Sergio Intorre

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Ancora coralli trapanesi all’asta: nove lotti di Christie’s e Sotheby’s

DOI: 10.7431/RIV16052017

Il catalogo delle opere trapanesi in corallo realizzate tra l’ultimo quarto del XVI secolo e la prima metà del XVIII è in costante aggiornamento, grazie all’intensa circolazione di questo tipo di manufatti nel mercato internazionale dell’arte1. Le opere qui trattate provengono da prestigiose collezioni europee, confermando ancora una volta il successo che questa particolare produzione continua a riscuotere a livello internazionale2. A questo contesto sempre più ampio si è recentemente aggiunto un gruppo di esemplari inediti battuti all’asta da Christie’s e da Sotheby’s tra il giugno del 2016 e il settembre del 2017.

Tra questi figura il capezzale (Fig. 1) catalogato come lotto 60 dell’asta di Christie’s Sculpture & Objets d’Art Européens3, svoltasi a Parigi il 15 giugno 2016. L’opera presenta una cornice riccamente decorata con motivi fitomorfi e floreali realizzati in corallo, madreperla, argento e cabochons di vetro e reca al centro una nicchia contenente una statuina della Madonna in avorio, che ha probabilmente sostituito nel tempo un’originaria statuina in corallo. Il capezzale è databile tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII, sia per l’impiego della tecnica della cucitura degli elementi in corallo alla lamina di rame dorato, che si afferma in questo periodo4, sia per il raffronto con esemplari analoghi, come l’acquasantiera datata tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo di collezione privata di Palermo5 o il capezzale con Santa Rosalia di collezione privata di Catania datato al primo ventennio del XVIII secolo6, affine, oltre che per i motivi decorativi, anche per i materiali impiegati.

Il lotto 62 della stessa asta è costituito da un’acquasantiera (Fig. 2) databile alla prima metà del XVII secolo recante al centro un gruppo scultoreo in corallo raffigurante il Battesimo di Cristo all’interno di un’edicola con ai lati due angeli su piedistallo. La volta a botte dell’edicola è sormontata da una testina alata di cherubino e sull’opera figurano anche raffinate sculture di angeli musicanti e mascheroni di gusto rinascimentale. La parte inferiore è decorata a mo’ di predella con una scena raffigurante la Natività, notevole per la tecnica miniaturistica, recante al centro la Sacra Famiglia, e ai lati i Magi, i pastori e figure di angeli. La vasca è decorata con virgole, puntini e fiorellini fissati con la tecnica del retroincastro7. L’impiego dell’edicola centrale prospettica nella composizione dell’opera trova ampio riscontro nella coeva produzione dei capezzali, traendo ispirazione dalle edicole marmoree del Gagini, come quella esposta a Palazzo Abatellis8. Si ritrova infatti in esemplari come la coppia di capezzali già nella collezione Manolo March9, nei due esemplari già della Collezione Whitaker, uno con l’Immacolata tra i santi Francesco e Antonio, l’altro con l’Annunciazione10 e i tre della collezione della Banca Popolare di Novara con l’Immacolata e santi11. A questo tipo di struttura fa cenno anche don Pietro Di Gregorio, tesoriere generale del Regno di Sicilia, nella sua descrizione della famosa Montagna di Corallo donata nel 1570 a Filippo II dal viceré di Sicilia don Francesco Ferdinando d’Avalos d’Aquino12, in cui racconta di “cappellette” scandite secondo il canone prospettico rinascimentale, che in Sicilia trova proprio nelle opere dei Gagini le sue declinazioni più efficaci. L’opera qui studiata trova riscontro, sia per struttura e decorazione che dal punto di vista iconografico, in analoghi esemplari di collezione privata datati tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo come quello raffigurante al centro il Battesimo di Cristo13, o l’altro recante sotto la figura centrale dell’Immacolata un gruppo di miniature raffiguranti la Natività14. Appare inusuale la cupoletta che oggi figura in posizione apicale.

