Antonella Capitanio

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L’arte orafa nelle pagine di “Cellini”

DOI: 10.7431/RIV18092018

Nell’ottobre 1940, mentre l’Italia ormai entrata in guerra apre un nuovo fronte decidendo di invadere la Grecia, esce il primo numero di un nuovo periodico: «Cellini»1. Il sottotitolo rivista dell’artigianato italiano chiarisce come non fosse dedicata univocamente all’arte orafa, ma che nel nome di questo personaggio d’eccezione si volesse far cadere la distinzione gerarchica tra arte e artigianato, scopo chiarito nel primo numero non solo nell’articolo programmatico del direttore Piero Gazzotti2, ma anche in diversi degli altri contributi presenti, in particolare quelli dovuti al critico d’arte Marino Lazzari e allo scultore Antonio Maraini3.

A pubblicarla erano la Federazione nazionale fascista degli artigiani e l’Ente nazionale fascista per l’artigianato e le piccole industrie (E.N.F.A.P.I.), istituzione quest’ultima che portava quindi a porre l’accento anche su un necessario rapporto con la produzione industriale, esplicitato ugualmente nel primo numero dall’allora presidente di Confindustria Giuseppe Volpi di Misurata4: una realtà peraltro che si era andata affermando – almeno fuori d’Italia – già dal pieno Ottocento, se in una delle pubblicazioni edite in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1867 si poteva leggere «Se Benvenuto Cellini ritornasse al mondo, l’artista si farebbe industriale. Si direbbe la ditta Benvenuto Cellini, come si dice la ditta Christofle o la ditta Froment-Meurice»5.

L’arte orafa continua dunque ad essere accreditata come una guida comune, secondo la tradizione – ricordata da Roberto Papini nell’articolo dedicato a Cellini stesso – che ha visto molti grandi artisti formarsi in tale tecnica e poi affermarsi in altri campi delle arti visive6: emblematica in questo senso la copertina del fascicolo di gennaio 1941 (Fig. 1), in cui da una corazza cesellata cinquecentesca fuoriesce un leggero tessuto a minuti disegni astratti, sul quale poggia uno stilizzato vaso altrettanto in linea con le proposte dei designer contemporanei7.  Gli interventi sull’attualità di questo settore sono incentrati in particolare sull’utilizzo di materiali autarchici, che da obbligata necessità diviene occasione di nuovi stimoli inventivi, come nel caso delle tavole con disegni di gioielli in materiali non preziosi firmate da Emma Calderini, Umberto Zimelli e Ugo Blasi8: e se la prima vede storicamente legare il proprio nome ai costumi di scena e il secondo alla ceramica e all’illustrazione grafica, Blasi è un disegnatore-progettista strutturato all’interno dell’E.N.F.A.P.I.9, cui si deve ad esempio anche l’ideazione di una brocca con bacile in foggia di stilizzato uccello, realizzata in “metallo autarchico” dall’argentiere milanese Giuseppe Melocchi10 o di spille, fermagli e fibbie in pietre chimiche realizzate da Ennio Firpi che illustrano un articolo dedicato dallo stesso Blasi all’utilizzo in oreficeria di materie vili, tra cui si segnala la galalite di due spille della ditta Pavesi di Milano11.

Sollecitazioni volte a un rinnovamento del gusto coinvolgono parimenti anche tecniche e materiali tradizionali, come ad esempio la lavorazione del corallo, “materia italianissima”, di cui si propongono innovativi disegni elaborati dalla stessa ENFAPI12 o della filigrana d’argento, di cui vengono proposti progetti su lucido (Fig. 2) – dunque di diretta finalità operativa – con elaborazioni che vanno nel senso di composizioni geometriche astratte, dovute a Eugenio Fegarotti, un altro dei personaggi di più costante e duratura attività nell’ambito della progettazione per le arti applicate promossa dall’ENFAPI13.

Tra gli artisti contemporanei di più generale risonanza emerge dalle pagine di “Cellini” solo il nome di Mirko Basaldella, che si misura con l’oreficeria sacra declinando in un plasticare prezioso nella modalità oltre che nel materiale i rilievi di una croce d’argento, unica illustrazione dell’articolo di mons. Giovanni Costantini incentrato sul rapporto tra arte sacra e artigianato14: una modalità del suo fare scultura che si esalta nel piccolo formato, come conferma una serie di cerniere, chiavi e toppe da serratura in argento ideate per un mobile disegnato dall’architetto udinese Ermes Midena (Fig. 3)15. All’articolo di mons. Costantini, storico direttore della rivista “Arte Cristiana” che dal 1943 sarebbe divenuto presidente della Pontificia Commissione d’Arte Sacra, ne seguì uno di identico titolo firmato da Andrea Lazzarini16, che come illustrazioni di argenti liturgici di rigorosa essenzialità di forme vede un turibolo realizzato dalla ditta Politi di Milano su disegno dell’architetto Paolo Buffa e un insieme composto da calice, ostensorio e pisside della ditta Valerio e Martini di Udine, singolarmente tacendo il nome del prestigioso ideatore, Vittorio Zecchin, cui si può fortunatamente risalire grazie al fatto che i tre oggetti erano stati già pubblicati diversi anni prima da Roberto Papini in quell’eccezionale repertorio di immagini che è tuttora Le arti d’oggi, architettura e arti decorative in Europa, dove oltre all’autorialità di Zecchin si precisava che erano stati “editati” proprio dall’Ente Nazionale per le Piccole Imprese, informazione ancor più stranamente taciuta sulla rivista che, come detto, di tale Ente era emanazione, con l’evidente intento di mettere in primo piano l’impegno produttivo della ditta udinese17.

