Paola Venturelli

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L’intagliatore Paolo Neri (1813-post 1889): un cammeo e qualche notizia biografica*

10.7431/RIV13092016

Tra le opere pervenute dalla collezione Francesco Mauro al “Museo della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci” di Milano1, si trova un grande cammeo in calcedonio onice (7×5), recante la vigorosa rappresentazione di profilo di una divinità greca maschile barbata dal ricercato naturalismo, iconograficamente ispirata alla produzione glittica tardoellenistica. Il cammeo è racchiuso da un’incorniciatura metallica a giorno distinta da un motivo a “greca”, impreziosito da nove diamanti incastonati. Sul lato anteriore del cammeo, in basso, è inciso a lettere capitali “P. NERI” (Fig. 1).

Nonostante l’esemplare sia stato assegnato al 1920-1925 e al celebre Alfredo Ravasco (1873-1958)2, insuperato e fantasioso interprete delle mille possibilità creative offerte all’oreficeria dalle pietre dure3, come indica la firma, la parte lapidea spetta a Paolo Neri (1813- post 1889), incisore romano di cammei oggi misconosciuto, ma che dovette essere invece uno dei protagonisti di quel rinnovato interesse per l’arte glittica che aveva visto in Italia una seconda rinascenza durante gli anni del neoclassicismo, trovando nel XIX secolo il suo fulcro a Roma4.

Meta dei facoltosi protagonisti del Grand Tour e di ricchi collezionisti italiani e stranieri, l’Urbe è sede di numerosi laboratori di intagliatori, dislocati principalmente intorno a piazza di Spagna e a piazza del Popolo che producono e smerciano cammei sia in pietra dura sia in conchiglia, materiale quest’ultimo la cui più facile lavorazione inizia negli anni Venti dell’ Ottocento5. Altrettanto ricercati sono i souvenir eseguiti in mosaico o micromosaico, tecnica sperimentata da non pochi intagliatori (incluso Paolo Neri, parrebbe)6, con la quale sulla scia della moda archeologica si realizzano anche raffinati gioielli. Del tipo dei due inediti bracciali (ca. 1870) in oro (Collezione Gioielleria Pennisi- Milano), con la scritta ROMA in rilievo sul rovescio, a testimoniare il carattere turistico dei manufatti, il primo (Fig. 2) commercializzato dai gioiellieri Cesare ed Enrico Tombini, eredi di una prestigiosa bottega attestata dalla metà del secolo7, con lettere inframmezzate da scarabei aurei rilevati e la rappresentazione di giochi di amorini, memori dei modelli offerti dai dipinti murali di Ercolano e Pompei, il secondo (Fig. 3) del laboratorio di Luigi A. Gallandt, con invece l’immagine di Romolo e Remo allattati dalla lupa, tratta dal dipinto (1612) di Pieter Paul Rubens ai Musei Capitolini, un’opera citata in tutte le guide di Roma, anche ottocentesche8 .

Le informazioni su Paolo Neri fino ad ora radunate dalla critica non sono molte9.

Si basano sostanzialmente su quanto riportato da Angelo De Gubernatis (1840-1913) nel suo Dizionario degli artisti italiani viventi, edito nel 1889. Nato a Roma nel 1813, scultore e ”celebre” incisore “in cammei”, si educa inizialmente “sotto il padre” e quindi presso i pittori Francesco Giangiacomo (1783-1864) e Tommaso Minardi (1787-1871), divenendo poi alunno dello scultore Pietro Tenerani (1787-1869)10. Dedicatosi all’“incisione, nella quale si formò uno stile proprio per la finitezza dei lavori e la pregevole esecuzione artistica”, realizzò “innumerevoli” ritratti “somigliantissimi”, segnalandosi con “molti lavori tra i quali citiamo i bassorilievi in pietra dura Giove, Orazio Coclite, e Ercole; quello in conchiglia tolto dal poema di Milton La Peri e l’altro pure in conchiglia coi ritratti delle LL. MM. il Re e la Regina, col Principe Ereditario”; lavorò anche il marmo, realizzando numerosi bassorilievi, “encomiati assai” e il “busto delle Quattro Stagioni”, oltre a “due buone statue” con la “Ninfa Egeria e Susanna”11. De Gubernatis segnala infine la presenza di Paolo Neri all’Esposizione Nazionale di Roma del 1883, con “molti lavori tra i quali una Tavola in mosaico rappresentate il Colosseo, un quadro pure in mosaico Acquedotti di Alessandro Severo, nove bellissimi cammei; e tre Piatti in maiolica a gran fuoco, nonché un medaglione in terracotta”12. Dai documenti dell’Archivio Storico del Vicariato di Roma consultati da Costantino Bulgari per la stesura del primo volume (edito nel 1959) del suo poderoso lavoro sugli orafi e i gemmari d’Italia, affiora inoltre il nome del padre, Giuseppe, incisore di cammei nato a Civitavecchia nel 1784, attestato a Roma nel 1809 in via Frattina 77 e tra 1820 e 1850 in via della Vite al 101; nel 1848, quando Giuseppe è qualificato ‘possidente’, lavora con lui il figlio Luigi (nato nel 1816), documentato dal 1844 presso la dimora paterna, assieme a Paolo. Quest’ultimo, tra 1860 e 1862 figura in via Due Macelli, sposato con la romana Clementina Amici, personaggio la cui presenza Bulgari ritraccia nell’edizione del 1869 della fortunatissima guida della città di Roma scritta dall’inglese John Murray, in cui la si dice eseguire cammei. In seguito Paolo si sposterà in via Sistina, quindi in via Frattina e in via del Babuino13.

Altre notizie possono essere tuttavia qui aggiunte14, con l’obiettivo di avviare la ricostruzione della personalità artistica di Paolo Neri.