Il lotto 74 è costituito da un presepe (Fig. 3) in corallo, avorio, osso, madreperla e argento, databile alla seconda metà del XVIII secolo per la sua affinità con esemplari analoghi come quello di collezione privata di Trapani15 attribuito ad Andrea Tipa e datato tra il 1725 e il 1766, quelli di collezione privata di Palermo e datati al XVIII secolo16 o quello già nella collezione Naselli Flores di Palermo datato alla seconda metà del XVIII secolo17. La base è in ceralacca rossa a simulare il corallo, come era talora consueto in composizioni similari. Queste opere si caratterizzano per l’impiego di materiali eterogenei, dovuto sia alla progressiva diminuzione del corallo a disposizione degli artisti, sia per l’affermarsi di un gusto cromatico orientato verso i toni del bianco, segno dell’imminente affermazione del gusto neoclassico18, anche se in questo caso l’effetto potrebbe essere stato ulteriormente accentuato da un restauro successivo alla realizzazione dell’opera, che ha privilegiato ancora di più le parti in avorio. Dal punto di vista compositivo il tratto che accomuna i presepi citati è costituito dalle quinte architettoniche spesso realizzate con ampi archi in rovina dal vago sentore piranesiano, che rappresentano uno degli elementi più peculiari di questo tipo di produzione, genericamente attribuita nel tempo alla famiglia Tipa, ma che in realtà interessa un nutrito gruppo di artisti attivi a Trapani nel XVIII secolo, accomunati dal medesimo linguaggio artistico e da una grande padronanza delle tecniche di lavorazione dei materiali duri. Sempre nella stessa asta è stato battuto come lotto 48 il presepe (Fig. 4) di maestranze trapanesi che figurava nel catalogo dell’asta di Sotheby’s European sculpture and works of art svoltasi a Londra il 7 luglio 200619, recentemente restaurato da Sophie Bonetti20.

Il 30 giugno 2016 si è svolta a Parigi l’asta di Sotheby’s B.B.S. un hommage21, nel cui catalogo figurava un cofanetto (Fig. 5) con decorazioni in rame dorato e corallo su fondo di seta damascata. Le placche in rame dorato sul coperchio sono caratterizzate da decorazioni fitomorfe realizzate con la tecnica del retroincastro e la serratura è sottolineata da un mascherone di gusto rinascimentale, elementi che farebbero propendere per una datazione alla prima metà del XVII secolo. Risulta poco convincente nell’insieme delle varie parti, lasciando ampio spazio all’ipotesi di restauri ed integrazioni realizzate nel tempo.

Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo può essere datata la piccola teca (Fig. 6) catalogata come lotto 203 dell’asta di Sotheby’s Master Paintings & Sculpture Day Sale, svoltasi a New York il 26 gennaio 2017. L’opera, fittamente decorata con baccelli, virgole e puntini fissati con la tecnica del retroincastro, trova riscontro in analoghi esemplari coevi come quello della Banca Popolare di Novara22 o quello di collezione privata di Palermo23, di forma circolare. Per dimensioni e decorazione si possono individuare riscontri anche nei calamai coevi, come quello già nella collezione Virga di Palermo24 e quello già nella collezione Barresi di Trapani25 o nello spargipolvere nella collezione della Banca Popolare di Novara26.

Il lotto 204 della stessa asta è costituito da un capezzale e due vasetti (Fig. 7). Il primo ha la forma di un ottagono equilatero e reca in una nicchia centrale un gruppo scultoreo in corallo raffigurante la Madonna in trono col Bambino con ai lati figure di santi e sante oranti, all’interno di una rigogliosa ghirlanda di fiori sotto la quale spiccano testine alate di cherubini. Alla base della composizione spiccano piccole sculture in corallo raffiguranti anime purganti tra le fiamme. Oltre all’alto livello di esecuzione delle singole figure e delle decorazioni in corallo, si nota la particolare raffinatezza delle decorazioni incise sulla lamina di rame: i piccoli fiorellini nel cielo affollato di testine alate di cherubini, le aureole dei santi, i raffinati girali e motivi geometrici sulle basi delle sculture, le fiamme tra le anime purganti. Lo spazio centrale è sottolineato da una teoria di baccelli di corallo, la cornice esterna è costituita da un’elegante merlettatura punteggiata da fiorellini in corallo e smalto bianco. L’opera, databile alla prima metà del XVII secolo, presenta spiccate affinità con l’analogo esemplare con l’Adorazione dei pastori nella collezione della Banca Popolare di Novara27, sia per la presenza della nicchia centrale, che per la tecnica di esecuzione delle sculturine in corallo, che per la schiera di testine di cherubino alate, che per la decorazione a baccelli del perimetro, che per la cornice esterna, tanto da fare ipotizzare la provenienza dalla stessa bottega.

