Enrico Colle

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Una cornice berniniana

DOI: 10.7431/RIV18052018

Con il pontificato di Urbano VIII Barberini (1623 – 1644) le decorazioni e la mobilia romana abbandonarono progressivamente quell’aspetto di severa monumentalità che aveva caratterizzato le arti decorative del secolo precedente a tutto favore delle ben più articolate soluzioni ornamentali proposte dal nuovo stile barocco: durante quegli anni si iniziarono infatti a progettare e costruire edifici le cui strutture e decorazioni furono concepite secondo un inedito gusto scenografico, tendente a cancellare il confine tra lo spazio reale e quello illusorio ideato dalla fervida fantasia creatrice di artisti quali Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini, Carlo Fontana e Pietro da Cortona, per citarne solo alcuni tra i tanti che gravitavano allora nell’Urbe. Principali autori del volto barocco di Roma essi infatti erano sostenitori di un nuovo modo emozionale di intendere il rapporto con lo spettatore, mirando principalmente a commuovere e a persuadere con l’aiuto di un’immaginazione che sembrò non conoscere limiti.

Frutto di tale fervida fantasia può essere annoverata anche questo straordinario arredo (Fig. 1) concepito come una scenografica macchina teatrale dove un gruppo di cinque angeli in volo sorreggono una cornice contornata da una ghirlanda di fiori, già destinata a contenere un’immagine sacra, mentre alla sua sommità una coppia di putti, anch’essi alati, porgono un serto fiorito1.

L’originale forma dell’opera, mirabile trasformazione in chiave devozionale delle monumentali decorazioni liturgiche ideate da Gian Lorenzo Bernini, presenta tutti quei caratteri stilistici – come ad esempio la resa vibrante dei particolari naturalistici e la percezione ingannevole di un costante movimento – che si ritroveranno nella mobilia progettata dall’artista e dai suoi seguaci secondo un criterio che non conosceva confini fra le arti, a tutto favore di un’unitarietà dell’operare artistico  sottolineata anche da Filippo Baldinucci, il quale scrisse che Bernini nelle sue opere non metteva meno diligenza nel disegnare una lampada «di quello, che si ponesse in una Statua, o in una nobilissima fabbrica»2.

Le artificiose invenzioni berniniane si ritrovano, poco dopo la metà del Seicento, applicate nella creazione di elaborati arredi commissionati soprattutto dalla famiglia Chigi. Nel 1655 infatti fu eletto, col nome di

Alessandro VII, il cardinale Fabio Chigi, sotto il cui pontificato Bernini realizzò alcune opere – quale ad esempio il fantasmagorico volo di angeli posto sopra l’altare della Cattedra di San Pietro – che possono essere messe a confronto con la nostra cornice. Nel 1660 l’artista, accingendosi a progettare l’altare della cappella Fonseca in San Lorenzo in Lucina (Fig. 2), ideò l’incorniciatura della pala dipinta da Giacinto Giminiani, come se essa fosse stata miracolosamente trasportata nella cappella da due angeli in volo. Una soluzione decorativa questa, in parte già adottata alcuni anni prima, nel 1657, negli altari del transetto sinistro e nel progetto per l’organo di Santa Maria del Popolo, che dovette incontrare il favore di altri illustri committenti, primo fra tutti il pontefice che gli commissionò l’incorniciatura della venerata immagine della Madonna del Voto conservata nel Duomo di Siena (Fig. 3). Nel 1661 Bernini presentò al papa il modello della cornice elaborando ulteriormente il tema degli angeli che, non senza sforzo, tengono saldamente nelle mani la cornice con il dipinto nell’atto di porgerla all’adorazione dei devoti. La realizzazione di tale opera in bronzo e lapislazzuli durò qualche anno e vide all’opera anche lo scultore Ercole Ferrata che la ultimò nel 16643.

