Roberta Cruciata

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“Maria-nuova Eva”: un’insolita iconografia per un’Immacolata Concezione alabastrina del XVIII secolo

DOI: 10.7431/RIV12032015

L’inedita Immacolata Concezione in alabastro dorato e dipinto individuata in una collezione privata dell’isola di Malta (Fig. 1)1 ha offerto alcuni spunti di riflessione circa la particolare iconografia mariana raffigurata, quand’anche non evidenzi spiccate qualità esecutive. Si tratta, possibilmente, di un’opera devozionale destinata al culto privato che pare rifarsi piuttosto a un preciso aulico modello. Un sottile e dotto disegno teologico, non a caso, pervade l’iconografia riproposta dall’opera.

Essa si articola secondo uno schema bipartito che contrappone due ordini, in alto quello celeste e in basso quello terrestre. L’impianto della scultura alabastrina non potrebbe essere di più studiata semplicità, con il chiaro obiettivo di suscitare nell’osservatore sensazioni di calma contemplazione.

La figura dell’Immacolata sulla falce lunare ricalca fedelmente quanto codificato nel 1649 dal celebre pittore spagnolo Francisco Pacheco del Rio (1564-1644) con il suo trattato Arte de la Pintura, su antigüedad y grandeza2, a sua volta ispirato alla celebre Donna dell’Apocalisse (12, 1), secondo l’interpretazione di San Bonaventura, «vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle». La Vergine, giovane e bella, con i capelli sciolti e l’iconica espressione di rapimento estatico, è raffigurata nella classica postura in piedi, con le mani incrociate sul petto e il corpo sinuoso ricoperto dalla morbida veste animata dal panneggio e dalle pieghe del mantello. Il senso di movimento, allusivo alla presenza dello Spirito Santo, è accresciuto dallo squilibro tra i due arti inferiori, il sinistro piegato e portato indietro, e il destro sulla mezzaluna crescente, simbolo di castità già appartenuto a Diana/Artemide, a reggere la composizione. Completa il tutto un’aureola d’argento con dodici stelle, che potrebbe anche non essere l’originale (Fig. 2).

La soluzione figurativa adottata sembra guardare alla lezione pittorica dello “Spagnoletto”, al secolo Jusepe de Ribera (1591-1652), basti pensare all’Immacolata Concezione che si trova al convento de las Agustinas Recoletas de Monterrey a Salamanca (1635) o alle due custodite al Museo Nacional del Prado di Madrid3, e in generale alla pittura spagnola ben nota alla Napoli ancora asburgica di fine Seicento. Stringenti appaiono anche le similitudini iconografiche e compositive con l’Immacolata Concezione (1678), detta de los Venerables o Immacolata Soult, di Bartolomé Esteban Murillo (1618-1682) oggi al Museo del Prado della capitale spagnola4, e con un’opera d’arte decorativa che pare da essa strettamente derivata, l’Immacolata in avorio oggi al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze5 riferita all’artista Claude Beissonat, attivo a Napoli nell’ultimo quarto del XVII secolo (Fig. 3). Non a caso pare verosimile riferire il manufatto rinvenuto a Malta proprio ad ambito napoletano.

La base dell’opera, invece, è costituita dal cosiddetto “albero della conoscenza del bene e del male” al quale è avvinghiato il serpente, mentre ai due lati stanno seduti rispettivamente Adamo ed Eva, quest’ultima con il frutto dell’albero proibito in mano, colti nel momento in cui si rendono conto di essere nudi, sconfitti, indegni della fiducia che Dio aveva riposto in loro (Fig. 4). Identica iconografia, animata da un dramma interiore e da una forza espressiva ben diversi, si ritrova alla base del fonte battesimale ottagonale della cattedrale di Palermo, opera marmorea del 1801 degli scultori palermitani Filippo e Gaetano Pennino, padre e figlio (Fig. 5), voluta dal «Ciantro  di questa Cattedrale, e Maestro Cappellano Monsignor D. Girolomo Paternò, dei Marchesi Sessa, di cui nelle basi delle due scalinate, per le quali si ascende al fonte, se ne vedono e il picciolo medaglione, e le armi,  e vi si legge questa iscrizione: Hieronymus Paternò Cantor et Magister Cappellanus aere suo faciendum testamento decrevit, Joannes Baptista frater M.R.C. Praeses hujus Ecclesiae amantissimus posuit anno 1801»6. In questo caso, però, è il serpente ingannatore ad avere in bocca la mela.