Quando inizia il suo percorso, l’arte dei cammei gode di grande considerazione, come prova anche solo l’ingresso nel 1812 all’Accademia di san Luca come accademici di merito degli “incisori in pietre dure” Giuseppe Cerbara (1770- 1856), Giuseppe Girometti (1780- 1851), Nicola Morelli (1771-1838), seguiti nello stesso anno da Luigi Pichler (1773-1871) e nel 1816 da Benedetto Pistrucci (1783- 1855)15.  Questo genere di attività è inoltre in piena espansione e occupa numerose persone, con una richiesta altissima, tanto che molti artefici lasciano Roma per Parigi, Londra, Vienna o Milano. Stando all’ Elenco di tutti gli pittori scultori architetti miniatori incisori in gemme e in rame scultori in metallo e mosaicisti, pubblicato nel 1830 dallo svizzero Enrico de Keller per “fare cosa grata agli stranieri” e per facilitare “agli Eruditi la conoscenza dei migliori Artisti, e delle Opere loro”, nel settore degli “Incisori di camei, intagli e cunj” risultano impiegate un’ottantina di persone, inclusi i “Neri”, sistemati in “Via della Vite n. 101” e segnalati per cammei in “Conchiglia, Ritratti”16. Allo stesso indirizzo, e sempre per opere con ritratti, tornano pure nel Manuale di notizie riguardanti le scienze, arti e mestieri della città di Roma edito nel 1839, scritto dall’epigono Annibale Taddei, quando però i nominativi appaiono in totale cinquantanove, dei quali venticinque quali produttori di cammei17. Due anni prima il nome di Paolo Neri era comparso nella Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII e de’ contemporanei, menzionando una lettera del 10 ottobre 1836 scrittagli da Oreste Raggi (1812-1882), storico e letterato, amico di Pietro Tenerani, contenente informazioni sul famoso intagliatore Giovanni Antonio Santarelli (1758-1826)18.

Altri dati emergono dagli elenchi contenuti nelle numerose guide di Roma per stranieri (soprattutto inglesi) che si moltiplicano dagli anni Quaranta, con la registrazione puntuale dei principali “studii” cittadini e delle opere che vi si potevano acquistare19, evidenziando tra l’altro la decisiva vocazione verso l’esterno della produzione romana. Dieci sono gli indirizzi degli “engravers of camei” riportati nel volumetto dedicato agli Studii of the Sculptors at Rome, scritto dal conte Hawaks Le Grice, edito nel 1841; vi troviamo pure quello di “Neri Giuseppe, via della Vite n. 101/Neri Paolo figlio Portrait20.

Dunque in questa data Paolo lavora ancora con il padre e viene citato per l’esecuzione di esemplari con ritratti.

Sono presumibilmente in conchiglia, più accessibili rispetto ai più costosi in pietra dura, come si potrebbe ricavare da Il Mercurio di Roma ossia grande raccolta d’indirizzi e notizie de’ pubblici e privati stabilimenti; dei professori di scienze, lettere, ed arti; de’ commercianti; degli artisti (1843), che indica Giuseppe ancora in via della Vite 101 e quale esecutore di cammei “in conchiglia”, così come Paolo, ricordato pure per “ritratti”, ma con indirizzo in “via Felice 33”21.

Stando all’edizione del 1858 della già citata guida Murray, Paolo Neri (attivo in Piazza di Spagna 10) produce tuttavia anche cammei “in pietra dura, a very superior style of art to that on shells”, un giudizio valutativo che trova il corrispettivo nei costi debitamente riportati. Menzionando tra gli “Engravers of Cameos- Principally on shells” Saulini (definito “perhaps the best in Rome for its portraits in cameo- he also engraved in pietra dura”), si fa sapere infatti che se il prezzo “for cameo likenesses is from 15 to 25 scudi”, “a good head likeness only” realizzata da Saulini verrà “20 scudi, with bust 25, and the same in pietra dura 200 and upwards”22. Dall’edizione del 1862 sappiamo inoltre che i cammei “Neri” si aggirano dai “15 to 25 scudi”, mentre per i “portraits in pietra dura”, il “price ranging from 150 to 200 scudi”23.

Allo scadere del sesto decennio l’attività di Paolo Neri appare ben consolidata e conosciuta. “Shell and Gem- engravers” (“He takes likenesses for Shell or Cameos broaches and executive engravings from the works of the Antiques”), figura tra gli undici “Principal Mosaicists and Shell Engravers” registrati nella guida del 1860 di Francesco Saverio Bonfigli, che si sofferma anche su alcuni “subjects” dei suoi cammei: una “fighting AMAZON on horseback”, “MAZEPPA, tied on the horse and hinted by the wolves in the forest”, “AGAR, imploring water from Heaven”, “The elopement of HELEN with Paris”24. L’anno seguente due di tali soggetti risultano pure distinguere due esemplari in “conchiglia sardonica” presentati all’Esposizione di Firenze, importante manifestazione da poco unita l’Italia25, cui l’intagliatore presenzia con diversi pezzi: “Ercole laureato con pelle di leone sulla spalla (cammeo in onice), Agar ed Ismaele nel deserto (cammeo in conchiglia sardonica), La Peri (cammeo in conchiglia sardonica), Amazzone che combatte una tigre (cammeo in conchiglia sardonica), Una giovane (cammeo in conchiglia sardonica), L’Estate (cammeo in corniola orientale), Il carro di Paride ed Elena (cammeo in conchiglia sardonica)”26. Quello “rappresentante un Amazzone che combatte contro una tigre, modello […] inventato dall’autore”, e l’altro in pietra dura con la “testa di Ercole laureato, con pelle di leone”, parimenti “di invenzione dell’artista, molto bene concepito e di ottima esecuzione”, colpiscono particolarmente i “giurati”, che valuteranno i lavori di Paolo Neri “degni della medaglia”27. Né inferiore risulta peraltro il giudizio espresso di lì a poco da Archibald Billing né The science of gems, coins, and medals, ancient and modern (1867), quando menziona il “Cupid returning from the Chase, black and white onyx, by Neri”, inserendolo tra i cammei privi di difetti esecutivi, ricordando l’autore tra i “many excellent living gem-engravers, both of intaglios and cameos, in pietra dura28.

