Andrea Massimo Basana

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La produzione vitrea dei Fratelli Testolini

DOI: 10.7431/RIV17142018

In più di un numero la rivista si è occupata dell’attività dei Fratelli Testolini, focalizzando la l’attenzione sulla produzione di arredi e su quella in porcellana1; in questa sede si tratterà la produzione vitrea dell’azienda. Questa produzione dal carattere molto vario ed eterogeno raggruppava sotta la propria egida tutte le applicazioni della materia vitrea legate alle arti decorative, dai grandi ed elaborati lampadari, ai più semplici oggetti da tavola, sino ai minuti fermacarte.

Pur avendo già esposto più volte la storia della ditta dei Fratelli Testolini, non sarà inopportuno ricapitolare brevemente le vicende di tale attività.

La ditta dei Fratelli Testolini venne fondata a Venezia nel 1847 e continuò la propria attività sino alla fine degli anni ‘30 del ‘9002. Possedeva svariate sedi di produzione e di vendita, tra cui le più importanti furono: palazzo Labia a San Geremia nel sestiere di Cannaregio, la porzione centrale delle procuratie vecchie a piazza S. Marco nel sestiere di S. Marco, due fonaci a Murano, rispettivamente in Fondamenta dei Vetrai e in Fondamenta Cavour, palazzo Barbarigo nel sestiere di Dorsoduro, la sede di S. Gregorio nel medesimo quartiere e da non dimenticare infine la tarda sede produttiva e di vendita di Firenze.

La loro produzione era tra le più vaste, e comprendeva mobilia, complementi d’arredo, porcellane, tessili, pizzi, ferri battuti, sculture sia in marmo che in legno, mosaici, micromosaici, vetri, oggetti in metallo sbalzato e materiale fotografico3.

Spesso la consuetudine veneziana di usare più varianti del medesimo nome ha fatto sì che si ritenesse esistessero più attività con nome similare, ma invero la Fratelli Testolini, la Testolini Frères, la Testolini Brothers, la M. Q. Testolini, la dott. Marco Testolini, o più semplicemente la Testolini, non furono che il variare di un unico nome nel grande arco cronologico di tale azienda.

Ricordiamo infine che ai Fratelli Testolini, precedentemente al 1896, venne conferito il cavalierato ed il titolo di Ufficiali dell’Ordine della Corona per il progresso e lo sviluppo apportato all’industria veneziana4 (Fig. 1).

Quella che ora andremo a trattare risulta la più controversa delle produzioni: infatti la produzione vitrea dei Fratelli Testolini, a causa delle vicissitudini dell’azienda e della poca attenzione investita dagli studiosi su tale nome, è stata attribuita ad aziende le quali hanno semplicemente riproposto modelli da questi ideati.

Si deve doverosamente iniziare tale analisi facendo presente che la Fratelli Testolini iniziò la propria attività proponendo il prodotto che all’epoca era il più richiesto ed apprezzato sia dal pubblico straniero che italiano: il mobile intagliato. Seppur possa sembrar strano che questo prodotto fosse  il più richiesto in tutto il mondo, ciò non deve stupirci, venendoci tal cosa ben palesata dalla fama ed dal successo di personaggi come Michelangelo Guggenheim e Valentino Panciera Besarel, nonché dagli infiniti elogi che tali personalità accanto ai Fratelli Testolini ricevevano a tutte le esposizioni nazionali ed internazionali per le loro realizzazioni lignee. La produzione vitrea, seppur assai apprezzata, invero deteneva un ruolo secondario rispetto a quella poco sopra enunciata. Questo ruolo di non primario rilievo fu con ogni probabilità il motivo per cui i Fratelli Testolini non si munirono sin da subito dei mezzi necessari alla produzione in proprio dei manufatti vitrei, preferendo delegarla a terzi.

Va ricordato che i Fratelli Testolini sancirono con la allora novella ditta Antonio Salviati, nata nel 1866, un connubio di tipo economico-commerciale, e che alla liquidazione del socio Antonio Salviati avvenuta nel 18775, tale legame perdurerà sia con i soci inglesi Sir Austen Henry Lyard e William Drake, che rinomineranno la società CVM (Compagnia Venezia Murano), sia con Antonio Salviati stesso, il quale per tal motivo fonderà una nuova compagnia totalmente a suo nome6.

Tale connubio nell’ottica imprenditoriale dei Testolini deve esser stato visto come un metodo economicamente vantaggioso per avere una propria linea di prodotti vitrei senza però dover assolvere alle pensanti spese derivate dai costi di fornaci e materiali, e al contempo un metodo assai efficace per vedere la propria mobilia ed i propri altri prodotti esportati e rivenduti negli store inglesi, francesi, americani ecc. delle ditte poco sopra nominate.