Oltre a fornire un significativo panorama contemporaneo, “Cellini” offre anche una selezione di exempla storici: nella struttura della rivista è presente infatti una sezione dapprima intitolata “Capolavori del passato” e poi “Testimonianze”18, in cui vengono proposte opere trascelte con «il solo scopo di educare al gusto, di stimolare la fantasia dei nostri artigiani e ricordare ad essi la produzione eccellente realizzata in ogni ramo delle arti decorative»19, in generale documentate da foto dell’archivio Alinari accompagnate da brevi testi meramente descrittivi o addirittura dalla sola didascalia limitata a nome dell’oggetto, luogo di conservazione e individuazione temporale. Di norma l’esempio è unico, ma nel primo numero le immagini sono quattro, di cui le prime due di lavori orafi: la parte centrale dell’altare argenteo del Battistero di Firenze con la statua di San Giovanni Battista e la coperta di evangeliario nota come Pace di Chiavenna20, con un accostamento visivo di tutte le principali tecniche orafe – sbalzo, cesello, fusione, smalto, glittica – che verrà riproposto due numeri dopo a corredo dell’articolo di Antonio Santangelo intitolato “Tradizione dell’artigianato” in cui torna un’altra parte dell’altare fiorentino – il fianco con la Decollazione del Battista di Verrocchio – associata al reliquiario bizantino della Santa Croce conservato nel Tesoro della Basilica di San Marco a Venezia21. I successivi “Capolavori” orafi proposti sono il reliquiario di San Giacomo della Cattedrale di Zara22, la croce-reliquiario del Duomo di Cosenza23, la patena d’alabastro del Tesoro della Basilica di San Marco a Venezia24, il calice bizantino dello stesso Tesoro25 e la croce di Lunata, località nei pressi di Lucca (Fig. 4)26: se negli altri casi le motivazioni della selezione dell’opera sono sempre facilmente intuibili, quest’ultima scelta – definitivamente ultima, visto che col numero su cui comparve cesserà la pubblicazione della rivista – è abbastanza sorprendente, trattandosi di un’opera semplicemente in argento sbalzato, non perfettamente conservata e non legata ad un contesto celebre. Oggi sappiamo che fu elaborata nell’ambito della articolata cultura orafa lucchese di primissimo Quattrocento da Bartolomeo Stefani, maestro al servizio dell’allora Signore della città Paolo Guinigi, e che fu oggetto di reiterati interventi nel tempo27, ma all’epoca non godeva di nessuna voce bibliografica: solo grazie alla documentazione fotografica fattane da Alinari, verosimilmente in occasione della Esposizione di arte e industria antica tenutasi a Lucca nel 1893, i redattori di «Cellini» seppero dunque enuclearla da una folla anonima di oggetti orafi disseminati nel territorio, con ciò testimoniando indirettamente l’importanza di quella cultura visiva che si proponevano di diffondere con la loro rivista.

