L’Apostolato dell’Ordine di San Giovanni nella Cattedrale di Malta – Le quindici statue d’argento di Antonio Arrighi
Un progetto corale per un gruppo scultoreo che brilla di nuova luce
Il restauro è un intervento tanto importante quanto delicato che può divenire una felice occasione per conoscere in modo intelligibile un’opera d’arte. Un’opportunità che è stata colta dagli autori dell’Apostolato dell’Ordine di San Giovanni nella Cattedrale di Malta – Le quindici statue d’argento di Antonio Arrighi, un volume che raccoglie i testi di Jennifer Montagu, Aloysius Deguara, Sante Guido, Giuseppe Mantella, John Azzopardi, Edgar Vella, Maria Chiara Cozzi e Alberto Bianco con foto e impaginazione di Daniel Cilia. Pubblicato alla fine del 2018, il volume illustra i risultati delle ricerche condotte in concomitanza delle operazioni di restauro eseguite nel 2007 da Sante Guido e Giuseppe Mantella sulle quindici statue e consente grazie a una pluralità di voci di mettere in luce nuovi dati archivistici, storico-artistici e tecnici in un’ottica interdisciplinare.
Come è noto, il prezioso gruppo scultoreo è stato realizzato da Antonio Arrighi per volere dell’ordine di San Giovanni sotto il magistero di Raymond Despuig (1736-1741) per corredare la propria ecclesia Conventualis Maior di La Valletta. Le statue raffigurano gli Apostoli, la Beata Vergine, San Giovanni Battista, San Mattia e presentano delle iscrizioni legati ai loro principali benefattori.
Il volume si apre con un saggio intitolato “Antonio Arrighi e l’Apostolato maltese” di Jennifer Montagu. In linea con il suo approccio critico allo studio della storia dell’arte, la celebre studiosa vede ogni nuova ricerca come un’inchiesta, un tentativo di dare una risposta ai diversi interrogativi che la storia di un’opera, o di un gruppo di opere, pone in essere. Montagu mette subito in evidenza nodi ancora irrisolti pertinenti alla realizzazione delle note statue da parte di Antonio Arrighi, fornendo delle puntuali ipotesi con una prosa lucida e precisa. La studiosa si interroga sul legame che intercorre tra Arrighi e Malta e sulle modalità di selezione del noto argentiere per la realizzazione dello straordinario gruppo scultoreo. La risposta sembra ruotare intorno alla figura di Giovanni Battista Baratta di Torino, che è stato padre oratoriano della Chiesa di Santa Maria in Vallicella dove Arrighi lavorò regolarmente e con il quale aveva una certa familiarità. Baratta è stato scelto dall’ordine di Malta per guidare la realizzazione del gruppo scultoreo e quindi la preferenza su Arrighi potrebbe essere consequenziale; in alternativa, l’ordine potrebbe aver scelto prima Arrighi e poi Baratta, in quanto persona già in contatto con l’argentiere romano. Benché la questione resti sospesa, la studiosa fornisce ai lettori nuovi elementi per comprendere il modus operandi di Arrighi, in particolare elaborando un’analisi critica dei suoi libri contabili. Jennifer Montagu che si è distinta negli anni nello studio dell’argentiere romano con dei contributi fondamentali per la storia dell’oreficeria romana, come ad esempio Antonio Arrighi. Silversmith and bronze founder in Baroque Rome (2009), si è posta un ulteriore interrogativo per il gruppo scultoreo dell’Apostolato, riguardo ai fornitori dei modelli. La risposta a questa domanda emerge scandagliando alcuni passi della biografia del grande argentiere romano, ricordando come egli avesse studiato scultura negli anni giovanili e fosse stato eletto all’Accademia del Disegno di Firenze come un “virtuoso in figura e lavori d’argento”. La studiosa non esclude pertanto che Arrighi fosse pienamente in grado di realizzare da solo i modelli richiesti per l’elaborazione in argento delle statue di Malta, senza cioè dover richiedere l’ausilio di uno scultore professionista.
