Sergio Alcamo

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Su alcune matrici in rame ottocentesche a Castelvetrano-Selinunte e un’aggiunta al catalogo di Luigi Lojacono (1809-1879)

DOI: 10.7431/RIV17132018

Il Sig. Vincenzo Napoli – memoria storica e soprattutto fotografica della città di Castelvetrano-Selinunte, una di quelle figure che in epoche passate avremmo definito di “curioso” o “amatore di cose d’arte”1 – di recente ha posto alla mia attenzione un piccolo gruppo di matrici in rame2 della seconda metà dell’Ottocento destinate alla produzione di stampe di traduzione a carattere sacro-devozionale, da lui scovate nelle sacrestie di alcune chiese e nel Museo civico del centro belicino.

In numero di cinque e quasi del tutto inedite3, sono manufatti rari, giacché appartenenti ad una categoria di opere soggette a usura e al riutilizzo, e al medesimo tempo preziosi; non tanto per il materiale in sé o per la particolare qualità artistica, né per la fama dei maestri incisori (il castelvetranese Salvatore Patti e un anonimo palermitano, forse Saverio D’Andrea), figure minori e poco note di un antico mestiere, quello dello stampasanti, che di lì a poco sarebbe stato soppiantato da più moderne tecniche di riproduzione4, ma piuttosto per l’intrinseco valore documentario e soprattutto di testimonianza storica.

Una di queste lastre, infatti ci permette di attribuire senza alcun dubbio un’anonima e bella tela, pressoché ignota5, al pittore Luigi Lojacono (Palermo 1809-1879)6, padre del più celebre Francesco (Ivi 1838-1915), conosciuto soprattutto per le scene di battaglia (di grande e piccolo formato, su tela o su rame) legate ad episodi dell’epopea garibaldina e per i ritratti; molto meno per la sua produzione sacra. Quest’ultima, frequentata essenzialmente nella fase giovanile, comprende alcune pale d’altare improntate fortemente al gusto neoclassico, appreso alla bottega dei suoi maestri Giuseppe Patania e Salvatore Lo Forte, seppur contraddistinte da una particolare attenzione al realismo del dato fisionomico.

Di queste si conoscono la Madonna del lume (la prima opera firmata finora nota dell’artista e datata 1833) della chiesa eponima di Palermo; la Madonna del rosario (1840) della chiesa Madre di Terrasini; le due tele con l’Adorazione dei pastori (Madonna della neve) e la Trinità con le anime purganti della chiesa Madre di Campobello di Mazara (entrambe del 1843; Figg. 12)7; quelle raffiguranti il Miracolo dei pesci del beato Nicola da Longobardi e il Beato Gaspare de Bonis e l’adultera (del 1845) dipinte per San Francesco di Paola a Trapani; l’Adorazione dei Magi (1846) per la chiesa di San Matteo a Marsala8.

Verso il 1848, data dell’incontro a Palermo col pittore e letterato torinese Massimo D’Azeglio, lo stile del Lojacono evolse in senso romantico e da questo momento in poi pare che non abbia più dipinto soggetti sacri, o almeno non sono emerse al momento ulteriori opere di tal genere a lui riferibili.

La tela conservata nella chiesa di S. Francesco di Paola di Castelvetrano9 raffigura La Madonna appare ad Alfonso Ratisbonne (nota anche come Madonna della Conversione; Fig. 3) e si inserisce invece pienamente in questa seconda fase dell’artista.

Illustra l’episodio dell’apparizione della Vergine nelle fattezze di quella effigiata nella cosiddetta Medaglia Miracolosa all’ebreo francese Alphonse Ratisbonne (Strasburgo 1812 – Ein Kerem 1884) avvenuta a Roma in S. Andrea della Fratte nel 1842; visione che ne provocò immediatamente la radicale conversione alla fede cattolica.

