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Un tagliacarte di Alessandro Castellani su disegno di Michelangelo Caetani e l’utilizzo in oreficeria di un nuovo prezioso metallo: l’alluminio
DOI: 10.7431/RIV20082019
Tra gli studi della storia dell’oreficeria europea e più in particolare negli approfondimenti dedicati alle tecniche ma soprattutto ai materiali costituitivi1, una menzione speciale tra i metalli preziosi − oro e argento2 − andrebbe dedicata all’alluminio. Quest’ultimo infatti, oggi tra i metalli più comuni ed economici e con il quale sono prodotti milioni di oggetti molti dei quali “usa e getta”, quando venne scoperto negli anni Cinquanta del XIX secolo venne stimato con valori sino a dieci volte più alti dell’oro, divenendo materia prima per monili e manufatti preziosi o di particolare pregevolezza e valenza simbolica3. È il caso del Washington Monument, l’obelisco alto 169 metri per commemorare George Washington nella capitale federale degli Stati Uniti d’America4, la cui punta è un blocco piramidale di circa cento once (circa g 283) (Fig. 1), realizzato nel 18845 nel preziosismo nuovo metallo6. Di circa un decennio più tardi – 1893 – è invece la prima statua fusa in alluminio: l’Angel of Christian Charity, meglio noto come Eros (Fig. 2), che sormonta la Shaftesbury Memorial Fountain a Piccadilly Circus, realizzata da Albert Gilbert, scultore inglese che si formò negli anni settanta del XIX secolo a Parigi, ove si interessò dell’uso del nuovo rivoluzionario metallo7.
La scoperta dell’alluminio e le sue prime utilizzazioni
L’alluminio è quindi un metallo recente: venne infatti identificato per la prima volta nel 1808 dal chimico inglese Humphry Davy (1777-1851)8 e nel 1845 il tedesco Friedrich Wöhler (1800-1882) produsse le prime sfere di alluminio per fusione9, ma è solo nel 1854 che il francese Henri Sainte-Claire Deville (1818-1881), il vero artefice della “scoperta” del nuovo metallo, riuscì a produrre alluminio puro ricavandolo dall’argilla proveniente dal villaggio francese di Les Baux, dal quale deriva il nome della bauxite10. Nel 1856 anche il fiorentino Luigi Ferrari Corbelli ideò un procedimento d’estrazione dell’alluminio metallico dall’argilla delle colline toscane11, successivamente presentato all’Esposizione Italiana Agraria, Industriale e Artistica tenuta nel 1861 a Firenze12.
Il raro nuovo metallo, dall’aspetto lucente come l’argento, ebbe enorme notorietà allorquando vennero presentati per la prima volta all’Exposition Universelle di Parigi del 1855 dei lingotti in alluminio, risultato delle sperimentazioni di Deville, e per la “Classe di Gioielleria e Oreficeria” trois petits objets realizzati dalla celebre casa di argenteria Christofle, fornitore ufficiale dell’imperatore Napoleone III. Il sovrano fu particolarmente affascinato dal costosissimo metallo, del quale aveva l’esclusiva mondiale, al punto da farsi realizzare un sontuoso «set of aluminum table ware produced for his most important guests, while lesser guests ate on gold»13. Sempre in alluminio Napoleone III fece realizzare preziosissimi doni come ad esempio la catena d’orologio commissionata alla Christofle per il re del Siam Rama IV Mongkut dal quale l’Imperatore (Fig. 3) aveva ricevuto oltre a numerosi preziosi oggetti una missiva diplomatica scritta su una lastra in oro puro della lunghezza di circa cm 40, oggi custodita presso gli Archives diplomatiques di Parigi14. Accanto a preziosi monili vennero prodotte numerose medaglie raffiguranti su un lato l’effige del sovrano e sull’altre motti e dediche da indirizzarsi quale omaggio a sovrani e alti dignitari, in altri casi compaiono invece iscrizioni che fanno riferimento proprio al materiale con il quale sono prodotte in relazione alla sua rarità e preziosità. È ad esempio il caso di una medaglia conservata presso il Museo di Mineralogia dell’Università Sapienza di Roma15 donata a papa Pio IX, come inciso sul verso della medaglia16, nel 1863 e recante sul recto: ALUMINIUM / PRODUIT / À LA MANUFACTURE / DE JAVEL / PAR ORDRE / DE S.M. L’EMPEREUR / 1855 (Fig. 4). Sempre nello stesso museo, e strettamente connesso al donativo al Pontefice, è inoltre conservato un inedito tagliacarte raffigurante un Angelo dalle grandi ali verticali (Fig. 5) unite tra loro e perfettamente dettagliate nella descrizione delle piume, dai lunghi capelli sulle spalle, le braccia al petto e vestito con un lungo abito17.
Il prezioso tagliacarte è qui attribuito alla produzione della celebre famiglia di orafi romani dei Castellani in quanto trova un puntuale raffronto in un secondo esemplare in argento − oggi in collezione privata e già presentato dalla nota studiosa Stephanie Walker − e in un terzo manufatto ligneo molto simile ai due appena citati18. Più in particolare qui s’intende annoverare l’opera, come meglio illustrato in seguito, tra le creazioni di Alessandro Castellani (Roma 1823-Napoli 1883) (Fig. 6) e del suo atelier a Parigi, al numero 120 dell’Avenue del Champes Elisèes19, datandolo al biennio 1860-1862, periodo nel quale l’orafo romano visse nella capitale francese e dove su un prototipo in uso nella bottega paterna a Roma, Alessandro sperimentò il nuovo prezioso metallo in gran voga nella capitale francese.
