Valeria Patti

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Per uno studio dei bozzetti della Fabrique neuve de Cortaillod (XVIII-XIX secolo)

DOI: 10.7431/RIV19082019

La diffusione dei tessuti di cotone stampato1 colorati rappresenta un altro tassello del processo di interazione tra moda e sviluppo industriale2 nell’Europa del secondo Settecento3. Il ritrovamento nell’Archivio di Stato di Neuchâtel di una raccolta di schizzi e modelli di indiane4 realizzati dai disegnatori della Fabrique-Neuve di Cortaillod5, conservata in un contesto archivistico di particolare rilievo, ci permette di aprire una finestra sui processi di adattamento dei modelli orientali6 al gusto europeo e sulle tecniche di stampa adottate in Europa.

Nel 1752 entrava in funzione la fabbrica di Cortaillod, posta sulla riva sud della regione di Neuchâtel, nell’ovest della Svizzera, sulla strada principale che la collegava alla Francia7.

Essa operava esclusivamente nel campo delle indiane. La produzione venne ideata fin dall’inizio in funzione dell’esportazione, ponendo dunque attenzione alla domanda del mercato estero e adattando le merci ai gusti del paese di destinazione. Si trattava di una piccola impresa che in meno di un secolo ebbe un’incredibile ascesa nel ramo tessile, tra i maggiori nel periodo della rivoluzione industriale, sperimentando tuttavia un altrettanto rapido declino, solo un secolo dopo, con la sua definitiva chiusura nel 1854. L’importanza della sua produzione e della sua forza lavoro ne ha comunque fatto una delle più grandi fabbriche tessili in Europa.

L’Archivio di Stato di Neuchâtel conserva diversi schizzi e modelli di indiane realizzati per la produzione di questa fabbrica; tale azienda ha preservato, se non i suoi stessi fragili prodotti, almeno il suo archivio, che si presenta particolarmente integro8.

Le scatole di schizzi e modelli di indiane custodite presso l’archivio – migliaia sono i disegni a matita o inchiostro o acquerello -, secondo le rare annotazioni che appaiono su alcuni dei campioni risalgono all’ultimo quarto del XVIII secolo e all’inizio del XIX secolo, e testimoniano l’incredibile abilità dei disegnatori.

Dall’analisi dei molteplici disegni e schizzi è possibile risalire ad alcuni grandi gruppi decorativi: stile vagamente “indiano”, temi di ispirazione vegetale, decorazioni neoclassiche, decorazioni geometriche e le cosiddette cineserie9.

All’interno del primo gruppo, ispirato chiaramente alle decorazioni dei tessuti indiani10, troviamo motivi floreali più o meno compositi, con grandi fiori, steli o palmette, in svariati colori vivaci che emergono da sfondi semplici o elaborati; i decori delineati in due dimensioni, senza profondità o forma, sembrano irreali e fantastici11, rinunciano alla loro intrinseca accezione simbolica e acquistano un valore puramente ornamentale-decorativo. Questo trae le sue origini da un particolare tipo di tessuto che caratterizza gli inizi del Settecento detto “bizzarre” in cui elementi del tutto fantastici sono accostati a motivi chiaramente esotici12. Il fenomeno è legato all’attività delle compagnie delle indie inglesi, olandesi, francesi, spagnole e si propone come uno dei momenti nella storia occidentale di interesse per l’arte orientale legato alla circolazione di manufatti indiani e cinesi.

Congiuntamente a questo tipo di vegetazione è possibile trovare animali stilizzati di piccole dimensioni, come la farfalla, la lumaca o la mosca; la flora, di ispirazione orientale ed europea, è strettamente collegata alla fauna che la circonda. A questo primo gruppo appartiene probabilmente il bozzetto n. 1182 (Fig. 1) con palmette e fiori di loto o melagrane e steli ondulati, databile alla fine del XVIII secolo. Il motivo detto della “melagrana” era già presente nella produzione tessile del Quattrocento acquistando maggiore importanza verso la fine dell’Ottocento13; il termine si riferisce ad un’infiorescenza simile al frutto del melograno, al fiore di cardo, al fiore di loto o a una pigna che nella simbologia orientale, presto accolta anche in occidente, esprime immortalità e fertilità14. La stilizzazione dei rami della palma ha, inoltre, un evidente contatto con i mandala indiani.