Quell’edificio ecclesiastico, allora come oggi, era officiato dai Paolotti, motivo per il quale tale iconografia poco comune si riscontra molto più frequentemente nelle chiese dell’ordine. È plausibile perciò che anche la nostra tela sia stata appositamente commissionata dai Minimi di Castelvetrano seguendo il fervore degli anni successivi all’evento per essere collocata sull’altare maggiore della loro chiesa, dove rimase per circa un secolo fino al 1936, quando fu rimossa10 e trasferita sulla parete laterale destra della terza cappella a sinistra, dove si trova attualmente.

Grazie alla citata matrice in rame (Fig. 4) che si conserva nella sacrestia, e all’iscrizione incisa in basso che recita “Luigi Lojacono pinse e disegnò” (Fig. 5) se ne deduce non solo che il palermitano fu l’inventore e l’esecutore materiale del soggetto dipinto ma anche colui il quale delineò il disegno per l’incisore della lastra11 – il castelvetranese Salvatore Patti12 – destinata a divulgarne tramite i fogli stampati la devozione e con essa l’iconografia.

Non è nota la data di esecuzione della tela ma è probabile che sia stata richiesta all’artista qualche tempo dopo il 1848, data della consacrazione dell’altare della cappella romana dell’apparizione13. Anche la cifra stilistica pienamente romantica conferma una datazione agli anni ’50 del secolo XIX.

Un aiuto in tal senso potrebbe giungere da una stampa litografica parigina edita da Dembour et Gangel, non datata ma anch’essa riferibile all’incirca al 1850, illustrante il medesimo soggetto e simile in alcuni dettagli (la postura dell’uomo e il cilindro caduto per terra poco distante), che potrebbe verosimilmente aver funto da modello (Fig. 6).

Sulle capacità dell’incisore Patti non c’è molto da dire: come dimostra l’unico, al momento conosciuto, esemplare stampato ricavato dalla nostra lastra (S. Francesco di Paola, sacrestia; Fig. 7), la qualità del tratto inciso è alquanto modesta. Forse questo foglio è il risultato della sola tiratura che sia mai stata effettuata.

Per tornare alle ulteriori matrici in rame segnalatemi dal Napoli, oltre a quella ora citata altre due si conservano nella sacrestia della chiesa di San Francesco di Paola e raffigurano entrambe Maria SS. della Vittoria. Traducono in maniera assai sommaria un anonimo dipinto ottocentesco su tela che illustra La Madonna della Vittoria con la Battaglia di Lepanto (Fig. 8) attualmente ospitato in una teca posta nella parete sinistra del transetto di destra ma che originariamente ornava una chiesetta che si trovava quasi di fronte il convento dei minimi, presso l’angolo della via Quintino Sella, e demolita verso il 1889-90 per sistemare i marciapiedi della piazza14.

La prima lastra (Fig. 9), sempre del Patti, non riporta la data ma è probabile che sia cronologicamente coeva alla precedente. Anche questa è alquanto scadente e ordinaria nella fattura. Si conosce al momento un solo foglio stampato (Fig. 10) custodito come l’altro nella sacrestia della chiesa, e come questo frutto forse di un’unica tiratura15.

La seconda (Fig. 11) è stata cavata da un anonimo incisore, forse Saverio D’Andrea, di cui è nota l’attività presso la fiorente bottega dei Natale, famiglia palermitana di stampasanti che operava, come si evince anche dall’iscrizione posta sotto il titolo, in Piazza del Carmine Maggiore 38, in un’officina gestita probabilmente da Gioacchino, e in un altro laboratorio ubicato a Porta Sant’Agata 616.

La traduzione è ancora più sommaria della precedente e si discosta in molti dettagli dal modello. È curioso l’uso dell’obsoleto vocabolo DIVOZIONE17. Da questa per ora non sono stati individuati fogli stampati.

Un’ulteriore matrice (Fig. 12) eseguita dal citato Patti nel 1858, si conserva nel Museo civico. Probabilmente proviene dalla ex chiesa collegiata di San Pietro, inglobata nel palazzo Pignatelli, dato che nel retro riporta la dicitura “A spese del Rev.mo Can.co D. Gaspare Viviviano (sic, rectius Viviano) 1858 per sua devozione”, che fu canonico di quell’edificio ecclesiastico18.

