Giuseppe Giugno

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Pro maiori Dei Gloria et Integerrime Immaculate eius Matris Marie. Il simulacro dell’Immacolata Concezione della Cattedrale di Caltanissetta

DOI: 10.7431/RIV18072018

La rappresentazione della Tota pulchra, sintesi della teologia immacolista formulata secondo uno schema iconografico suggerito dalla descrizione della Amicta Sole (Apocalisse 12), rappresenta il punto di approdo di un lungo e complesso cammino di ricerca iconografica che ha accompagnato nei secoli la codifica di un mistero teologico giunto a sua piena maturazione con la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione nel 1854 sotto il pontificato di Pio IX. La donna dell’Apocalisse si pone, in tal modo, come sommo emblema rappresentativo di una verità di fede, già avvertita nel sensus fidei nel lontano medioevo, ancorata nel linguaggio dell’arte a formule iconografiche poi superate in età tridentina come l’Albero di Jesse1.

Nella definizione dell’attuale modello iconografico dell’Immacolata, segnato dalla Vergine vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi sottoposta al globo terracqueo sferico, esercita un ruolo di primo piano il De picturis et imaginibus sacris di Jan Der Meulen, latinizzato in Molanus. L’opera pubblicata nel 1570 indirizza verso l’abbandono di rappresentazioni come il casto bacio di Anna e Gioacchino per modelli nuovi con attributi che rimandano al testo dell’Apocalisse2.

Nonostante le critiche mosse da quanti non ritenevano opportuno raffigurare il mistero immacolista, come chiaramente affermato dal cardinale Paleotti che taccia di errore nel suo Discorso intorno alle immagini sacre et profane del 1582 coloro che rappresentavano «per certe alcune cose che la santa Chiesa non ha voluto determinare, come della concezzione (sic) della gloriosa Vergine»3, il cammino di definizione iconografica del modello oggi consolidato trova ampia fortuna nell’opera del pittore e trattatista spagnolo Francisco Pacheco, nella sua Arte de la Pintura del 1649 dove suggerisce di rappresentare la Vergine senza il Figlio. Lo stesso codifica, di fatto, gli attributi, che diverranno poi costanti nell’iconografia immacolista, fornendo un modello assai diffuso in Sicilia4. Nell’isola, peraltro, scrive Maria Concetta Di Natale, l’evoluzione del tema iconografico, attestata da una produzione artistica varia, è chiaramente segnata dall’impronta della Controriforma che «con le sue indicazioni anche relative all’iconografia delle opere d’arte sacra si viene a porre come un punto di cesura, definendo alcune tipologie e tematiche, mutandone altre e favorendone alcune, piuttosto che altre»5 (Fig. 1).

La semplificazione dell’espressione iconografica immacolista, ancorché fondata su una base iconologica pressoché costante nel suo lungo cammino di definizione teologica, nasce dalla profonda esigenza di garantire il fine culturale e pedagogico-didattico della produzione artistica, come del resto postulato dal decreto tridentino sulle immagini sacre del 1563. Alla base degli attributi che definiscono la rappresentazione sta il dato scritturistico, che ne costituisce il naturale fondamento teologico a partire dal quale esprimere il mistero6.

In Sicilia la posizione degli immacolisti, certamente forte dell’intervento di Filippo III che chiese con forza presso la Santa Sede mediante la Junta de la Immaculada Concepción il riconoscimento formale del culto, culmina nel 1643 nella proclamazione della Vergine patrona dell’isola per volontà del viceré Juan Alfonso Henriquez de Cabrera, Almirante di Castiglia su sollecitazione dei francescani7.

A Caltanissetta la diffusione del culto viene attestata, oltre che nella chiesa dei padri Cappuccini, all’interno della stessa Chiesa Madre di Santa Maria la Nova, anche nota nel 1731 col titolo della Concettione Santissima8. In particolare, è noto che nel 1659 l’altare maggiore della chiesa era già dedicato all’Immacolata Concezione dal momento che in quel tempo un gruppo di sacerdoti vi curava ogni sabato del mese per un anno intero il canto delle litanie: «cantari la litania per uno anno continuo cioè ogni sabbato innanti l’altaro della Madonna SS.ma della Conceptione Maria sempre Vergine di Nostro Signore Giesù Christo fundata della Matrice Ecclesia di questa città di Caltanisetta e nello altare maggiore»9.