A partire dal XVII secolo, i lavoratori specializzati nel disegno floreale ricopiano fiori e piante da enciclopedie, libri di botanica, di incisioni o di erboristeria15; rami o piantine sono disposti verticalmente, raccolti in piccoli mazzi su sfondi bianchi o colorati. È possibile osservare tale composizione grafica nei bozzetti n. 670 e 868 (Figg. 23) di cui quelli identificati come bouquet con la lettera B e D (Figg. 45) sono un dettaglio; nel bouquet D è possibile riconosce una derivazione dallo stile indiano legato all’elaborazione grafica dei mandala. Entrambi fanno capire, inoltre, che vi fosse uno studio approfondito del più piccolo particolare. Il numero 670 presenta tralci di colore rosa e foglie verdi di diversa dimensione con particolari venature di colore giallo, specularmente troviamo un soggetto floreale con rami verdi e fiori rossi e gialli su sfondo bianco. L’altro bozzetto, il numero 868 si distingue per lo sfondo giallo, anche in questo è presente una composizione floreale con piccole foglie sinuose verdi e altrettanti piccoli fiori bianchi con l’interno azzurro e rosa.

Sul finire degli anni Trenta del Settecento si assiste al consolidarsi del naturalismo floreale occidentale che impronterà anche la produzione tessile del secolo successivo16, destinato alla decorazione d’interni, dei capi abbigliamento e di accessori come fazzoletti e sciarpe. L’impostazione del disegno è costituita da mazzi o tralci di fiori, frutta e foglie che poggiano su vari elementi decorativi disposti con estrema libertà17. Il creatore di queste stoffe fu probabilmente Jean Revel da cui prende il nome lo stile detto appunto Revel18. In questi tessuti rimane costante la resa naturalistica dell’elemento vegetale. Tale tendenza si accentuerà nel periodo successivo con l’impostazione a meandro in cui il disegno presenta un’impostazione a serie parallele di tronchi o tralci ondulati verticali su cui poggiano mazzi di fiori di ridotte dimensioni. Troviamo in queste onde verticali una serie di varianti che vanno dal tronco al nastro, all’intreccio di ghirlande di piccoli fiori e a partire dal XIX secolo assistiamo all’introduzione del doppio meandro. L’attenzione viene spostata dai fiori e dal fogliame, progressivamente rimpiccioliti e inseriti a piccoli mazzi nelle anse formate dalle strutture del disegno, alla struttura portante19.

Mantenendo saldi alcuni elementi ornamentali ma differenziandosi nettamente dallo stile appena descritto soprattutto per quanto concerne l’impostazione generale, un altro tipo di struttura, probabilmente di produzione italiana, accentua la razionalizzazione dello spazio decorativo con l’impostazione a fasce parallele o strisce verticali con conseguente riduzione degli elementi costruttivi del disegno.

A questo gruppo appartengono i bozzetti n. 556, 629, 754, 1576 (Figg. 6789). Il bozzetto numero 556 è diviso in due bande verticali delimitate da colonne rispettivamente rosa la prima, bianca la seconda con sviluppo verticale diverse tra loro decorate da infiorescenze con piccoli e grandi fiori policromi di colore rosa, azzurri e bianchi su sfondo nero. Similmente il bozzetto numero 629 presenta tre bande verticali di diversa larghezza decorate anch’esse con fiori policromi rosa, gialli e azzurri e fogliame verde a sviluppo verticale su sfondo bianco; alternandosi, le colonne decorative sono diverse tra loro, la terza ha un andamento sinuoso a meandro diffusasi, come già detto, a partire dal quarto decennio del XVIII secolo20. Molto simile nella composizione del motivo fitomorfo è il bozzetto numero 764. Si riscontra una simile impostazione grafica anche nelle più pregiate stoffe di seta. Un esempio di tale disegno lo riscontriamo nel tessuto con cui è stato realizzato il parato conservato presso l’Abbazia di San Martino delle Scale di Palermo, dell’ultimo quarto del XVIII secolo. Questo è diviso in bande verticali di diversa larghezza decorata alternativamente da tralci sinuosi fioriti a sviluppo verticale, righe sottili e minuti bocci21. Analogo, nella composizione grafica, si presenta il bozzetto numero 1576 a bande verticali diverse tra loro a sviluppo verticale sinuoso, caratterizzato da nastri disposti a sequenze parallele e tralci di piccoli fiori rosa e foglie verdi su sfondo nero.