Opere dei Castellani in alluminio
Il già citato tagliacarte ad Angelo dalle grandi ali va inserito nel ristrettissimo novero di manufatti prodotti dai Castellani con il prezioso alluminio, tra i quali un ruolo di assoluta eccezionalità è da attribuirsi ad un Elmo da parata (Figg. 7 – 8), in oro, bronzo dorato e lucente alluminio, realizzato nel 1878 da Augusto Castellani (Roma 1829-1914), fratello di Alessandro, per il primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II di Savoia, ed esposto all’Exposition Universelle di Parigi del medesimo anno20. Dalla documentazione del Fondo Castellani conservato presso l’Archivio di Stato di Roma si evince che sul finire del 1877 e nell’imminenza della manifestazione nella capitale francese, Augusto annotava nel suo diario: «Io desiderava inviare all’Esposizione di Parigi del 1878 un mio lavoro che attestasse nella Capitale Repubblicana il mio affetto per la Monarchia Italiana ed un giorno chiesi al Marchese Pes di Villamarina confidenzialmente quale blasonicamente fosse la Corona d’Italia perché quella di Monza è una corona votiva dell’epoca di Teodolinda: dopo breve conversazione vedemmo che io poteva esporre il Cimiero del Primo Cittadino d’Italia perché non esisteva una corona dei Re d’Italia: così il 24 febbraio scrivevo al Cav. Torrioni mio amico e segretario del Principe Reale se ciò sarebbe stato di aggradimento della Real Famiglia»21. L’Elmo reale in onore di Vittorio Emanuele II, appositamente realizzato in alluminio, al quale si conferì un valore di modernità oltre che di preziosità, era ancora in lavorazione quando il Sovrano morì a causa di una polmonite il 9 gennaio del 1878. Il progetto di Augusto trovò comunque compimento e «il 12 aprile [1878] l’Elmo Reale, dedicato al Padre della Patria, era compiuto ma prima di inviarlo a Parigi credetti mio dovere darne notizia a Re Umberto e pregai il Marchese di Monteranno far ciò in mio nome ed il Re mostrò vivo interesse di vederlo: mi recai dunque privatamente in Quirinale e ricordo che il Re Umberto presente la Regina Margherita e il Principe Reale fieramente ne copriva il suo capo facendomi largo encomio»22. La perfetta esecuzione dell’elmo, inviato a Parigi insieme ad altri quaranta pezzi dello Studio Castellani, contribuì a fare vincere all’orafo romano la Médaille d’Or della “Classe di Gioielleria e Oreficeria”. In un inventario della bottega Castellani anteriore alla data 25 ottobre del 1884, l’Elmo reale fu stimato la riguardevole cifra di 8.500 lire.
Accanto a quest’opera, di particolare importanza nel numerosissimo corpus di manufatti prodotti dai Castellani, sono noti solamente altri tre manufatti in alluminio, tutti di dimensioni ridotte, probabilmente a causa della difficoltà di approvvigionamento in Italia oltre che per la costosità del materiale, ai quali non è stato dato il dovuto rilievo in relazione al nuovo metallo con il quale furono realizzati.
Il primo è un raffinato Spillone di Venere per capelli (Fig. 9), conservato al Museo di Etrusco di Villa Giulia assieme a decine di capolavori della collezione Castellani. L’ago crinale è costituito da una lunga barretta argentea sormontata da un fiore stilizzato dal quale s’innalza una mano che afferra un pomo, allusione all’episodio del giudizio di Paride23. Gli altri sono significativamente due tagliacarte, tipologicamente molti differenti tra loro: il primo è un lussuosissimo manufatto in collezione privata con la lama in alluminio ageminato in oro (Fig. 10), nodo in oro, rubini, agate, calcedoni, decorato a granulazione e impugnatura in alluminio sormontata da terminale in perle barocche24; il secondo, nuovamente nel museo romano, è costituito da una lunga e sottile lama in alluminio (Fig. 11) sulla quale è impostato un fiore stilizzato a grandi petali in oro, sormontato da un piccolo busto in sardonica raffigurante la regina Margherita di Savoia attribuito all’incisore Giorgio Antonio Girardet25 e databile con termine post quem al 1878.
I tagliacarte Caetani Castellani
Sempre nel Museo di Villa Giulia si annoverano inoltre, quali opere dei Castellani, altri due tagliacarte (Fig. 12): il primo in argento raffigurante un Angelo orante su mappamondo ed un secondo in legno intagliato raffigurante un Demone con la coda attorcigliata ai fianchi e grandi ali a pipistrello del quale si conserva, in collezione privata, una versione in argento e bronzo dorato26. Il piccolo manufatto in legno va tuttavia escluso dal corpus delle opere della bottega dei Castellani e, piuttosto, riconosciuto quale prototipo per fusioni in metallo, come opera del principe di Teano e duca di Sermoneta don Michelangelo Caetani (Roma 1804-1882)27 (Fig. 13), le cui vicende furono per vari decenni strettamente legate alla produzione dei Castellani28. Suoi furono infatti molti progetti grafici e schizzi che divennero fonti d’ispirazione di numerose opere prodotte dalla famiglia di orafi romani. Ci si riferisce in particolare ai numerosi disegni a china, matita, acquarello e tempera, raccolti nel così detto “album blu” realizzati dal Caetani (Fig. 14) e ancora conservati presso l’Archivio della Fondazione Camillo Caetani29. Oltre a numerosi paesaggi, ritratti e caricature, esercizi di calligrafia e elaborati monogrammi nonché prospetti di piccoli edifici, sono presenti numerosi schizzi e bozzetti per la realizzazione di monili, spade e suppellettili liturgiche come candelieri e ostensori30. Il più accurato e definito in ogni singolo dettaglio è il progetto per un calice (Figg. 15 – 16) commissionato nel 1846 dalla città di Roma per Pio IX, ed oggi conservato presso il Museo del Tesoro della Basilica di Santa Maria Maggiore, realizzato in argento dorato e pietre preziose da Fortunato Pio Castellani, fondatore a Roma della celebre dinastia di orafi31.
Nel novero dei molti disegni a matita e a china si trovano tre esemplari per la realizzazione di due differenti versioni di tagliacarte32. Databili ante 186033, questi raffigurano in un caso un Demone34 (Fig. 17) dal corpo nudo maschile con lo sguardo beffardo nel mostrare la lingua e le braccia piegate sui fianchi, la coda attorcigliata attorno al bacino e alle gambe e grandi ali a pipistrello spiegate in alto a formare la lama. Gli altri due esemplari raffigurano un angelo35, o meglio ancora una Nike, considerando la grande passione di Michelangelo Caetani per l’archeologica classica (Fig. 18), dalle braccia conserte al petto e lungo chitone; dalle spalle si dipartono due elementi decorativi, due foglie di palma, quasi a foggia di piccola elsa, le ali aperte in alto e attentamente definite con le singole piume a formare la lama; i piedi sono appoggiati su un piccolo mappamondo crociato sorretto da una civetta.
