli in E. Girardet, Gemme incise…, p.8. []
  18. Cfr. Art. 1 dello Statuto della Società di Mutuo Soccorso tra gli operai di Roma (1870). Lo Statuto è conservato nei materiali d’archivio del Fondo Girardet al Museo Boncompagni Ludovisi per e Arti decorative, il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX. []
  19. Cfr. Società operaia centrale. Relazione di G.A. Girardet (incisore in pietre dure) letta all’assemblea generale del 25 gennaio 1874. La relazione è conservata nei materiali d’archivio del Fondo Girardet al Museo Boncompagni Ludovisi per e Arti decorative, il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX. []
  20. Cfr. E. Girardet, Gli acquerelli di Cloty. I Girardet artisti romani, Roma 2013, p.53. []
  21. P. Venturelli, L’intagliatore Paolo Neri…, 2016. []
  22. Cfr. A. Jandolo, Romani intagliatori in pietre dure, in Capitolium, – XVII ,9, anno 1942, p.288. []
  23. Ibidem. []
  24. E. Girardet, Gli acquerelli di Cloty…, 2013, p. 112. []
  25. Cfr. Un artista romano premiato a Torino, in “Il Giornale d’Italia”, anno XI, martedì 21 novembre 1911. L’articolo di giornale è conservato nei materiali d’archivio del Fondo Girardet al Museo Boncompagni Ludovisi per e Arti decorative, il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX. []
  26. Ibidem. []
  27. E. Girardet, Gli acquerelli di Cloty…, 2013, p.114. []
  28. Cfr. L. Pirzio Biroli Stefanelli, Cammei per Casa Savoia: i ritratti di Giorgio Antonio Girardet, in Strenna dei Romanisti, LVIII, Roma 1997, p. 514. []
  29. Ibidem. []
  30. E. Girardet, Gli acquerelli di Cloty…, 2013, p.53. []
  31. E. Girardet, Gli acquerelli di Cloty…, 2013, pp.113-114. []
  32. Cfr. L. Pirzio Biroli Stefanelli, Cammei per Casa Savoia: i ritratti di Giorgio Antonio Girardet, p.512. []
  33. E. Girardet, Gli acquerelli di Cloty…, 2013, p. 57. []
  34. E. Girardet, Relazione sulla Comunità 12^ Tagliatori di pietre dure, dattiloscritto conservato nei materiali d’archivio del Fondo Girardet al Museo Boncompagni Ludovisi per e Arti decorative, il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX. La citazione è stata estrapolata da p. 5-6 del dattiloscritto. []
  35. E. Girardet, Gemme incise…, p.16. []
  36. E. Girardet, Gemme incise…, pp.18-19. []
  37. Ibidem. []
  38. Ibidem. []
  39. E. Girardet, Relazione sulla Comunità 12^ Tagliatori di pietre dure, dattiloscritto conservato nei materiali d’archivio del Fondo Girardet al Museo Boncompagni Ludovisi per le Arti decorative, il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX. La citazione è stata estrapolata dalle pp. 6-7 del dattiloscritto. []