Raffigura la Madonna della quercia, che si venera presso Viterbo e patrona dei domenicani; motivo per il quale se ne può ipotizzare una committenza legata a tale ordine molto radicato in città. Il soggetto inciso potrebbe essere stato ricavato da un quadro che stava un tempo proprio nella chiesa di San Domenico quando questa fungeva da Museo e di cui ora non sia ha più notizia19. Ma potrebbe anche essere stata realizzata sulla scorta delle numerose stampe del medesimo tema (Fig. 13) note a partire dal XVII secolo, al fine di divulgarne il culto nell’isola e, di conseguenza, anche l’iconografia, da noi poco diffusa20.

L’ultima e del tutto inedita lastra (Fig. 14) raffigura don Carlo Mazara (Monte San Giuliano 1769 – Castelvetrano 1840)21 sacerdote e cappellano dell’ospedale di S. Antonio Abate, morto in concetto di santità. Conservata nell’archivio parrocchiale della chiesa di San Giovanni proviene da quella di S. Antonio Abate dove nel 1862, per volere del popolo, vi furono trasferite dal camposanto le spoglie del religioso. Forse fu in tale occasione che venne commissionata al Patti l’esecuzione della matrice22.

Trattandosi di un ritratto post mortem quest’ultimo dovette far ricorso a precedenti iconografici, uno dei quali potrebbe essere un’anonima litografia (Fig. 15) che correda l’opuscolo monografico curato dal Castronuovo ed edito nel 186123, praticamente identica in tutti i dettagli fisionomici; se ne differenzia solamente per l’assenza in alto a sinistra del quadro della Madonna di Custonaci, a cui il Mazara era particolarmente devoto. È anche probabile che il foglio ericino traducesse a sua volta un prototipo pittorico.

A Castelvetrano si conservano ben due ritratti postumi del religioso, entrambi inediti e dipinti su tela da Francesco Ciresi (Termini Imerese 1825-1889)24: il primo (Fig. 16) datato 1845 è affisso alla parete destra della chiesa di S. Antonio Abate; il secondo (Fig. 17) si trova nella sacrestia della chiesa Di San Giovanni Battista ed è stato realizzato nel 1881, a quarantuno anni dalla morte, come si evince dalla didascalia sottostante.

Forse il Patti ha combinato l’immagine della stampa ericina, a lui evidentemente nota, con il ritratto in S.  Antonio (plausibile modello anche per l’anonimo autore della litografia) fondendoli in un unico testo figurativo. Non si conoscono al momento stampe tratte da questa lastra.

Probabilmente il fine ultimo dei manufatti fin qui esaminati, date anche le dimensioni piuttosto ampie, era la tiratura di fogli sciolti da elargire dietro qualche spicciolo dato in forma di elemosina e destinate poi ad essere incorniciati e appesi alle parti domestiche per la devozione privata ma non è da escludere che i più piccoli, potrebbero essere stati creati appositamente per l’illustrazione di opuscoli a carattere agiografico e contenenti preghiere.

Può darsi che a Castelvetrano-Selinunte si custodiscano ulteriori matrici non ancora individuate e confidiamo in ulteriori futuri ritrovamenti.

