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La regina Vittoria icona di moda: la passione per i merletti e la statua di La Valletta
DOI: 10.7431/RIV19102019
Nel 2019 ricorre il bicentenario1 dalla nascita della regina Vittoria (1819-1901), a capo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda dal 20 giugno 1837 e imperatrice d’India dal 1877, il cui nome è indissolubilmente legato al lunghissimo periodo in cui regnò, conosciuto anche come “epoca vittoriana”, e a quello che è comunemente considerato il più importante museo al mondo dedicato alle arti decorative, il Victoria and Albert Museum a Londra. In seguito alla firma del Trattato di Parigi del 1814, Malta divenne ufficialmente parte dell’Impero britannico nel 1816, fino all’indipendenza ottenuta il 21 settembre 1964, rimanendo comunque membro del Commonwealth.
Nell’immaginario collettivo è ancora diffusa soprattutto una rappresentazione austera della regina Vittoria, con lo sguardo severo, di nero vestita e con magari indosso i cosiddetti “gioielli da lutto”2 per la scomparsa dell’amato consorte Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha avvenuta nel 1861. Ma la storia del costume ha di recente dimostrato come, in realtà, l’epoca vittoriana fu un periodo di grande fermento e innovazione e che la regina «was well aware of the significance of her example in all things including dress»3. E che, pertanto, ella era molto attenta alla moda, e a dettarla! Per le apparizioni pubbliche più importanti non a caso indossava sempre abiti confezionati in patria, dimostrando in tal modo il suo appoggio a un’industria, quella tessile, che era stata duramente colpita dalla rivoluzione industriale e dalla conseguente meccanizzazione di molti processi creativi in precedenza realizzati a mano, nella speranza al contempo di contribuire a suscitare a livello internazionale un rinnovato interesse per tale settore manifatturiero.
Vittoria amava moltissimo il merletto4, tessuto estremamente leggero, prezioso e ornato che si può ottenere a mano o a macchina, cucendo, annodando o intrecciando dei fili. Il suo abito da sposa ne è la prova: fu realizzato nel 1840 a Beer, paese della contea del Devon, in pizzo “di Honiton” , ovvero una varietà a fuselli, e in raso bianco “di Spitalfields” (area oggi sita nell’East End di Londra), come è possibile ammirare in numerosi ritratti e miniature5. Erano confezionati in “merletto Honiton” la gonna, il volano a mantellina tipo “berta” (trattasi della bordatura per le scollature), gli “ingagianti” (sorta di maniche strette fino al gomito, punto in cui si allargavano con guarnizioni di pizzi e merletti) alle corte maniche e il velo dell’abito nuziale. Al Museo Napoleonico di Roma, in occasione della mostra “In quelle trine morbide. Merletti dell’Ottocento dalla Collezione Arnaldo Caprai”, svoltasi dal 13 dicembre 2008 al 17 maggio 2009, è stato possibile ammirare una selezione di merletti provenienti da tale collezione ubicata a Foligno, considerata una delle più importanti raccolte tessili europee private, tra cui un «fazzoletto femminile, con monogramma VR, sovrastato dalla corona reale inglese, appartenuto alla Regina Vittoria», con merletto a fuselli Valencienne di manifattura inglese degli anni 1837-1860; «elementi floreali in merletto a fuselli Honiton» dal già citato abito di nozze della regina; e una «camicia intima da notte» appartenuta alla stessa sovrana, con merletto a fuselli Valenciennes di manifattura inglese degli anni 1860-19006.
Un’altra grande passione della regina Vittoria, condivisa con il principe consorte, era quella per la Scozia, acutizzatasi soprattutto negli anni Cinquanta ed evidente sia negli abiti che nei gioielli di questo periodo. La seconda dimora reale divenne, così, il castello di Balmoral, situato nella zona dell’Aberdeenshire, residenza dove «Alberto e Vittoria impiegarono tutte le loro cure nella decorazione dell’interno. Le pareti e il pavimento erano di pino rigido, ricoperto con tessuto scozzese appositamente preparato. Il tartan Balmoral rosso e grigio, disegnato dal principe, e il tartan Vittoria con una striscia bianca, disegnato dalla Regina, si vedevano in ogni stanza: c’erano tende di tartan, coperture di poltrone in tartan, e perfino i linoleum erano in disegno. Qua e là faceva capolino anche il tartan reale degli Stuart»7. Così il tartan fu definitivamente sdoganato e divenne assai di moda, mentre l’apprezzamento per l’arte orafa scozzese determinò la sua fortuna non soltanto nel Regno Unito, soprattutto quella delle spille a forma di cuore (“luckenbooth”), geometriche, a forma di pugnale o a foggia della tipica piccola borsa di pelliccia (sporran) tradizionalmente indossata con il kilt8.