Nel 1662, all’interno della Chiesa Madre, i maestri fabbricatori Francesco Zangari e Giovanni Maria Nicolosi, quest’ultimo noto in quel tempo per le sue partecipazioni ai diversi cantieri di architettura sacra e civile nella cittadina nissena, vennero chiamati a risolvere le problematiche statiche della parete absidale. Quest’ultima si presentava in quel tempo precaria, essendo stata costruita come terminazione provvisoria della navata centrale a causa della mancata esecuzione del transetto, poi edificato nel Novecento10 (Fig. 2).

Zangari e Nicolosi vennero interpellati, nello specifico, per verificare se la parete avrebbe retto o meno il carico della cornice lignea del quadro dell’Immacolata Concezione collocata su mensole lapidee, gattoni, in sostituzione della precedente cornice in gesso sistemata qualche anno addietro. I due esperti per scongiurarne il crollo dovettero, perfino, ordinare la rimozione del cornicione che vi correva lungo la parte sommitale11. Il quadro seicentesco dell’Immacolata, oggi andato perduto, viene sostituito nel Settecento da quello attuale eseguito dal fiammingo Guglielmo Borremans12.

Oltre all’altare maggiore dell’Immacolata, viene attestata nella chiesa nel 1666 anche una cappella omonima, affidata probabilmente alle cure della società dell’Immacolata Concezione. La società eserciterà un ruolo di primo piano nel coordinamento delle somme raccolte e finalizzate, già a fine Seicento, all’esecuzione del primo simulacro argenteo dell’Immacolata. Leggiamo, infatti, che nel 1677 un tale Giuseppe Di Maria fece dono ai confrati della somma di 40 onze da impiegare nella fattura della statua della Vergine: «uncias quadraginta semel tantum ad hoc ut perficiatur statua argentea ditte Immaculatissime Virginis»13.

Il simulacro ancora incompiuto nel 1681, quando un tale Silvestro Daidone offrì 15 tarì in aggiunto della statua d’argento della figura della Madonna Santissima della Conceptione, viene portato a termine a Messina nel 1682 sotto la vigilanza – come ricorda il canonico Francesco Pulci –  del rettore gesuita Carlo Trigona14. Sempre dal Pulci si apprende che l’esecuzione dell’opera fu resa possibile grazie alla munificenza del popolo nisseno che, per lunghi quindici anni, si spese ininterrottamente con offerte per il suo completamento, erogando la somma di circa 200 onze. Tali informazioni vennero rinvenute dallo studioso in un manoscritto custodito in quel tempo all’interno della statua15. Dalla sua trascrizione si apprende che per l’anima di legno vennero spese 3 onze e per il serpente di rame oro e doratura 4.20 onze. La statua fu, inoltre, arricchita di una cinta di gioie false con pietre simili nella corona ed una cintura di pietre simili16.

L’opera compiuta fu trasportata su esplicita richiesta dell’arciprete per mare fino a Catania e da lì condotta a Caltanissetta. Dalla corrispondenza tra il gesuita e l’arciprete si apprende che la statua venne verosimilmente realizzata sul modello del simulacro dell’Immacolata Concezione di Catania, ad eccezione del volto e delle mani eseguite in lamine di argento, nonostante il parere discordante del Trigona: «io li consigliai si dovesse fare la faccia di pittura come quella di Catania, che qui avevo maestro assai perito, ma V.S. mi scrisse risolutamente che non voleva»17.

Nel 1759, sia il simulacro argenteo di fine Seicento che il paliotto dell’altare maggiore non rispondevano più alle esigenze di decoro della Chiesa Madre, già elevata alla dignità di Collegiata18. Pare, in particolare, che fosse ormai da tempo vivo il bisogno di rinnovare la statua dell’Immacolata dal momento che per la faccia e le mani argentee non era riuscita di piena soddisfazione per i nisseni19. Per tale ragione, il Preposito del tempo, don Antonio Morillo Galletti e Calafato, volle commissionarne il rifacimento a Giacomo Glorioso, argentiere palermitano attivo ad Enna: «quod simulacrum argenteum Immaculate Conceptionis ditte Ecclesie et Palium Altaris propter venustatem erant redacta inutilia et inservibilia eidem Ecclesie»20.