Nell’ambito delle arti decorative siciliane, tra i diversi manufatti tessili con il  medesimo soggetto, si segnala un paliotto della seconda metà del XVIII secolo parte della collezione di paramenti liturgici dell’Abbazia di San Martino delle Scale (Palermo), decorato centralmente dall’“albero della conoscenza” al cui fusto sta avvolto il serpente, mentre altre serpi sembrano emergere dalle sue radici7. Il paliotto fa parte della serie di quindici ricamati tra il 1770 e il 1790 da Antonio Barone e Costantino Catanese8.

L’anonimo artista autore della scultura di collezione privata maltese opera, pertanto, una fusione tra il citato passo dell’Apocalisse (12,1) in cui si introduce la figura della Donna vestita di sole («Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle»), e quello della Genesi (3,15) in cui Maria nella veste di novella Eva trionfa sul serpente («Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno»). In linea con quanto già affermato dai Padri della Chiesa fin dal II sec. d.C., l’intero manufatto contrappone la Vergine “Maria-nuova Eva”, immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, o ancora, per parafrasare il noto Salmo (66 (67),7), “il frutto della terra”, il virgulto dal quale deriva l’albero della redenzione e dei redenti, all’albero del peccato. Si vuole affermare con forza il dogma dell’Immacolata Concezione, e quindi l’assoluta innocenza spirituale della Vergine, la sua incorruttibile moralità, il suo amore incondizionato e la granitica fedeltà verso il Creatore, ma non solo. Nello stesso tempo viene sottolineato il ruolo salvifico svolto dalla Vergine in favore dell’umanità intera, privata della redenzione per l’errore commesso dalla progenitrice. Maria è la riparatrice del peccato, colei che recupera l’integrità primitiva del genere umano.

L’opera in virtù delle caratteristiche iconografiche e stilistiche descritte pare accostabile a produzione di maestranze dell’Italia meridionale, possibilmente napoletane, di inizio Settecento. Si tratta di una testimonianza del successo e del perdurare della variante iconografica di “Maria-nuova Eva” nel corso dei secoli, e al contempo della sua trasversalità all’interno delle varie arti figurative.

Anche se, com’è noto, il dogma dell’Immacolata Concezione sarebbe stato proclamato soltanto l’8 dicembre 1854 da Papa Pio IX (1846-1870) con la bolla Ineffabilis Deus9, infatti, nel corso dei secoli l’idea di Maria concepita senza peccato si era progressivamente imposta alla pietà, alla liturgia, alla teologia e, naturalmente, anche all’arte sacra di tutta Europa. In Italia durante il Rinascimento l’Immacolata Concezione venne non di rado presentata come la contropartita e il riscatto del peccato originale. Basti pensare a un olio su tavola di Luca (1445 ca-1523) e del nipote Francesco Signorelli (1490/1495-1553), l’Immacolata Concezione e profeti (1521-1523) custodita al Museo Diocesano di Cortona10, opera in cui la Vergine è sospesa tra terra e cielo circondata da cherubini e da una pioggia di rose e gigli, con i piedi su quattro teste di cherubini incombenti sulla chioma dell’“albero della conoscenza del bene e del male”, ai piedi del quale Adamo ed Eva commettono il peccato originale (Fig. 6). L’opera fu dipinta per l’altare laterale destro della chiesa del Gesù della cittadina della Val di Chiana aretina su commissione della confraternita del Gesù.