E’ interessante notare che nel catalogo degli espositori alla mostra fiorentina del 1861, immediatamente prima di Paolo, viene registrata “Neri Clementina, Roma” –sua moglie-, autrice che espone due cammei in conchiglia, una “Testa di Medusa” e “ Roma”29. È lei la “Madame Neri” segnalata nella guida Murray del 1869 dopo il marito (che produce opere prezzate da 100 a 130 “francs” su conchiglia, da 1000 a 1150 in pietra dura, in marmo da 250 a 500)30, giudicata “very talented”, così come nelle successive edizioni della guida fino al 187531.

A questa altezza cronologica la fisionomia degli artisti impegnati nell’arte dei cammei è però cambiata, così come la qualità dei loro prodotti.

È lo stesso Paolo Neri a rilevarlo, interpellato con il noto orefice Augusto Castellani (1829-1914)32 e l’incisore di gemme Pio Siotto (1824- ?)33  circa lo stato dei “Lavori in pietre dure”, nell’ambito dell’inchiesta industriale del 1870-‘74 avviata all’indomani del nuovo Stato italiano.

Secondo Castellani “l’arte dei camei sarebbe ora in decadenza, mentre i cammei di buona fattura non possono essere eseguiti per meno di cinquecento, seicento ed anche mille lire, e trovandosi pochi compratori che siano disposti a spendere simili somme i cammeisti sono costretti a far lavori da terminarsi presto, e del costo di 80 o di 100 lire, per cui non si possono avere quei lavori finiti che formavano la meraviglia di un’altra epoca”.

Più lunga e articolata è invece la risposta di Paolo Neri, “che si occupa dell’incisione in camei ed in pietra”. In disaccordo con Castellani (“crede […] che il signor Castellani non sia ben informato”), ne condivide tuttavia sostanzialmente il giudizio, “perché mentre il Neri sostiene e prova che l’industria dei camei progredisce, ammette anch’egli che dal lato dell’arte nulla si è guadagnato. Gli incisori moderni si sarebbero perfezionati nei mezzi meccanici, ottenendo una straordinaria finezza d’intaglio, ma il disegno sarebbe alquanto scorretto, e il gusto lascerebbe molto a desiderare”; infatti i “nuovi incisori non si sono dati la pena di fare gli studi necessari, tranne il Saulini padre”, allontanandosi in tal modo dalle “splendide tradizioni” dei “tempi antichi”, così come dalle “più recenti del Pistrucci e del Carnieri, che, il primo alla Corte di Londra, il secondo a quella di Napoli, si affaticavano per sviluppare l’amore dell’arte”. Stando a Neri, tale decadimento che peraltro egli nota anche “in Germania e in Francia dove c’è maggiore numero di incisori, e ci si fa concorrenza riguardo alla quantità del prodotto”, poteva tuttavia essere arrestato se “oltre al disegno gli operai imparassero, per dedicarsi all’arte del cammeista, l’incisione propriamente detta, della quale si potrebbe istituire l’insegnamento presso l’Opera di S. Michele”, antico luogo caritativo e assistenziale di Roma dove era da tempo attiva una scuola pubblica per la lavorazione delle pietre dure e della medaglia, “affidandolo […] a certo Gerardet, che avrebbe un sistema migliore degli altri”. Paolo Neri aggiungeva, infine, che gli addetti  nel settore risultavano “120, e la produzione annua” poteva stimarsi “da 600,000 a 700,00 lire. Ogni incisore guadagnerebbe da 8 a 10 lire al giorno, per cui il guadagno della mano d’opera sarebbe di circa 1,000 lire al giorno, cioè di circa 361,000 lire all’anno”.

Sulla necessità di valide scuole di formazione concordava del resto Pio Siotto, “che tiene a Roma un’officina di incisione di cammei in conchiglie”, il quale “ riterrebbe utilissimo negli Istituti tecnici, dopo il disegno e il modellare in grande, l’insegnamento del modellare in piccolo per coloro che vogliono dedicarsi all’industria del cammeista”34.

Giorgio Antonio Girardet (1829-1892) -presumibilmente il “certo Gerardet” ricordato da Paolo Neri-, Pio Siotto e lo stesso Neri, appartengono ormai al ristretto gruppo di incisori attivi a Roma nell’ultimo quarto dell’80035, impegnati ancora a riprodurre in pezzi qualitativamente di livello soggetti mitologici e motivi ripresi dall’antico o da scultori ‘moderni’ (quali Thorvaldsen)36, piuttosto che soggetti di invenzione, un gruppo destinato però progressivamente ad assottigliarsi, complice il mercato che richiede ormai altri tipi di oggetti d’arte.

Se nella Monografia della città di Roma e della Campagna Romana: presentata all’esposizione Universale di Parigi del 1878, trattando delle “officine” glittiche “dove si è mantenuta la vecchia tradizione” sono ricordati “il Saulini, il Neri, il Siotto, il Rosi, il Lanzi, il Guglielmi, il Girardet” (che lavorano “in così fatto genere e vendono decorosamente i loro prodotti”)37, allo scadere del secolo, nelle guide di Roma i nominativi dei “cammeisti” indicati appaiono decisamente meno, tra l’altro riuniti sotto la classificazione non più degli studii, ma dei “Roman Shops”. Tra il 1899 e gli inizi del Novecento figurano solo Saulini e Neri, in alcune guide accompagnati talvolta da “Ciapponi” e “Galant”38.