A Palazzo Caetani, oltre ai disegni qui elencati, sono conservati sei esemplari di tagliacarte realizzati dal principe Michelangelo: tre aniconici e tre con raffigurazioni (Figg. 19 – 20). Nel primo gruppo, tutti in legno, due sono a forma di semplice lastrina con gli angoli stondati e presentano un grande foro intagliato in basso ed inciso il cognome del principe36; il terzo, caratterizzato da due sottili baccellature intagliate come ansa, presenta su un lato l’applicazione di una piccolissima immagine raffigurante il ritratto del Caetani37. I tre tagliacarte del secondo gruppo presentano la lama a forma di ali e l’impugnatura a figure dei quali il primo in legno, firmato a china sul retro M. Caetani f / Roma 1833, è molto simile al disegno con ali a pipistrello ed è stato recentemente ipotizzato essere una raffigurazione del Minosse dantesco38 – Michelangelo Caetani fu un noto ed acuto conoscitore delle opere di Dante -; gli altri due con le ali piumate e ritratti dal volto umano ed il corpo nudo, il capo coronato, le braccia al petto ed i piedi appoggiati su un piccolo globo, sono stati riconosciuti come angeli sebbene, così come per il demone, presentino una lunga coda che si avvolge dal bacino lungo le gambe sino alla base. Il primo dei due è in legno e mostra sul retro l’intaglio dello stemma di Casa Caetani39, il secondo è in avorio e di ottima fattura, ed è l’unico a non presentare elementi identificativi40. Declinati in molte differenti versioni, questi oggetti sono il frutto di un gioco ed un passatempo di “Don Michele” Caetani, come viene spesso citato nei documenti, che si divertiva a intagliarne in legno o avorio per regalarne ai suoi ospiti. Riportato negli scritti di ricordi della duchessa Enrichetta Ellis Caetani, pubblicati nel 1904 in occasione del centenario dalla nascita del marito, è l’episodio di un esemplare donato sul finire degli anni Venti alla moglie di sir William Ashley in visita a Roma: «fece poi per lei di que’ primi suoi tagliacarte, i quali dopo ebbero un vero furore; era tagliato in forma di demonio con la linguetta di corallo rosso che gli costò uno scudo, quando, purtroppo, gli scudi per lui scarseggiavano alquanto»; ed ancora «Nel 1897, vidi un altro di quei suoi tagliacarte. Era un bellissimo angiolo in avorio, ch’egli aveva fatto e donato al Granduca di Saxe-Weimar, probabilmente nel 1852, quando questi visitò Roma colla sua consorte, e vedeva assai spesso Don Michele»41.
I tre esemplari figurati conservati a Palazzo Caetani testimoniano non solo il vezzo del principe ma anche le sue capacità artistiche − oltre che disegnatore e scultore fu un abile ceramista − frutto di una educazione improntata allo studio delle “belle arti”, così come in uso per i giovani rampolli dell’aristocrazia romana. In particolare egli frequentò gli studi dei più significativi artisti della Roma di primo Ottocento: Bertel Thorvaldsen ma soprattutto lo scultore Pietro Tenerani e il pittore Tomaso Minardi, che lo ritrasse ventunenne nel 182542. Poliglotta e uomo di grande cultura e raffinatezza di ideali liberali e gusti internazionali, ebbe tre mogli − la contessa polacca Callista Rzewuska, madre dei suoi figli Ersilia e Onorato, e le inglesi Margherita Knight e la già citata, Enrichetta Ellis, figlia di lord Charles Ellis di Walden, barone di Seaford − ed ospitò nel suo palazzo a Via delle Botteghe Oscure i massimi intellettuali del suo tempo di passaggio nella città eterna, nei cupi decenni della restaurazione: Chateaubriand, Stendhal, Liszt, Scott, Balzac, Momsen, Gregorovius. Coprì alcune cariche politiche legate al prestigio della sua antichissima famiglia e morì all’età di 78 anni nel 1882; la cecità che lo colpì sul finire degli anni Cinquanta non lo costrinse ad interrompere i suoi studi su Dante43.
Un sodalizio per l’oreficeria italiana
Nel 1826 il ventiduenne Michelangelo Caetani assistette ad una conferenza all’Accademia dei Lincei dell’orafo Fortunato Pio Castellani (Roma 1794-1865) sui risultati di numerosi esperimenti di metallurgia applicata, che lo portarono a ideare un procedimento chimico grazie al quale fu in grado di riprodurre una lega d’oro dal caratteristico colore chiaro, il cosiddetto “giallone”, utilizzato per i monili e gioie antichi che i numerosi scavi archeologici dell’epoca riportavano alla luce44. Nacque così tra l’orafo e il Caetani un proficuo sodalizio intellettuale e commerciale che si protrasse lungo tutta la vita di quest’ultimo, così come intenso fu il rapporto anche con i Figli di Fortunato Pio, Alessandro e Augusto. Il legame con il principe di Teano significò per Fortunato Pio la possibilità di ampliare la propria clientela tra i nobili romani, tra i quali la potente famiglia dei principi Torlonia, ma anche fra i numerosi membri dell’aristocrazia internazionale presenti a Roma. Tuttavia il ruolo di Caetani si rivelò fondamentale soprattutto per la comune passione antiquariale che indusse Fortunato Pio, probabilmente proprio su suggerimento del principe Michelangelo, a concentrare la sua produzione orafa su modelli ispirati all’oreficeria archeologica. A partire dagli anni Trenta infatti, accanto ai gioielli moderni, sono sempre più numerosi i monili realizzati “nello stile degli antichi” con pietre intagliate e incise che riscossero uno straordinario successo. Si tratta di modelli, ispirati ai corredi funerari rinvenuti nel corso dei frequenti scavi nelle aree circostanti Roma, che riproducevano orecchini e collane impreziositi con onici e lapislazzuli, cammei e scarabei, associati a brevi iscrizioni con motti in greco e latino. Molti di quegli esemplari derivavano da progetti e disegni del duca di Sermoneta al punto che, in sostituzione del tradizionale punzone di Fortunato Pio impresso sulle opere <F111C> (Fig. 21), venne ideato un vero e proprio “marchio di produzione”: due C in caratteri capitali intrecciate e giustapposte come iniziali dei due cognomi Caetani e Castellani45 (Fig. 22). Non è questa la sede per delineare l’attività dello Studio di oreficeria Castellani, che attraversò tutto il XIX secolo, prendendo le mosse dall’intraprendente iniziativa del capostipite Fortunato Pio46, il fondatore dell’impresa avviata ufficialmente nel 1814 nei locali della bottega aperta in via del Corso47, e proseguita dopo la sua morte grazie al talento dei Figli Alessandro e Augusto, per concludersi con il nipote ed ultimo erede Alfredo nato a Roma nel 1853 e ivi scomparso nel 1930.
Con un solo breve intervallo corrispondente agli ultimi anni Quaranta, quando ai moti rivoluzionari del 1848 seguì la Repubblica Romana − nelle cui vicende vennero coinvolti i due Figli che da alcuni anni avevano iniziato a lavorare nella bottega paterna − la ricerca, la sperimentazione e la conseguente produzione di monili sempre più complessi e articolati non subì più ostacoli sino alla fine del secolo ed oltre, quando nel secondo decennio del XX secolo lo stile floreale che in Italia prese il nome di Liberty fece tramontare il fascino dell’oreficeria di gusto storico.