Gli inizi del XIX secolo segnano il trionfo dello stile impero con il recupero della tematica iconografica greco-romana, delineando un progressivo allontanamento dall’approccio realistico alla natura che aveva caratterizzato il secolo precedente. I tratti sono semplificati, l’impostazione dei decori diviene razionale e i colori poco naturali risaltano su uno sfondo nero che rende la rappresentazione ancora più irreale.

Durante questo stesso periodo, gli europei, dunque, andarono oltre la produzione esclusivamente floreale, introducendovi motivi desunti dal “lessico” storico-occidentale, come nastri trionfali e vasi antichi, e motivi puramente geometrici legati al repertorio neoclassico, includendo strisce bianche e rosse, o colori più chiari e altri elementi decorativi caratteristici del periodo dell’Impero22. Anche le soluzioni cromatiche mutano, tendendo verso toni più acidi e freddi.

A questo gruppo appartengono i bozzetti n. 1740 e quello della figura n. 11, da cui non è possibile desumere la numerazione (Figg. 1011). Il n. 1740 presenta uno sfondo con piccoli fiori e foglie stilizzate di colore giallo e medaglioni con un motivo che sembra richiamare l’alloro napoleonico. Prettamente geometriche sono le rappresentazioni dei quattro bozzetti senza numerazione, dai colori vivaci e strutture verticali e trasversali.

Nella collezione della fabbrica di Cortaillod sono presenti inoltre le “cineserie” che segnarono le arti decorative del XVIII secolo. Queste, diffusesi sulla fine del Seicento, traggono origine dalla Cineseria trecentesca e subiscono varie interpretazioni dettate dal mutare dei gusti. A partire dalla prima metà del XVIII secolo si assiste ad alcune rilevanti variazioni in cui dall’impostazione più esotica si passa progressivamente all’inserimento di elementi più naturalistici rappresentati da foglie  e fiori di notevoli dimensioni23.

Insistente è la presenza di pagode disposte con cadenza verticale collegate da ghirlande e medaglioni floreali. Come nel bozzetto n. 248 (Fig. 12), la struttura verticale riprende, rinnovandoli, i motivi tipici del XVIII secolo, già descritti in precedenza, con bande alternate in cui sono presenti tralci sinuosi fioriti e figure geometriche, come piccoli cerchi e rombi con elementi architettonici stilizzati quali pagode di diversa fattura e floreali dal gusto esotico.

Il breve ciclo prolifico della fabbrica di tessuti di Neuchâtel si interrompe alla fine del secolo XIX spazzato via dalla evoluzione strutturale del mercato e della preponderanza dei distretti produttivi inglesi che diventano protagonisti dei processi di globalizzazione della produzione. Il microcosmo della Fabrique-Neuve di Cortaillod costituisce il modello ideale per potere studiare l’evoluzione attraverso il quale le conoscenze tecniche migrano da Oriente verso Occidente in un processo di espansione e di disseminazione che caratterizzò il ‘700. Lo studio dei modelli e dei disegni elaborati dai tecnici della piccola fabbrica danno la possibilità di conoscere gli sviluppi di adattamento e di metabolizzazione attraverso il quale gli schemi ornamentali propri della cultura medio orientale vengano adattati ai gusti della moda europea garantendo una diffusione e una circolazione grazie alle quali le indiane si impongono sul mercato europeo diventandone protagoniste.

La fabbrica di Cortaillod è, dunque, un caso esemplare, un modello che spiega come tessuti esotici importati diventino prodotti tessili di fabbricazione europea con i quali condizionare stili di vita.

