Abstract

Benedetta Montevecchi
Oreficeria sacra a Roma in età carolingia: i donativi di Leone III nel racconto del Liber Pontificalis

Gran parte della lunga vita del Papa Leone III narrata nel Liber Pontificalis è dedicata proprio all’attività di riedificazione e restauro di antichi edifici e all’incredibile serie di donazioni elargite alle chiese romane. Tralasciando buona parte delle importanti vicende storiche del tempo, il biografo si sofferma infatti sulla straordinaria munificenza del papa, proponendo un interminabile elenco di doni: suppellettili preziose, sculture ed elementi architettonici rivestiti di metalli pregiati, tovaglie ricamate, veli e cortine intessuti di seta e d’oro. Il Liber Pontificalis riporta quindi una dettagliata e preziosa testimonianza di un immenso patrimonio orafo che non esiste più, del quale pressoché nulla rimane: l’oreficeria d’età carolingia. Gli unici esempi superstiti presentano un’interpretazione romana dell’oreficeria sacra dove l’apparato decorativo, apparentemente modesto, rinuncia ad ogni preziosità, tipico di lavori coevi, privilegiando l’aspetto narrativo dell’ampio ciclo cristologico affidato solo alle immagini sbalzate e alle figurazioni in smalto.

Sacred goldsmithery in Rome in the Carolingian age: the donations of Leo III in the account of the Liber Pontificalis

Much of the long life of Pope Leo III narrated in the Liber Pontificalis is dedicated to the rebuilding and restoration of ancient buildings and the incredible series of donations given to Roman churches. Leaving aside most of the important historical events of the time, the biographer dwells in fact on the extraordinary munificence of the pope, proposing an endless list of gifts: precious furnishings, sculptures and architectural elements covered with precious metals, embroidered tablecloths, veils and curtains woven in silk and gold. The Liber Pontificalis therefore reports a detailed and precious testimony of an immense goldsmith’s heritage that no longer exists, of which almost nothing remains: the goldsmith’s work of the Carolingian age. The only surviving examples present a Roman interpretation of sacred goldsmithery where the decorative apparatus, apparently modest, renounces all preciousness, typical of contemporary works, privileging the narrative aspect of the wide Christological cycle entrusted only to embossed images and enamel figures.

Antonella Ventura
Giocare con le scale: rapporti tra architetture monumentali e strutture reliquiarie. Esempi di arti decorative in Umbria e in Puglia nel corso del Trecento

Sono noti gli stretti legami tra le architetture monumentali e i reliquiari microarchitettonici del Medioevo. Queste relazioni possono derivare da necessità concrete o dipendono da significati simbolici. In questo lavoro verranno presi in considerazione diversi artefatti, per capire come i diversi usi delle scale e delle dimensioni possano determinare la circolazione di più messaggi. Da un lato, verrà analizzato il reliquiario del Santo Corporale di Orvieto, realizzato da Ugolino di Vieri e dai suoi collaboratori senesi nel 1338: la sua forma deriva dalla facciata del Duomo di Orvieto ed è legata anche alla costruzione dell’edificio; infatti, sia la macro che la microarchitettura sono state pensate e realizzate per ospitare la reliquia del Santo Corporale, un lino bagnato con gocce di sangue miracolosamente sgorgate da un’ostia, durante una cerimonia religiosa a Bolsena. D’altra parte, saranno considerati due tabernacoli: il primo è il reliquiario di San Sabino, realizzato sempre da Ugolino di Vieri e Viva di Lando e custodito nel Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto, e il secondo è una piccola struttura gotica, custodita nel Museo Nicolaiano di Bari. Entrambi questi ultimi due esempi evocano forme architettoniche e ospitano la scultura della Vergine con il Bambino in una nicchia gotica. Se il reliquiario del Corporale è un esempio di come i grandi monumenti possano ispirare microarchitetture e di come uno scopo specifico possa portare alla realizzazione di opere diverse nelle dimensioni, ma non nella forma, gli ultimi esemplari dimostrano come scale e dimensioni siano state fissate per sottolineare particolari significati, in questo caso il ruolo svolto dalla Vergine, come mediatrice dal mondo umano e di passaggio a quello celeste ed eterno.