All’inizio del 1851 l’attività dell’impresa orafa Castellani-Caetani trovò nuovo slancio nell’iniziativa dei due fratelli, come ricorda con enfasi lo stesso Augusto: «diretti dal nostro Michelangelo Caetani formulammo il programma del nostro indirizzo e decidemmo lasciar totalmente le manifatture estere, spingendosi efficacemente nelle copie dei lavori degli Orafi italiani dell’epoche classiche. Decidemmo la guerra alla moda e vincemmo»48. Alessandro, mutilo di una mano a causa di un incidente di caccia in giovane età, si occupò insieme con Michelangelo Caetani dell’aspetto creativo con l’invenzione dei modelli, mentre il fratello Augusto, di spirito più pacato e riflessivo, si fece carico delle questioni contabili ed economiche49. L’attività della bottega romana proseguì sotto il controllo di Augusto che, alla morte del padre nel 1865, sempre affiancato dal fedele amico Caetani, aveva rilevato l’attività trasferendosi nel 1869 a Palazzo Patrizi, in piazza di Trevi. Per la bottega Castellani gli anni Cinquanta furono totalmente dedicati alla ricerca sugli antichi metodi di lavorazione orafa che portarono da un lato a concentrare la produzione sulla pura imitazione, dall’altro a realizzare originali interpretazioni degli stilemi desunti dai monili antichi. A questa fase appartengono i primi tentativi di riprodurre la granulazione secondo la tradizione etrusca, nonché l’uso dell’intaglio delle gemme preziose sempre più attento alle caratteristiche formali e tecniche dell’oreficeria classica. La produzione dei Castellani fu un successo straordinario e senza precedenti nella storia dell’oreficeria italiana in età moderna anche grazie alla continua ispirazione di Michelangelo Caetani nella fabbricazione di monili ispirati oltre che a opere della antichità etrusca e romana anche a soggetti medievali con l’introduzione dell’uso di micromosaici e smalti, ma sempre legati alla tradizione artistica italiana. Esemplificativei di questa tipologia di opere medievaleggianti, sebbene realizzate leggermente più tardi, sono una lampada votiva (Fig. 23) di ispirazione longobarda prodotta in tre sole versioni, leggermente diverse tra loro − delle quali una destinata quale dono alla Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme dal duca Amedeo di Savoia-Aosta50 − e una coperta di messale (Fig. 24), un unicum dell’intera produzione dei Castellani, entrambe oggetto del lascito testamentario di Alfredo Castellani nel 1930 alla Basilica di San Pietro ed oggi conservati presso il Museo del Tesoro51.
Purtroppo gli anni Cinquanta furono, al tempo stesso, i più drammatici per le vicende personali dei due giovani Castellani. Alessandro, psicologicamente prostrato per la morte della moglie e del figlio nel 1850, partecipò a numerose riunioni clandestine di matrice repubblicana dopo l’entusiasmante parentesi della Repubblica Romana, essendo un convinto mazziniano, a causa delle quali nel 1853 fu arrestato e trascorse alcuni mesi in carcere e l’anno successivo fu rinchiuso in un istituto per malattie mentali. Tornato in libertà due anni più tardi, dopo una lunga convalescenza, riprese il proprio lavoro sempre più intensamente con una proficua attività di disegnatore e di imprenditore della bottega, ininterrottamente a fianco a Michelangelo Caetani essendo sempre più legati da profonda amicizia. Il biennio 1858-1859 è fondamentale nella svolta della produzione oramai esclusivamente ispirata alla “Oreficeria Archeologica Italiana”, come venne definita negli scritti degli stessi Castellani. Un fervore che solo in parte fu rallentato nel giugno del 1860 dalla partenza di Alessandro, costretto a fuggire in esilio per Parigi in quanto nuovamente sospettato di cospirazione politica ed ove Michelangelo Caetani gli inviò numerose affettuose lettere: “Provo desiderio grandissimo di rivederla e conversare con Lei, che mi è indispensabile al compimento della mia felicità artistica e della famigliare conversazione”52.
Alessandro Castellani a Parigi , Londra e gli Stati Uniti
Nel biennio 1860-1862 furono inviate da Roma in grande quantità manufatti all’atelier parigino degli Champes Elisèes. In un inventario del 1862 nella sede romana erano presenti monili per circa trentamila scudi, mentre nella succursale francese il capitale in merce ammontava a circa venticinquemila scudi53. Non sorprende che nei due anni di permanenza a Parigi l’atelier inaugurato da Alessandro riscosse uno straordinario successo, grazie ai monili di imitazione del gusto classico, che si amplificò sino a indurlo ad intraprendere viaggi di lavoro a Londra, ove risedette alcuni mesi e successivamente negli Stati Uniti54.
I suoi interessi si concentrarono inoltre sul commercio antiquario, anche in relazione alla sciagurata dispersione della famosa Collezione Campana di oreficeria antica, non ostacolata dal governo papalino che non capì l’importanza culturale della raccolta, alla quale non solo i Castellani ma anche la maggior parte degli intellettuali romani cercarono di opporsi55. Un grande numero di monili -1146- vennero acquistati da Napoleone III ed esposti nel 1862 al Musée Napoléon III e quindi trasferiti al Louvre56. Alessandro fu coinvolto nella suddetta vendita al sovrano57 ma soprattutto, come ebbe a scrivere «Ebbi in mio possesso tutti i gioielli di questa preziosa collezione, per sei mesi allo scopo di riparare i danni che avevano ricevuto … Mi concessi l’opportunità di studiare di nuovo l’antica arte dell’oreficeria in tutti i suoi dettagli; di prendere nota delle più differenze di stile; … acquisendo in questo modo nuova conoscenza e migliorando quella di cui avevo fatto tesoro nell’esercizio di quest’arte, in un arco di tempo di circa venti anni»58.
Sono soprattutto le vicende biografiche di Alessandro nel suo soggiorno parigino che permettono di tornare al tagliacarte ad Angelo dalle grandi ali in alluminio, un metallo di gran moda nell’aristocrazia d’oltralpe. Al suo arrivo nella Parigi di Napoleone III nel giugno 1860, l’orafo Alessandro Castellani non era persona sconosciuta. Un episodio lo aveva reso in un qualche modo noto alla corte ed al governo imperiale in relazione alla fabbricazione di due spade d’onore (Fig. 25) su disegno di Michelangelo Caetani, commissionate alla bottega di famiglia l’anno precedente, che divennero un caso diplomatico tra la Curia romana e la Francia. Soltanto dodici mesi prima del suo “esilio” parigino, infatti, erano state commissionate ai Castellani dai repubblicani romani due suntuosi manufatti, per farne dono a Vittorio Emanuele II e a Napoleone III quali omaggi per la vittoria sull’esercito austriaco il 4 giugno 1859 nella battaglia di Magenta. La spada per Napoleone III una volta realizzata venne affidata all’ambasciatore di Francia e risulta ad oggi scomparsa. La seconda, destinata a Vittorio Emanuele II, con elsa in oro e pietre preziose e nella parte alta lo stemma Savoia, croce bianca in campo rosso e sul fodero l’incisione Per la Indipendenza Italiana, venne presentata con enorme successo all’Esposizione Italiana di Firenze del 1861 ed anche alla Great London Exposition del 1862 esattamente al centro del padiglione italiano59. L’opera è oggi conservata presso l’Armeria Reale di Torino60, assieme all’elmo da parata (Figg. 7-8) sopra descritto, sebbene la preziosissima elsa, a seguito di un furto negli anni Cinquanta del XX secolo, sia stata sostituita con una nuova versione che poco ha a che fare con l’originale e bellissimo disegno realizzato dal principe Michelangelo (Fig. 14) ed ispirato alla celebre spada di Cesare Borgia, di proprietà della famiglia Caetani dal XVIII secolo.