  1. Tra le ultime scoperte segnaliamo il rinvenimento in un asta on line di una rara medaglia con l’effigie di Carlo d’Aragona (Chi era Carlo d’Aragona Tagliavia? Lo spessore di un personaggio raccontato dalle medaglie, già in https://castelvetranonews.it del 09-01-2017), e il riconoscimento presso un palazzo della Soprintendenza di Trapani di una statua della Madonna dell’Itria – e attribuita dallo stesso a Vincenzo Gagini – già nella chiesa eponima di Castelvetrano (Il bellissimo volto della Odigitria di Castelvetrano, da appunti di Enzo Napoli, Aurelio Giardina, Francesco Saverio Calcara in https://www.castelvetranoselinunte.it del 13-03-2017). Ricordiamo anche il recentissimo Il Convento e la Chiesa dei Minimi di San Francesco di Paola in Castelvetrano, Castelvetrano-Selinunte 2017, di cui è coautore assieme ai citati Calcara e Giardina. Ringrazio il Sig. Napoli per avermi gentilmente fatto dono del materiale fotografico e documentario, utilizzato per la stesura del presente testo, e facente parte della propria collezione che ammonta a circa 100.000 files. []
  2. Per matrice si intende una superficie di vario materiale (legno, metallo, pietra) su cui viene tracciata un’immagine da cui si ricava una stampa tramite procedimento di inchiostratura e pressione su foglio. Per un inquadramento generale si veda: Matrici incise dal ‘500 al ‘900: da strumento di produzione a bene storico artistico, a cura di A. Grelle Iusco, G. Trassari Filippetto, Roma 2004. []
  3. L’immagine della lastra della Madonna della Quercia è stata pubblicata in A. Giardina – F. S. Calcara – V. Napoli, La Chiesa e il Convento di San Domenico in Castelvetrano. Tra committenza dei Tagliavia Aragona e carisma dei Frati Predicatori, Castelvetrano-Selinunte 2015, p. 186; p. 209, Fig. 158. Le due matrici con la Madonna della Vittoria e La madonna appare ad Alfonso Ratisbonne sono solo menzionate nel volume appena citato, p. 187, nota 408 e in A. Giardina – F. S. Calcara – V. Napoli, La Chiesa e il Convento…, 2017, p. 39. []
  4. Sull’arte dell’incisione, e in particolare sul declino di quella di traduzione, un ragguaglio in S. Massari, F. Negri Arnoldi, Arte e scienza dell’incisione. Da Maso Finiguerra a Picasso, Roma 1994, p. 245 e sgg… Cfr.: Matrici incise dal ‘500 al ‘900: da strumento di produzione a bene storico artistico, 2004. Sull’antico mestiere dello stampasanti vedi: G. D’Agostino, Gli artefici dell’immaginario, pp. 368-385, in Le Forme del lavoro. Mestieri tradizionali in Sicilia, a cura di A. Buttitta, testi di G. Aiello et al., Palermo 1988 (in particolare pp. 368-374). []
  5. È stata recentemente pubblicata in A. Giardina – F. S. Calcara – V. Napoli, La Chiesa e il Convento…, 2017, pp. 41-42, dove gli autori, pur notandone la stretta relazione con la matrice incisa dal Patti, hanno attribuito con riserva la tela all’artista palermitano. In un precedente opuscolo di G. Parrino (La chiesa di S. Francesco da Paola Castelvetrano, Menfi 2001, p. 35) è riferita la notizia che «Il quadro fu portato da Roma da Padre Angelo Signorelli». Non abbiamo al momento informazioni su un soggiorno di studio del Lojacono nella capitale. È pur vero che il quadro, che dal 1848 adorna l’altare dell’apparizione miracolosa in S. Andrea della Fratte, è di Natale Carta, messinese ma di famiglia originaria di Palermo; qui il pittore studiò presso il Patania, come abbiamo detto maestro pure del Lojacono, per passare poi alla scuola di Giuseppe Velasco. Quindi si trasferì a Roma presso Vincenzo Camuccini e nel 1839 fu eletto membro dell’Accademia di S. Luca dove, il 23 maggio 1848, fu nominato professore di pittura e nel 1868 professore di disegno. Pertanto non è da escludere che il giovane artista possa essersi recato a Roma verso la metà del secolo per un breve periodo di formazione presso il celebre concittadino e che qui possa aver eseguito il dipinto. []