Playing with scales: relationships between monumental architectures and reliquary structures. Examples of decorative arts in Umbria and Apulia during the fourteenth century

Close connections between monumental architectures and micro-architectural reliquaries in the Middle Ages are renowned. These relationships can derive from concrete necessities or they depend on symbolic meanings. In this paper different artifacts will be considered, in order to understand how different uses of scales and sizes can determine the circulation of several messages. On the one hand, will be analysed the reliquary of the Holy Corporal of Orvieto, made by Ugolino di Vieri and his Sienese partners in 1338: its form derives from Orvieto Cathedral’s facade and is also linked with the building’s construction; indeed, both macro and micro-architecture were thought and realized in order to house the relic of the Holy Corporal, a linen wet with drops of blood miraculously spurt out from an host, during a religious ceremony in Bolsena. On the other hand, will be considered two tabernacles: the former is the reliquary of saint Sabino, also realised by Ugolino di Vieri and Viva di Lando and shielded into the ‘Museo dell’Opera del Duomo’ of Orvieto, and the latter is a little gothic structure, shielded into the ‘Museo Nicolaiano” of Bari. Both, this two last examples evoke architectural shapes and house the sculpture of the Virgin with her Child, held into a gothic niche. If Corporal reliquary is an example of how huge monuments can inspire microarchitectures and how a specific aim can bring to the realisation of products, different in dimensions, but not in their form, the last specimens demonstrate how scales and sizes were fixed to emphasize particular meanings, in this case the role played by the Virgin, as a mediator from human and passing world to the heavenly and eternal one.

Patrizia Sardina
Dal profano al sacro: oreficeria e abiti nella Sicilia tardo-medievale

Nell’Europa tardo medioevale le leggi suntuarie disciplinarono l’uso di abiti e gioielli e  i frati predicatori portarono avanti campagne moralizzatrici contro il lusso, con discorsi nelle piazze e roghi delle vanità. In Sicilia gioielli e abiti lussuosi divennero una forma d’investimento, servivano per costituire le doti, si trasmettevano in eredità e potevano essere impegnati. Modificare gli oggetti profani, simbolo di peccato, in paramenti e arredi sacri fu considerata un’opera meritoria, fondamentale per la salvezza dell’anima. Beni temporali, acquistati a volte con un arricchimento illecito, subivano una metamorfosi che consentiva di conciliare aeterna e temporalia. Nel Trecento nobildonne e mogli di mercanti, conti e notai fondavano cappelle e donavano abiti e stoffe preziose per fare casule; cinture, bottoni, orecchini e tazze d’argento per realizzare calici, patene e croci; perle e smalti da applicare ai paliotti d’altare. Gli indumenti sacerdotali potevano essere confezionati da nobildonne, come Grazia de Ebdemonia, che fu incaricata dalla cugina Palma Mastrangelo di trasformare in paramenti sacri tutti i suoi veli e panni di seta.

From the profane to the sacred: goldsmithery and clothing in late medieval Sicily

In late medieval Europe sumptuary laws regulated the use of clothes and jewellery, the Friars Preachers conducted moralizing campaigns against luxury, by speeches in the public squares and fires of vanities. In Sicily jewellery and luxurious clothes became a form of investment, they were given for dowry and as inheritance, they could also be pledged. The transformation of profane objects, symbol of sin, into vestments and altar furnishings was considered a laudable deed, fundamental for the salvation of the soul. Temporal goods, sometimes illegally earned, underwent a metamorphosis that allowed to reconcile aeterna and temporalia. In the thirteenth century noblewomen, wives of merchants, counts and notaries founded chapels, donated dresses and precious clothes to make chasubles; gave silver belts, buttons, earrings, and cups to make chalices, patens, and crosses; while pearls and enamels were applied to the altar frontals. The vestments could be made by noblewomen like Grazia de Ebdemonia, who had to transform all the veils and clothes of her cousin Palma Mastrangelo into vestments.

Valentina Baldi
Giulio Parigi: costumi e carri allegorici per la Guerra d’Amore

La Guerra d’Amore andò in scena a Firenze l’11 febbraio 1616 e rientra nel contesto del tournoi à thème, un vero e proprio genere teatrale che si era diffuso in Europa già dalla seconda metà del XVI secolo, in cui gli elementi tradizionali della giostra si fusero pian piano con quelli dello spettacolo barocco. La composizione della battaglia e del balletto a cavallo furono opera di Agnolo Ricci, maestro di ballo granducale; le elaborate macchine sceniche, il disegno del teatro e i disegni dei costumi, oggetto di questo studio, furono opera dell’architetto e ingegnere granducale Giulio Parigi.