Preziose testimonianze del biennio parigino sono le lettere «scritte da Alessandro in esilio» oggi conservate nell’Archivio di Stato di Roma61, come quella dei suoi numerosi incontri con Gioacchino Rossini al quale propose di far realizzare nella bottega a Roma un sigillo per il compositore. Ancor più interessante è la lettera spedita dalla capitale francese al padre Fortunato Pio a Roma, sei mesi dopo il suo arrivo, nella quale egli riferisce dell’incontro con Napoleone III dell’11 dicembre 1860, presso la residenza della principessa Matilde Bonaparte (Trieste 1820-Parigi 1904), cugina dell’Imperatore. Il colloquio fu organizzato a sorpresa dalla nobildonna anticipando di un giorno la visita di Napoleone III all’atelier Castellani62. Durante la serata nella quale «amabile assai fu l’accoglienza» il monarca acquistò moltissimi dei manufatti in stile archeologico per le dame presenti ma soprattutto l’imperatore affermò «che già conosceva i nostri lavori e che ne possedeva uno magnifico» riferendosi alla spada. A Parigi si intensificano gli interessi di Alessandro circa i nuovi metalli, che nel corso del XIX secolo vengono via via identificati, estratti e utilizzati per incrementare la produzione industriale. Particolare attenzione il Castellani rivolse alle nuove leghe per la saldatura. È quanto emerge dalle sue numerose conferenze ed articoli, dati alle stampe tra il 1860 ed il 188063, sia in Francia sia in Inghilterra e negli Stati Uniti, nei quali illustrò le tecniche di lavorazioni antiche dell’oreficeria ed in particolare l’uso e la metodica di realizzazione della granulazione etrusca, un procedimento al quale dedico quasi tutta la sua esistenza64.
Nove giorni dopo l’incontro con Napoleone III Alessandro diede una conferenza all’Académie des Inscriptionesed Belles Lettres sull’oreficeria antica e la riscoperta della tecnica, mostrando inoltre numerosi monili prodotti a Roma65; nel gennaio 1861, sempre a Parigi, presentò con un successo straordinario al Salon des Arts-Unis due grandi vetrine contenenti decine di monili. Una conferenza dal titolo A memoir on the Jewellery of the Ancients venne presentata l’anno seguente all’Archeological Institute of London66 preceduta da una mostra di gioielli “archeologici”67, che gli spianò la strada per il mercato britannico. Successo consolidato l’anno successivo con la presentazione di circa sessanta opere suddivise in tre sezioni: Greca, Etrusca e Romana accanto a manufatti in stile paleocristiano, bizantino e rinascimentale, nel padiglione italiano alla Great London Exposition. Le cronache del periodo, vista l’enorme affluenza di pubblico per ammirare le oreficerie Castellani, narrano della necessità un servizio d’ordine supplementare per una ottimale «conservazione e per [la gestione] dell’ordine circostante»68.
Nelle versioni a stampa delle conferenze presentate da Alessandro a Parigi e Londra si evince quali furono i suoi specifici interessi nelle più recenti scoperte scientifiche in fatto di metallurgia applicata che permisero di apportare alcune importati innovazioni tecniche nella produzione delle due botteghe a Roma e Parigi. È ad esempio il caso della sostituzione per la produzione di monili a granulazione etrusca della lega saldante a base di borace con una sostanza a base di composti “arseniati”69. Le indagini scientifiche realizzate negli ultimi venti anni su manufatti Castellani hanno inoltre messo in evidenza anche la presenza nelle leghe saldate utilizzate di altri minerali quali lo zinco, ma soprattutto il cadmio70, il cui uso in oreficeria fu brevettato a Londra nel 1862, cioè nello stesso anno in cui il Castellani risedette nella capitale inglese71. Non stupisce quindi che Alessandro, impiantata l’attività a Parigi nel 1860, abbia con entusiasmo deciso di sperimentale accanto anche il nuovo prezioso alluminio in uso negli ateliers parigini più alla moda per la produzione di manufatti pregiati destinati a committenti estremamente facoltosi. Il già citato tagliacarte ad Angelo dalle grandi ali in alluminio realizzato su disegno del principe Michelangelo Caetani, proveniente da Parigi quale dono per Pio IX, appare quindi quale importante testimonianza della poliedrica genialità di Alessandro Castellani e assurge a simbolo di una delle più affascinati vicende dell’oreficeria italiana.
Una vita per l’oreficeria italiana tra tradizione e innovazione
Nel 1862, a soli due anni dal suo arrivo a Parigi, Alessandro fu costretto a fuggire dalla capitale francese a causa di una relazione con una donna sposata, Henriette Verdot Charlon; si trasferì quindi a Napoli dove fondò una bottega di oreficeria, in seguito diretta da Giacinto Melillo (1846-1915), che perpetuò per anni e con grande successo lo stile della produzione di oreficeria archeologica nel solco della tradizione dei Castellani72. Alessandro tornò a Roma solo dopo l’unità d’Italia nel 1870, sebbene Napoleone III fosse riuscito a fargli ottenere la grazia dal governo papale, e continuò il suo costante impegno politico e sociale nel solco delle grandi idee repubblicane mazziniane. Nella capitale del nuovo regno d’Italia svolse la sua attività soprattutto nell’ambito del mercato antiquario. Nel 1872 vendette al British Museum gioielli antichi e moderni provenienti da parte della sua quota ereditaria di pertinenza della collezione costituita dal padre Fortunato Pio73. Alessandro Castellani morì a Napoli il 9 giugno del 188374 e ben rappresenta il XIX secolo al quale appartenne, pregno di grandi fermenti culturali, di ricerche, innovazioni, sperimentazioni, di grandi speranze nel futuro e sublimi ideali.