La produzione di manufatti vitrei affidata alla Antonio Salviati e alla CVM continuò per quasi un decennio, sinché il manufatto vetrario non iniziò a venir richiesto con maggior frequenza rispetto al passato: la cosa con ogni probabilità spinse nel 1886 i Fratelli Testolini ad acquistare due fornaci a Murano, una sita ai numeri 11 e 12 di fondamenta dei vetrai ed un’altra in fondamenta Cavour, alle quali dovevano far capo alcuni punti vendita7. In contemporanea venne acquistato anche palazzo Barbarigo a Dorsoduro quale sede di esposizione e di vendita dei manufatti vitrei; per l’occasione la facciata del palazzo venne ridecorata vestendo un magnifico mosaico che tra lo scintillio dei fondi oro e le cornici di gusto barocco-rinascimentale racchiudeva due grandi riquadri, l’uno raffigurante Carlo V nello studio di Tiziano Vecellio e l’altro Enrico III ed Alvise Mocenigo in visita ad una vetreria muranese (Fig. 2). L’interessante scelta delle grandi scene a mosaico sulla facciata ci fa comprendere l’importanza con la quale i Fratelli Testolini volevano investire la propria produzione, volendo in un gioco di rimandi e parallelismi paragonare la propria opera musiva, rinomata e molto apprezzata, all’opera pittorica del grande Vecellio, e al contempo volendo elevare a degne della visita di un sovrano le proprie fornaci. Cosa quest’ultima che con ogni probabilità avvenne, essendo i sovrani italiani e portoghesi, i principi ereditari e i duchi d’Aosta loro clienti. Sterile risulta in tal caso citare la guida di Murano dello Zanetti a comprova della non presenza dei Fratelli Testolini a Murano: essa infatti, anche nelle successive ristampe, venne aggiornata solo al 1880.

Cosa che ci potrebbe far sorridere, ma che non deve esser stata prassi comune nella Venezia della fine del XIX secolo, era da parte dei Testolini il concedere ai propri clienti un biglietto che permettesse loro di poter visitare in maniera del tutto gratuita le loro fornaci di Murano8.

Purtroppo molto discredito è stato gettato sulla produzione vitrea dei Fratelli Testolini, a causa, oltre che di una certa frettolosità con cui è stata trattata la ditta, anche della grande difficoltà di reperire dati e documenti d’archivio ad essa inerenti, nonché per via delle notizie non veritiere riportate su di essi da “La Voce di Murano”. Questo giornale, importantissimo per quanto riguarda le notizie sulle attività muranesi, purtroppo spesso tende a piegare e mutare i fatti, favorendo o screditando alcune aziende piuttosto che altre. I Fratelli Testolini, da quanto si evince, non dovettero godere della fama dei redattori e dei giornalisti di tale testata, i quali riportarono davvero poche notizie corrispondenti al vero sulla loro attività. Ce ne dà palese esempio la notizia che data al 1902 la fusione della Testolini nella Salviati Jesurum & Co., imputata da tale giornale alla morte del socio Gregoretti: la cosa è del tutto smentita dall’atto ufficiale di tale fusione, avvenuta a Londra nel 1896 e registrata a Venezia nel 18979; vero risulta che tale fusione dovette assumere connotati significativi solo 1902, ma comunque per ragioni del tutto diverse da quelle riportate ne “La voce di Murano”, come specifica il registro delle imprese veneziane del 1906, dove si dichiara che tale fusione avvenne per un malaugurato periodo di ristagno economico10. Tale fusione comunque non durò che sino al 1906, quando la società venne sciolta, liberando dal giogo le aziende sotto di essa raggruppate.

“La voce di Murano” accusa inoltre i Testolini di non meritare la medaglia d’argento conferita loro all’esposizione di Torino del 1884 per i manufatti vitrei, non essendo questi di loro produzione11: tale accusa, che trasuda rammarico e direi una certa ipocrisia, va smentita, per il fatto che, sebbene la ditta non possedesse in quegli anni fornaci a Murano, questo non significava che essa non possedesse assolutamente nessun laboratorio per la produzione vitrea. Infatti, come Nepluyeff ci riferisce nella sua guida del 1896, i Fratelli Testolini possedevano per tutta la città di Venezia laboratori di ogni sorta, che producevano le più svariate tipologie merceologiche, tra cui anche oggetti vitrei12. Questo dato della produzione vitrea al di fuori di Murano non deve assolutamente sorprendere: se vero è che Murano era per antonomasia il simbolo della produzione in vetro a Venezia e che fu il luogo deputato per tale arte durante il regno della Repubblica Veneziana, alla sua caduta, con le liberalizzazioni apportate dal governo napoleonico, tal cosa non ebbe più valore, facendo sì che nulla vietasse di creare fornaci nell’allora abitato veneziano, molto meno denso di quello attuale, soprattutto in quelle zone della città che potremmo definire “industriali”. Cosa che forse potrà stupire i più è che piccole aziende che producevano manufatti vitrei erano ancora attive a Venezia negli anni ‘60 del ‘900 in una zona chiamata “Saffa”, limitrofa alla stazione ferroviaria, un piccolo polo industriale nell’abitato cittadino, dove si producevano mobilia, reti metalliche, candeggina, zolfanelli, e vari altri tipi di merce, tra cui stoviglie vitree, oggetti vitrei, lampadari e vetrerie ad uso medico13. Perciò il dato che i Testolini non possedessero fornaci a Murano sino ad una certa data non ha alcuna rilevanza, avendo quasi di sicuro essi avuto qualche piccola sede di produzione in città, come ad esempio poteva essere quella di S. Gregorio a Dorsoduro, che le guide dell’epoca riportano come sede per la decorazione a fuoco e probabilmente anche della produzione dei bicchieri14. Certo è che queste probabili piccole sedi produttive non riuscivano a soddisfare la domanda di un’azienda tanto grande, e che per questa ragione vi fu bisogno di appoggiarsi a terzi.