Giulio Parigi: costumes and allegorical carts for the War of Love

The War of Love was staged in Florence on February 11, 1616 and is part of the tournoi à thème, a true theatrical genre that had spread in Europe since the second half of the sixteenth century, in which the traditional elements of the carousel slowly merged with those of the Baroque show. The composition of the battle and the ballet on horseback were the work of Agnolo Ricci, Grand Duke’s dancing master; the elaborate stage machinery, the theatre design and the costume designs, the subject of this study, were the work of the Grand Duke’s architect and engineer Giulio Parigi.

Marco Coppe
Un calice inedito di Cosimo Merlini

Nel convento dei padri Cappuccini di Montughi, situato sulle colline di Firenze, è custodita una notevole raccolta di opere d’arte, tra i quali spicca un arredo particolarmente degno di nota che è stato rintracciato nel 1983 tra i calici in disuso conservati nella vecchia sagrestia ed annotato nello schedario interno del convento. L’opera è firmata da Cosimo Merlini (1580-1641), orafo di origine bolognese la cui attività è documentata a Firenze dal 1614 al 1641 e attestata da una serie di opere, alcune delle quali di grande importanza. Come già evidenziato dalla critica, il Merlini seppe interpretare in modo assolutamente innovativo tipologie di arredi la cui struttura era oramai fissata in precisi canoni. Da un punto di vista stilistico interpretò le esigenze controriformiste combinando spiccato naturalismo, particolare fantasia artistica e straordinaria tecnica esecutiva.

An unpublished goblet by Cosimo Merlini

In the convent of the Capuchin Fathers of Montughi, located on the hills of Florence, is kept a remarkable collection of works of art, among which stands out a particularly noteworthy piece of furniture that was found in 1983 among the disused goblets kept in the old sacristy and annotated in the internal archive of the convent. The work is signed by Cosimo Merlini (1580-1641), a goldsmith of Bolognese origin whose activity is documented in Florence from 1614 to 1641 and attested by a series of works, some of which are of great importance. As the critics have already pointed out, Merlini was able to interpret in an absolutely innovative way types of furnishings whose structure was by now fixed in precise canons. From a stylistic point of view he interpreted the Counter-Reformation requirements by combining strong naturalism, particular artistic imagination and extraordinary execution technique.

Giovanni Boraccesi
Una sinfonia di argenti nell’isola di Tinos: le chiese di Kato Klisma, Ktikados e Sant’Antonio di Tinos

L’articolo analizza gli argenti di due villaggi rurali dell’isola greca di Tinos, Kato Klisma e Ktikados, come pure quelli custoditi nella chiesa dei Minori Conventuali del capoluogo isolano, qui con taluni reperti di respiro europeo. Come finora rilevato negli altri centri delle isole Cicladi, tali manufatti sono per la gran parte essenziali alla quotidiana liturgia, tenendo altresì conto delle ridotte disponibilità economiche che caratterizzavano ognuna di queste comunità cattoliche, da secoli stanziate in questo lembo di Grecia. L’assenza di documenti archivistici non permette di fornire precise datazioni, per cui la loro cronologia si basa essenzialmente sullo studio degli elementi stilistici e, in alcuni casi, su iscrizioni, date o marchi.

A symphony of silver in the island of Tinos: the churches of Kato Klisma, Ktikados and St. Anthony of Tinos

The article analyzes the silverware of two rural villages on the Greek island of Tinos, Kato Klisma and Ktikados, as well as those kept in the church of the Minor Conventual of the island’s capital, here with some artifacts of European significance. As has been pointed out so far in the other centres of the Cyclades islands, these artifacts are for the most part essential to the daily liturgy, also taking into account the reduced economic availability that characterised each of these Catholic communities, which have been settled in this part of Greece for centuries. The absence of archival documents makes it impossible to provide precise dates, so that their chronology is essentially based on the study of stylistic elements and, in some cases, on inscriptions, dates or marks.