- Si desidera dedicare questo testo alla memoria di un caro amico, prematuramente scomparso, assieme al quale più e più volte conversammo e progettammo iniziative sulla famiglia orafa Castellani: il maestro Corrado di Giacomo, Camerlengo dell’Università e Nobil Collegio degli Orafi Argentieri dell’Alma Città di Roma. [↩]
- A questi va accostato il platino, scoperto nel 1736 in Colombia. I. Bellucci, A. Pelloux, M. Levi Malvano, s.v. Platino, in Enciclopedia Italiana (1935). [↩]
- S. Guido, Percorsi di un materiale innovativo del XIX secolo: l’alluminio dall’oreficeria all’architettura, in “Materiali e Strutture – Materia e innovazione”, n.s. VI, 12 ( 2017), Roma 2017, pp. 9-28 con bibliografia precedente. [↩]
- L’obelisco fu progettato da Robert Mills ed edificato tra il 1848-1888 ed è posto nel National Mall a Washington, D.C. di fronte alla White House; si veda J. Bryan, Robert Mills: America’s First Architect, New York – Princeton 2001, con bibliografia precedente. [↩]
- La fusione avvenne presso la Fonderia Frishmuth di Philadelphia; C.Panseri, Storia dello sviluppo industriale dell’alluminio e delle sue applicazioni, Milano 1940, p. 32. [↩]
- M. Sheller, Aluminum Dream: The Making of Light Modernity. Cambridge (MA-USA) 2014. [↩]
- J. Edwards, Alfred Gilbert’s Aestheticism: Gilbert Amongst Whistler, Pater, Wilde, and Burne-Jones, Aldershot 2006; C. Panseri, Storia dello sviluppo…, 1940, p. 33. [↩]
- Il metallo venne isolato solo diciassette anni più tardi, nel 1825, dal danese Hans Christian Ørsted (1777-1851). [↩]
- Procedimento perfezionato dal suo successore Robert W. von Bunsen al Politecnico di Kassel. [↩]
- H. Sainte-Claire Deville, L’aluminium. Ses propriétés, sa fabrication et ses applications, Paris1859. [↩]
- English Patents for inventions 1861, Londra 1861, p. 370. [↩]
- Esposizione Italiana a Firenze tenuta nel 1861. Catalogo Ufficiale, Firenze 1862, p. 193. [↩]
- Q.R. Skrabec, Aluminum in America. A History, Jefferson (Missouri, USA) 2017, p. 12. [↩]
- La scena è stata immortalata da J.L. Gérome nel 1864 nel monumentale dipinto Réception des ambassadeurs du Siam par Napoléon III et l’impératrice Eugénie, oggi presso Château de Versailles. [↩]
- Si desidera vivamente ringraziare, per avermi fornito molto del materiale qui utilizzato, Michele Lustrino, il gentilissimo direttore del MUST (Museo Universitario di Scienze della Terra, nato dalla fusione dei tre musei storici di Geologia, Mineralogia e Paleontologia della Università di Roma Sapienza); preme inoltre ringraziare i suoi cortesissimi collaboratori e colleghi del museo: Michele Macri e Flora Panzarino, quest’ultima inoltre autrice delle foto qui utilizzate. Si veda inoltre M. Lustrino, M. Macri, F. Panzarino, Preciousdoesnotmean rare. A brief history of Al, in “The Münich Show, Mineralientage München”, catalogo della mostra (Messe, Susstellung, Kongress, 28-30 ottobre 2016), München 2016, pp. 52-55. [↩]
- Sul verso della medaglia compare l’incisione: A S.S. PIE IX / ES. DE SUSSEX / HOMMAGE FILIAL./ ROME 1863. Più in particolare si tratta del dono del chimico anglo-francese che fu uno dei protagonisti della messa a punto della produzione francese di alluminio alla metà del secolo XIX; vedi S. Guido, Percorsi di un…, 2017, p. 15. [↩]
- L’opera è già stata brevemente presentata da parte dello scrivente nel 2017 in: S. Guido, Percorsi di un …, 2017, pp. 16-17. Con l’occasione si intende dettagliare meglio l’attribuzione, grazie a questo scritto redatto in occasione del restauro del tagliacarte nell’autunno del 2016 e non dato precedente alle stampe. Un vivo ringraziamento alla professoressa Maria Concetta Di Natale per l’occasione qui concessa. [↩]
- S. Walker, La famiglia castellani da Fortunato Pio ad Alfredo, in I Castellani e l’oreficeria archeologica italiana, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, 11 novembre 2005 – 26 febbraio 2006) a cura di A.M. Moretti Sgubini – F. Boitani, Roma 2005, pp. 26-27; in relazione a questi esemplari di tagliacarte, in argento e in legno, si rimanda alle schede a p. 312. [↩]
- C. Fiorani, Michelangelo Caetani e Alessandro Castellani. “L’antico gusto non piace che a pochi, a me piace infinitamente ed esclusivente”, in La camera delle meraviglie, catalogo della mostra a cura di A. Russo Tagliente – I. Caruso, Roma 2015, pp. 45-47, in particolare p. 45. [↩]
- Per le vicende circa l’Elmo reale si rimanda, con bibliografia precedente, a: S. Guido, L’Oreficeria sacra dei Castellani in Vaticano, in “Archivium Sancti Petri – Bolletino d’archivio”, a cura di D. Rezza, n. 17 (2011), Città del Vaticano 2011, pp.22-23; si veda inoltre E. Settimi, Elmo da parata di Umberto I, in L’armeria reale di Torino. Guida Breve a cura di P. Venturoli, Torino – Londra 2001, p. 145. [↩]
- Archivio di Stato di Roma (da ora in poi ASR), Fondo Castellani, b.196/4 pp. 225-226. [↩]
- ASR, Fondo Castellani b.196/4 p. 231. [↩]
- Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, inv. 86416; S.Weber Soros, “Sotto il baldacchino della civiltà”: gioielli e metalli Castellani alle grandi esposizioni internazionali, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, pp. 209-210. [↩]
- Il tagliacarte in oro, alluminio, perle, rubino agata e calcedonio, misura cm 28,8 x 3,1, con il monogramma dello studio Castellani impresso sul manico. Collezione privata. S. Walker, La famiglia Castellani…, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, pp. 60-61, 334 con bibliografia precedente. [↩]
- Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, inv. 85326; L. Birzio Biroli Stefanelli, Gioielli con intarsi e cammei. I Castellani e gli incisori romani, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, pp. 95-96. Si rimanda inoltre per le note biografiche sul noto incisore di gemme, di origine inglese, e stretto collaboratore dei Castellani a: L. Birzio Biroli Stefanelli, Girardet, Giorgio Antonio, in Dizionario Biografico degli Italiani, 56, Roma2001, s.v. [↩]