Ma sarebbe stato Giorgio Vasari (1511-1574) «a sviluppare, per sua esplicita ammissione con l’aiuto di amici letterati, il tema della discendenza di Maria da Eva, riprendendo e ampliando quanto era stato accennato dai Signorelli e dal Sogliani11 con l’inserimento della figura di Adamo, dando vita a una composizione icasticamente assai d’impatto, che diverrà prototipo cogente fino alla fine del secolo, in tutta la Toscana culturalmente dipendente dalla dominazione fiorentina, per ogni altra raffigurazione sul tema dell’Immacolata; e, contenuto anche più rilevante, spostando definitivamente l’accento sul ruolo della Vergine, ruolo che è però concettualmente posteriore e secondario rispetto al concepimento immacolato, ovvero alla grazia concessa unicamente a Lei fin dal primo istante della sua esistenza»12. Si tratta dell’Allegoria dell’Immacolata Concezione (1540), un olio su tavola che si trova alla Galleria degli Uffizi di Firenze, già proveniente dalla cappella Altoviti della chiesa dei SS. Apostoli dello stesso capoluogo toscano, commissionata dal banchiere fiorentino trapiantato a Roma Bindo Altoviti13 (Fig. 7). Il Vasari, a testimonianza dell’importanza e della fortuna riscossa dall’opera, la replicò almeno altre quattro volte. Una di dette varianti, datata 1543, si trova al Museo Nazionale di Villa Guinigi a Lucca, e fu voluta dal mercante lucchese Biagio di Onofrio Mei per la sua cappella nella chiesa carmelitana di San Pier Cigoli della stessa città toscana14.

Nell’area fiorentina il modello vasariano avrebbe esercitato una vera e propria egemonia figurativa almeno fino al terzo decennio del XVII secolo15. Ma esso non fu determinante solo per quel territorio. Secondo Vincenzo Abbate nell’arte siciliana la variante iconografica di “Maria-Nuova Eva” si sviluppò proprio a partire dal celebre schema salvifico del pittore aretino16. Il successo della pala, grazie alle sue valenze contenutistiche, soprattutto nel clima della Controriforma, fu garantito anche dalla diffusione che le assicurò la stampa edita a fine Cinquecento dall’incisore francese attivo a Roma Philippe Thomassin (1562-1622)17. Essa dovette circolare ben presto anche in Sicilia, se nel 1623 ne ritroviamo un’eco nell’Allegoria dell’Immacolata Concezione di Pietro Alvino (1590 ca.-1626) destinata all’altare maggiore della chiesa di Santa Maria La Nova a Palermo (Fig. 8)18.

L’Immacolata fu uno dei soggetti privilegiati nelle preziose creazioni in corallo, avorio o alabastro dei maestri trapanesi, soprattutto tra la seconda metà del Seicento e la fine del Settecento19, ma nelle opere finora note non è dato riscontrare la variazione sul tema di cui si è discusso20.  In esse la rappresentazione della Vergine secondo modelli secenteschi spagnoli, in piedi, con lo sguardo rivolto verso l’alto, le mani raccolte al petto e il corpo proteso in avanti, i piedi sulla falce lunare rovesciata sotto alla quale stava il drago, invece, fu largamente utilizzata. In tali manufatti molto spesso compare una conchiglia alla base, chiaro rimando alla verginità della Madonna. Un’interessante eccezione è rappresentata da una scultura in marmo alabastrino riferita a maestro trapanese (Andrea o Alberto Tipa?) della prima metà del XVIII secolo, alto esempio della produzione tardo barocca dell’Isola, recentemente presente a un’asta milanese21. L’Immacolata si erge su una raffinata base scolpita e traforata dalla complessa iconografia che, tra avvolgenti volute fogliacee, presenta il serpente con la mela tra le fauci avvinghiato sotto i piedi della Vergine. Lateralmente stanno due pellicani, emblemi della carità cristiana, abbracciati da due angioletti, mentre al centro vi è l’episodio biblico di Giuditta che mozza la testa ad Oloferne.