Elvira D’Amico
Una curiosità della collezione Arezzo di Trifiletti: l’agoraio in seta dipinta dell’ammiraglio Federico Gravina di Montevago (1799 ca.)

Un esemplare particolarmente singolare della prestigiosa Collezione Arezzo di Trifiletti di Palermo è il minuscolo album in seta dipinta, già appartenuto all’ammiraglio siculo-spagnolo Federico Gravina di Montevago, adibito a porta-aghi e punta-spilli, utilizzo quanto meno inusuale se rapportato all’importanza ed autorità del proprietario. L’originale manufatto giunse all’attuale destinazione dopo almeno tre passaggi, essendo stato donato dal Gravina al suo amico palermitano principe di Valguarnera, che a sua volta lo trasmise al marchese Arezzo, antenato dell’attuale proprietario, il prof. Gabriele Arezzo di Trifiletti, incrementando la sua già copiosa ed esclusiva collezione di costumi, accessori e manufatti d’epoca.

A curiosity from the Arezzo of Trifiletti collection : the painted silk agoraio of Admiral Federico Gravina di Montevago (c. 1799)

A particularly singular specimen of the prestigious Arezzo  of Trifiletti Collection in Palermo is the tiny painted silk album, already owned by the Sicilian-Spanish admiral Federico Gravina di Montevago, used as a needle-holder and pin-point, a use at least unusual if compared to the importance and authority of the owner. The original artifact reached its current destination after at least three passages, having been donated by Gravina to his friend Prince of Valguarnera from Palermo, who in turn passed it on to the Marquis Arezzo, ancestor of the current owner, Prof. Gabriele Arezzo di Trifiletti, increasing his already copious and exclusive collection of costumes, accessories and antique artifacts.

Sante Guido
Un tagliacarte di Alessandro Castellani su disegno di Michelangelo Caetani e l’utilizzo in oreficeria di un nuovo prezioso metallo: l’alluminio

Tra gli studi della storia dell’oreficeria europea una menzione speciale tra i metalli preziosi andrebbe dedicata all’alluminio. Quest’ultimo infatti, quando venne scoperto negli anni Cinquanta del XIX secolo venne stimato con valori sino a dieci volte più alti dell’oro, divenendo materia prima per monili e manufatti preziosi o di particolare pregevolezza e valenza simbolica. Il Museo di Mineralogia dell’Università Sapienza di Roma custodisce un inedito tagliacarte raffigurante un Angelo dalle grandi ali verticali unite tra loro e perfettamente dettagliate nella descrizione delle piume, dai lunghi capelli sulle spalle, le braccia al petto e vestito con un lungo abito. Il prezioso tagliacarte è qui attribuito alla produzione della celebre famiglia di orafi romani dei Castellani. Più in particolare qui s’intende annoverare l’opera tra le creazioni di Alessandro Castellani e del suo atelier a Parigi, datandolo al biennio 1860-1862, periodo nel quale l’orafo romano visse nella capitale francese e dove su un prototipo in uso nella bottega paterna a Roma, Alessandro sperimentò il nuovo prezioso metallo in gran voga in quel periodo.

A letter opener by Alessandro Castellani designed by Michelangelo Caetani and the use in jewellery of a new precious metal: aluminium

Among the studies of the history of European jewellery, a special mention should be dedicated to aluminium. In fact, when aluminium was discovered in the 1850s it was estimated to be up to ten times higher than gold, becoming the raw material for jewellery and precious artifacts or of particular preciousness and symbolic value. The Museum of Mineralogy of the Sapienza University of Rome preserves an unpublished letter opener depicting an Angel with large vertical wings joined together and perfectly detailed in the description of the feathers, with long hair on the shoulders, arms at the chest and dressed in a long dress. The precious letter opener is here attributed to the production of the famous Castellani family of Roman goldsmiths. More specifically, here we intend to include the work among the creations of Alessandro Castellani and his atelier in Paris, dating it to the two-year period 1860-1862, the period in which the Roman goldsmith lived in the French capital and where, on a prototype in use in his father’s workshop in Rome, Alessandro experimented with the new precious metal in vogue during that period.