- Circa i tagliacarte si rimanda a S. Walker, La famiglia Castellani…, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, pp. 26-27; in relazione a questo tagliacarte si rimanda alla scheda 12, p. 312. [↩]
- G. Monsagrati, Il nobile gentiluomo Michelangelo Caetani nella Roma dell’Ottocento, in E. Ellis Caetani, Alcuni ricordi di Michelangelo Caetani, Duca di Sermoneta, raccolti dalla sua vedova (1804-1862) e pubblicati pel suo centenario, Roma 2005, pp. 1-82. [↩]
- M. Donati, L’oreficeria: Michelangelo Caetani e i Castellani, in Palazzo Caetani. Storia, arte e cultura a cura di L. Fiorani, Roma 2007, pp. 347-362. [↩]
- L’Album blu misura cm 45×31; n. Inv. 1665. La Fondazione è sita in Palazzo Caetani in via delle Botteghe Oscure in Roma. Altri esemplari sono stati pubblicati da M. Donati, L’oreficeria…, 2007, pp. 358-359. [↩]
- Si coglie l’occasione per elencare il numero di disegni relativi a suppellettili ecclesiastiche realizzate da Michelangelo Caetani nell’ Album blu: dieci ostensori (2 ostensori a china nera, p. 1 v. ; 1 ostensorio a matita, p. 19r.; 1 ostensorio, solo la sfera raggiata, a china, p. 20v; 1 ostensorio a china, p. 23r; 4 ostensorio su un unico foglio, a china e acquarello, p. 24v.; 1 ostensorio a china, p. 26v.); tre candelieri (1 un candeliere matita e china, datato 1845, p.10v.; 1 un candeliere a matita, p. 20r.; 1 candeliere e tre luci a china e matita, p. 40r); quattro lampade votive (1 lampada votiva a china, nera priva di catenelle con stemma pontificio e chiavi, p. 2v.; 1 lampada votiva a china rossa, completa di cordini e attaccaglie p. 8v.; 1 lampada votiva a china nera, completa con raffigurazione di una grande aquila, p. 13v.; 1 lampada votiva a china, priva di catenelle con monogramma Maria sormontato da una corona p.20r.); croci di varie genere (1 croce greca a china per medaglione p.18r.; 1 croce a matita, da collo con anello, p. 21r.; 1 croce a matita per placchetta, p. 29v.; 3 croci matita e china su un unico foglio per placchette, p. 40v.; 1 croce a matita per placchetta, p. 40v.); un Agnus Dei a china rossa per medaglione polilobato p. 16r.; tre altarolo o “girandola della Pasqua” (1 altarolo a matita e china, con candelieri e monogramma raggiato di Maria, p. 29v.; 1 altarolo a matita con candelieri e grande croce centrale, p. 29v.; 1 altarolo a matita e matita rossa con candelieri, monogramma di Maria come base di una grande croce centrale, p. 30r.; una versione simile alla precedente ma da un ritaglio a stampa, con didascalia “DISEGNO DELLA GIRANDOLA PER LA PASQUA DEL 1858 IMMAGINATO DA S. E. / IL SIG. D. MICHELANGELO CAETANI DUCA DI SERMONETA” p. 24r.) [↩]
- S. Guido, Il “calice Castellani” in “Studia Liberiana IV, Figura-Liturgia e Culto-Arte”, a cura di M. Jagosz, Roma 2011, pp. 265-281, 403-412 con bibliografia precedente; S. Guido, “Il Calice Castellani” della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, in L’oro dei secoli dalla Collezione Castellani, catalogo della mostra (Arezzo, Basilica di San Francesco, Basilica Inferiore, 16 aprile-2 novembre 2014) a cura di A. Russo Tagliente – I. Caruso, Roma 2014, pp. 39-41. [↩]
- Altri disegni sono nel Lascito Castellani del Museo Artistico Industriale. F. Taglietti, CILVI 3544*: un falso d’autore?, in “Archeologia classica”, LIV, n.s.9 (2008), pp. 303-305. [↩]
- S. Walker, La famiglia Castellani…, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, pp. 25-27. [↩]
- Il disegno, a inchiostro di china, misura cm 18 x 6 e è conservato a pagina 24r. [↩]
- Il primo disegno a matita misura cm 26,2 x 6,8 ed è conservato a p.7v.; il secondo a matita, mutilo della punta delle ali ma dal tratto meglio descrittivo dei dettagli e del due palme, misura cm 14,5 x 7 ed è conservato a pagina 16v. [↩]
- Uno, più grande, misura cm 25 x 2,5, in legno chiaro con inciso M. CAETANI su ambo i lati, n.Inv. 1000. Il secondo, più piccolo, misura cm 18 X 2,7 ed è in legno scuro con inciso M. CAETANI su un solo lato, n. Inv 1001. Il terzo esemplare non è rappresentato nella foto a corredo. [↩]
- Uno, più grande, misura cm 25 x 2,5, in legno chiaro con inciso M. CAETANI su ambo i lati, n.Inv. 1000. Il secondo, più piccolo, misura cm 18 X 2,7 ed è in legno scuro con inciso M. CAETANI su un solo lato, n. Inv 1001. Il terzo esemplare non è rappresentato nella foto a corredo. [↩]
- L’oggetto è realizzato in legno chiaro, scurito sul fronte, e misura cm 26 x 4.5, n. Inv 997. Vedi F. Taglietti, CILVI…,2008, p. 303 circa l’ipotesi del riconoscimento quale Minosse. [↩]
- Realizzato in legno scuro misura cm 31 X5,8, n. Inv 998. [↩]
- Questo esemplare misura cm. 27, 5 x 5,2, n. Inv 996. Si coglie l’occasione per ringraziare la gentilissima Caterina Fiorani per la visione delle opere, il materiale archivistico relativo e le foto qui utilizzate. [↩]
- E. Ellis Caetani Alcuni ricordi di Michelangelo…, 2005, p. 124. [↩]
- C. Fiorani, Michelangelo…, in A. Russo Tagliente, I. Caruso, Roma 2015, pp. 45-47. [↩]
- F. Bartoccini, Caetani, Michelangelo, in Dizionario Biografico degli Italiani, 16, Roma 1973, s.v.; F. Bartoccini, Lettere di Michelangelo Caetani duca di Sermoneta: cultura e politica nella Roma di Pio IX, Roma 1974. In memoria di Caetani e a suo nome venne istituita a Firenze una fondazione in Orsanmichele dedita alla lettura della Divina Commedia alla quale la vedova Enrichetta Ellis Caetani indirizzò il prezioso libro di ricordi: E. Ellis Caetani, Alcuni ricordi di Michelangelo…, 2005. [↩]
- F.P. Castellani, Ricerche chimico-tecnologiche sul colorimento detto Giallone delle manifatture di oro con alcun cenno sulle dorature dei bronzi, memoria dell’orefice P.F. Castellani letta all’Accademia dei Lincei il dì 10 agosto 1826, in “Giornale Arcadico di scienze, lettere e arti”, XXIII, ottobre-dicembre (1826), pp. 62-90; S. Walker, La famiglia Castellani …, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, pp. 23-24. [↩]