Se è vero che Pulci aveva già elencato tra i maestri coinvolti nella fattura del nuovo simulacro dell’Immacolata il nome di Glorioso, il cui operato viene arricchito dall’inedito riferimento nel 1757 alla sua fattura ed addoratura d’una lonetta d’argento della sfera dello divinissimo per le regie chiese madri di San Pietro e Santa Maria Maggiore di Calascibetta21, va evidenziato che lo stesso autore non fa alcun riferimento al secondo argentiere coinvolto inizialmente nella realizzazione della statua. Si tratta – come si legge nel contratto d’obbligo del 21 gennaio 1759 – di Pietro Salemi la cui presenza a Caltanissetta, finora inedita, è probabilmente legata ad un sodalizio professionale con il Glorioso ancora da approfondire sul piano archivistico. I due argentieri, oltre a curare l’esecuzione del rivestimento della nuova statua, avrebbero anche dovuto realizzare il paliotto dell’altare maggiore e le diverse suppellettili liturgiche secondo un modello fornito dal Morillo: «farci il Palialtare, la Statua dell’Immacolata Conceptione Nostra Protectrice, il Bacillo, dui Calici, due Patene, dui Candilironi per l’Accoliti, un Sicchietto, un Inciziere ed una navicella d’argento»22.

Tra le clausole dell’accordo venne, inoltre, esplicitato l’obbligo di far bollare <ditto argento> della bulla del Cunsulo di Palermo di pezzo in pezzo e di piancia in piancia secondo i disegni ricevuti dal committente23. Il riferimento al Salemi scompare tuttavia, per ragioni ad oggi sconosciute, in un documento del 1760, nel quale si riassumono le diverse fasi di realizzazione del simulacro con il riferimento a tutte le figure coinvolte nel processo artistico, ad eccezione del suo nome, dall’autore della nuova statua lignea agli esecutori del suo basamento e del paliotto24 (Fig. 3).

Paliotto e simulacro vennero compiuti impegnando la somma di 60 onze ricavata dalla vendita delle case lasciate in eredità alla chiesa madre dall’arciprete La Russa e recuperando tutto l’argento del vecchio paliotto e della statua seicentesca quantificato in oltre 64 libbre25. Il materiale trovato fu, però, insufficiente a garantire il completamento dei due manufatti, così da rendere necessaria l’addizione di altre 12 libbre dal riuso di due lampadari presenti in quel tempo a Santa Maria la Nova26. La statua lignea, rivestita degli argenti che Glorioso dovette lavorare assettare e finire di tutto punto, venne realizzata dallo scultore Antonino Laverde della città di Licata27.

Accanto allo scultore di legname, originario di Canicattì ma residente a Licata, noto per aver eseguito una statua di San Giuseppe per la Chiesa Madre di Mussomeli, lavorò – afferma sempre la fonte del 1760 – mastro Sebastiano Lacagnina, impegnato nel Palio ed il Piede di legno della Statua della Beatissima Vergine28. La figura di Lacagnina – che Pulci definisce col semplice titolo di falegname29 – non va inquadrata esclusivamente sotto il profilo di maestro d’axia e faber murarius, dal momento che diversi suoi lavori eseguiti per il convento nisseno dei domenicani rimandano ad una figura dotata di competenze proprie di un abile scultore di legname. Il riferimento non va tanto alla libraria da lui eseguita nel 1754 per i religiosi – oggi andata perduta – con due scaffi grandi di legno lunghezza di pami 5 e larghezza alti palmi 5 ove si riposero li libri, ma al cassarizzo del 1786 – anch’esso perduto – per la sagrestia della chiesa omonima, realizzato su progetto dell’architetto Cosmo Pignato30. L’indoratura del piedistallo della statua e del paliotto dell’altare maggiore venne affidata a mastro Michele Latorre: personaggio poco noto, ma di cui si potrebbe ipotizzare una relazione parentale – tutta da verificare – con quel Gioacchino La Torre orafo palermitano documentato nel 1708 per aver consegnato a don Giovanni Ciancio 250 onze in denaro e gioielli31.

Il simulacro dell’Immacolata, realizzato su un modello affermatosi in età controriformata, presentava sia il volto che le mani rivestite di lamine di argento, avvicinandosi molto nella sua configurazione artistica all’Immacolata Concezione della chiesa di San Francesco di Assisi di Palermo32. Entrambe le statue, infatti, rispondono ad un motivo iconografico diffuso in Sicilia nella prima metà del Seicento che riporta le mani congiungentesi all’altezza del seno. Nel corso del Settecento tale attributo viene superato dalla raffigurazione delle mani incrociate sul petto, come è possibile osservare nella statua dello scultore Pietro Marabitti eseguita per la Chiesa Madre di San Giovanni Battista di Misilmeri33 (Fig. 4).