  1. Impiegata per la realizzazione dei tessuti che raggiunsero l’Europa, la stampa per mezzo dei mordenti ebbe origini orientali; i tessuti venivano spalmati non con i colori ma con sostanze che assimilavano il colore, e immersi in un bagno bollente di colorante che poco dopo faceva emergere la tintura. Tale processo di stampa fu adottato anche per tessuti indiani e giunse ad un tale livello di perfezione tecnica che, sino all’arrivo dei colori sintetici, rimase alla base dei procedimenti moderni. Riassunto in pochi passaggi, il sistema prevedeva prima di tutto che il tessuto di cotone fosse introdotto in una soluzione di ritagli di pergamena, per inamidarlo e far sì che i composti coloranti si stendessero sulla stoffa, evitando la loro fuoriuscita dai limiti imposti dal disegno. Sopra una tavola veniva poggiato il telaio su cui era assicurata la stoffa da stampare. Per evitare che vi fossero spazi bianchi o sovrapposizioni tra una decorazione e l’altra, erano presenti dei punti di riferimento ai quattro angoli dei blocchi di legno che permettevano di far coincidere perfettamente il disegno. La matrice era ricoperta con una miscela di mordente e agente addensante e posta sopra la tela con la parte intagliata e inchiostrata accostata ad essa. Con l’aiuto di un mazzuolo il lavoratore colpiva il blocco di legno facendo entrare omogeneamente i mordenti nella stoffa, e la seguente immersione nel bagno a base di robbia rivelava i colori sulla tela. Fino al 1760 si adoperarono le stesse matrici, fatte di duro legno di albero da frutta, utilizzate per stampare la carta. Cfr. R.M. Bellezza – M. Cataldi Gallo, Cotoni stampati e mezzari: dalle Indie all’Europa, Genova 1993, pp. 199-208. []
  2. Per uno studio approfondito relativamente al tema delle indiane cfr. V. Patti, Moda e sviluppo industriale nell’Europa del Settecento. Un caso studio: La Fabrique neuve de Cortaillod, p. 28.35.uppo industriale 8.diane cfr. Valeria Patti, in “L’identità di Clio”, III-IV settimana, marzo, 2018. []
  3. La straordinaria impresa del cotone, i suoi prodotti e i suoi modelli di consumo, ebbero un ruolo decisivo nell’avvento della moderna società industriale; se infatti la rivoluzione industriale a prima vista fu un fenomeno piuttosto distante dalla storia della moda, in realtà essa fu intimamente collegata alla rivoluzione del consumo determinata dal diffondersi di questo nuovo materiale. Lo sviluppo dell’industrializzazione, avviatosi nel tentativo di soddisfare i consumatori europei, fu dunque il risultato dell’affermazione dei cotoni nel Sei e Settecento ed ebbe origine dal tentativo di produrre tessuti di puro cotone stampati come quelli indiani, sviluppando filatoi meccanici che permettessero di contenere i costi di produzione. Cfr. G. Riello, La moda: una storia dal Medioevo a oggi, Roma-Bari 2012. []
  4. Al pari di quasi tutte le stoffe di seta, i tessuti stampati in cotone denominati indiane o calicò (dalla città indiana di Calicut, uno dei maggiori centri di produzione ed esportazione fino al XVII secolo) pervenivano costantemente dall’India, dalla Persia e dalla Cina, ma la maggior parte dei tessuti di cotone che giungeva in Europa proveniva dall’India. Grazie alla loro popolarità gli anni dal 1760 al 1785 vengono definiti l’età delle indiane, che con i loro colori vivaci e la loro leggerezza contribuirono a diffondere un nuovo gusto ornamentale che invase l’Europa. []
  5. Originariamente, il primo tentativo di installare una manifattura a Neuchâtel avvenne nel 1713 ad opera di Jean Labram, che, dopo aver fatto un apprendistato a Ginevra presso Vieux & Michel, avviò nel principato la stampa dei tessuti di cotone. Tale fabbrica entrò realmente in funzione nel 1715; contemporaneamente nascevano nel territorio altre piccole manifatture. A causa di due principali fattori, tuttavia, questi timidi esperimenti apparirono piuttosto precari. Prima di tutto il clima sfavorevole, specialmente nei mesi invernali, dei territori a nord del lago di Neuchâtel rendeva problematico lo sbiancamento e l’asciugatura delle tele. Inoltre, era complicato e costoso, a causa della posizione geografica delle