La sovrana aveva una forte propensione per gli scialli e l’abitudine di decorare gli abiti con nastri, fiocchi, balze e soprattutto pizzi. Alla luce di quanto detto fino ad ora sul suo spiccato campanilismo in fatto di tessuti e merletti, acquista una certa importanza la sua passione per i merletti a tombolo dell’isola di Malta, la cui produzione conobbe una fase di ripresa e un nuovo slancio proprio in seguito alla conquista britannica9, per il nuovo afflusso di denaro dall’estero e soprattutto per la presenza in loco di raffinate nobildonne inglesi, in primis Lady Anne Hamilton Chichester, e la medesima cosa accadde sull’isola di Gozo10. Fra gli artisti-artigiani fautori della ripresa del settore, che ebbe come conseguenza una rinnovata competitività dei merletti maltesi sui mercati internazionali, tanto che taluni manufatti furono presenti alla Grande Esposizione di Londra del 186211, sono da ricordare Godfrey Critien, a cui la nobiltà maltese commissionò un ombrellino da sole destinato alla principessa Maria di Teck per le nozze del 6 luglio 1893 con il futuro re Giorgio V (che regnò dal 1910 al 1936), e Carmela Cassar, che ebbe come clienti nel suo atelier di La Valletta nomi altisonanti, come il re Edoardo VII del Regno Unito nel 1903, figlio della regina Vittoria, che fu in carica dal 22 gennaio 1901 al 6 maggio 191012.
Desta interesse la notizia secondo cui Sua Maestà la regina Vittoria commissionò a Malta otto dozzine di paia di guanti lunghi e altrettante di guanti corti, oltre a uno scialle in pizzo13, decisione da inquadrare ugualmente nella politica di incoraggiamento e rilancio dell’artigianato locale intrapresa dalla monarchia britannica. Per quanto allo scialle, dovrebbe trattarsi dello splendido manufatto (Figg. 1 – 2) finemente scolpito nei minimi dettagli adagiato sulle ginocchia della regina nel monumento marmoreo che la ritrae seduta, imponente e con lo sguardo fiero, situato in Republic Square, davanti alla National Library, a La Valletta (Figg. 3 – 4). Pur trattandosi di un’opera scultorea, dinanzi ad essa si rimane incantati per la curiosità e la precisione con le quali lo scultore riesce a rendere i dettagli del pizzo del velo del lutto e della “berta” (verosimilmente gli originali dovevano essere di produzione maltese); di quelli dello scialle, di cui mettono in evidenza anche le frange; dei bracciali di perle su entrambi i polsi; dei gioielli; dello scettro; dell’insegna dell’Ordine di Vittoria e Alberto14; e della corona. Quest’ultima riproduce quella piccola in argento e diamanti che Sua Maestà aveva commissionato nel 1870 e che fu prodotta dalla R. & S. Garrard & Company. Dopo la morte del principe Alberto, infatti, la regina Vittoria si ritirò dalla vita pubblica ed indossò il lutto fino alla morte avvenuta nel 1901, rifiutandosi di portare la corona imperiale di stato, con la quale le sarebbe stato impossibile esibire il velo del lutto. Così si trovò un compromesso con questa nuova corona.
Il dotato scultore autore del monumento della Regina Vittoria del Regno Unito, di Gran Bretagna e Irlanda commissionato nel 1887, in occasione del Giubileo d’oro della sua ascesa al trono, che nell’allora colonia Malta venne solennizzato con grande pompa15, era un siciliano. Si tratta del palermitano Giuseppe Valenti che, pertanto, all’epoca doveva essere all’apice della sua carriera per ricevere una commissione di tale livello e prestigio. Il monumento, ultimato a Palermo, è palesemente ispirato alla foto ufficiale dei cinquanta anni di regno della sovrana scattata dal fotografo Alexander Bassano (Fig. 5) e fu inaugurato il 5 agosto 1891. È stato restaurato di recente, intervento reso necessario principalmente dai danni verificatisi negli anni a causa delle colonie di colombi che si appollaiavano su di esso e, soprattutto, da quelli derivanti dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, particolarmente funesti per Malta. Scriveva Gioacchino Di Marzo, a proposito di Giuseppe Valenti: «onora altamente il nome siciliano. Il che al presente acquista un valore molto più ampio, e molto più notabile, che non avea prima, in quanto che, onorandosi la Sicilia, non ultima parte della nazione italiana, si onora tutta l’Italia»16.