Il simulacro nisseno risponde nella sua formulazione barocca a quella «cultura dell’iperbole» il cui obiettivo era innescare commozione ed ammirazione nei fedeli34. Inoltre, la donna vestita di sole – mulier amicta sole – realizzata sul modello codificato dal pittore Pacheco con i piedi poggianti sul crescente lunare, simbolo della sua eternità, e coronata da una corona di dodici stelle mentre domina sull’antico drago, rivela nei tratti sereni del volto anche l’immagine della mater abscondita tramandata dai vangeli (Figg. 56).

Sembra particolarmente interessante ricordare nella vicenda della statua l’anello donato nel 1764 dall’arciprete Morillo Galletti e Calafato incastonato su sua richiesta nella fronte del simulacro35. Occorre a tal proposito evidenziare, andando oltre la semplice devozione con la quale spiegare la donazione dell’arciprete, che l’inserimento del monile nel simulacro potrebbe rimandare all’iconografia immacolista, poi abbandonata con il Concilio di Trento, che rappresentava la Vergine mediante una “Perla preziosa” posta in una incastonatura36. Del resto anche nell’Immacolata di Palermo nel 1647 venne incastonata nella fronte una gemma della corona imperiale, il cui simbolismo potrebbe riferirsi all’antica tradizione iconografica sopra descritta37.

La vicenda settecentesca della statua dell’Immacolata culmina nella prima metà dell’Ottocento, durante il parrocato di don Marco Dimarca, con la sostituzione del volto e delle mani argentee con le attuali finemente dipinte, così come era stato suggerito a fine Seicento dal gesuita Trigona all’arciprete del tempo per il primo simulacro. Nonostante il simulacro nella sua componente lignea continui ad essere quello realizzato dallo scultore Laverde, lo stesso non si può certamente affermare per il rivestimento in argento, un tempo cesellato con disegno di fiori dorati a sbalzo, sottratto nel 1987 e sostituito con quello attuale realizzato perlopiù sul modello del precedente38 (Fig. 7).

Appendice documentaria

Doc. I

«Die 21 gennaio1759

Jacobus Glorioso et Petrus Salemi habitatores videlicet dittus de Glorioso urbis Enne et dittus de Salemi urbis Panormi et modo in hac civitate Calatanissette reperti mihi notaro cognito presenti coram nobis una simul et insolidum renunciando sponte se obligaverunt et obligant Reverendissimo Preposito Insignis Collegiate huius venerabilis Ecclesie Matris don Antonio Morillo et Galletti huius preditte civitatis mihi etiam notaro cognito presenti stipulanti et cond.ti vulgariter loquendo farci il Palialtare, la Statua dell’Immacolata Conceptione Nostra Protectrice, il Bacillo, dui Calici, due Patene, dui Candilironi per l’Accoliti, un Sicchietto, un Inciziere ed una navicella d’argento secondo li modelli ci consegneranno ditto Reverendissimo di Morillo cioè del’argento del palialtare dovessero consignare oltre dell’argento ci sarà consignato tarì quattro e grana dieci per ogni libra d’augmento e di quello della Conceptione dovessero avere difalcato tarì tre e grana dieci per libra ita che la grossezza delle piancie si del palio come della Conceptione devono essere dell’istesso modo ch’al presente sono si dell’Imagine come del palio ita che l’argento manipolato lo devono consignare della bulla in loro potere per far piancie rotula due / d’argento e tanto ni dovessero consignare aggionto e scemato come sopra come si ha detto di sopra e consignate ditte rotula due ni dovessero avere altri rotula due per lavorare e così successivamente di due rotula in due rotula per insino che fineranno tutte le cose dette di sopra e più s’obligano ditto argento manipolato secondo s’ha detto di sopra a sue proprie spese farlo bollare della bulla del Cunsulo di Palermo di pezzo in pezzo e di piancia in piancia ita che primo dovessero bullare le prime piancie e tutto lo resto si dovesse fare bullare finito che sarà dell’intutto secondo li disigni ci saranno consignati dal ditto Reverendissmo di Morillo, itache l’accesso e ricesso di Caltanissetta in Palermo e da Palermo in Caltanissetta si deve fare a spese pericolo e rischio di ditto Reverendissimo di Morillo incipiendum a manipolare ditto argento a richiesta di ditto Reverendissimo di Morillo in pace alias.