Prova del cambiamento del gusto sono del resto anche i manufatti presentati dallo stesso Neri alla già ricordata Esposizione di Belle Arti di Roma del 1883 (nove cammei, tra “quadri” e una “tavola” in “musaico”, opere in marmo, “piatti maiolica a gran fuoco ed un medaglione di terra cotta”)39, un vero e proprio “negozio di Belle Arti”, non più un laboratorio di glittica, in parte riproposto alla mostra romana del 1889, Arte ceramica e vetraria, in cui “fra le vetrine 42 e 43” compaiono “Quadri in musaico, piatti in majolica e terracotta” di “Paolo Neri, e conte Carlo Toni, Roma”40 .

Giusto Saulini “padre”, il collega citato positivamente da Neri, da identificarsi in Tommaso (1784-1864)41, fu autore del celebrato cammeo in onice (“m. 0.10.0. per m. 0.7.8”) con il busto di “Jupiter Fulminator, or Ceraunius”, esibito con successo nel 1851 alla grande mostra universale di Londra (Fig. 4), una manifestazione che registra più di sei milioni di spettatori42, e nuovamente esposto anche a quella di Parigi del 1867, con altri cammei e “squisiti lavori in musaico” del figlio Luigi (1819- 1883)43. Un esemplare di cui Tommaso diede anche una versione in sardonica (10.30x 7.30), firmandola T. SAULINI (Collezione privata) (Fig. 5)44 che, data la fama del suo esecutore e la notorietà del pezzo, dovette indubbiamente suggestionare non pochi intagliatori attivi nel terzo quarto dell’Ottocento. Come Maria Elisa Pistrucci (1824-1881), figlia del celebre Benedetto (1783-1855), che con l’iconografia di Esculapio ne dà una traduzione in sardonica (2.5×1,9; già Roma, Collezione Di Castro)45, o lo stesso Luigi quando realizza il cammeo in onice (5×6) rappresentante il volto di profilo di Nettuno (Collezione privata)46.

Non mi paiono esenti da tali suggestioni neppure l’esemplare milanese di Paolo Neri, né tantomeno quello (4×4.5) in conchiglia (Collezione Eredi Saulini) di ignoto cammeista, proveniente dallo studio Saulini47 (Fig. 6), accumunato all’opera del Neri dal modo di trattare i folti e inanellati riccioli della barba e dei capelli, oltre che per la particolare resa ‘strigilata’ della capigliatura osservabile sulla nuca, trattenuta dal diadema, o benda (Figg. 789).

Referenze fotografiche

Fig. 1 Museo della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci- Milano

Fig. 2, 3 Pennisi- Milano

Fig. 6 Antonello Ildini- Roma

Figg. 7-9 Marianna Cappellina- Milano

* Desidero vivamente ringraziare Claudio Giorgione, Curatore del Museo della Scienza e della Tecnica ‘Leonardo da Vinci’, di Milano. Sono grata anche alla “Gioielleria Pennisi- Milano”.

APPENDICE

Marianna Cappellina (STRATI, Conservazione e Restauro di Beni Culturali- Milano)

Note sui materiali

In occasione dell’imminente esposizione nella sezione “Icone” del Museo del Gioiello di Vicenza, curata da Paola Venturelli, l’esemplare è stato sottoposto a una leggera pulitura e osservato al microscopio ottico binoculare. (Figg. 7-9)

Il gioiello si compone di un cammeo con figura bianca su fondo nero realizzato in intaglio di calcedonio onice; la gemma è montata su una struttura ovale in oro con decorazione in nove segmenti a meandri geometrici (quattro per segmento), alternati ad altrettanti castoni quadrati in oro bianco con quattro griffe che sostengono ciascuno un diamante. Ad oggi non è presente sul verso del gioiello una struttura di ancoraggio che permetta di comprenderne l’originale funzione, non troviamo né ardiglione, né anello da pendente; osserviamo invece un uncino saldato in epoca abbastanza recente, che fungeva da sostegno in una vecchia esposizione.

La lavorazione della gemma centrale è di notevole qualità e nitore: l’intaglio oltre a sfruttare la colorazione a bande della pietra, ne arricchisce la lettura grazie all’espediente di un diverso grado di politura fra le zone bianche meno polite, che mettono in evidenza la lucentezza cerosa del materiale, e il fondo nero estremamente lucidato e forse anche migliorato con un protettivo lucido. I particolari dei riccioli più esterni dei capelli sono di spessore inferiore al millimetro e sono rifiniti in ogni piccolo dettaglio, solo sul ricciolo posizionato in basso, più vicino al collo, osserviamo mancanza di qualche millimetro in spessore. Tale lavorazione praticamente perfetta indica una conoscenza molto approfondita delle tecniche della glittica e delle caratteristiche delle pietre dure.

I nove diamanti accessori con taglio a brillante di forma rotonda e sono montati su castoni in lastra a granetta e sono valutabili, ad un’osservazione del montato al microscopio ottico binoculare, con purezza e taglio scarsi (probabilmente tra VS e I, shallow cut). Ad inclusioni ben visibili sotto tavola e sotto corona si aggiungono cattiva simmetria e politura, oltre che porzioni di grezzo sulla superficie con abbassamento di caratura. Sia la montatura sia il taglio non favoriscono una luminosità delle pietre accessorie.