Grande confusione è stata creata tra gli studiosi dal fatto che i Fratelli Testolini concedessero alle aziende che lavoravano per loro la possibilità di riprodurre i propri modelli, come avevamo già visto accadere per la produzione lignea. Questa concessione, suggellata all’epoca da un accordo verbale e da una stretta di mano, era prassi assai diffusa, come ce ne danno riscontro i carteggi Besarel-De Lotto e Besarel-Guggenheim15. Tale abitudine poteva essere attuata grazie alla società dell’epoca in cui l’onesta era un valore inviolabile e la parola data aveva il valore di un suggello legale, cosa che è quanto di più lontano il pensiero attuale possa mai concepire e che è motivo tra gli studiosi meno accorti di grandi confusioni.

Il fatto che i Fratelli Testolini non realizzassero in toto la propria produzione vitrea d’altro canto era cosa assai chiara a tutti e gli stessi Testolini non nascosero mai tale dato, come fecero invece molte altre aziende operanti in tale settore, anche in tempi a noi assai vicini.

A comprova della buona fede dei Fratelli Testolini giungono le lodi tessute dalla giuria e dai giornalisti all’Esposizione di Murano del 1895, dove non viene nascosto il fatto che essi abbiano delegato a terzi la produzione dei propri manufatti vitrei; questa cosa non turba alcuna persona, ed anzi essendo ben conscia di ciò la giuria elogia e premia al contempo quelle personalità che avevano saputo trasporre con tanta maestria i disegni loro forniti. Vengono infatti in tale occasione premiati con la medaglia d’argento per i prodotti eseguiti per i Fratelli Testolini diverse persone: Vittorio Zuffi per i fantasiosi oggetti moderni, Ermenegildo d’Este per i vetri smaltati ad imitazione del pizzo e le specchiere, e Ovidio Nason per i lampadari ed i vetri soffiati16.

Cosa che vorrei fermamente smentire è l’accusa mossa da alcuni studiosi ai Fratelli Testolini di essersi appropriati dei premi vinti da altre compagnie, quando invero è accaduto l’esatto opposto, e medesima cosa vale per la loro data di fondazione. Era prassi comune infatti, per le aziende che fondevano diverse realtà in una sola, quella di unire sotto un’unica ala accorpatrice tutti i premi vinti dalle varie realtà e di usare come anno di fondazione quello della ditta più antica. Ricordiamo che i Fratelli Testolini fondarono la propria azienda nel 1847, che la Salviati nacque nel 1866, che la CVM non è null’altro che la medesima azienda che mutò nome nel 1877 dopo la liquidazione di Antonio Salviati: non vedo perciò come la Fratelli Testolini possa aver rubato la data di fondazione ad una di tali attività, essendo esse tutte di più recente fondazione.

La questione dei primi vinti invece è assolutamente semplice; basterà portare l’attenzione sul caso della ditta Jesurum, la quale, decidendo di uscire nel 1904 dalla Salviati Jesurum & Co., rinunciò ad effigiarsi da qual momento in avanti di tutti premi vinti dalla compagnia durante la sua permanenza all’interno della società, rinunciando inoltre ad usare tutti quei premi vinti dalle aziende facenti parte della compagnia che erano finiti senza distinguo ad effigiare il nome comune di questa17. Tale cosa ci fa bene comprendere come non siano stati i Testolini ad usurpare i premi vinti da altri, ma come per le varie fusioni avvenute a più riprese le diverse attività abbiano semplicemente accostato i premi vinti dai Fratelli Testolini ai propri, “dimenticando” in seguito di toglierli. Se i premi non fossero stati vinti dalla Fratelli Testolini, oltre a non ritrovarne diretto riscontro nelle esposizioni nelle quali essi furono loro assegnati, di certo non li avrebbero impressi su tutto il loro materiale pubblicitario senza causare indignazione tra i contemporanei, i quali si spesero solo in lodi ed encomi nei loro riguardi. Andrà fatto nuovamente presente che ai Fratelli Testolini venne conferito l’importante titolo di Ufficiali dell’Ordine della Corona, titolo che non venne mai assegnato a nessuna delle aziende alle quali si sostiene essi abbiano usurpato i premi, e che mai sarebbe loro stato concesso se avessero condotto una così scriteriata e poco onesta attività. Sottolineiamo infine il fatto che in nessun giornale dell’epoca si attaccano mai i Fratelli Testolini, e che solo “La Voce di Murano” risulta stranamente astiosa nei loro confronti, cosa spiegabile, con ogni probabilità, con il fatto che non facendo parte del manipolo delle famiglie muranesi che si sentivano le detentrici dell’arte del vetro, i Fratelli Testolini crearono comunque quanto di più apprezzato ed innovativo l’Ottocento avrà in campo vetrario. La rimanente stampa nazionale ed internazionale elogerà sempre i Testolini per la loro magnifica produzione ed anzi si rammaricherà quando essi non presenzieranno a qualche esposizione, come farà Da Ronco all’esposizione milanese del 188118.