Giuseppe Valenti jr17 era figlio del più noto scultore Salvatore (1835-1903)18 e fratello di Francesco (1868-1953), il maggiore protagonista del restauro dei monumenti della Sicilia del primo Novecento19. Si tratta di un’artista ancora poco studiato, soprattutto per quanto riguarda la sua produzione all’estero, che comunque in questi ultimi anni ha iniziato a essere rivalutata per quello che merita20. Egli lavorò intensamente a Malta, dove si trovano anche opere del padre risalenti ugualmente al nono decennio del XIX secolo, quando entrambi dovevano trovarsi in loco21. Giuseppe in questo periodo ricevette alcune importanti commissioni, forse proprio anche in virtù della fama dell’illustre genitore. Nell’agosto 1884 il capitolo della cattedrale di Mdina lo incaricò di eseguire un San Publio in trono (Fig. 6), mentre nell’ottobre 1885 di scolpire i due Evangelisti Luca e Giovanni (Figg. 7 – 8) per la zona del presbiterio, che dovevano fungere da leggii. Nel 1886 completava il busto commemorativo di monsignor Salvatore Manduca Piscopo Macedonia Cassia in marmo bianco di Carrara che si trova nella chiesa collegiata di San Paolo a Rabat (Fig. 9), all’interno della cappella dedicata a Santo Stefano Martire22. Rimangono anche diversi monumenti funerari realizzati per importanti personaggi maltesi presso il cimitero neogotico dell’Addolorata a Paola23. Lavorò anche presso il prestigioso cantiere della ristrutturazione di Palazzo Parisio a Naxxar, voluta dal marchese Giuseppe Scicluna con la supervisione dell’architetto milanese, ma catanese d’adozione, Carlo Sada, occupandosi della decorazione del pavimento dell’Armeria o dello scalone marmoreo (Fig. 10) e di scolpire i monumenti del cardinale Fabrizio Sciberras Testaferrata e del vescovo Francesco Saverio Caruana.
Un po’ di Sicilia, pertanto, anche in uno dei monumenti simbolo del “periodo vittoriano” dell’arcipelago maltese, che ha persino dedicato alla sovrana, sempre in occasione del suo Giubileo d’oro, una città: si tratta di Rabat, sull’isola di Gozo, che nel 1887 cambiò il suo nome in Victoria.
- A Kensington Palace a Londra, dal 24 maggio, sono in corso ben due mostre per celebrare la sovrana. La prima, dedicata alla sua infanzia, è intitolata “Victoria: A Royal Childhood” e permette di ammirare (fino al 31 dicembre 2019), tra le altre opere d’arte, numerosi oggetti personali di quando Vittoria era bambina, tra cui vestiti in seta e cotone, scarpe, cappottini e cappelli. La seconda, “Victoria: Woman and Crown”, sarà visitabile fino al 5 gennaio 2020 e ha l’intento di indagare attraverso preziosi reperti come abiti, dipinti, sculture, disegni, documenti, la donna che si celava dietro l’immagine pubblica della monarca, esplorandone la vita privata, l’indole, le passioni, i dolori e i gusti. Per maggiori informazioni si veda il sito https://www.hrp.org.uk/kensington-palace/#gs.icye25. A luglio, inoltre, a Buckingham Palace verrà inaugurata un’ulteriore mostra dal titolo “Queen Victoria’s Palace” (20 luglio-29 settembre 2019), curata da Amanda Foreman e Lucy Peter, per cui si veda A. Foreman – L. Peter, Inside Queen Victoria’s Buckingham Palace, London 2019. [↩]
- Cfr. C. Phillips, Gioielli Breve storia dall’antichità a oggi, trad. di E. Sicuri, Ginevra-Milano 2003, pp. 163-165. [↩]
- C. Goldthorpe, From Queen to Empress: Victorian dress 1837-1877, New York 1988, p. 15. Si veda anche J. Laver, Costume and Fashion A Concise History, London 2002. [↩]