  1. Nell’ “Elenco topografico beni casa Mauro- 1952”, il gioiello è registrato nel “Salotto (foglio 7, n. inventario 125”, p. 35: “Grande cammeo in onice “testa di Giove” di P. Neri, montato in oro e 9 brillanti da R. Merzaghi”); devo la conoscenza di questo documento a Claudio Giorgione. []
  2. L’assegnazione compare in R. De Grada- C. Fiordimela, Ottocento Novecento. Le collezioni d’arte del Museo della Scienza e della tecnica “Leonardo da Vinci” di Milano, Garbagnate Milanese 2000, didascalia a p. 258. []
  3. Per Alfredo Ravasco, cfr. P. Venturelli Alfredo Ravasco, Milano 2003; Eadem, Alfredo Ravasco. Gioielliere milanese degli anni Venti, in L’arte del gioiello e il gioiello d’artista dal Novecento a oggi, a cura di M. Mosco, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, 1 marzo- 30 giugno 2001), Firenze 2001, pp. 150-158; P. Venturelli, Orafi e oreficerie in Italia durante il Ventennio, in Il Déco in Italia, a cura di F. Benzi, catalogo della mostra (Roma, Chiostro del Bramante, 20 marzo- 13 giugno 2004), Milano 2004, pp. 238-249; Alfredo Ravasco. L’orafo dei Principi. Il Principe degli orafi, a cura di P. Venturelli, catalogo della mostra (Milano, Villa Necchi Campiglio-FAI, 14 ottobre 2015-6 gennaio 2016), Milano 2015; P. Venturelli, Alfredo Ravasco: tra la Sicilia (Maria Accascina, Salvatore Corvaya) e Milano (la mostra a Villa Necchi Campiglio- FAI). Inediti e ritrovamenti, in “OADI. Rivista dell’Osservatorio della Arti Decorative in Italia”, 12, dicembre 2015, www.unipa.it/oadi/rivista. []
  4. Cfr. in generale, R. Righetti, Incisori antichi di gemme e cammei in Roma dal Rinascimento all’Ottocento, Roma 1952; L. Pirzio Biroli Stefanelli, Del cammeo e dell’incisione in pietre dure e tenere nella Roma del XIX secolo, in Arte e artigianato nella Roma del Belli, a cura di L. Biancini- F. Onorati, atti del convegno (Roma, Fondazione Besso, 28 novembre 1997), Roma 1998, pp. 13-24; Eadem, Glittica, medaglistica, oreficeria. Artisti- artigiani per l’Europa, in Maestà di Roma. Da Napoleone all’Unità d’Italia. Universale ed Eterna. Capitale delle Arti, a cura di S. Pinto, con L. Barroero- F. Mazzocca, catalogo della mostra (Roma, Villa Medici, 7 marzo- 29 giugno 2003), Milano 2003, pp. 517-537; Incisori in pietra dura a Piazza di Spagna, a cura di L. Pirzio Biroli Stefanelli con F. Leone, Firenze 2009. []
  5. A. Pinelli, L’ indotto del Grand Tour settecentesco: l’industria dell’antico e del souvenir, in “Ricerche di Storia dell’Arte”, 72, 2000, pp. 85-106; J. Black, Italy and the Grand Tour, New Haven 2003; Roma fuori Roma. L’esportazione dell’arte moderna da Pio VI all’Unità (1775-1870), a cura di G. Capitelli- S. Grandesso- C. Mazzarelli, Roma 2012. []
  6. Cfr. D. Petochi -M. Alfieri- M. G. Branchetti, I mosaici minuti romani de secoli XVIII e XIX, Roma 1981; R. Grieco- A. Gambino, Roman Mosaic. L’arte del micromosaico tra ‘700 e ‘800, Milano 2001; Ricordi in micro mosaico. Vedute e paesaggi per i viaggiatori del Grand Tour, a cura di C. Stefani, catalogo della mostra (Roma, Museo Mario Praz, 16 dicembre 2011- 10 giugno 2012), Roma 2011); P. Venturelli, Italia Icona/ Icona Italia- Tecniche e Maestri, Museo del Gioiello di Vicenza, in corso di pubblicazione. Nel 1866 a Roma risultavano attivi 172 “operai” e 18 “officine di musaico”, con 90 “operai” che “lavorano in casa loro a cottimo, per conto dei rivenditori di via Condotti, ed i più abili guadagnano fino a quattro scudi al giorno”, coadiuvati “nel lavoro da molte donne e ragazzi” (come indicato nella Monografia della città di Roma e della Campagna Romana: presentata all’esposizione Universale di Parigi del 1878, parte seconda, Roma 1878, p. 498). []
  7. H. 2.8 x 6.4 (diametro); l’originale contenitore in pelle e velluto presenta la scritta “C. e E. Tombini, Roma Pz. di Spagna 92”. Nell’edizione del 1858 della guida di John Murray, “Tombini” (via del Babuino 65), definito un “good working jeweler”, è raccomandato “for setting cameo portraits, mosaics, etc.”, cfr. J. Murray, A Handbook to Rome and its environs, London 1858, p. XXVI (identiche le indicazioni nelle edizioni del 1867 e del 1871, cfr. J. Murray, A Handbook of Rome and its environs, London 1867, p. XXVI; J. Murray, A Handbook of Rome and its environs, London 1871, p. XXVII (con indirizzo in “via Babuino” 65); nell’edizione Murray del 1899 “Tombini” è invece segnalato tra i produttori di cammei, “principally on shell” (J. Murray, A Handbook of Rome and the Campagna, London 1899, p. 23, p. 23). L’orefice “Tombini Cesare via del Babuino 64” è citato ne L’indicatore Urbano e Commerciale di Roma, Toma 1870; “Tombini Cesare ad Enrico” (Piazza di Spagna 92), presentano all’ Esposizione romana del 1883 “Una tavola in musaico e tre riproduzioni in marmi colorati di antichi monumenti” (Esposizione di Belle arti in Roma 1883. Catalogo generale ufficiale Roma 1883, pp. 163). Nel modello del bracciale e nel motivo decorativo che inquadra la scritta ROMA, l’esemplare Pennisi si lega a quello in collezione privata svizzera assegnato a “Roma, um 1860-1870” (in A. Im Obersteg- S. Mazzoleni, AMOROMA. Gioielli in micro mosaico da una collezione privata svizzera, Lugano 2015, scheda n. 31, p. 105); cfr. P. Venturelli, Italia Icona/ Icona Italia-…, in corso di pubblicazione. []