La lettura del volume prosegue con il saggio “L’Apostolato nei documenti della chiesa Cattedrale di di Mdna” di Aloysius Deguara. L’autore apre il suo contributo con una lettera a firma di Napoleone Bonaparte datata al 1798 in cui il generale francese esprime la sua gratitudine nei confronti del vescovo maltese Monsignor Vincenzo Labini per aver accettato che la capitolazione della città vecchia fosse firmata nel suo episcopio a Mdna. Deguara introduce così il lettore a un aspetto strettamente legato all’Apostolato, ovvero la sua sopravvivenza durante le invasioni napoleoniche. Lo studioso parte da un’analisi del contesto in cui Napoleone inviava i suoi commissari nell’isola raggirando di fatto il vescovo di Malta che si illudeva di creare buoni rapporti con gli invasori francesi; ricostruisce, quindi, meticolosamente la via dell’oro e dell’argento maltese finito nelle mani di Napoleone, riportando fedelmente gli episodi cruciali che riguardano la decisione da parte dei canonici di salvare le statue in argento e proponendo uno scambio con una serie di manufatti in metallo prezioso che il lettore può finalmente conoscere attraverso la preziosa appendice documentaria. Deguara, nel riportare i documenti, riflette su un aspetto non secondario: i francesi non si limitarono a requisire gli ori e gli argenti segnalati per lo scambio ma espropriarono liberamente diverse opere del Tesoro della Cattedrale. Croci, ostensori e diverse suppellettili sacre rivivono nelle pagine del saggio di Deguara, mostrando i segni di un sacrificio altissimo in nome della salvaguardia dell’Apostolato di Arrighi.
Il terzo capitolo “Quindici statue di Antonio Arrighi argentiere a Roma” di Sante Guido e Giuseppe Mantella si può considerare il cuore del volume dedicato al prezioso gruppo scultoreo di committenza maltese. Con grande rigore scientifico, i due restauratori e storici dell’arte ricordano i precedenti studi che hanno interessato le quindici statue in argento e attraverso le loro indagini dimostrano come lo storico insegnamento di “vedere e rivedere” di venturiana memoria sia sempre valido. Si fa riferimento, in particolare, al paragrafo dedicato a nuovi dati e nuove osservazioni di Sante Guido in cui lo studioso dimostra come un’attenta analisi di un’opera d’arte possa rivelarsi fondamentale. Riferendosi alla nota iscrizione che compare nelle statue “Ex dono venerandi prioris sancti aegidij fratris Caroli Aleman de la Rochechenard anno 1504 nobilius aucto expensis Sacrae Religionis anno 1741”, lo studioso ha messo in luce un aspetto fondamentale per la genesi delle statue settecentesche, rivelando altresì la storia dei Cavalieri nel corso dei tempi. Approfondendo la vicende biografiche di Charles Allemand che visse tra il 1435 e il 1514 quando ancora la sede dei Cavalieri era a Rodi; Sante Guido è riuscito nell’impresa di decifrare correttamente il significato dell’iscrizione che ricorre nelle prime dieci statue della serie di Arrighi. Attraverso un’attenta disamina delle fonti lo studioso correla le opere settecentesche a un gruppo scultoreo raffigurante dodici apostoli in argento dorato donato dallo stesso Allemand alla sede di Rodi, evidenziando come le opere di Arrighi fossero un’interpretazione in chiave moderna delle antiche statuette. I manufatti antichi, infatti, furono fusi per produrre le verghe per le opere di Arrighi che dovevano essere realizzate proprio con quel metallo dorato. Le statuette di Allemand erano cariche di significati simbolici; salvate dall’assedio di Rodi furono trasportate a Malta ove erano utilizzate come arredo d’altare nella chiesa Conventuale. I dati che confermerebbero l’ipotesi di Sante Guido trovano corrispondenza sia nelle indagini storico-artistiche che tecnico-scientifiche. In un documento analizzato da Guido datato al 1741 si afferma che i manufatti di Arrighi furono realizzati con l’argento delle statue vecchie e, inoltre, in fase preliminare di restauro lo studioso riferisce che è emerso non solo l’uso di due differenti leghe metalliche nei due diversi gruppi che compongono la serie, ma anche l’inusuale presenza di oro nella composizione del crogiolo per la fusione delle prime dieci statue. La metodologia di indagine che vede abbracciare una meticolosa ricerca documentaria e un’attenta analisi scientifica dimostra come il restauro possa non solo salvaguardare la materia di un’opera d’arte ma anche la sua memoria. Con un medesimo approccio scientifico, Giuseppe Mantella affronta lo studio delle statue nel cerimoniale della chiesa conventuale riportando una tabella in cui chiarisce in modo immediato al lettore le festività, le prescrizioni, i riferimenti archivistici e bibliografici. Nel contributo relativo alle vicende napoleoniche sempre a firma di Mantella, lo studioso riporta i documenti di un secondo “baratto” che ha salvato il gruppo scultoreo di Arrighi ed esamina un’ulteriore sfaccettatura legata alla storia delle statue, includendo le modifiche e i restauri subiti nel corso dell’Ottocento.