Enrico Colle
Aggiunte al catalogo delle opere di Giovan Battista Gatti

Il ritrovamento di una scrivania impiallacciata di ebano e riccamente intarsiata in avorio dall’ebanista di origine faentina Giovan Battista Gatti, recentemente apparsa sul mercato dell’antiquariato, ha consentito di raccogliere ulteriori informazioni circa le opere prodotte da questo importante artigiano che, formatosi  alla scuola dei rinomati intarsiatori fiorentini attivi verso la metà dell’Ottocento, svolse gran parte della sua attività a Roma, godendo di larga fama sia presso l’aristocrazia capitolina, sia nella cerchia di quei colti viaggiatori stranieri che, dopo aver visitato i principali monumenti  dell’Urbe, non disdegnavano fermarsi ad ammirare e, spesso, comperare i suoi prodotti.

Additions to the catalogue of works by Giovan Battista Gatti

The discovery of a desk veneered in ebony and richly inlaid in ivory by the cabinetmaker of Faenza origin Giovan Battista Gatti, recently appeared on the antiques market, has allowed us to gather more information about the works produced by this important craftsman, trained in the school of renowned Florentine inlayers active in the mid-nineteenth century, carried out much of his work in Rome, enjoying great fame both among the Capitoline aristocracy and among those cultured foreign travelers who, after visiting the main monuments of the city, did not disdain stopping to admire and, often, buy its products.

Maria Grazia Gargiulo
Un’inedita copia napoletana del lampadario gotico della Collegiata di Castiglione Olona

Il Museo Artistico Industriale di Napoli, fondato dal Principe Gaetano Filangieri, custodisce una copia del lampadario conservato presso la collegiata della Beata Vergine Maria e dei Santi Stefano e Lorenzo di Castiglione Olona in provincia di Varese. L’opera originale è databile al terzo o al quarto decennio del XV secolo e fu realizzata da una manifattura fiamminga o tedesca. L’articolo studia le varie fasi dell’acquisizione della copia napoletana del manufatto, ricostruendone le vicende nel tempo.

An unpublished Neapolitan copy of the gothic chandelier of the Collegiate Church of Castiglione Olona

The Industrial Artistic Museum of Naples, founded by Prince Gaetano Filangieri, houses a copy of the chandelier kept in the collegiate church of the Blessed Virgin Mary and Saints Stephen and Lawrence of Castiglione Olona in the province of Varese. The original work can be dated to the third or fourth decade of the 15th century and was made by a Flemish or German manufacturer. The article studies the various phases of the acquisition of the Neapolitan copy of the artifact, reconstructing its events over time.

Matilde Amaturo – Valentina Filamingo – Paola Abenante
Un estratto del comodato della Scuola Professionale femminile Margherita di Savoia al Museo Boncompagni Ludovisi

Il Museo Boncompagni Ludovisi per le Arti decorative, il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX ospita dal 2001 il comodato permanente delle opere frutto della produzione artigianale e artistica della Scuola Professionale femminile “Margherita di Savoia”. La Scuola nacque a Roma nel 1876 su impulso delle politiche scolastiche progressiste del Comune di Roma con l’obiettivo di trasformare tradizionali competenze artigianali femminili forti nell’ambiente romano in mestieri veri e propri, svolti da maestranze femminili specializzate. Attraverso l’analisi delle opere oggi esposte, l’articolo studia la produzione della Scuola, contestualizzandola con il contesto storico e artistico del periodo.

An extract from the commodate of the Margherita di Savoia Professional Women’s School at the Boncompagni Ludovisi Museum

Since 2001, the Boncompagni Ludovisi Museum for the Decorative Arts, Costume and Fashion of the 19th and 20th centuries has housed the permanent commodate of the works resulting from the artisan and artistic production of the “Margherita di Savoia” Professional School for Women. The School was founded in Rome in 1876 on the impulse of the progressive school policies of the Municipality of Rome with the aim of transforming traditional strong female craftsmanship skills in the Roman environment into real crafts, carried out by specialized female workers. Through the analysis of the works exhibited today, the article studies the production of the School, contextualizing it with the historical and artistic context of the period.