  8. H. 2.5 x 6.5 (diametro). La custodia originale in pelle e velluto reca la scritta: “Cav. L. A. Gallandt, Manifacture de Mosaiques /Pz. Di Spagna 7, Roma”. Luigi A. Gallandt (o Gallant) espone alla Great Exibition di Londra del 1851 con il noto Luigi Moglia quadri a mosaico raffiguranti vedute di antichità romane (cfr. A. Gonzales Palacios, The art of mosaics, Selections from the Gilbert Collection, catalogo della mostra, Los Angeles County Museum of Art, 28 aprile- 10 luglio 1977), Los Angeles 1977, cat. n. 87; J. Gabriel, Micromosaics. The Gilbert Collection, London 2000, p. 285, e n. 57 a p. 116; i quadri in mosaico Foro Romano, e Colosseo di Luigi A. Gallandt sono al Victoria and Albert Museum di Londra, Loan-Gilbert 890:1-2008, e LOAN Gilbert 891: 1-2008). Tombini e Gallandt sono ricordati ancora nella guida di Augustus L. C. Hare del 1900 e del 1903 (A. L.C. Hare, Walks in Rome, London 1900, p. 20; ed. London 1903, p. 20), entrambi in Piazza di Spagna, il primo al 74, il secondo al 9. Per la soluzione conferita alle lettere ROMA (entro medaglioni circondati da delicati meandri) il bracciale si lega a quello in collezione privata svizzera (assegnato a “Rom, um 1860-1870), ma in argento (cfr. A. Im Obersteg- S. Mazzoleni, AMOROMA. Gioielli in micro mosaico… 2015, scheda n. 12, p. 86; cfr. P. Venturelli, Italia Icona/ Icona Italia-…, in corso di pubblicazione), con nella parte figurata l’Aurora Rospigliosi di Guido Reni (1613-1614), dipinto assai ammirato dai viaggiatori del Grand Tour e ripetutamente ripreso dagli artisti tra XVIII e XIX secc. (cfr. C. Mazzarelli, ‘Old Master’ da exempla a souvenir: note sulla fortuna dell’Aurora Rospigliosi di Guido Reni tra Settecento e Ottocento in Roma fuori Roma. L’esportazione dell’arte moderna…, 2012, pp. 509-528), che torna pure nel micromosaico del bracciale della collezione Gilbert (C. Gabriel, Micromsaics…2000, cat. 188, p. 252; The Gilbert Collection at the V & A, a cura di T. Schroder, London 2009, p. 78, fig. 61). []
  9. Thieme- Becker, Allegemeines Lexikon der Bildenden Künstler, vol. XXV, Leipzig 1931, p. 390; A. Panzetta, Dizionario degli scultori italiani dell’Ottocento e del primo Novecento, vol. I, Torino 1994, p.195; V. Vicario, Gli scultori italiani dal Neoclassicismo al Liberty, Lodi 1994, p. 748. []
  10. A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani viventi, pittori, scultori, architetti, Firenze 1889, pp. 325-326. []
  11. Per gli artisti attivi a Roma tra Sette e Ottocento, cfr. in generale Maestà di Roma… 2003. []
  12. Le indicazioni di Angelo De Gubernatis trovano riscontro nel catalogo dell’Esposizione del 1883 (vedi qui si seguito alla nota n. 39). []
  13. C. G. Bulgari, Argentieri, gemmari e orafi d’Italia, Roma 1959 vol.1, t. II, pp. 198-199 (a sua volta Giuseppe (che nel 1849 risulta vedovo di Giacinta Sicco), era figlio di Giovanni Battista Neri e Firmina Dalli). Per la guida Murray, cfr. A Bibliography of Murray’s Handbooks for Travellers and Biographies of Autors, Editors, Revisers and Principal Contributors, ed. by W. B. C. Lister, London 1993. []
  14. Mi sono limitata alle sole fonti edite, senza tentare in questa sede di riunire le diverse opere di Paolo Neri. []
  15. Cfr. L. Pirzio Biroli Stefanelli, Glittica, medaglistica, oreficeria… 2003, pp. 517-520. []
  16. E. Keller, Elenco di tutti i pittori, scultori, architetti, miniatori, incisori di gemme e in rame, scultori in metallo e mosaicisti, aggiunti gli scalpellini, pietrai, perlari ed altri artefici, e finalmente i negus d’antichità e di stampe, Roma 1830 (citazioni a p. 5; per il Neri: pp. 105, 108). []
  17. A. Taddei, Manuale di notizie riguardanti le scienze, arti e mestieri della città di Roma per l’anno 1839, Roma 1839, pp. 111-114 (tra gli “Incisori di Camei, Intagli e Conj”, a p.113: “Neri, conchiglia, ritratti, via della Vite numero 101”). []
  18. Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVII e de’ contemporanei, compilata da letterati Italiani di ogni Provincia, e pubblicata per cura del professore Emilio de Tipaldo, vol. IV, Venezia 1837, p. 25, nota 1. Oreste Raggi scrisse Della vita e delle opere di Pietro Tenerani, del suo tempo e della sua scuola nella scultura, Firenze 1860. []
  19. Per lo studio, quale luogo di produzione, esposizione e smercio di opere d’arte, cfr. S. Susinno, Artisti a Roma in età di Restaurazione. Dimore, studi e altro, in Ateliers e case d’artisti nell’Ottocento, atti del seminario (Volpedo, 3-4 giugno 1994), Voghera 1998, pp. 59-70. []