Ricordiamo che all’esposizione di Torino del 1884 il re ed i ministri acquistarono per la loro bellezza svariate specchiere, e che sempre nella medesima occasione la giuria tessé le migliori lodi ai Testolini, oltre che per la loro azienda che «promette un brillante avvenire», anche per la realizzazione avvenuta in quella sede di un ritratto a mosaico di Amedeo di Savoia19. D’altro canto l’importanza dei Fratelli Testolini e della loro varia e sempre spettacolare produzione vitrea ci viene sottolineata dalla vasta e variegata gamma di prodotti e dalle personalità di spicco dell’epoca che furono loro acquirenti, tra i quali nuovamente ricordiamo i Savoia, i duchi d’Aosta, i principi ereditari e i sovrani di Portogallo, i quali concessero inoltre ai Testolini il privilegio di apporre sui loro biglietti da visita e sul materiale pubblicitario i propri stemmi.

Altro grande ingiustizia perpetrata ai danni dei Fratelli Testolini è l’averli privati del giusto riconoscimento d’aver ideato un enorme numero di modelli, fantasiosi ed originali, che furono tanto apprezzati e fortunati da dettare il gusto ottocentesco in tale arte. I Fratelli Testolini non facevano segreto di essere estremamente fieri della paternità delle loro innovative creazioni, sottolineando tal cosa in maniera palese nel loro materiale pubblicitario20. Tra il molto materiale pubblicitario e non dei Testolini giunto sino a noi vi è anche un catalogo di bottega databile al 1880 inerente alla produzione vetraria. Questo catalogo risulta di estrema importanza: oltre ad essere il più antico campionario di tal natura pervenutoci, racchiude una raccolta sia di oggetti decorativi che di lampadari prodotti dai Fratelli Testolini, i quali testimoniano quanto uscito dalle loro fornaci e che trovano perfetto seppur parziale riscontro in un loro più tardo catalogo a stampa21. Se non bastassero i dati storici a dimostrare l’importanza e il sempre fortunato ingegno con cui i Testolini seppero creare i loro pezzi, e volendo fugare ogni dubbio anche sulla paternità dei loro modelli, analizzeremo alcuni aspetti di essi, per dimostrare come non possano che essere figli delle loro brillanti e fantasiose menti.

Come già accennato, i Testolini concedevano ai propri collaboratori esterni di poter riproporre i propri modelli lignei, e sarebbe poco coerente non pensare che medesima cosa non fosse attuata anche per le loro restanti produzioni, compresa quella vitrea. Tale concessione, che come abbiamo visto era prassi assai diffusa, viene usata dai detrattori dei Fratelli Testolini per accusarli di plagio. Una piccola considerazione deve essere fatta a tal proposito, nessuno mai mosse una simile accusa ai Fratelli Testolini durante tutta la loro attività, e se quanto scritto sul copioso materiale pubblicitario non fosse corrisposto al vero, ed essi si fossero appropriati di modelli non loro, di certo una delle gradi compagnie produttrici alle quali viene riportata erroneamente la paternità del modello avrebbe intentato loro causa, come accadde tra Giovanni Battista De Lotto e Valentino Panciera Besarel22.

Come poco prima detto, più di una volta si sono accusati i Testolini di aver usurpato i modelli alla CVM e alla Salviati, ma ricordiamo che i Testolini collaborarono sin dalla loro nascita con tali due realtà, fornendo loro moltissimi prodotti, e che le ditte ricambiavano trasponendo in vetro i modelli da questi ideati, quando ancora i Testolini non possedevano grandi sedi produttive adibite a tal scopo, ricevendo sicuramente in cambio da questi ultimi il permesso di replicare i modelli più apprezzati. Va fatto presente che non vi è piena sovrapposizione tra la produzione di tali tre aziende, ma che vi sono svariati modelli in comune, modelli di cui i Testolini dichiarano a piena voce la paternità senza che le altre due aziende mai li contraddicano ed anzi senza che queste dichiarino mai a loro volta la loro paternità23. Se i Testolini avessero dichiarato il falso, visti le prestigiose sedi espositive e il clamore suscitato a livello internazionale dai loro prodotti, di certo le altre due aziende avrebbero preso contro di loro provvedimenti rompendo i contatti, ma nulla del genere avvenne mai tra queste aziende, che anzi rimasero sempre in stretti rapporti.

Ricordiamo inoltre che i Testolini furono gli ideatori dell’unico stile originale dell’800, ossia lo stile a grotta, e ciò rende davvero difficile immaginarli costretti a copiare idee altrui per mancanza di inventiva.

Constatato il fortunato ingegno e l’estro artistico dei Fratelli Testolini soprattutto nel campo dell’ebanisteria, che a loro fu sempre il più caro, prenderemo ora in esame i modelli lignei confrontandoli con la loro produzione vitrea, dimostrando quanto queste due branche artistiche non possano che essere figlie di un medesimo padre24.

Poniamo l’ipotesi che ci trovassimo a dover ideare qualche oggetto di qualsivoglia natura, non particolarmente legato a quel che a noi risulta più affine, per creare il suo progetto prenderemmo idee e spunti da quanto ci risulta più congeniale e più facilmente gestibile, piegando e adattando i primordiali schemi all’esigenza richiesta. Si tratta di un pensiero logico e semplice, che come vedremo tra poco fu lo stesso adottato dai Fratelli Testolini, i quali facendo riferimento a qual che maggiormente padroneggiavano, l’arte lignea, crearono i propri modelli vitrei trasponendo in vetro le medesime tipologie artistiche usate per la mobilia.