Pro labore per il palio d’altare, Conceptione e bacillo ad rationem tarenorum tres decim singula libra e tarì uno e grana cinque per mancanza per ogni libra d’argento di ditta statua, palio d’altare e bacello secondo la crescitura e mancanze a riguardo della qualità di ditto argento stante il loro sterlinio da loro medesimi fatto riconosciuta la qualità di ditto argento e per l’altre cose che sono due calice, due patene, due candilironi per l’accoliti, sicchetto, incinsiere e navicella a ragione di tarì venti per ogni libra / di mastria e tarì uno e grana cinque di mancanza per ogni libra d’argento lavorato come sopra per tutta la quantità dell’argento che travagleranno per tutte ditte cose dette di sopra, quale argento tutto li sudetti di Glorioso e Salemi s’obligano lavorare assettare e finire di tutto punto senza che ditto Reverendissimo di Morillo sia obligato ad altro fuorché alle mastrie di supra dette in computum cuius quidem laboris preditti de Glorioso et Salemi sponte dixerunt et fatentur habuisse et recepisse a ditto Reverendissimo de Morillo stipulanti uncias quatuor ponderis generalis in pecunia numerata et *** ut dixerunt renuciantes et restans sive complimentum laboris preditti predittus Reverendus de Morillo sponte dare et solvere promisit et promittit ac se obligavit et obligat ditti de Glorioso et Salemi stipulantibus vel in qua hic Calatanissette solvere uncias decem successive laborando solvendo per apodixas firmatas dittum de Gloriso et Salemi et totum restans sive complimentum finite bullate di pezzo in pezzo e di piancia in piancia posse ed assettate a suo luogho e lesti di tutto punto si ditto palio d’altare, vestito della sudetta imagine, bacillo, calici, patene, sicchetto, candilieri d’accoliti, incinsiero e navicella in pacem ex patto. Et de cosignando ditto argento di due rotula in due rotula come ha detto di sopra lavorato e bullato di pezzo in pezzo e di piancia in piancia magister Ignatius de Marca et magister Antoninus Latorre huius civitatis Caltanissette mihi notaro cognito presenti coram nobis una simul et insolidum renunciando sponte fideiusserunt seque fid.res principales obligatos consignare argenti preditti insolidum cum dittis de Glorioso et Salemi principales obligatos se cons.nt et intercesserunt renunciando […]».