  20. H. Le Grice, Walks through the Studii of the sculptors at Rome, Roma 1841, p. 283 (oltre ai due Neri, sono ricordati altri otto intagliatori). []
  21. Il Mercurio di Roma ossia grande raccolta d’indirizzi e notizie de’ pubblici e privati stabilimenti; dei professori di scienze, lettere, ed arti; de’ commercianti; degli artisti […] Roma 1843, p. 315. []
  22. Oltre a Neri, gli “Engravers of Cameos- Principally on shells” ricordati sono: “Saulini”, Giovanni Dies, “Civilotti”, “Girometti”, “Verge” (J. Murray, A Handbook of Rome and its environs […], London 1858, p. XXII). []
  23. L’ elenco degli “Engravers of cameos, principally on shell” si apre con “Saulini n. 96 via Babuino, now perhaps the first in Rome, and celebrated for his portraits”, anche in “pietra dura” e prosegue con “Neri, N. 10 Piazza di Spagna is also a good artist” (cfr. J. Murray, A Handbook of Rome and its environs […], London 1862, p. XXIV).  La regina Vittoria d’Inghilterra commissiona a Tommaso Saulini (1784-1864) e al figlio Luigi (1819-1883) alcuni cammei raffiguranti lei e il marito, cooptando dal 1865 anche James Ronca (1826-1910); significativi i differenti costi: un cammeo in onice di Saulini costa 282 scudi (tra 184 e 176 sterline), in conchiglia 80 scudi (circa 17 sterline); nel 1865 un cammeo in conchiglia di Ronca è pagato 6 ghinee (sterline 6.6) e un suo onice del 1873 sterline 25.5; peraltro nei successivi 30 anni i prezzi di queste opere non crescono significativamente, infatti nel 1901 “a cameo for first-class badge” è pagato 30.9 sterline (un aumento di 4.4 sterline), un “second –class badge” in onice 298.7 sterline e un cammeo in conchiglia 9.9 sterlin (un aumento di 3.8 sterline), cfr. K. Aschengreen Piacenti- J. Boardman, Ancient and Modern Gems and Jewels in the Collection of her Majesty the Queen, London 2008, pp. 242, 244. []
  24. F. S. Bonfigli, Guide to the Studios in Rome with much supplementary information, Rome 1860, pp. 97-101 (a pp. 98-99: Paolo Neri). []
  25. Cfr. M Picone Petrusa, in M.A. Picone Petrusa – M. R. Pessolano- A Bianco, Le grandi esposizioni in Italia (1861-1911). La competizione culturale con l’Europa e la ricerca dello stile nazionale, Napoli 1988, pp. 78-81. []
  26. Esposizione italiana Agraria, Industriale e Artistica tenuta a Firenze nel 1861. Catalogo Officiale, pubblicato per ordine della Commissione Reale, Firenze 1861, p. 106. []
  27. Esposizione italiana tenuta in Firenze nel 1861, vol. II; Relazione dei giurati, Classi I a XIII, Firenze 1864, p. 359, 360 (n. 33). []
  28. A. Billing, The science of gems, coins, and medals, ancient and modern, London 1867, pp. 10, 78, 123; figura n. 33. []
  29. Esposizione italiana Agraria, Industriale e Artistica… 1861, p. 106. []
  30. “Madame Neri” non figura invece nell’edizione del 1867, quando Paolo -segnalato in via Frattina 13- è vivamente raccomandato (“highly recommended”) quale incisore di “Cameos”, principalmente su conchiglia (J. Murray, A Handbook of Rome and its environs, London 1867, p. XXVI). Nel Libro per tutti, ossia Guida civile artistica commerciale della città di Roma per l’Anno 1866, Roma 1866 ( p. 298), Paolo Neri è registrato tra gli “incisori” in “camei”, in “via Frattina 13”, e quale secutore di cammei “in conchiglia e ritratti” in “via Felice 33”. []
  31. J. Murray, A Handbook of Rome and its environs, London 1869, p. XXVII (J. Murray, ed. 1871, p. XXVII). Allo stesso indirizzo e con le medesime indicazioni in J. Murray, ed. 1872, p. XXVIII,  e J. Murray, ed. 1875, p. 298, figurano: “Neri, 73 via Babuino”, “a first –rate artist for likenesses in cameo, and can be highly recommended”, con “Madame Neri […] also much employed in the execution of this class of art”; “Madame Neri […] also much employed in the execution of this class of art” (nella guida del 1875 i “prices” dei cammei di Paolo risultano identici a quelli che figuravano nella Guida del 1869). []
  32. Per i Castellani, cfr. I Castellani e l’oreficeria archeologica italiana, a cura di A. M. Moretti Sgubini- F. Boitani, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, 11 novembre 2005- 26 febbraio 2006), Roma 2005. []
  33. Per Pio Siotto, cfr. A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani viventi… 1889, pp. 481-82; C. G. Bulgari, Argentieir, gemmari…1959, p. 414. []
  34. Atti del comitato dell’inchiesta industriale (1870-1874). Riassunto delle deposizioni orali e scritte, vol. VI, Firenze 1873, p. 133. Giorgio Antonio Girardet esegue cammei con il ritratto di Vittorio Emanuele II (1874) -pagato L. 1300-, di Umberto I (1884), della regina Margherita (1884) -pagato L. 1500- e del Principe ereditario Vittorio Emanuele (cfr. L. Pirzio Piroli Stefanelli, Cammei per casa Savoia: i ritratti di Giorgio Antonio Girardet, in “Strenna dei Romanisti”, 18 aprile 1997, pp. 509-516). Per Pistrucci, cfr. L. Pirzio Biroli Stefanelli, Pistrucci Benedetto, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 84, Roma 2015 (online). Per  “l’Opera di S. Michele”, cfr. R. Righetti, Incisori antichi di gemme… 1852, pp.72-73; V. Paglia, “La Pietà dei carcerati”. Confraternite e società a Roma nei secoli XVI-XVIII, Roma 1980 (il complesso edilizio è confiscato nel 1871 e affidato al Comune, iniziando una lenta decadenza). Per l’arte dei cammei, il “modellare in piccolo” e la scultura, cfr. P. Venturelli, Splendidissime Gioie. Cammei e cristalli milanesi per le corti d’Europa (XV- XVII secc.), Firenze 2013. []