manifatture, il rifornimento delle materie prime. Nel 1751 Claude-Abram Du Pasquier acquisì dal Consiglio di Stato l’autorizzazione ad insediare una nuova manifattura per la stampa e la colorazione dei tessuti di cotone, gettando così le basi per la costruzione del nucleo principale della fabbrica che prese il nome di Fabrique Neuve. Cfr. P. Caspard, La Fabrique-Neuve de Cortaillod [Texte imprimé]: entreprise et profit pendant la révolution industrielle 1752-1854, Paris 1979; L. Laurenti – D. Lüthi, Les indiennes neuchâteloises: les charmes cachés d’un fonds d’archives inexploré, in “Art + Architecture en Suisse”, Année 62, 2011; L. Laurenti, Les mouchoirs imprimés entre XVIIIe et XIXe siècles: un aperçu des créations de la fabrique-neuve de Cortaillod, in “Revue historique Vaudoise”, 2015/123. []
  6. Fino alla seconda metà del Settecento la maggior parte dei cotoni era importata dall’India, non mancando tuttavia sin dall’inizio timidi tentativi di imitazione occidentali. Tali sforzi furono spesso stroncati dal clima rigido del continente europeo che impediva la coltivazione e l’utilizzo del cotone (è probabile che la diffusione dei tessuti di cotone in Europa fu facilitata dal superamento della cosiddetta “piccola era glaciale” a partire dalla metà del XVII secolo). Cfr. G. Riello, Asian Knowledge and the Development of Calico Printing in Europe in the Seventeenth and Eighteenth Centuries, in “Journal of Global History”, 5/1, 2010. []
  7. La Svizzera e la fabbricazione di cotoni stampati beneficiò originariamente di una grande fortuna dovuta alla revoca dell’editto di Nantes e alla conseguente immigrazione di tecnici ugonotti dalla vicina Francia. In particolare, le manifatture si insidiarono lungo il confine dei Cantoni svizzeri, favorite dalla vicinanza al mercato francese e tedesco. []
  8. L. Laurenti – D. Lüthi, Les indiennes neuchâteloises…, 2011, pp. 10-17. []
  9. L. Laurenti, Les mouchoirs imprimés entre XVIIIe et XIXe siècle…, 2015, pp. 49-60. []
  10. Questi potevano essere tele a metraggio, mezzari o palampore, varietà di manufatto più ricercato dal mercato occidentale, che, a causa dei mesi di lavorazione che esigeva la sua esecuzione per via delle grandi dimensioni, era molto costoso. In India tali pezzi non erano pensati per il mercato interno, bensì per l’esportazione, così ideati dai mercanti delle Compagnie delle Indie, i quali univano usuali motivi della tradizione europea con altri derivati dalla cultura orientale dando vita a tessuti che per lungo tempo ebbero grande fortuna. L’assetto dell’apparato decorativo, riscontrato in molti modelli, presenta una parte centrale, spesso occupata dall’albero della vita accostato da due uccelli, detti guardiani, e una cornice. In alcuni casi, i palampores sono caratterizzati, invece, da una parte centrale ricoperta con fiori di dimensioni ridotte, interrotta da medaglioni circolari o da sagome stellate spesso ornati con emblemi araldici o stemmi nobiliari. Cfr. R.M. Bellezza – M. Cataldi Gallo, Cotoni stampati e mezzari: dalle Indie all’Europa…., 1993. []
  11. L. Laurenti – D. Lüthi, Les indiennes neuchâteloises…, 2011, pp. 10-17. []
  12. Cfr. D. Devoti, L’arte del tessuto in Europa, Milano 1974. []
  13. T. Boccherini – P. Marabelli, Atlante di storia del tessuto: itinerario nell’arte tessile dall’antichità al Déco, Firenze, 1995. []
  14. Cfr. D. Devoti, L’arte del tessuto…, 1974, pp. 21-22. []
  15. A. Gruber, Blumen-fleurs : les motifs floraux au naturel dans les arts textiles du moyen age au XIXe siècle. Abegg-Stiftung Riggisberg 1986. []
  16. L. Laurenti, D. Lüthi, Les indiennes neuchâteloises…, 2011, pp. 10-17. []
  17. Cfr. D. Devoti, L’arte del tessuto…, 1974, p. 29. []
  18. Ibidem. []
  19. Ibidem. []
  20. Cfr. R. Civiletto – S. Lanuzza, scheda n. 43, in L’eredità di Angelo Sinisio. L’abbazia di San Martino delle Scale dal XIV al XX secolo, catalogo della Mostra, a cura di M.C. Di Natale e F. Messina Cicchetti, Palermo 1997, p. 235. []
  21. Ibidem. []
  22. L. Laurenti, Les mouchoirs imprimés entre XVIIIe et XIXe siècle…, 2015, pp. 10-17. []
  23. Cfr. D. Devoti, L’arte del tessuto…, 1974, p. 28. []