Giovanni Felle

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Valentino Panciera Besarel: mobili per una camera da letto

DOI: 10.7431/RIV16102017

L’inaugurazione della nuova sala del teatro La Fenice di Venezia nel 1854 segna una data di non ritorno nel recupero del ‘Settecento’ commisto ad altre espressioni stilistiche, aprendo la strata alla contaminazione delle varie espressioni storiche nel campo delle arti decorative. Su quella scia, nobili e borghesi diventano i clienti di produzioni di alto artigianato nella gara del rinnovamento degli interni a Venezia, anche nella mobilia: basti pensare agli ambienti di palazzo Papadopoli a Sant’Aponal rinnovati su progetti di Michelangelo Guggenheim1. E qui il ruolo di Valentino Panciera Besarel (1829-1902) si fa determinante in ambito veneziano e veneto, ma non solo, nella seconda metà del XIX secolo.

L’attenzione critica nei confronti di tale artista eclettico è cresciuta negli ultimi tempi: ne è indice, soprattutto, la mostra monografica organizzata a Belluno e a Forno di Zoldo nel 2002-2003: Valentino Panciera Besarel (1829-1902) storia e arte di una bottega d’intaglio in Veneto2. Era tuttavia a Venezia che l’artista aveva creato una base importante della sua attività, nel palazzetto Contarini-Michiel a San Barnaba, a lato del rio di Ca’ Rezzonico, sul Canal Grande, a partire dal 1873: un sito di grande prestigio, indice di un successo, anche commerciale, inconsueto.

La ‘ditta’ si impone anche a livello nazionale e la committenza nel 1888 della mobilia per l’appartamento del Quirinale, destinato ad accogliere l’imperatore Guglielmo nella Manica Lunga, ne è il segno di maggior rilievo3.

Quella committenza veniva a rimorchio d’importanti riconoscimenti internazionali, per la sua produzione di mobilia di pregio: le affermazioni alle esposizioni universali di Vienna (1873), Londra (1874), Filadelfia (1876), Amsterdam (1877), Parigi (1878). Verranno quindi i successi conseguiti a Barcellona (1888), Edimburgo (1890) e Chicago (1893). Non stupisce una tale sfilza di riconoscimenti, tributati anzitutto per il virtuosismo di una lavorazione che intendeva stupire per ricchezza di ‘trovate’, in un’epoca in cui ci si stava avviando verso la produzione in serie.

Si ricerca, anzi, di proposito il revival dell’intaglio barocco, che nella serie delle cornici, esuberanti al limite del possibile, trova il suo apice. Putti mescolati a una vegetazione rigogliosissima si intrecciano sino al parossismo, a ricreare un barocco ipertrofico, come mai s’era prima visto.

Nel palazzo del Quirinale si rinforzava,  nella circostanza dell’allestimento dell’appartamento ‘imperiale’, appunto il paragone e, al contempo, la gara con l’arte di Andrea Brustolon, presente in quegli interni – secondo l’attribuzione, all’epoca corrente, ma accolta fino a tempi recenti4 – con le poltrone ‘Pisani’ trasferite dalla villa di Stra per arredare, secondo la pratica dello ‘spoglio’ delle regge d’Italia da parte dei Savoia, quegli interni, rimasti privi d’ogni cosa dopo il trasferimento di mobili e quant’altro in Vaticano, acconsentendo alle richeste di papa Pio IX, che aveva dovuto lasciare in fretta il Quirinale al momento della conquista sabauda di Roma e che ne aveva reclamato, più tardi, la proprietà.

Non poteva essere che Besarel, allora, a realizzare il Monumento di Andrea Brustolon, presentato a Parigi, quindi collocato nel 1885 nella chiesa di Dont di Zoldo: omaggio del territorio bellunese al grande maestro dell’intaglio tardobarocco. Così, nel 1894 lo scultore donerà il Busto di Andrea Brustolon alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, per tener viva una memoria che intendeva fare della ditta Besarel l’erede spirituale dell’acclamato intagliatore di quasi due secoli prima.

Accanto a una mobilia di parata, di cui facevano parte anche i sontuosi portavasi esemplati su quelli di Brustolon del fornimento Venier, la ditta Besarel aveva in produzione pezzi di carattere più commerciale, per soddisfare esigenze ‘borghesi’. E’ il caso dell’insieme che qui si rende noto: mobili – una coppia di letti con i suoi comodini, un armadio – che compongono l’arredo di una camera da letto, fabbricati in legno di noce per una famiglia veneziana (Figg. 123456789).

Un insieme raro, considerando da una parte le vicissitudini del gusto che non hanno favorito la conservazione di simili manufatti, dall’altra le difficoltà di individuazione negli interni privati. Un poco austero il tutto, secondo la moda dell’epoca, ma ravvivato dai numerosi inserti di putti, specialità dell’artista, distribuiti ovunque, sia entro medaglioni a bassorilievo – zefiretti e amorini che suonano e danzano a gruppi di due e di tre -, sia a tutto tondo, in coppia, posti sulle cimase dei letti.

Non sono le uniche presenze di elementi figurali in quel complesso. Si fanno notare, infatti, pure i minuscoli telamoni – figure virili barbute e altri putti – posti sugli spigoli sia dei letti che dell’armadio, anche a lato della specchiera centrale, a conferire a quella mobilia un tocco neobarocco, rinforzato dai festoni vegetali distribuiti ovunque.

Possibili modelli: le piccole presenze angeliche nelle pale di Bellini e di Carpaccio, ma si strizza l’occhio pure alla scultura toscana del Quattrocento, la cui fortuna, proprio per l’aspetto grazioso del putto – tra Luca della Robbia, Desiderio da Settignano, Rossellino, eccetera – era alle stelle.

Stringenti le affinità con i mobili della camera da letto presenti in uno dei fogli dei repertori della ditta, seppur caratterizzato da maggior ricchezza d’intagli. Cosa normale in una pagina ‘pubblicitaria’: poi ci si adegua alle richieste del cliente, più o meno disposto a spendere. E’  chiaro: un maggior lavoro d’intaglio faceva ovviamente lievitare i prezzi.

Da notare la forma dell’armadio come si era venuta conformando per ambienti di tal genere: due ante lignee a lato della specchiera che, a tutta altezza, occupa la zona centrale del mobile. Non c’era più posto, nell’interno borghese di fine Ottocento, per la Psiche neoclassica.

  1. A. Martignon, Michelangelo Guggenheim e le arti decorative, in «Saggi e memorie di storia dell’arte», 39, 2015 (2017), pp. 58-63. []
  2. Valentino Panciera Besarel (1829-1902) storia e arte di una bottega d’intaglio in Veneto, catalogo della mostra (Belluno, Palazzo Crepadona-Forno di Zoldo, Chiesa dell’Addolorata) a cura di M. De Grassi, Belluno 2002. []
  3. Gli Appartamenti Imperiali nella Manica Lunga, a cura di L. Morozzi, Roma 1998, passim. []
  4. La paternità di Brustolon è stata giustamente messa in dubbio, per prima, da Clelia Alberici (Il Mobile Veneto, Milano 1980, pp. 173-174). []