Molto interessante risulta la coppa presentata nel loro catalogo a stampa come n. 1105. Essa è costituita dalla figura di un grifone, che legandosi senza soluzione di continuità al basamento e ad una coppa ondulata, va a creare un fantasioso quanto originale oggetto decorativo. Molto interessante in prima analisi risulta trattare la figura del grifone. Tale animale sembra essere un elemento “firma” della ditta, la quale lo utilizza per una serie davvero considerevole di elementi d’arredo. Esso infatti costituisce l’elemento decorativo principale delle cartelle dei mobili umbertini, fa capolino in quasi tutta la mobilia neorinascimentale, con particolare rilevanza negli sgabelli, funge da decoro per alcuni modelli di specchiere a giorno, finendo per trovar posto in forma stilizzata persino tra le volute rocailles della mobilia neorococò. L’animale risulta di interesse poiché non viene impiegato da nessun’altra ditta veneziana operante nel settore delle arti applicate. Di palese riscontro per assegnare ai Fratelli Testolini il modello della coppa, ci giunge un loro portavasi in legno intagliato (Fig. 3). Esso, parte di una collezione privata veneziana, differisce con la coppa vitrea per soli tre dettagli, il muso “draghiforme”, il sostegno di base in foggia di rami intrecciati e la coppa sostituita da un più logico ripiano. Ma ad esclusione di tali tre dettagli ritroviamo le medesime caratteristiche: in primis la postura sinuosa dell’animale, in secundis il capo dell’animale che in entrambi i casi emerge l’uno dal bordo della coppa e l’altro del ripiano, i quali vengono a loro volta sostenuti in modo quasi identico – cosa quest’ultima resa ancor più similare nella coppa n. 1119, dove la decorazione a doppio grifone potrebbe tranquillamente essere sostituita dalla duplice figura del drago del portavaso senza che la composizione ne risulti alterata. Altro dettaglio davvero significativo sul quale soffermarsi è l’animale stesso: infatti il drago ligneo sembra venir trasposto in vetro con davvero poche modifiche nella coppa numero n. 1428, dove il parallelismo risulta assolutamente palese. Prendendo in esame la sua morfologia, possiamo notare che, se nella parte sommitale esso segue i dettami della mitologia, muta poi il proprio essere nella parte caudale, divenendo una sorta di mostro marino che avviluppa la propria coda al supporto di base, esattamente come nella coppa n. 1428 poco prima citata. Tale avvolgimento richiama inoltre i tritoni dei tripodi della mobilia a grotta, nonché le molte code di draghi e figure fantastiche che sorreggono tavolini e portavasi, e che nei mobili come nelle vetrerie vengono usate con estrema disinvoltura

L’analisi di tale primo pezzo ci dà lo spunto per approfondire altri due ulteriori aspetti della questione, il primo legato ai grifoni ed il secondo agli animali marini.

I grifoni, che come abbiamo poco sopra detto sono un elemento firma dei Testolini, trovano il loro impiego in molti modelli della loro produzione vitrea, e molto significativa risulta la modalità con la quale essi vengano spesso impiegati. Infatti in molti calici e coppe ne viene usata una coppia disposta in maniera araldica, come nei modelli n. 466, n. 344, n. 566, la cui composizione decorativa non sembra altro che la riproposizione in vetro dei grifoni delle cartelle degli arredi umbertini; a consolidare maggiormente tale similitudine vi è la presenza, qui come negli elementi lignei, di figure geometriche tondeggianti nate dall’intersecarsi delle code degli animali (Fig. 4).

Gli animali marini, che come abbiamo visto nella mobilia a grotta essere impiegati con inusuale e riuscita inventiva, vengono trasposti parimenti in tutta la produzione vitrea. Vediamo infatti come identici cavalli marini, che troviamo a supporto di tavoli e tavolini o come elementi decorativi negli schienali di poltrone e divani, siano impiegati per sorreggere coppe e calici; ciò che sorprende oltre alla prodigalità con la quale tali figure vengono impiegate è il perfetto parallelismo esistente tra i soggetti delle creazioni lignee e di quelle vitree: n. 1136, n. 1157, n. 1155, n. 1298, n. 1112 (Fig. 5). Oltre che la medesima postura in entrambe le produzioni essi mantengono i medesimi dettagli, come zampe anteriori palmate, una coda che quasi diviene nella parte finale un elemento vegetale, nonché in quasi tutti i modelli una cresta che li rende assai simili ad ippocampi. Unico dettaglio a renderli differenti sono le ali, che, presenti nella produzione vitrea, vengono omesse in quella lignea probabilmente per motivi di coerenza stilistica, essendo la mobilia a grotta un continuo richiamo al solo mondo marino.