Rosa Romano d’Orsi
La cultura orafa calabrese fra arte e memoria

Tra Settecento e Ottocento, grazie a una nuova ondata di benessere in tutta Europa, il gioiello divenne per i nuovi ceti borghesi, un elemento qualificante con risvolti anche fra le classi più umili che videro nell’oro un simbolo di riscatto sociale. Anche in Calabria nacquero diversi laboratori, in particolare in area cosentina. Si riscontra qui una vasta rappresentanza di gioielleria popolare , oggetto di questo studio, con oro a 8 o a 12 o a 14 carati, smalti e pietre non preziose, memoria di una parte della società spesso dimenticata o non considerata le cui manifestazioni sono state, in alcuni casi, addirittura cancellate e che qui fortunatamente hanno mantenuto il loro valore originario.

The Calabrian goldsmith culture between art and memory

Between the eighteenth and nineteenth centuries, thanks to a new wave of prosperity throughout Europe, the jewel became a qualifying element for the new middle classes, with implications even among the most humble classes who saw in gold a symbol of social redemption. Also in Calabria several workshops were born, in particular in the Cosenza area. Here there is a vast representation of popular jewellery, the object of this study, with 8 or 12 or 14 carat gold, enamels and non-precious stones, a memory of a part of society often forgotten or not considered whose manifestations have been, in some cases, even cancelled and which here fortunately have maintained their original value.

Pietro Rubino
L’archivio della ditta Musy Padre e Figli. Tre secoli di storia e attività orafa

L’articolo presenta la struttura del fondo archivistico della ditta Musy Padre e figli, storico nome della gioielleria torinese, acquisito dall’Archivio di Stato di Torino nel 2011, che rappresenta un caso eccezionale nell’ambito degli studi sull’oreficeria. I molteplici spunti di ricerca che esso offre potrebbero contribuire a definire una geografia artistica dell’arte orafa, ricostruendo rapporti tra soggetti e ambiti artistici diversi, canali di comunicazione, divergenze e i punti di rottura fra contesti e soggetti differenti; quesiti ai quali l’archivio Musy, opportunamente interrogato, è pronto a dare una risposta.

The archive of the company Musy Father and Sons. Three centuries of history and goldsmith activity

The article presents the structure of the archival fund of the company Musy Padre e figli, historical name of Turin jewellery, acquired by the State Archives of Turin in 2011, which represents an exceptional case in the field of goldsmithery studies. The many research ideas it offers could help to define an artistic geography of the goldsmith’s art, reconstructing relationships between different artistic subjects and fields, communication channels, divergences and points of rupture between different contexts and subjects; questions to which the Musy archive, appropriately questioned, is ready to give an answer.

Priscilla Manfren
«Pittoresche industrie casalinghe»: artigianato e arti applicate coloniali nelle rassegne dell’Italia fascista

L’articolo presenta una panoramica sul tema dell’artigianato e delle arti applicate delle colonie italiane tra anni Venti e anni Trenta del Novecento, proponendo come fil rouge un percorso attraverso alcune delle svariate mostre, spesso inserite in contesti espositivi di più ampia portata, dedicate a tali particolari produzioni. Lo scopo del lavoro è duplice: in primo luogo, esso punta a evidenziare le modalità di strumentalizzazione di queste specifiche produzioni da parte degli enti organizzatori e della propaganda coloniale governativa, desiderando inoltre riflettere sull’atteggiamento che di fronte a esse presentavano, da un lato, gli ‘esperti del settore’, ossia i critici d’arte, dall’altro, l’eterogenea massa dei visitatori di tali rassegne; secondariamente, il saggio vuole porre in luce alcune delle molteplici espressioni della cultura materiale indigena che, in tale arco cronologico, vengono presentate nel contesto italiano come manifestazioni artistiche più evidenti, tangibili e tipiche dei domini nazionali oltremare.

«Picturesque household industries»: crafts and colonial applied arts and crafts in Fascist Italy’s exhibitions

The article presents an overview on the theme of crafts and applied arts of the Italian colonies between the 1920s and 1930s, proposing as a fil rouge a path through some of the various exhibitions, often included in broader exhibition contexts, dedicated to these particular productions. The aim of the work is twofold: firstly, it aims to highlight the ways in which these specific productions were exploited by the organizers and government colonial propaganda, and also to reflect on the attitude of the ‘experts in the field’, art critics, on the one hand, and the heterogeneous mass of visitors to these exhibitions, on the other; secondly, the essay aims to highlight some of the many expressions of indigenous material culture which, in this chronological arc, are presented in the Italian context as the most evident, tangible and typical artistic manifestations of the overseas national domains.