ASCl, Notai, Gaspare Bevilacqua, b. 5893, f. 301r

  1. Sul mistero immacolista e sulla sua rappresentazione nel sensus fidei si rimanda al contributo di S. De Fiores, Il dogma dell’Immacolata Concezione. Approccio storico-teologico dal Quattrocento al Settecento, in Una donna vestita di sole l’Immacolata Concezione nelle opere dei grandi maestri, Catalogo della mostra (Città del Vaticano, Braccio di Carlo Magno, 11 febbraio-13 maggio 2005), a cura di G. Morello-V. Francia-R. Fusco, Milano 2005, p. 24. []
  2. Per un approfondimento sul tema iconografico immacolista e sulla sua evoluzione si rimanda a E. Tea, Iconografia dell’Immacolata in Italia e in Francia, in Actes du XIX Congrés d’Histoire de l’Art, Parigi 1959, p. 279; V. Francia, Splendore di bellezza. L’iconografia dell’Immacolata Concezione nella pittura rinascimentale italiana, Roma 2004, p. 65; T. Verdon, Maria nell’arte europea, Milano 2004; L. Stagno, Modelli iconografici per l’Immacolata a Genova nel Cinquecento, in L’Immacolata nei rapporti tra l’Italia e la Spagna, a cura di A. Anselmi, Roma 2008, pp. 303-323; E. Simi Varanelli, Maria Immacolata. La rappresentazione nel Medioevo, Roma 2008. Si consiglia infine la consultazione del lavoro di F. Lanza, L’iconografia dell’Immacolata Concezione a Savona e nel territorio della sua Diocesi, Tesi di Laurea in Iconografia e Iconologia, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea Magistrale in Storia dell’Arte e Valorizzazione del Patrimonio Artistico, Università degli Studi di Genova, relatore prof. ssa L. Stagno, pp. 24-50. []
  3. Cfr. M. Moretti, Confini domestici. Ruoli e immagini femminili nella pittura della controriforma, in “Storia delle donne”, 3, 2007, p. 126; G. Paleotti, Discorso intorno alle imagini sacre et profane, rist. an., Bologna 1990, cap. III. []
  4. Cfr. V. Francia, Splendore di bellezza…, 2004, p. 66. Per un approfondimento sull’argomento si rimanda al volume di F. Dell’Utri, La statua dell’Immacolata di Marineo nella scultura lignea siciliana del secolo XVIII (fra i Bagnasco e i Quattrocchi), Caltanissetta 1990, p. 29. []
  5. Sull’argomento si rimanda a M.C. Di Natale, “Cammini” mariani per i tesori di Sicilia, Parte I, in “Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia”, n. 1, giugno 2010, pp. 16-17; V. Abbate, “Ad aliquid sanctum significandum”. Immagine della Purissima Reina tra Cinque e Seicento, in Bella come la luna pura come il sole. L’Immacolata nell’arte in Sicilia, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale-M. Vitella, Palermo 2004, pp. 30-47. []
  6. Per un approfondimento sul rapporto tra arte e dato scritturistico si rimanda a G. Giacu, L’Immacolata Concezione nell’arte, in “Nuovo Cammino”, 1 (1996), p. 11; M. F. Porcella, A. Pasolini, Fondamenti teologici dell’iconografia dell’Immacolata e alcune esemplificazioni nell’arte sarda, in Biblioteca francescana, vol. X, Oristano 2002, pp. 213-229; S. De Fiores, Il dogma dell’Immacolata Concezione…, in Una donna vestita…, 2005, p. 24. Per una riflessione più circostanziata sugli attributi iconografici della Vergine dell’apocalisse si rimanda a M. Soranzo, Evoluzione iconografica dell’Immacolata Concezione, in Advocata gratiae et sanctitatis exemplar, Pontificia Academia Theologica, vol. III, Frascati (Roma) 2004, pp. 643-645; V. Francia, L’immacolata Concezione: alla ricerca di un modello iconografico, in Una donna vestita …, 2005, p. 39. Per una lettura integrale del decreto del Concilio di Trento Della invocazione, della venerazione e delle reliquie dei santi e delle sacre immagini si rimanda alla XXV sessione del 2-3 dicembre 1563. []
  7. Sull’appoggio dato da Filippo III al riconoscimento del mistero dell’immacolato concepimento si veda L. Frìas, Felipe III y la Inmaculada Concepción. Instancias a la Santa Sede por la definiciòn del misterio, in “Razòn y Fe”, 10, 1904, pp. 21-33, 145-156, 293-308; J. Meseguer Fernàndez, La Real Junta de la Inmaculada Concepción (1616-1817/20), in “Archivo Ibero-Americano”, 59.60, 1955, pp. 621-866; J. Aranda Doncel, La devociòn a la Inmaculada Concepciòn durante los siglos XVI al XVIII: El papel de los conventos cordobeses de la provincia franciscana de Granada, in La Inmaculada Concepción en España: religiosidad, historia y arte, Atti del simposio (1/4-IX-2005) a cura di F.J. Campos-F. De Sevilla, vol. I, Madrid 2005, pp. 53-88; M. Moretti, La Concezione di Maria in Spagna: profili storici e iconografici, in Una donna vestita…, 2005, p. 88. Sulla proclamazione dell’Immacolata Patrona di Sicilia si rimanda al contributo di A. Anselmo, Note per una storia della tipografia a Palermo nel XVII secolo, in Bibliografia delle edizioni palermitane antiche (BEPA), II, Edizioni del XVII secolo, Contributi e Indici a cura di C. Pastena-A. Anselmo-M.C. Zimmardi, Palermo 2014, p. 11. []