Esempio lampante di come i modelli decorativi della mobilia siano stati spunto per la produzione vitrea sono i modelli n. 1111, n. 1172, n. 1364 e n. 1384, che insieme a molti altri non sembrano altro che una variazione sul tema del diffusissimo tavolino a grotta, nel quale un mostro marino avvolge le sue spire al supporto del ripiano, il cui bordo ondulato viene parimenti trasposto in vetro in molti dei modelli citati (Fig. 6). Le similitudini potrebbero continuare per ogni singolo pezzo, come si evince anche dalle figure dei tritoni (Fig. 7), ma sterile oltre che non stimolante risulterebbe il discorso. Alla luce di ciò viene da chiedersi quale ragione abbia spinto alcuni studiosi, pur conoscendo la produzione Testolini, ad ignorare tale nome e ad affidare la paternità dei loro modelli ad artigiani ed aziende che difficilmente nella loro produzione furono capaci di rilevanti prove di fantasia ed estro artistico.

Varrà ora la pena enunciare brevemente le varie branche della produzione vitrea abbracciate dai Testolini, mettendone al contempo in luce gli aspetti di originalità ed eleganza che hanno reso tali manufatti estremamente apprezzati ed imitati25.

La produzione musiva

Sebbene essa possa venir legata alla produzione vitrea in maniera non diretta, comunque rappresenta un aspetto molto importante legato a tale materiale. Infatti tramite l’oro e le infinite tonalità delle paste vitree con le quali si realizzavano i mosaici, i Fratelli Testolini seppero creare capolavori per la maggior parte ancora da studiare. Esempio lampante ne è la decorazione a mosaico del loro palazzo a Dorsoduro, la cui facciata, compendio di tale arte, non dovette rimanere un caso isolato, tanto che nel loro materiale pubblicitario i Testolini esaltavano il loro atelier per la produzione di mosaici monumentali, per i quali si fornivano tipologie decorative delle più svariate, da quella bizantina a fondo oro, ai paesaggi, alle scene di genere. Naturalmente eseguivano anche mosaici su ordinazione e su disegni dei committenti, garantendone sempre la perfezione tecnica e la durata. Inoltre restauravano mosaici antichi ed eseguivano da ritratti fotografici trasposizioni a mosaico, sia per monumenti funebri che da salotto, riproducendo con la medesima tecnica anche i dipinti dei più noti pittori (Fig. 8). Ricordiamo nuovamente la nota di encomio espressa dalla giuria all’esposizione di Torino del 1884, in cui i Testolini realizzarono in loco un monumentale mosaico con il ritratto del principe Amedeo26.

Il micromosaico

Al settore musivo si lega quello del micromosaico, una tipologia decorativa assai in voga nel XIX secolo. Le minute tessere con le quali si creavano motivi floreali, paesaggi, piccole scene di genere e ritratti, andavano a decorare i più svariati oggetti, dai gioielli ai piccoli ninnoli da tavolo, come portaritratti, cofanetti e fermacarte, sino a divenire parte integrante dell’apparato decorativo di grandi specchiere, che vedevano accolte tra le volute, solitamente in vetro e più raramente lignee, composizioni di fiori e paesaggi (Fig. 9).

I servizi da tavola

Di estrema varietà e tipologie – oltre trecento – erano i servizi da tavola in vetro (Fig. 10). Si forniva un corposo catalogo di modelli, che andavano dalle repliche di quelli antichi a quelli di fattura estremamente contemporanea, arricchiti anch’essi di decorazioni smaltate e non di rado resi ancor più preziosi da corpi iridescenti (Fig. 11). Vi erano poi modelli decorati da elaborate incisioni che potevano venir ageminate in metalli preziosi: interessante a tal proposito risulta il servizio eseguito per l’industriale Henry Clay Frick di Pittsburg nel 1893 e ancora conservato nel museo creato dalla figlia Hellen27.  Si eseguivano sia pezzi per la vendita nei vari store, solitamente custoditi in eleganti scatole in cuoio foderate in seta, sia servizi su ordinazione, sui quali si poteva far apporre le proprie iniziali o i propri stemmi.

Oggetti decorativi e d’uso

Grande spazio aveva la produzione di oggetti decorativi (Fig. 12), che come detto in precedenza erano caratterizzati dalla presenza nei supporti, nelle anse e nella struttura di animali mitologici e mostri marini, i quali si univano a bordi e pareti dalle generose curve e smerlature. Per essi si utilizzavano tutte le tipologie decorative che il vetro poteva offrire, dall’avventurina, al calcedonio, ai più elaborati incannucciamenti. A tale tipologia di oggetti si legavano anche le repliche di pezzi antichi, eseguite con attenta perizia. Rilevante risulta la collezione di oggetti acquistata dai sovrani portoghesi e ancora conservata presso il palazzo reale di Ajuda28.

Vetrerie smaltate a imitazione del merletto

Di estrema importanza ed originalità è la produzioni di oggetti in vetro con decorazione in smalto bianco imitante il pizzo. Caratteristica principale di tali oggetti è la forma sobria ed elegante priva di qualsiasi vezzo, la quale serviva ad enfatizzare una elaborata decorazione a smalto bianco imitante il pizzo (Fig. 13). La decorazione veniva ulteriormente enfatizzata dal colore del supporto, sempre a tinta unita e tendenzialmente blu cobalto, ma non di rado anche in altri colori pastello, come il violetto. Caratteristica di tale produzione era la riproposizione a smalto di modelli di antichi merletti veneziani.