Per quanto riguarda i due vasetti facenti parte dello stesso lotto, decorati con baccelli fissati con la tecnica del retroincastro, sono anch’essi databili alla prima metà del XVII secolo e rimandano ad esemplari coevi analoghi con fiori, come quelli già nella collezione Whitaker28 o quelli già nella collezione Naselli Flores provenienti dalla collezione dei Principi Giustiniani Bandini di Roma29. È probabile che i fiori facessero parte anche dell’opera qui studiata e che siano stati sostituiti nel tempo dalle gocce apicali visibili oggi.

Sempre alla prima metà del XVII secolo può essere datata la composizione (Fig. 8) catalogata come lotto 96 nell’asta di Christie’s Alberto Pinto Collection svoltasi a Parigi il 12 settembre 2017. L’opera è costituita da una doppia base bombata decorata a retroincastro con motivi floreali realizzati con virgole, baccelli e puntini, sormontata da un obelisco esagonale ornato da una fitta decorazione a girali e serpentine in corallo, con alla sommità una sculturina in corallo raffigurante l’allegoria della Carità. Più che un’opera originale, potrebbe trattarsi del frutto dell’assemblaggio di elementi provenienti da opere diverse30. La decorazione della base appare infatti eccessivamente distante da quella dell’elemento verticale, che potrebbe addirittura non essere trapanese. Per di più, sotto di esso è inserito un disco d’ambra che non sembra coerente con il resto dell’insieme. L’allegoria è conforme a quanto formulato nell’Iconologia di Cesare Ripa, testo particolarmente diffuso in Età Moderna: “Donna vestita di rosso, che in cima del capo abbia una fiamma di fuoco ardente. Terrà nel braccio sinistro un Fanciullo, al quale dia il latte, e due altri le staranno scherzando a’ piedi. Uno di essi terrà alla detta Figura abbracciata la destra mano”31. La scultura potrebbe anche essere posteriore alla base, sulla scorta del raffronto con esemplari realizzati per tutto il XVIII secolo fino agli inizi del XIX32.

Infine, il lotto 97 della stessa asta è costituito da un capezzale di forma ottagonale (Fig. 9) recante al centro, in un ovale finemente inciso con motivi a girali, una scultura in corallo raffigurante l’Immacolata. Sulla lamina di rame sono incisi anche lo stellario, la nuvola e la raggiera fiammeggiante, elementi peculiari della sua iconografia33. Una raggiera in corallo sottolinea la composizione, che si conclude verso l’esterno con una tripla cornice a rettangoli e baccelli di corallo. L’opera può essere datata alla prima metà del XVII secolo e si può ipotizzare che fosse dotata di una cornice esterna con decorazione a merletto in corallo e smalto bianco, come lascerebbe supporre il raffronto con esemplari coevi analoghi, particolarmente somiglianti nella parte centrale, che presentano questo elemento, come quelli nella collezione della Banca Popolare di Novara34.