Proseguendo nella disamina degli anni cruciali dell’occupazione francese, John Azzopardi nel suo saggio “Malta 1798-1799, Lo ‘spoglio’ del tesoro delle due chiese cattedrali di Malta da parte dell’esercito francese” partendo dal gruppo scultoreo di Arrighi, allarga l’orizzonte conoscitivo per riflettere su un momento saliente per l’intera Isola dei Cavalieri. I documenti che Azzopardi rileva come tessere preziose restituiscono il complesso mosaico relativo all’occupazione francese a Malta e chiariscono ancora una volta come si svolsero i fatti che salvarono l’Apostolato, senza accavallarsi con le ricerche degli altri autori che hanno trattato lo stesso argomento da differenti punti di vista.
Edgar Vella nel suo contributo “Una prospettiva comparativa” focalizza l’attenzione su un altro aspetto legato alle statue settecentesche e riflette su come esse furono motivo ispiratore per diverse altre produzioni locali successive. Lo studioso realizza, pertanto, delle puntuali analisi comparative che si dimostrano convincenti.
Il sesto capitolo del volume è interamente dedicato al Restauro dell’Apostolato ed è anch’esso a firma dei suoi restauratori Sante Guido e Giuseppe Mantella che precisano come diverse saldature eseguite in fase di realizzazione dei manufatti siano state trovate in perfetto stato di conservazione dimostrando l’alta perizia della bottega degli Arrighi.
Maria Chiara Cozzi e Alberto Bianco firmano l’ultimo capitolo del poderoso volume dedicato all’Apostolato di Arrighi. Cozzi in “Gli Apostoli del Laterano” si concentra sulle colossali statue in marmo che dominano la Basilica di San Giovanni in Laterano di Roma che, come è noto, hanno ispirato la produzione delle statuette di adozione maltese. La disamina della storia delle statue romane e l’approfondimento dei suoi diversi autori si palesano di fondamentale importanza per comprendere appieno la portata delle statuette maltesi che, come precisa la studiosa, si rivelano uno dei più significativi esempi a ispirazione del modello lateranense. Alberto Bianco in “Giovanni Battista Baratta”, infine, si concentra sulla figura di Baratta, riportando dei documenti che testimoniano come il canonico fosse un buon conoscitore della scena artistica romana.
Ogni autore di questo importante volume fornisce un’angolazione diversa da cui guardare le straordinarie statue d’argento di Arrighi che brillano oggi di nuova luce grazie non solo a un mirabile restauro ma anche attraverso le ricerche qui presentate. Degne di nota si rivelano anche le fotografie e le elaborazioni grafiche a cura di Daniel Cilia che, in modo originale e pertinente, consentono di cogliere immediatamente le analogie e le comparazioni proposte dai diversi autori, come si nota nell’elaborato grafico che accosta il San Matteo della Biblioteca Vallicelliana con quello appartenente alla serie maltese.
L’Apostolato dell’Ordine di San Giovanni nella Cattedrale di Malta – Le quindici statue d’argento di Antonio Arrighi non solo colma un vulnus nella conoscenza del gruppo scultoreo di acquisizione maltese e del contesto culturale in cui è stato prodotto, ma consente anche di approfondire la storia del suo artefice. Uno studio imponente e completo che illumina un momento cruciale per Malta, divenendo un sicuro punto di riferimento per le ricerche che riguardano non solo l’Isola dei Cavalieri, ma anche la storia dell’oreficeria romana.