Talune opere seicentesche e settecentesche in alabastro raffiguranti l’Immacolata Concezione provenienti dalla cittadina falcata sono state individuate anche a Malta, composizioni di piccolo formato molto ambite dai collezionisti dell’epoca, sia religiosi che aristocratici, per la devozione privata22. Si tratta di ulteriori attestazioni della contiguità storica e artistico-culturale tra i due territori, che, per quanto concerne le arti decorative, e in particolare le sculture alabastrine, è ampiamente testimoniata dal fenomeno delle cosiddette copie della Madonna di Trapani sviluppatosi a partire dal XVII secolo, come conseguenza della diffusione del culto per la Patrona di Trapani in tutto il bacino mediterraneo23.

Referenze fotografiche

Fig. 1: foto di Peter Bartolo Parnis.

Fig. 3: foto tratta da Diafane passioni. avori barocchi dalle corti europee, catalogo della mostra, a cura di E.D. Schmidt, M. Sframeli, Livorno 2013.

Fig. 5: foto tratta da Mirabile Artificio 2. Lungo le vie del legno, del marmo e dello stucco. Scultori e modellatori in Sicilia dal XV al XIX secolo, a cura di M. Guttilla, Palermo 2010.

Figg. 6 e 7: foto tratta da Una donna vestita di sole. L’Immacolata Concezione delle opere dei grandi maestri, catalogo della mostra  a cura di G. Morello, V. Francia, R. Fusco, Milano 2005.

Fig. 8: foto tratta da Bella come la luna, pura come il sole. L’Immacolata nell’arte in Sicilia, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, M. Vitella, Palermo 2004.