- Per approfondimenti si veda M. Eirwen Jones, The Romance of Lace, London 1951. [↩]
- C. Goldthorpe, From Queen …, 1988, p. 15. [↩]
- Cfr. In quelle trine morbide Merletti dell’Ottocento dalla collezione Arnaldo Caprai, catalogo della Mostra (Roma, Museo Napoleonico 13 dicembre 2008-17 maggio 1009), testi di D. Davanzo Poli, Roma 2008. [↩]
- L. Strachney, La Regina Vittoria, trad. di R. Lupi, Roma 2014, p. 170. [↩]
- C. Phillips, Gioielli Breve storia…, 2003, pp. 164-165. [↩]
- Cfr. P. Earnshaw , The Revival of the Art of Lacemaking, in Costume in Malta – A History of Fabric, Form & Fashion, eds by N. de Piro – V.A. Cremona, Malta 1998, pp. 138-143. [↩]
- Si veda C. Azzopardi, Lacemaking at the Centre of Gozitan Daily Life, in Costume in Malta…, 1998, pp. 144-147. Cfr. anche N. de Piro, Costume and Lace in a Historical Maltese Setting, in Celebratio Amicitiae Essays in honour of Giovanni Bonello, eds. by M. Camilleri – T. Vella, Malta 2006, pp. 291-296. [↩]
- Si veda V. Cassar, A Firm Makes History, in Costume in Malta…, 1998, pp. 148-149. [↩]
- N. de Piro, Introduction, in Costume in Malta…,1998, pp. 5-9. [↩]
- Si veda J. Grech, British Heritage in Malta, Sesto Fiorentino 2003. [↩]
- Si tratta di un’onorificenza familiare e di corte del Regno Unito, non più conferita, istituita il 10 febbraio 1862 dalla regina Vittoria. La medaglia consiste in un cammeo con i ritratti della regina stessa e del principe Alberto, con sul verso le iniziali dei sovrani VA, il tutto sormontato dalla corona reale inglese e sostenuto da un nastro bianco moiré. [↩]
- Cfr. A. Mercieca, Sir Adriano Dingli sommo statista, legislatore, magistrato, in “Melita Historica Journal of the Malta Historical Society”, I (1955), 4, pp. 221-260. [↩]
- G. Di Marzo, La Regina Vittoria d’Inghilterra Statua di Giuseppe Valenti, in “La Sicilia Artistica e Archeologica”, II, 5, 1888, pp. 35-39, in part. 36. [↩]
- Si veda A. Callari, “Valenti Giuseppe jr”, in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani Scultura, III, a cura di B. Patera, Palermo 1994, p. 340. [↩]
- Si veda A. Callari, Valenti Salvatore, in L. Sarullo, Dizionario…, 1994, pp. 340-342. [↩]
- Cfr. M.C. Genovese, Francesco Valenti e la cultura del restauro nel primo Novecento in Sicilia, tesi di dottorato, Università degli Studi di Napoli Federico II, 2006. [↩]
- Cfr. F. Agius, The decorative programme at Palazzo Parisio, Naxxar 1900-1907 Giuseppe Scicluna’s Vision and Taste, B.A.(HONS) thesis, University of Malta, 2012; Eadem, The eclectic project for Palazzo Parisio (1898-1907) : the industry of the art and its protagonists, M.A. thesis, University of Malta, 2014. [↩]
- Cfr. A. Callari, Valenti Salvatore, in L. Sarullo, Dizionario…, 1994, p. 342. F. Agius, The decorative…, 2012, p. 15 scrive, infatti, che una bottega «Prof Valenti and Son Sculptors» si trovava al numero civico 256 della strada Reale Hamrun. Il padre di Giuseppe, Salvatore, non a caso, era a partire dal 1868 insegnante di plastica ornamentale nella scuola serale di Palermo e dal 1886 al 1890 fu nominato Direttore del neonato R. Istituto di Belle Arti della medesima città siciliana. [↩]
- Per l’opera si veda D.G. Azzopardi, A Bust Monument by GiuseppeValenti in St Paul’s Church, Rabat, Malta, in A Timeless Gentleman Festschrift in honour of Maurice de Giorgio, Malta 2014, pp. 151-158. [↩]
- M. Borg, The Artistic Relevance of the Santa Maria Addolorata Cemetery, Malta, 1870-1940, M.A. thesis, University of Malta, 2001, p. 114. [↩]