  8. Cfr. G. Giugno, Nessi, relazioni e rimandi tra tessuto urbano e tessuto sacrale nella civitas di età moderna. Il Settecento nisseno attraverso lo Stato della Città di Giovanni Agostino Riva, in Stato della città di Caltanissetta nel 1731 sotto l’arciprete Giovanni Agostino Riva, a cura di G. Giugno-D. Vullo, Caltanissetta 2016, p. 27. []
  9. Archivio di Stato di Caltanissetta (d’ora in poi ASCl), Notai, Domenico Giordano, b. 816, f. 275r. []
  10. Il completamento dell’impianto  della chiesa con transetto e presbiterio viene impedito nel Seicento da problematiche economiche. Sull’argomento si rimanda a G. Giugno, Caltanissetta dei Moncada. Il progetto di città moderna, Caltanissetta 2012, pp. 70-71. []
  11. ASCl, Notai, Michelangelo Riccobene, b. 808, f. 593r. Il riferimento ad un dipinto raffigurante l’Immacolata Concezione, oggi andato perduto, è di estremo interesse dal momento che precede sul piano temporale l’attuale opera commissionata a Guglielmo Borremans nel corso della sua attività svolta all’interno della chiesa per gli affreschi sulla volta della stessa. []
  12. Per un approfondimento sulla figura di Guglielmo Borremans si rimanda a La pittura nel nisseno dal XVI al XVIII secolo, a cura di E. D’Amico, Palermo 2001, pp. 202-205; M. Natale, Gli affreschi di Guglielmo Borremans nel Duomo di Caltanissetta, Caltanissetta 1909, p. 22; I. Nigrelli, I grandi feudi e i centri d’arte, in Caltanissetta e la sua provincia, suppl. a “Kalòs. Arte in Sicilia”, n. 1, anno 9, 1997, p. 19. []
  13. Il legato doveva essere depositato presso il sacerdote Mariano Salerno ed impiegato esclusivamente per la realizzazione del simulacro argenteo «uncias quadraginta debent depositari penes R. Sacerdotem D. Marianum Salerno qui debet illas solvere statim ac debet conficii ditta statua et non aliter» (ASCl, Corporazioni Religiose Soppresse, Gesuiti, b. 33, f. 31r). []
  14. ASCl, Notai, Francesco Calà, b. 718, f. 167r. Sulla realizzazione dell’opera a Messina si rimanda a F. Pulci, Caltanissetta e la Vergine. Monografia sul culto di Maria Santissima, Caltanissetta 1904, rist. an., Caltanissetta 2011, p. 167. []
  15. Ibidem. []
  16. Ibidem. []
  17. F. Pulci, Caltanissetta…, 2011, pp. 171-172. []
  18. Sull’elevazione della Chiesa Madre a Collegiata si veda G. Giugno, Nessi, relazioni e rimandi…, in Stato della città…, 2016, p. 23. Non è chiaro se il paliotto dell’altare maggiore, oggi perduto, fosse un’opera seicentesca o se piuttosto fosse lo stesso paliotto finanziato dal sacerdote Domenico Barrile nel suo testamento del 1732 con 40 onze, ad effectum ut cum dicte uncias 40 emendi ut dicitur un palialtare dell’altare magiore di ditta Matrice Chiesa dell’Immaculata Conceptione (ASCl, Notai, Gaspare Bevilacqua, b. 2292, f. 15v III). []
  19. Cfr. F. Pulci, Lavori sulla storia ecclesiastica di Caltanissetta, Caltanissetta 1977, p. 160. []
  20. ASCl, Notai, Filippo Neri Curcuruto, b. 3858, f. 455r II. Il documento continua affermando che «pro maiori Dei Gloria et Integerrime Immaculate eius Matris Marie ditta simulacrum et palium renuare et augere omnesque summas necessarias supplere invenit Jacobum Gloriosum argenterium ad effectum ut dicunt opus perficiat». Il riferimento all’argentiere Giacomo Glorioso viene già riportato in F. Pulci, Lavori sulla …, 1977, p. 160. Per una lettura più ampia del profilo artistico dell’artista si rimanda a R. Vadalà, in Arti decorative in Sicilia. Dizionario biografico, a cura di M.C. Di Natale, Palermo 2014, I, p. 296, ad vocem. []
  21. Archivio di Stato di Enna, Notai,  A. Iemboli, b. 1817, f. 577r. []
  22. ASCl, Notai, Gaspare Bevilacqua, b. 5893, f. 301r. Per una lettura integrale del documento si rimanda all’appendice documentaria rinvenuto e trascritto dall’autore del presente saggio. []