Ancora angeli che ad ali spiegate sorreggono cornici e festoni con gesti analoghi a quelli presenti nella cornice qui esaminata si possono vedere nelle decorazioni a stucco create a Roma durante la seconda metà del XVII secolo, come ad esempio nella volta di una delle cappelle della chiesa di Sant’Andrea del Quirinale, nella controfacciata della chiesa di Santa Marta al Collegio Romano (modellati tra il 1672 e il 1680 da Leonardo Retti e Antonio Roncati), nella volta del transetto destro della chiesa di San Silvestro in Capite (realizzati da Camillo Rusconi e Michel Maille sotto la direzione di Matthia De Rossi tra il 1689 e il 1691) e nella cupola della chiesa di Santa Rita databili al 1695 circa.

Spettò dunque a Bernini l’invenzione di introdurre nelle pale d’altare le figure degli angeli adulti che, colti in vari atteggiamenti, sorreggono un dipinto nell’intento di presentarlo alla devozione dei fedeli divenendo così un preciso tramite tra gli spettatori e i soggetti dei dipinti. È il caso della nostra cornice, dove l’anonimo artista adotta come spunto le spericolate torsioni degli angeli presenti nei progetti berniniani per l’altare della Madonna del Voto e per quello della chiesa di San Tommaso da Villanova a Castelgandolfo (Fig. 4), nei quali appare evidente la stessa torsione della testa dell’angelo di destra in basso, colto nell’atto di rivolgersi verso lo spettatore, e l’ analogo gesto di alzare il braccio sinistro all’altezza del capo in modo simile a quello compiuto dai citati angeli disegnati da Bernini. Anche i panneggi sollevati e mossi dal vento tendono a gonfiarsi in modo affine a quelli concepiti dall’artista il quale voleva simulare nelle sue creazioni il concitamento atmosferico causato da quelle improvvise apparizioni.

Alla realizzazione del mobilio progettato dagli ornatisti romani durante la seconda metà del Seicento dovette attendere uno stuolo di artigiani ancora per lo più ignoti, se si eccettuano gli intagliatori Francesco Bergamo, Antonio Chicari, Isidoro Beati, Francesco Tibaldi e Giovanni Tommaso Corsini autori di fastosi arredi dove l’estro creativo e l’abilità tecnica avevano dato vita a veri e propri capolavori di scultura4. Nei mobili a loro riconducibili la finezza dell’intaglio delle figure andava di pari passo con quella degli ornati composti, come si può vedere nella ghirlanda mollemente trattenuta tra le braccia degli angeli della presente cornice, da elementi floreali che verso la fine del secolo avranno la prevalenza sulla figura umana (Fig. 5).

Alla luce di quanto esposto si può dunque asserire che la cornice qui esaminata fu realizzata, probabilmente per essere inserita in un piccolo oratorio privato, durante la seconda metà del XVII secolo da un abile intagliatore ben informato, non solo sulle creazioni di Gian Lorenzo Bernini, dalle cui opere trasse ispirazione per la composizione degli angeli in volo e dei due angioletti che si librano alla sua sommità innalzando una corona di fiori, ma anche sulle successive trasformazioni del gusto operate dai suoi allievi, come testimonia l’inserimento della ghirlanda fiorita presente nelle decorazioni a stucco e nella mobilia romana eseguita  durante la seconda metà del secolo.

  1. La cornice in legno di tiglio intagliato e dorato misura esternamente cm. 64, 5 x 49; mentre le misure della luce interna sono cm. 18,5 x 14,5. []
  2. Cfr. F. Baldinucci, Vita del Cavaliere Gio. Lorenzo Bernino, scultore, architetto e pittore, Firenze 1682, p. 71. []
  3. Cfr. A. Angelini, Gian Lorenzo Bernini e i Chigi tra Roma e Siena, Cinisello Balsamo 1998, pp. 156 – 161. []
  4. Cfr. E. Colle, Il mobile Barocco in Italia. Arredi e decorazioni d’interni dal 1600 al 1738, Milano 2000, pp. 73 – 141. []