- G. Bordenanche Battaglia – M. G. Gajo – G. Monsagrati,Castellani, in Dizionario Biografico degli Italiani, 21, Roma 1978, s.v.;M.Donati, L’oreficeria:Michelangelo…, 2007, p. 348. [↩]
- Fortunato Pio, figlio dell’orafo Pasquale Castellani, nacque il 6 maggio del 1794; rimasto orfano all’età di soli tre anni, non ebbe modo di apprendere dal padre l’arte dell’oreficeria. [↩]
- G. C. Munn, Les bijoutiers Castellani et Giulian: retour a l’antiqueau XIX siècle, Fribourg 1983; S. Walker, La famiglia Castellani…, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, p. 21. [↩]
- ASR (Archivio di Stato di Roma), Fondo Castellani, 196/4, p. 83. [↩]
- S. Walker, La famiglia Castellani…, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, pp. 31-37. Oltre ad Alessandro ed Augusto e a cinque figlie femmine, Fortunato Pio ebbe un altro figlio maschio, Guglielmo. Nato nel 1836, egli divenne un abile ceramista. Le poche notizie che si hanno di lui riferiscono di una persona resa instabile dalla dipendenza dalla morfina. Morì suicida nel 1896 nella sua casa di via in Lucina 10. G. Bordenanche Battaglia – M. G. Gajo – G. Monsagrati, Castellani 1978, s.v.; S. Walker, La famiglia Castellani…, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, p. 43). [↩]
- Weber Soror, “Sotto il baldacchino della…, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, p. 243. [↩]
- S. Guido, L’Oreficeria sacra… 2011, p. 11-23. [↩]
- Fiorani, Michelangelo Caetani e …, in A. Russo Tagliente – I. Caruso 2015, p. 45. [↩]
- S. Walker, La famiglia Castellani…, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, p. 63, nota 92. [↩]
- S. Walker, La famiglia Castellani…, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, p. 63, nota 92. [↩]
- L. Finocchi Ghersi, “Il moccolo che va avanti, fa lume per due”: Pio IX, il marchese Campana e la vendita della collezione Camuccini, in “Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte”, Pisa, Roma, 3, 2002 (2003), 57, pp. 355-379. [↩]
- G. Nadalini, La collection Campana aumusée Napoléon III et sa première dispersion dans les musées français (1862-1863), in “Journal dessavant”, 1998, II, 1, pp. 183-225; Tesori antichi: i gioielli della collezione Campana, catalogo della mostra (Roma Musei Capitolini 31 marzo – 25 giugno 2006, Milano 2006) a cura di F. Gaultier , C. Metzger, Milano 2006. [↩]
- G. Munn Castellani and Giuliano: Revivalist Jewellers of the Nineteenth Century, New York -London 1984, pp. 87-88. [↩]
- A. Castellani, A Discourse on Ancient Jewerly, in “Art Journal”, 8, 1869, p.129. [↩]
- S. WeberSoros, “Sotto il baldacchino…, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, p. 201-203, 215-216. [↩]
- G. Munn, Castellani and…, 1984, pp. 38-39. [↩]
- ASR, Famiglia Castellani, 18/2. [↩]
- Così come si evince dalle parole della Principessa riportate nella missiva di Alessandro “domani Lunedì so per positivo che l’Imperator deve venire da voi per vedere le vostre cose: però, come egli deve pranzar quì da me questa sera, io vorrei che vedesse pure qui le vostre cose. Perciò metto a vostra diposizione una bella camera e quanto oltro vi posso occorre a tale uopo”. La lettera, conservata in forma di trascrizione presso ASR, Fondo Castellani 18/2; O. Francisci-Osci, Alessandro Castellani and Napoleon III, in Art the ape of nature : studies in honor of H. W. Janson, a cura di M, Barasch, L. Freeman Sandler, P.Egan, New York 1981, pp. 631-638. [↩]
- Per un elenco completo delle pubblicazioni di Alfredo Castellani si rimanda a M.J. Strazzulla, Bibliografia, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, p. 339-340. [↩]
- A tale propostito si rimanda a J. Ogden, La riscoperta dell’arte perduta: Alessandro Castellani e la ricerca della precisione classica, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, pp. 159-172. [↩]
- A. Castellani, Mèmoireadressé à Mesieursles membres de l’ Académie des Inscriptiones ed Belles Lettressur la joaille riechez les anciens par M.A.Castellani, Parigi 1860. [↩]
- A. Castellani, A memoir on the Jewellery of the Ancients, Proceedings at the Meeeting of the Archeological Institute, 5 luglio 1861, in “Archeological Journal”, 18, 1861, pp. 365-369. [↩]
- La mostra fu tenuta presso una galleria privata in Jeremyn Street 66, a Londra. [↩]
- Classic Jewellery, 1, in “Jewellers, Goldsmiths, Silversmith and Watchmakers Monthly Magazine”, I, 1863, p. 103; S. Weber Soros, Sotto ilbaldacchino…, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, p. 244, nota 18. [↩]
- A. Castellani, A memoir on the Jewellery of the Ancients, London 1861, p.6. Procedimento non comune sebbene già in uso dalla fine del XVII. L’arsenico era usato in gioielleria sia come ossido (As2O3) sia come solfuro (As2S3). A causa della sua tossicità di tali composti, il cui l’utilizzo si protraesse fino ai primi del XX, venne sostituito con altri sostanze; J. Ogden, La riscoperta …, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, pp.165-166. [↩]
- Il cadmio un metallo isolato per la prima volta nel 1817 come impurità del carbonato di zinco in Germania da Friedrich Strohmeyer (1776-1835). [↩]
- Brevetto Britannico n. 1127, tramite agente Charles Abel a nome di Anselme Fontenay e Henri C. de Ruotz; J. Ogden, La riscoperta …, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, pp.165-166, nota 41, p. 174. [↩]
- G. Munn, Giacinto Melillo: a pupil of Castellani , in “The connoisseur”, 196 (1977), pp. 20-22 [↩]
- E. Simpson, “La perfetta imitazione del lavoro antico”: gioielleria antica e adattamenti Castellani, in I Castellani e l’oreficeria archeologica…, 2005, pp. 177-199. [↩]
- G. Bordenanche Battaglia – M. G. Gajo – G. Monsagrati, Castellani, 1978, s.v. [↩]