  23. Tutto l’argento venne segnato con la “bulla di garanzia” dal console di Palermo come previsto dal contratto di esecuzione stipulato tra il Glorioso e l’arciprete Morillo: «argentum supradictum de novo ut supra laboratum fuisse et esse ut dicitur di / Bolla stante quod de omnibus partibus ut supra elaboratis sumpserunt particule que unite miserunt in Urbe felice Panormi que a Cunsulo argenterio recognite fuerunt approbate et bullate ut apparet, ut dicitur per una inquanterina fatta di ditte ritaglie la quale ha riposto e conservato per conferma di quanto di supra» (ASCl, Notai, Filippo Neri Curcuruto, b. 3858, f. 455r II). Sulla “bulla di garanzia” si rimanda al volume di M. Accascina, I marchi delle argenterie e oreficerie siciliane, Busto Arsizio 1976, pp. 41-64. []
  24. ASCl, Notai, Filippo Neri Curcuruto, b. 3858, f. 455v II. Sul profilo artistico dell’argentiere Pietro Salemi si rimanda a S. Barraja, in Arti decorative …, 2014, II, p. 543, ad vocem. []
  25. ASCl, Notai, Filippo Neri Curcuruto, reg. 3858, f. 455r II. []
  26. Ibidem. []
  27. ASCl, Notai, Filippo Neri Curcuruto, b. 3858, f. 455v II. Il Pulci commette chiaramente un errore di trascrizione nel riferirsi nella sua descrizione della vicenda realizzativa del simulacro allo scultore Antonino Lacerda anziché Laverde (F. Pulci, Lavori sulla …, 1977, p. 160). Su Antonino Laverde o Lo Verde si veda P. Lipani, in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani. Scultura, vol. III, a cura di B. Patera, Palermo 1994, pp. 187-188, ad vocem; F. Dell’Utri, La statua dell’Immacolata…, 1990, p. 25. []
  28. ASCl, Notai, Filippo Neri Curcuruto, b. 3858, f. 455v II. []
  29. F. Pulci, Caltanissetta…, 2011. []
  30. ASCl, Notai, Filippo Neri Curcuruto, b. 3855, f. 44r. Sulla figura dell’architetto Cosmo o Cosimo Pignato, tutt’oggi da approfondire mediante un maggior approfondimento archivistico, si rimanda a M.C. Ruggieri Tricoli – B. De Marco Spata, in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani. Architettura, a cura di M.C. Ruggieri Tricoli, vol. I, Palermo 1993, p. 357, ad vocem. []
  31. È verosimile ipotizzare che Latorre fosse anche parente di quel mastro Antonino Latorre che compare assieme ad Ignazio de Marca nel contratto d’obbligo stipulato tra l’arciprete e lo scultore Glorioso nella qualità di fideiussore dell’operato dell’artista (si veda appendice documentaria). In Pulci, Michele Latorre viene citato esclusivamente per l’intervento eseguito nel piedistallo della statua dell’Immacolata Concezione e non nel paliotto (F. Pulci, Lavori sulla…, 1977, p. 160). Su Gioacchino La Torre si rimanda a G. Travagliato, in Arti decorative …, 2014, II, p. 349, ad vocem. []
  32. Per un approfondimento sulla statua dell’Immacolata Concezione di Palermo si rimanda a R. Arcoleo, Studi per la riduzione delle vibrazioni sul simulacro argenteo dell’Immacolata in processione, Tesi di Laurea in Ingegneria per le Costruzioni edilizie, Università degli Studi di Palermo, relatore prof.ssa A. Pirrotta, a.a. 2010/2011, pp. 48-56. []
  33. Per una visione più ampia sull’argomento si rimanda allo studio di A. Zambito, Il patrimonio scultoreo nel territorio sud-orientale dell’arcidiocesi di Palermo dal 1690 al 1845, Tesi di Dottorato in Storia dell’Arte medievale, moderna e contemporanea in Sicilia, ciclo XXXIII, Università degli Studi di Palermo, relatore prof.ssa M. Guttilla, a.a. 2008/2011, pp. 20-21. []
  34. Cfr. J. A. Maravall, La cultura del barocco, Firenze 1984, p. 70. []
  35. ASCl, Notai, Biagio Caccamo, b. 4582, f. 157r. []
  36. Sull’iconografia dell’Immacolata nelle immagini della ‘Perla preziosa’ e della ‘Conchiglia perlifera’ si rimanda al saggio di M. Soranzo, Evoluzione iconografica…, in Advocata gratiae…, 2004, pp. 653-654. Sulla lettura del decreto tridentino relativo alle immagini sacre si rimanda a A. Roggero, Il decreto del Concilio di Trento sulla venerazione delle immagini e l’arte sacra, in “Ephemerides Carmeliticae”, 20, 1969/1, pp. 150-167. []
  37. Per un approfondimento sulla statua dell’Immacolata Concezione di Palermo si rimanda a R. Arcoleo, Studi per la riduzione…, a.a. 2010/2011, p. 56. []
  38. È doveroso ringraziare il parroco della Cattedrale, monsignore Gaetano Canalella, per aver comunicato l’anno del trafugamento del rivestimento argenteo del simulacro dell’Immacolata. Non è stato possibile, tuttavia, rinvenire immagini della statua antecedenti alla data del furto. Per conoscere, dunque, quale fosse il motivo decorativo del mantello settecentesco realizzato dall’argentiere Glorioso occorre limitarsi a quanto descritto in F. Pulci, Lavori sulla …, 1977, p. 160. []