Specchiere

Le specchiere Testolini proponevano un vastissimo ventaglio di modelli, dalle fedeli repliche degli originali antichi, realizzate con incorniciature in vetro incolore o screziato d’oro, alle più contemporanee specchiere dalle cornici in vetro colorato, sino ai più bizzarri e fantasiosi modelli, le cui forme nate dalla loro esuberante fantasia riscuotevano grande successo presso il pubblico (Fig. 14). Le specchiere venivano spesso decorate da incisioni ornamentali, quali eleganti cornici vegetali e figure di genere, o anche da più esuberanti e fantasiose composizioni; si poteva richiedere anche l’inserimento di iniziali, blasoni e motivi particolari. Ad esse spesso si accostava non di rado il micromosaico, in un connubio estremamente riuscito e di grande effetto. Novità assoluta per Venezia introdotta dai Testolini furono le specchiere dotate di illuminazione elettrica. Di grande rilievo risulta il fatto che sempre all’esposizione di Torino del 1884 gli specchi dei Testolini furono apprezzati e ritenuti i più belli di tutta l’esposizione, tanto da far sì che lo stesso sovrano e molti ministri ne acquistassero29.

Lampade e lampadari

Estremamente variegata e corposa era la produzione di lampadari, che andava dalla riproposizione dei modelli antichi alle proposte più contemporanee (Fig. 15). Virtuosismo compositivo e abilità artistica erano racchiusi in ogni pezzo, cosa questa che non comprometteva la facilità di montaggio, come erano fieri pubblicizzare i Testolini. Essi erano lodati per la perfezione raggiunta in tale produzione e per la fantasia dei modelli, come per il «magico» lampadario raffigurante la «galleggiante Venezia» che nascondeva tra gli ornamenti 36 lampadine elettriche30. Si proponevano lampadari di tutte le forme e dimensioni e, cosa molto interessante, si fornivano anche lampadari dotati di impianto a gas e, novità assoluta, anche di quello elettrico. I lampadari Testolini erano tanto apprezzati dai clienti e diffusi da far dire ai critici che «i lampadari Testolini illuminano il mondo», e che come in tutti i loro prodotti vitrei anche nei lampadari i Fratelli Testolini «hanno raggiunto un grado di perfezione che è la ricompensa più degna della loro infaticabile energia, giusto premio agli ardimentosi conati»31. Abbinati ai lampadari si offriva anche tutta una serie di lampade e applique da parete en suite. Da far presente è che i sovrani italiani fecero molti acquisti presso i Testolini, e risulta lecito pensare, vista la perfetta aderenza con alcuni modelli da loro proposti, che molti dei lampadari in vetro oggi al Quirinale sino stati eseguiti proprio dai Testolini, sia per il medesimo palazzo che per la reggia di Monza e poi qui traslati.

Perle ed oggetti incisi

Le fonti riportano che erano attivi per i Fratelli Testolini molti perlai32, purtroppo però tale produzione ci è del tutto sconosciuta, maggior fortuna abbiamo invece per la produzione in vetro inciso, di cui ci sono rimaste alcune testimonianze. Essa risulta caratterizzata da oggetti realizzati in vetro incolore piuttosto spesso, sul quale si è intervenuti con una copiosa decorazione incisa, rifinita poi da lumeggiature in oro e spesso da campiture in smalto traslucido33. Vi erano inoltre oggetti incisi con scene di genere e scorci di Venezia.

La produzione dei Fratelli Testolini fu senza ombra di dubbio quanto di più fantasioso, bizzarro e dirompente, ma soprattutto innovativo ed apprezzato Venezia conobbe in tal settore. In quasi ogni palazzo e villa del Sud e del Nord America e del Regno Unito si potevano e si possono tutt’ora ammirare pezzi prodotti dai Fratelli Testolini, e medesima cosa può essere affermata per ville e palazzi sparsi in tutto il territorio italiano ed europeo. L’importanza di tale produzione veniva sottolineata anche dal fatto che il Museo Vetrario di Murano conservava nella sua collezione diversi pezzi da loro prodotti e che si sentì in dovere di acquisire quando ancora essi erano in attività34 – medesima cosa fece anche il Musée Ariana di Ginevra, che acquistò ben sette loro pezzi35.

Purtroppo la maggior parte della produzione vitrea uscita dalle fornaci Testolini risulta davvero difficile da identificare per via del metodo di firma adottato. Se vero è che su alcuni oggetti si incidesse il nome alla base, era prassi molto più comune nell’800 per tutte le aziende veneziane apporre sotto i pezzi prodotti un piccolo talloncino della dimensione e della forma di un francobollo, su cui veniva riportato a stampa il nome dell’azienda ed aggiunto a penna il numero identificativo dell’oggetto (Figg 9-11). Questi talloncini avevano in comune con i francobolli anche il metodo di adesione alla superficie, ed il tempo, nonché il materiale su cui erano applicati, hanno fatto sì che in moltissimi casi venissero persi. Va inoltre fatto presente che con ogni probabilità l’azienda usò tale riconoscimento solo dal tardo ‘800, lasciando quasi priva di elementi identificativi tutta la produzione precedente.