  35. Per Giorgio Antonio Girardet (1829-1892), cfr.  L. Pirzio Biroli Stefanelli, Girardet Giorgio Antonio, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 56, 2001 online). La Piccola guida tascabile artistico- commerciale di Roma nuovo vade- mecum indispensabile per visitare l’Eterna Città ora capitale d’Italia compilata dal professore Colombetti di Torino, Roma 1870-1871, segnala tra gli indirizzi relativi ai “Negozianti di Camei e di Mosaici su pietra dura e su conchiglia”, sistemati “in gran numero specialmente sulla Piazza di Spagna” e “in via della Croce e via Condotti”, “Neri Via Babuino 73, “Tignani”, “Saulini, Peterson” e quale incisore “di pietre dure” unicamente “Girardet Giorgio, vicolo dei Vantaggio”; quali “Incisori in Camei risultano Carlo Civilotti, Gaetano Giannetti, Paolo Neri (via Frattina 13), Bartolomeo Rinaldi, Luigi Rossi, Luigi Saulini, Pio Siotto e “Vergè”. []
  36. L. Pirzio Biroli Stefanelli, Le opere di Thorvaldsen nella glittica romana dell’Ottocento, in Thorvaldsen, L’ambiente L’influsso Il mito, a cura di P. Kragelund – M. Nykjaer, Roma 1991, pp. 91-100. []
  37. Monografia della città di Roma e della Campagna Romana: presentata all’esposizione Universale di Parigi del 1878, parte seconda, Roma 1878, pp. 499-411: cap. IX “Gemme incise. Camei. Paste”, a p. 411 la citazione. []
  38. Per esempio, nella prima edizione (1871), delle Walks in Rome di Augustus John Culbert Hare (vol. I, p. 3), troviamo Neri (via Babuino 72) e “Saulini” per “cameos”; in quella del 1890 tra i “Roman Shops”, per i “Cameos” figurano solo Saulini in via Babuino 96 e Neri al 133 della medesima via (A. J. C. Hare, Walks in Rome, London 1890, p. 23) in quella del 1897 risultano “Ciapponi (portraits)”, Saulini e Neri al medesimo indirizzo della precedente edizione e “Galant”, nominativi riproposti nell’edizione del 1899 (la sedicesima) e del 1900, mentre nell’edizione del 1904 figurano solo Saulini e Neri e nel 1913 ritornano Ciapponi, Saulini, Neri, Galant (A. J. C. Hare, Walks in Rome, London 1897, I vol. p. 19; A. J. C. Hare, Walks in Rome, 1899, vol. 1, p. 19; A. J. C. Hare, Walks in Rome, London 1900, vol. 1, pag. 20; A. J. C. Hare, Walks in Rome, London 1904, p. 23; A. J. C Hare, Walks in Rome, London 1913, p. 22), Nell’edizione (la sedicesima) della guida di Murray del 1899, per “Cameos, principally on shell” è segnalato Saulini, seguito da “Neri” (in Piazza di Spagna 60), Verge, Raimondo de Estrada, F. Ciapponi, De Felici, Tombini; in quella del 1913 risulta attivo Saulini (J. Murray, A Handbook of Rome and the Campagna, London 1899, p. 23: “Cameos “ Principally” in conchiglia; Murray 1913 p. XXIV). []
  39. Nove cammei, “quadri in musaico” (“Colosseo”, “Ponte Lucano a Tivoli”, “Acquedotto di Alessandro severo), una “Tavola in musaico con emblemi musicali”, realizzazioni in marmo (“L’autunno”, “L’inverno”, “Primavera”, un’altra “Primavera”: un errore da sostituirsi con Autunno?), nonché a “Tre piatti maiolica a gran fuoco ed un medaglione di terra cotta” (cfr. Esposizione di Belle Arti in Roma 1883. Catalogo generale ufficiale, Roma 1883, pp. 102-104, nn. 8,10, 34, 36; p. 159, 161, 163 (l’indirizzo di Paolo Neri indicato è via Babuino 133-134). []
  40. Arte ceramica e vetraria: catalogo delle opere esposte, preceduto da notizie e documenti sulla ceramica italiana, a cura di R. Erculei, Museo Artistico Industriale, Roma 1889, pp. 254, 258. []
  41. Cfr. M. Dickmann de Petra- F. Barberini, Tommaso e Luigi Saulini…2006. []
  42. M. Dickmann de Petra- F. Barberini, Tommaso e Luigi Saulini…2006, p. 22. []
  43. Official Catalogue of the Great Exibition of the Works of Industry of all Nations, London 1851, p. 189; Elenco generale ragionato di tutti gli oggetti spediti dal Governo pontificio alla Esposizione universale di Parigi nell’anno 1867 per mezzo del Ministero del Commercio, Belle arti, Industria, Agricoltura e Lavori pubblici, Roma 1867, p. 87, pp. 92-93: “1. Onice orientale di rara grandezza (m. 0.10.0. per m. 0.7.8) rappresentante il busto di Giove Tonante inciso dal cav. Tommaso Saulini”. []
  44. Cfr . M. Dickmann de Petra- F. Barberini, Tommaso e Luigi Saulini… 2006, scheda 3, pp. 75-76. []
  45. Incisori in pietra dura a piazza di Spagna…2009, senza indicazione delle pp. []
  46. Cfr. M. Dickmann de Petra- F. Barberini, Tommaso e Luigi Saulini…2006, scheda 19, p. 81. []
  47. M. Dickmann de Petra- F. Barberini, Tommaso e Luigi Saulini…2006, scheda 80, p. 98. []