  1. Ringrazio il Rev. Dr Edgar Vella per l’affettuosa disponibilità. []
  2. F. Pacheco, Arte de la Pintura, a cura di B. Bassegoda i Hugas, Madrid III. ed. 2009. []
  3. Per la figura e l’opera di Ribera cfr. F. Benito Doménech, Ribera. 1591-1652, Madrid 1991; Ribera (1591-1652), cat. exp., Madrid 1992; A.E. Pérez Sánchez, Ribera, Madrid 1994; M. Scholz-Hänsel, Jusepe de Ribera, Londra 2000; N. Spinosa, Ribera. Su obra completa, Madrid 2008. []
  4. Per l’opera (n. d’inventario P02809) cfr. la scheda sul sito del Museo del Prado (https://www.museodelprado.es/en/the-collection/online-gallery/on-line-gallery/obra/the-immaculate-conception-of-the-venerable-ones-or-of-soult/?no_cache=1). []
  5. E.D. Schmidt, Scheda 111., in Diafane Passioni. Avori barocchi dalle corti europee, catalogo della mostra, a cura di E.D. Schmidt, M. Sframeli, Livorno 2013, pp. 304-307. []
  6. G. Palermo, Guida istruttiva per potersi conoscere con facilità tanto dal siciliano, che dal forestiere Tutte le magnificenze, e gli oggetti degni di osservazione della Città di Palermo Capitale di questa parte de’ R. Dominj, Palermo 1816, p. 286. Per Filippo e Gaetano Pennino cfr. S. Terzo, Pennino Filippo, e Eadem, Pennino Gaetano, in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani. Scultura, III, a cura di B. Patera, Palermo 1994, pp. 258-259. []
  7. R. Civiletto, M. Vitella, Scheda 27, in L’eredità di Angelo Sinisio. L’Abbazia di San Martino delle Scale dal XIV al XX secolo, catalogo della mostra, a cura di M.C. Di Natale, F. Messina Cicchetti, Palermo 1997, pp. 226-227. Ringrazio Rosalia Francesca Margiotta per la segnalazione. []
  8. Ibidem. Per Antonio Barone e Costantino Catanese cfr. M.C. Ruggieri Tricoli, B. De Marco Spata, Barone Antonio, e E. D’Amico, Catanese Costantino, in Arti Decorative in Sicilia. Dizionario biografico, a cura di M.C. Di Natale, 2 voll., Palermo 2014, vol. I, pp. 40 e  123. []
  9. Per la storia del dogma dell’Immacolata Concezione, cfr. Virgo immaculata. Acta congressus mariologici-mariani, Romae anno MCMLIV celebrati, 21 voll., Roma 1955. Cfr. anche M.S. Cecchin, L’Immacolata Concezione. Breve storia del dogma, Città del Vaticano 2003. []
  10. Per l’opera cfr. G. de Simone, Scheda 26, in Una donna vestita di sole. L’Immacolata Concezione nelle opere dei grandi maestri, catalogo della mostra, a cura di G. Morello, V. Francia, R. Fusco, Milano 2005, pp. 158-163, che riporta la bibliografia completa. []
  11. Il riferimento è all’opera Disputa sull’Immacolata Concezione (terzo decennio del XVI secolo) che si trova a Firenze, presso le Gallerie dell’Accademia. []
  12. B. Moreschini, Committenza ed evoluzione iconografica dell’Immacolata Concezione nella Toscana del XVI secolo: una panoramica e qualche caso, in Una donna vestita di sole…, 2005, p. 54. []
  13. B. Moreschini, Scheda 36, in Una donna vestita di sole…, 2005, pp. 182-183, che riporta la bibliografia precedente. []
  14. B. Moreschini, Committenza ed evoluzione iconografica …, e Scheda 36, in Una donna vestita di sole…, 2005, pp. 55 e 182. []
  15. B. Moreschini, Committenza ed evoluzione iconografica …, in Una donna vestita di sole…, 2005, pp. 56-59. []
  16. V. Abbate, “Ad aliquid sanctum significandum”. Immagine della Purissima Reina tra Cinque e Seicento, in Bella come la luna, pura come il sole. L’Immacolata nell’arte in Sicilia, a cura di M.C. Di Natale, M. Vitella, Palermo 2004, pp. 35-36. []
  17. V. Abbate, “Ad aliquid sanctum…, in Bella come la luna …, 2004, p. 36. []
  18. Ìbidem. []
  19. Per l’argomento, cfr. M.C. Di Natale, Iconografia mariana, in Materiali preziosi dalla terra e dal mare nell’arte trapanese e della Sicilia occidentale tra il XVIII e il XIX secolo, catalogo della mostra, a cura di M.C. Di Natale, Palermo 2003, pp. 125-126. Cfr. anche Eadem, L’Immacolata nelle arti decorative in Sicilia, in Bella come la luna…, 2004, pp. 61-107, in part. 94-103, e Eadem, L’Immacolata: arte e devozione in Sicilia, in La Sicilia e l’Immacolata. Non solo 150 anni, atti del Convegno di studio, a cura di D. Ciccarelli e M.D. Valenza, Palermo 2006, pp. 201-217. []
  20. Cfr. G. Ingaglio, Schede II.1-II.3, II.7, II.10, II.13-II.19; G. Travagliato, Scheda II.4; C. Bajamonte, Schede II.5-II.6; M.C. Di Natale, Schede II.8-II.9; G. Bongiovanni, Scheda II.11; S. La Barbera, Scheda II.12; R. Cinà, Scheda II.20, in Materiali preziosi…, 2004, pp. 127-140; R. Vadalà, Catalogo delle opere, in Bella come la luna, pura come il sole…, 2004, pp. 61-107, in part. 165, 171-174, 177-178. Cfr. anche S. Anselmo, L’Immacolata nell’arte decorativa madonita, in La Sicilia e l’Immacolata…, 2006, pp. 17-18. []
  21. Cfr. Fine Art selection, Cambi Casa d’Aste, Milano 18 novembre 2014, pp. 96-97 (https://issuu.com/thetis/docs/255_0215). []
  22. Per l’argomento cfr. R. Cruciata, Arti decorative tra Sicilia e Malta. Artisti e capolavori siciliani nella terra dei Cavalieri. 1565-1798, in c.d.s. []
  23. Cfr. R. Cruciata, Devozione per la Madonna di Trapani a Malta tra Sei e Settecento: la statua del convento di Santa Maria di Gesù di Valletta e altre opere siciliane, in Scientia et Religio. Studies in memory of Fr George Aquilina OFM (1939-2012). Scholar, Archivist and Franciscan Friar, a cura di M.J. Azzopardi, Malta 2014, pp. 275-293, e Eadem, Arti decorative tra Sicilia e Malta …, in c.d.s. []