  1. La pubblicazione proseguì incredibilmente fino al precipitare della situazione bellica e politica in Italia nel 1943: solo però la prima annata – ottobre 1940-settembre 1941 – ebbe dodici fascicoli a cadenza regolare, mentre in seguito ne furono accorpate cinque mensilità e l’ultimo numero – l’ottavo della terza annata – uscì nel maggio 1943. []
  2. Esponente del partito fascista, fu segretario federale a Torino dal 1934 al 1940, mantenendo buoni rapporti con l’ambiente imprenditoriale: cfr. V. Sgambati, Il regime fascista a Torino, in Storia di Torino, VIII, Dalla Grande Guerra alla Liberazione, a cura di N. Tranfaglia, Torino 1998, pp. 247-251 (181-261). []
  3. M. Lazzari, Arte e artigianato nell’azione del regime, in “Cellini”, 1, 1940, pp. 17-19 e A. Maraini, Artisti e artigiani, in “Cellini”, 1, 1940, pp. 21-22. []
  4. G. Volpi di Misurata, Tradizione antica e moderna nell’artigianato, in “Cellini”, 1, 1940, pp. 9-10. Per l’attenzione del regime a questo tema si veda Bottai e la Mostra dell’Istruzione Tecnica del 1936-’37, a cura di D. De Angelis, Roma 2011, p. 10. []
  5. F. Ducuing, L’oreficeria Christofle, in L’esposizione Universale del 1867 Illustrata, Milano 1867, p. 710. []
  6. R. Papini, Benvenuto, povero orefice, in “Cellini”, 1, 1940, pp. 11-16. []
  7. “Cellini”, I, 1941, n. 4. La copertina è firmata dall’architetto Fernando Puccioni, che ritroviamo come grafico anche tra i partecipanti al concorso per il calendario del Partito Nazionale Fascista di quello stesso anno (cfr. “Le Arti”, 1940-41, n. 1, p. X). []
  8. “Cellini”, I, 1941, n. 2, tavole tra p. 4 e 5. []
  9. Per la Calderini si veda la relativa voce in G. Vaccaro, Panorama biografico degli Italiani d’oggi, Roma 1957, p. 260; su Zimelli: R. Ricci, Umberto Zimelli a 25 anni dalla morte, in “La Pie”, 66, 1998, 1, pp. 26-28; per Blasi: E. Longo, Un ricordo di Ugo Blasi (1907-1992). Appunti di lavoro dall’Italia centro-meridionale di un funzionario del servizio artistico dell’E.N.A.P.I., in “Faenza”, 86, 1996, pp. 67-77. []
  10. “Cellini”, II, 1941, n. 1, p. 2. []
  11. U. Blasi, Il gioiello senza impiego di materie preziose e il suo orientamento artistico, in “Cellini”, II, 1941, n. 2, pp. 5-7: tali ornamenti erano stati esposti nella sezione dell’E.N.F.A.P.I. alla Triennale di Milano del 1936, come testimoniato da foto conservate nell’Archivio Storico di quest’ultima istituzione https://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM-3u030-0002635/. []
  12. R. Ferraccio, Il corallo: materia artigiana e italianissima, in “Cellini”, III, 1943, n. 4, pp. 21-26. []
  13. Si veda l’accurata, ricchissima voce scritta da Elena Longo per il Dizionario Biografico degli Italiani (vol. 46, 1996). []
  14. G. Costantini, Arte sacra e artigianato, in “Cellini”, I, 1940, n. 2, p. 9. Sul dibattito dell’epoca relativo allo scadimento della qualità degli oggetti d’uso liturgico si veda A. Capitanio, Committenza per il culto ieri e oggi: tra argenti e stoffe, in DeiSeign 08. Il Sacro e l’Arte Oggi, a cura di L. Favretto, I. Violino, L. Marino, Cuneo 2008, pp. 166-167. []
  15. Alcune piccole fusioni di Mirko Basaldella, in “Cellini”, II, 1942, n. 7, pp. 14-15. []
  16. A. Lazzarini, Arte sacra e artigianato, in “Cellini”, I, 1940, n. 3, pp. 30-33. []
  17. R. Papini, Le arti d’oggi, architettura e arti decorative in Europa, Milano 1930, fig. 385. Sull’attività della ditta Valerio e Martini si veda I. Reale, Le arti a Udine nel Novecento, Venezia 2001, p. 419. []
  18. Il primo titolo compare inizialmente come “Capolavori dell’artigianato d’altri tempi” in seguito semplificato in “Capolavori dell’artigianato”, mentre “Testimonianze” presenta sia opere del passato che contemporanee, così che ad esempio ci troviamo pubblicato un vaso in metallo martellato dall’artigiano Lorenzo Guerrini su disegno di Giovanni Battista De Salvo (“Cellini”, I, 1941, n. 12, p. 2), che la presenza di una foto nell’Archivio della Triennale di Milano testimonia esposto alla sesta edizione del 1936 proprio nella già citata sezione dell’E.N.F.A.P.I. https://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM-3u030-0002619/ []
  19. “Cellini”, I, 1940, n. 1, p. 26. []
  20. Ibidem. []
  21. “Cellini”, I, 1941, n. 3, pp. 16-17. []
  22. “Cellini”, I, 1941, n. 8, p. 9. La pagina segue l’articolo di Renato Giovannini, L’artigianato della Slovenia e della Dalmazia, (pp. 5-8), senza però alcun riferimento reciproco. []
  23. “Cellini”, II, 1942, n. 4, p. 5. []
  24. “Cellini”, II, 1942, n. 5-6, p. 14. []
  25. “Cellini”, II, 1942, n. 9, p. 11. []
  26. “Cellini”, III, 1943, n. 8, p. 2. []
  27. Sulla precisazione attributiva dell’opera si veda A. Capitanio, La croce di Lunata, in Oreficeria sacra a Lucca dal XIII al XV secolo, a cura di C. Baracchini, Firenze 1993, pp. 457-461, e A. Capitanio, in I Tesori della Cattedrale. I. La Croce dei Pisani, a cura di P. Bertoncini Sabatini e M. Lucchesi, Lucca 2017, p. nn. [22]. []