  1. S. Intorre, Coralli trapanesi nella collezione March, OADI Digitalia n. 5, collana diretta da Maria Concetta Di Natale, Palermo 2016. []
  2. A tal proposito v. M.C. Di Natale, Ad laborandum curallum, in I grandi capolavori del corallo – I coralli di Trapani del XVII e XVIII secolo, catalogo della Mostra (Catania, Palazzo Valle, Fondazione Puglisi Cosentino, 3 marzo – 5 maggio 2013) a cura di V.P. Li Vigni, M.C. Di Natale, V. Abbate, Cinisello Balsamo 2013, pp. 39 – 55, passim. []
  3. Sculpture & Objets d’Art Européens, catalogo dell’asta di Christie’s (Parigi, 15 giugno 2016), Paris 2016. []
  4. M.C. Di Natale, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 51. []
  5. M. Guttilla, scheda n. 145, in L’arte del corallo in Sicilia, a cura di C. Maltese, M.C. Di Natale, catalogo della Mostra (Museo Regionale Pepoli, Trapani, 1 marzo – 1 giugno 1986), Palermo 1986, p. 328. []
  6. M.C. Di Natale, scheda V.9.3, in Materiali preziosi dalla terra e dal mare nell’arte trapanese e della Sicilia occidentale tra il XVIII e il XIX secolo, catalogo della Mostra (Trapani, Museo Regionale “A. Pepoli”, 15 febbraio – 30 settembre 2003) a cura di M.C. Di Natale, Palermo 2003, pp. 49-50; Eadem, scheda n. 107, in I grandi capolavori…, 2013, p. 187. []
  7. Cfr. L’arte del corallo…, 1986. []
  8. M.C. Di Natale, Coralli siciliani a Novara, in “Kalós. Arte in Sicilia”, Anno 12, n. 2, Aprile – Maggio 2000, pp. 5-6. []
  9. S. Intorre, Coralli trapanesi…, 2016, pp. 37-38 e scheda n. 10, pp. 62-63. []
  10. R. Vadalà, scheda n. 10, in Splendori di Sicilia – Arti decorative dal Rinascimento al Barocco, catalogo della Mostra (Albergo dei Poveri, Palermo, 10 dicembre 2000 – 30 aprile 2001) a cura di M.C. Di Natale, Milano 2001, pp. 475-476. []
  11. L. Marino, schede 13-15, in I grandi capolavori…, 2013, pp. 78-80, che riporta la bibliografia precedente. []
  12. S. Salomone Marino, Una Montagna di corallo scultura trapanese del secolo XVI, in “Archivio Storico Siciliano”, N.S., A. XIX, 1895, pp. 277-288; A. Buttitta, Il corallo e l’arte del presepe a Trapani, in L’arte del corallo…, 1986, pp. 109-110; M.C. Di Natale, Oro, argento e corallo tra committenza ecclesiastica e devozione laica, in Splendori di Sicilia…, 2001, p. 33; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 40. []
  13. R. Vadalà, scheda n. 8, in I grandi capolavori…, 2013, p. 73. []
  14. R. Vadalà, scheda n. 9, in I grandi capolavori…, 2013, p. 74. []
  15. M. La Barbera, scheda III.3, in Materiali preziosi…, 2003, pp. 155 – 156. []
  16. M. La Barbera, schede III.7 e III.8, in Materiali preziosi…, 2003, pp. 159-160. []
  17. M.C. Di Natale, scheda n. 178, in L’arte del corallo…, 1986, p. 374. []
  18. Ibidem. []
  19. S. Intorre, Coralli trapanesi…, 2016, p. 13. []
  20. Sull’opera e il suo restauro v. M.C. Di Natale – S. Bonetti, Il restauro scientifico per un presepe trapanese in materiali preziosi, in “OADI – Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia”, n. 13 – Giugno 2016, Palermo 2016, pp. 55-70. []
  21. B.B.S. un hommage, catalogo dell’asta di Sotheby’s (Parigi, 30 giugno 2016), Paris 2016. []
  22. L. Marino, scheda n. 36, in I grandi capolavori…, 2013, p. 101. []
  23. R. Di Natale, scheda n. 9, in L’arte del corallo…, 1986, p. 159. []
  24. M.C. Di Natale, scheda n. 13, in L’arte del corallo…, 1986, p. 164. []
  25. Enzo Tartamella, scheda n. 24, in L’arte del corallo…, 1986, p. 175. []
  26. L. Marino, scheda n. 35, in I grandi capolavori…, 2013, p. 100. []
  27. L. Marino, scheda n. 22, in I grandi capolavori…, 2013, p. 87. []
  28. E. Tartamella, scheda n. 54, in L’arte del corallo…, 1986, p. 209. []
  29. M.C. Di Natale, scheda n. 53, in L’arte del corallo…, 1986, p. 208. []
  30. La parte inferiore della base potrebbe essere stata ricavata dal sottocoppa di un calice, quella superiore da una pisside portatile, come quella prima trattata. Le due sfere in rame dorato non trovano nessun riscontro nella produzione trapanese e appaiono decisamente incompatibili con il contesto dell’opera. []
  31. C. Ripa, Iconologia, Roma 1593, p. 287. []
  32. L’arte del corallo…, 1986, passim. []
  33. Sull’iconografia dell’Immacolata v. M.C. Di Natale, L’Immacolata nelle arti decorative in Sicilia, in Bella come la luna, pura come il sole. L’Immacolata nell’arte in Sicilia, catalogo della Mostra (Palermo, Basilica di S. Francesco d’Assisi, novembre – dicembre 2004) a cura di M.C. Di Natale e M. Vitella, Palermo 2004, pp. 61-107. []
  34. L. Marino, schede 27-30, in I grandi capolavori…, 2013, pp. 92-95. []