Lucia Ajello

“Sculture preziose – Oreficeria sacra nel Lazio dal XIII al XVIII secolo”, una nuova tappa per gli studi sugli argenti sacri del Lazio

Gallery | Fig. 1 | Fig. 2 | Fig. 3 | Fig. 4 | Fig. 5 |

Tra il 30 marzo e il 30 giugno 2015 è stata allestita nel Braccio di Carlo Magno, per volontà del Direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci, la mostra “Sculture preziose Oreficeria sacra nel Lazio dal XIII al XVIII secolo” curata da Anna Imponente e Benedetta Montevecchi.

Protagoniste della mostra sono oltre cento opere di oreficeria sacra, reliquari, croci e altre suppellettili sacre, conservate tra le pareti, in sacrestia o utilizzate per le celebrazioni liturgiche di chiese, istituti religiosi  e  raccolte diocesane  di abbazie afferenti al territorio laziale.

Sculture in argento, rame dorato e bronzo poco note, talvolta inedite, che oggi brillano di nuova luce grazie alla lunga attività di ricerca svolta all’interno della Soprintendenza per i Beni Storico-Artistici e Etno-antropologici del Lazio in sinergia con gli Uffici dei Beni Culturali delle diocesi laziali.

L’esame diretto di ogni singola opera consente di ammirare accanto ai punzoni degli argentieri più noti quelli di artefici inediti, scoprire storie legate alla committenza e rivivere  le feste patronali.

Le opere realizzate in materiale prezioso  in un arco temporale che va dal XIII al XVIII secolo testimoniano il rapporto osmotico  tra le diverse arti, così come denuncia lo stesso titolo dell’esposizione. “Le sculture preziose”  traducono in argento, bronzo e rame dorato  stilemi dal gotico alle tarde declinazioni  rococò.

All’inizio del percorso espositivo lo spettatore, accolto dalla statua equestre di S. Ambrogio Martire del noto argentiere Fantino Taglietti,  può leggere la mappa dei diversi centri in cui sono conservate le opere, scoprendo in tal modo il Museo Diffuso dei Luoghi del sacro del territorio del Lazio. Si richiama così l’attenzione non solo ai “contenuti” ma anche ai “contenitori”:  luoghi inesplorati, poco noti al turismo di massa, che custodiscono al loro interno le preziose sculture in mostra.

Croci astili, stauroteche, acquasantiere e altri manufatti sacri sono illustrati in cartelloni esplicativi consentendo ad un pubblico eterogeneo di conoscere terminologia,  funzioni e storia di ogni singola opera esposta. Ulteriori pannelli  indagano le diverse tecniche di lavorazione del metallo prezioso.

Teche trasparenti in vetro invitano lo spettatore ad ammirare le opere lungo un percorso precostituito che predilige un ordine cronologico e, allo stesso tempo, tipologico.  Le foto e i video apposti alle pareti evocano e documentano scene di processione in cui lo spettatore può riconoscere alcuni dei manufatti presenti in mostra;  diversi busti reliquari raccontano attraverso la pregevolezza dei loro materiali la fede e il martirio subito dai Santi scolpiti. La documentazione fotografica e video non solo, quindi, supporta la conoscenza dei manufatti ma emoziona il pubblico che può osservare  le opere esposte con grande coinvolgimento.

“Sculture preziose Oreficeria sacra nel Lazio dal XIII al XVIII secolo”  dà prova  di superare i cliché legati a mostre con finalità prettamente scientifiche, apprezzate dagli  studiosi ma  poco suggestive per un pubblico più ampio e, allo stesso tempo, non sottostà alle regole rigide di puro entertainment per cui in nome di una presunta maggiore attrazione del pubblico, la ricerca diventa  “ancilla” della divulgazione.

I due volumi presentati in occasione dell’esposizione palesano quindi questa volontà : una guida breve edita da Edizioni Musei Vaticani si rivela uno strumento utilissimo ed indispensabile per una visita alla mostra grazie alle schede dei singoli manufatti e un catalogo, edito Gangemi, dà modo di approfondire diversi temi scaturiti dalle linee di ricerca basate sullo spoglio della documentazione d’archivio e su un  rigoroso lavoro di revisione e selezione critica dei materiali.

Le indagini investigative relative a ogni singolo manufatto in  relazione al  territorio  hanno fatto emergere la presenza di artefici forestieri e la loro relativa influenza nelle diverse aree del Lazio: il ruolo degli argentieri senesi nella zona di Viterbo tra Medioevo e Rinascimento, le presenze abruzzesi e ascolane in Sabina, in età barocca l’influenza degli orafi napoletani nel Lazio meridionale, infine, nel Settecento  l’assoluto protagonismo dei più rinomati argentieri romani da Arrighi a Vendetti.

La mostra e i relativi cataloghi hanno dunque dato un nuovo stimolante input agli studi sull’oreficeria laziale ponendosi idealmente in naturale  prosecuzione con la fondamentale esposizione “Tesori d’arte sacra di Roma e del Lazio dal Medioevo all’Ottocento” del 1975. Restituendo, dunque, un nuovo importante  tassello alla scoperta degli argenti sacri laziali.