Lucia Ajello

Joyas y Alhajas del Alto Aragón di Carolina Naya Franco. Una guida scientifica alla scoperta dei gioielli alto aragonesi

L’oreficeria e, in generale, le arti decorative esprimono un linguaggio talvolta arduo da decodificare, in particolar modo quando si prendono in esame gioie che hanno un rapporto diretto con i territori entro i quali sono conservate. Riuscire a decifrare i valori della società in cui i gioielli sono stati prodotti, comprendere i rapporti sottesi con altre forme artistiche, ricostruire la storia dei monili rivelando la loro origine, scoprire i nomi di chi ha realizzato e/o indossato queste gioie e far uscire dall’oblio preziosi manufatti dimenticati nel tempo, sono tutti elementi che costituiscono il fine profondo degli specialisti delle arti decorative; una missione che Carolina Naya Franco attraverso Joyas y Alhajas del Alto Aragón non ha certamente disatteso. Il suo volume, di recente pubblicazione, ha dato nuova luce ad un patrimonio artistico legato agli altopiani aragonesi, beni culturali in gran parte ancora inediti e di indiscutibile valore culturale e artistico, rimasti finora ai margini della storia dell’arte a causa di quella scarsa considerazione di cui talvolta godono gli studi rivolti alle arti decorative che, come la stessa autrice afferma con una condivisibile veemenza, ancora vivono il pregiudizio di essere considerati di minor importanza a causa della loro stessa- infelice- definizione di “arti minori”. Il volume edito dall’ Instituto Altoaragoneses Diputación de Huesca si compone di dodici capitoli monografici separati dalle località afferenti al territorio alto-aragonese e ordinati da un punto di vista diacronico. Come se fosse un’ideale guida scientifica ai preziosi dell’Alto Aragón si svelano i tesori di Huesca, Panticosa, Jaca, Yebra de Basa, la ermita de Nuestra Señora de Cillas, Alquezar e Ansó. A chiudere il volume, un vocabolario essenziale dei termini che interessano il settore delle arti decorative che facilita la lettura del testo anche a un pubblico di non addetti ai lavori.
Dando prova come sia sempre valido l’insegnamento di Adolfo Venturi per cui “Vedere e rivedere” quante più opere d’arte possibile è sempre una strada da percorrere per aprire nuove linee di ricerca, Naya Franco ha letteralmente percorso le valli dei Pirenei alla ricerca di gioielli, preziosi manufatti, che si custodiscono nelle collezioni alto-aragonesi che ha osservato in situ e de visu.
Stimolano spunti di riflessione diversi gioielli rintracciati da Naya Franco che dimostrano l’alta abilità degli orafi smaltatori che li hanno realizzati, come il pendente o joya de pecho di Santa Caterina di Alessandria della chiesa di San Pedro el Viejo de Huesca datato attorno al 1710 che, a giudizio di chi scrive, potrebbe presentare affinità con analoghi manufatti custoditi in collezioni siciliane per il retro smaltato con perizia. Il puntuale confronto condotto da Naya Franco tra il pendente coronato e un disegno realizzato nel 1712 tratto dal noto llibres de passanties dell’Instituto Municipal de Historia de la Ciudad de Barcelona dimostra che tale tipologia di gioielli, veicolata attraverso i disegni catalani, avesse impresso una tendenza internazionale alle arti suntuarie europee e fornisce un esempio della diffusione e della circolazione dei modelli spagnoli nell’area mediterranea. Il volume di Naya Franco pertanto si ritiene indispensabile non solo per conoscere il pregevole patrimonio orafo custodito tra le valli dei Pirenei ma anche per trovare nuovi accostamenti che l’autrice non manca mai di mettere in luce grazie alle comparazioni che fornisce per ogni manufatto analizzato.
Naya Franco ha mostrato anche i risultati delle ricerche rivolte a Joyas desaparadecidas che rivivono grazie a un attento studio delle fonti documentali come quelle del tesoro della Virgen de Salas che nel corso del XIV secolo furono utilizzate per finanziare campagne belliche.
La metodologia dell’autrice dà prova di una precipua attenzione rivolta ai diversi tipi di tagli delle pietre incastonate nei gioielli esaminati e dimostra gli studi da gemmologa compiuti prima del dottorato di ricerca in Storia dell’Arte, inquadrando in una corretta ottica interdisciplinare lo studio da lei condotto.
La scelta di concludere questo prezioso volume con un capitolo dedicato ai monili che al giorno d’oggi adornano i costumi tradizionali di Ansó, rivela un obiettivo che trascende il mero nozionismo e che vuole invece rivendicare l’importanza ancora attuale di queste gioie, in quanto prova fisica e materiale del ricchissimo patrimonio artistico dell’Alto Aragón.
Il modello offerto dal volume scritto da Naya Franco si auspica possa divenire una guida per realizzare lavori simili in altri territori in cui la storia dell’oreficeria è ancora da esplorare e tutelare.