  6. Per un aggiornamento sul pittore palermitano si rimanda al contributo di Elvira D’Amico, Una traccia per la perduta “Battaglia di Milazzo” di Luigi Lojacono, già in https://www1.unipa.it/tecla/effemeride/damico_effemeride_2011.php (con bibliografia precedente). Sulla figura del figlio basti Francesco Lojacono 1838-1915, catalogo della mostra a cura di G. Barbera, L. Martorelli, F. Mazzocca, et al., Milano 2005. []
  7. Nella monografia di Francesco Nicotra (Campobello di Mazara, II, Palermo 1907, p. 50) la Trinità con le anime purganti è riferita al Lojacono. Lo stesso è asserito nel volume di Giulia Davì e Maria Pia Demma (Paesi della Valle del Belice: Campobello di Mazara, Castelvetrano, Gibellina, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, S. Ninfa: guida storico-artistica, Castelvetrano 1981, p. 140) e in Maurizio Vitella (Una traccia per Luigi Lojacono, pp. 369-375, in Francesco Lojacono 1838-1915, 2005, p. 369). Come riferitomi da Vincenzo Napoli, a padre Pisciotta, titolare della chiesa, non risulta che quel dipinto sia del pittore palermitano: dai documenti conservati in parrocchia ha potuto riscontrare che soltanto la Madonna della neve è sua. Sempre il Pisciotta ricorda che una tela delle Anime purganti è menzionata in una visita pastorale della fine del Settecento. Non avendo potuto osservare il quadro personalmente e accogliendo le osservazioni del Napoli, che ha notato la differente qualità del supporto, evidentemente antico, avanziamo qui con prudenza l’ipotesi che possa trattarsi della medesima tela restaurata (o meglio rifatta) dal Lojacono in quel medesimo torno di anni. Lo stile della pittura infatti è coerente con la cifra stilistica dell’artista. []
  8. Su tutte queste opere cfr. M. Vitella, Una traccia…, in Francesco Lojacono…, 2005, pp. 369-370, che riporta la bibliografia precedente. []
  9. Si pubblica qui per la prima volta un’immagine a colori dell’opera. Una riproduzione in B/N è in A. Giardina – F. S. Calcara – V. Napoli, La Chiesa e il Convento…, 2017, p. 42. Le misure della tela ammontano a circa m. 3 x 2. []
  10. In quell’occasione si scoprì che al di sotto si celava un grande affresco che fungeva da pala. Su quest’ultimo, che in un mio contributo ho attribuito a Giuseppe Velasco, si veda S. Alcamo, La Presentazione al Tempio ossia la Purificazione della Vergine al tempio secondo l’uso ebraico: un prototipo di Carlo Maratta, in https://spigolaturediartesiciliana.blogspot.it/2014/04/la-presentazione-al-tempio-ossia-la.html del 3 aprile 2014. []
  11. Ringrazio il Sig. Napoli, che per primo si è accorto della dipendenza della matrice dal dipinto e della possibilità che il Lojacono possa aver fornito anche il disegno per l’incisione al Patti, per avermi sottoposto la questione per una conferma.  La matrice misura cm. 22,5 x 16,2. In basso a sinistra riporta inciso “A spese di G. S.”. Ignoriamo l’identità di tale personaggio. []
  12. Salvatore Patti per alcuni anni lavorò presso la prima tipografia di Castelvetrano aperta nel 1864 nel piano di San Domenico da Giuseppe Signorelli di Francesco, del quale fu «abile collaboratore» (G.B. Ferrigno, Arti popolari a Castelvetrano. Inedito del 1939. Teatro e giuochi a Castelvetrano. Inedito del 1931, Castelvetrano 2001, p. 33). Dato che abbiamo un’altra sua lastra firmata e datata 1858, se ne deduce che esercitava l’incisione su rame già da prima. Un foglio sciolto del 1875 resomi noto dal Napoli e contenente un Canto di giovanetti stampato per la Festiva Nascita del Battista patrono di Castelvetrano conferma che fino a quella data era ancora operativo. Su di lui Idem, Castelvetrano, Palermo 1909, pp. 534-535, che lo giudicò «discreto incisore». Cfr G. D’Agostino, Gli artefici…, pp. 368-385, in Le Forme del lavoro…, 1988, p. 372. []