  1. A. Basana, La ditta Fratelli Testolini, in Oadi, n. 12 dicembre 2015; A.  Basana, Le porcellane dei Fratelli Testolini, in Oadi, n. 13 giugno 2016; A.  Basana, Gli arredi umbertini dei Fratelli Testolini, in Oadi, n.14 dicembre 2016. []
  2. A. Basana, La ditta dei Fratelli Testolini, in Ateneo Veneto, anno CCCIII, terza serie, n.15/1 (2016). []
  3. Guida di Venezia, Firenze, 1896, pp. 3-6. []
  4. Guida di Venezia…, 1896, p. 5. []
  5. A. Bova-P. Migliaccio, Vetri artistici, Antonio Salviati e la Compagnia Venezia Murano, Marsilio, Venezia, 2011, p. 20. []
  6. A. Bova-R. Junk-P. Migliaccio, I colori di Murano nell’800, Venezia, 1999, p. 46. []
  7. A. Bova-P. Migliaccio, Vetri artistici…., 2011, p. 23. []
  8. Guida di Venezia…, 1896, p. 2. []
  9. La Voce di Murano, 13 giugno 1902, p. 84; Atto ufficiale di uscita della Jesurum dalla Salviati Jesurum & co. conservato presso l’Archivio di stato di Venezia, Fondo Camera di Commercio IX busta XV. []
  10. Statistica industriale 1906, p. 81. []
  11. La Voce di Murano”, 1 dicembre 1884, p. 96. []
  12. J. Nepluyeff, Escursioni nell’estuario di Venezia. Guida pratica di Murano Venezia, Venezia, 1896, pp. 36-40. []
  13. Testimonianza orale dell’intagliatore ed antiquario Emilio Piacentini che lavorò nella zona dal 1952 al 1956. []
  14. J. Nepluyeff, Escursioni nell’estuario di Venezia, Venezia, 1896, pp. 39-40. []
  15. Carteggio De Lotto-Besarel custodito presso la Fondazione Angelini di Belluno ms 2.26-40. Sul controverso rapporto fra Michelangelo Guggenheim e Valentino Panciera Besarel si rimanda al contributo di prossima pubblicazione di A. Martignon, Michelangelo Guggenheim (1837-1914) e il mercato di opere, di oggetti d’arte e d’antichità a Venezia fra medio Ottocento e primo Novecento. []
  16. Luigi Vianello, Esposizione di scelti vetri artistici ed oggetti affini in Murano, Venezia, 1895, pp. 8-23. []
  17. Atto ufficiale di uscita della Jesurum dalla Salviati Jesurum & co. conservato presso l’Archivio di stato di Venezia, Fondo Camera di Commercio IX busta XV. []
  18. G.A. Ronco, Esposizione di Milano 1881, p. 150, cit. in A. Bova- R. Junk-P. Migliaccio, I colori di Murano nell’800, 1999, p. 45. []
  19. Esposizione Torino 1884, p. 175, cit. in A. Bova-R. Junk-P. Migliaccio, I colori di Murano…, 1999, p. 46. []
  20. Guida di Venezia…, 1896, p. 2. []
  21. Il catalogo di bottega presente in una collezione privata veneziana attualmente risulta disperso; Anon., Prix courant des verres venitiens maison M.Q. Testolini Venise, Parigi, fine XIX sec. []
  22. Carteggio De Lotto-Besarel custodito presso la Fondazione Angelini di Belluno ms 2.26-40; M. De Vincenti, Giovanni Battista De Lotto, Mariano del Friuli, 2002, p. 75. []
  23. Guida di Venezia…, 1896, pp. 3-4. []
  24. I modelli di seguito citati provengono da Anon., Prix courant des verres, fine XIX sec. []
  25. Per le descrizioni dei prodotti vitrei ci si è basati su J. Nepluyeff, Escursioni nell’estuario di Venezia.…, 1896, pp. 39-40; Anon., Prix courant des verres…., fine XIX sec. []
  26. Esposizione di Torino 1884, p. 175, cit. in A. Bova-R. Junk-P. Migliaccio, I colori di Murano…, 1999, p. 45. []
  27. https://www.google.com/culturalinstitute/beta/asset/champagne-glass/DwFefU5Z01vUGA (consultato in data 28-10-2017). []
  28. https://www.palacioajuda.gov.pt/en-GB/collections/glass/ContentList.aspx (consultato in data 28-10-2017). []
  29. Esposizione di Torino 1884, p. 175, cit. in A. Bova-R. Junk-P. Migliaccio, I colori di Murano…., 1999, p. 45. []
  30. J. Nepluyeff, Escursioni nell’estuario di Venezia, 1896, pp. 42-45. []
  31. J. Nepluyeff, Escursioni nell’estuario di Venezia, 1896, pp. 46-49. []
  32. J. Nepluyeff, Escursioni nell’estuario di Venezia, 1896, pp. 46-49, pp. 39-40. []
  33. https://www.ebay.com/itm/GLASS-VASE-VINTAGE-ITALIAN-034-M-Q-TESTOLINI-VENEZIA-034-Paper-Label-Gold-Clear-/161177511476 (consultato in data 28-10-2017). []
  34. L. Vianello, Esposizione di scelti vetri artistici ed oggetti affini in Murano, Venezia, 1895, p. 24. []
  35. E. Baumgartner, Verre de Venise et “façon de Venise”, Ginevra, 1995, pp. 76, 81. []