  13. In A. Giardina – F. S. Calcara – V. Napoli, La Chiesa e il Convento…, 2017, p. 42, è riferita alla prima metà del XIX secolo. []
  14. Sulle vicende del piccolo edificio sacro G.B. Ferrigno, Arti popolari…, 2001, p. 532; G. Parrino, La chiesa di S. Francesco…, 2001, p. 35; A. Giardina – F. S. Calcara – V. Napoli, La Chiesa e il Convento…, 2017, pp. 38-39. Qui il dipinto è riferito al secolo XVIII ma riteniamo più corretto collocarne l’esecuzione nella prima metà del successivo. []
  15. Le dimensioni della lastra ammontano a cm. 17,3 x 11,8. []
  16. I Natale (di cui si conoscono i nomi dei fratelli Giuseppe, Antonio e Francesco) erano una famiglia di calcografi e stampasanti tra le più rinomate. Oltre a Saverio D’Andrea, incisore, vi lavorava in qualità di disegnatore tal Giuseppe Carta (D’Agostino 1988, p. 372). La matrice misura cm 12,8 x 8,3. []
  17. Formula più arcaica del termine devozione. Vedi: IV edizione (1729-1738) del Vocabolario degli accademici della Crusca, vol. 2, pag. 227. Libretti di diverse divozioni erano citati in un inventario settecentesco dell’incisore Francesco Cichè (G. D’Agostino, Gli artefici…, pp. 368-385, in Le Forme del lavoro…, 1988, p. 371). []
  18. Il castelvetranese Gaspare Viviani nacque nel 1804 e morì il 5 maggio 1872. Fu canonico della collegiata chiesa di San Pietro. D’ingegno versatile coltivò diverse branche del sapere. Fu buon architetto e archeologo e ispettore onorario delle antichità di Selinunte (G.B. Ferrigno, Arti popolari…, 2001, p. 512). Iniziò gli studi a Castelvetrano continuandoli al seminario di Mazara dove fu ordinato sacerdote. Vedi anche A. Giardina – F. S. Calcara – V. Napoli, La Chiesa e il Convento…, 2017, p. 187, nota 408. La misure della lastra ammontano a cm. 12,3 x 8,2. []
  19. Lo si deduce da un inventario di beni mobili trasferiti da Castelvetrano a Mazara nel 1949 e mai più rientrati. Il documento è stato pubblicato in A. Giardina, I Tagliavia Aragona e la chiesa di San Domenico in Castelvetrano, Castelvetrano 1985, pp. 147-149. A pagina 148, n. 29, troviamo la «Tela raffigurante S. Domenico e S. Caterina – apparizione della Vergine». []
  20. Un breve repertorio iconografico in https://www.madonnadellaquercia.it. []
  21. Un succinto profilo biografico del Mazara in Ferrigno 1909, p. 501. Cfr.: https://www.trapaninostra.it/Foto_Trapanesi/Didascalie/Mazzara_Carlo.htm. []
  22. Le dimensioni ammontano a cm. 15,5 x 11. Il cognome del personaggio è stato inciso come Mazzara al posto del più corretto Mazara. []
  23. F.G. Castronuovo, Cenni biografici del sac. Carlo Mazara ericino, Palermo 1861. La stampa è incollata sul verso del frontespizio. Un altro esemplare sciolto è presso l’Archivio fotografico della Biblioteca Comunale “V. Carvini” di Erice. []
  24. G.B. Ferrigno, Arti popolari…, 2001, p. 501, nota 2. Sull’artista vedi A. D’Antoni, Ciresi Francesco, in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani. II. Pittura, a cura di A. M. Spadaro, Palermo 1993, p. 97; T. Crivello, Pittori della Sicilia Occidentale, in La pittura dell’Ottocento in Sicilia tra committenza, critica d’arte e collezionismo, a cura di M.C. Di Natale, introduzione di A. Buttitta, Palermo 2005, p. 217. []