Un panorama veneziano di Costantinopoli: mappare la città
DOI: 10.7431/RIV09062014
Gli ultimi tre decenni hanno riportato un significativo incremento degli studi storici, nei quali i panorami di città vengono appresi non solo come meri specchi della realtà, ma piuttosto come raffinate opere d’arte e fonti multivalenti per gli storici. La maggior parte di questi panorami non ha svolto funzioni esclusivamente estetiche e artistiche, ma è stata anche valida ai fini politici e utilitari. Creare un panorama poteva diventare occasione per mettere in mostra la creatività artistica, realizzando così un’opera di arte decorativa, da esporre sia appesa a una parete che come pezzo da collezione. I panorami del Seicento venivano incorniciati da colonne intagliate e da sensuali immagini barocche e rococò: cherubini, frutta pendente, mitiche immagini femminili, muscolosi e eroici uomini, cavalli selvaggi. Durante il XVII secolo, i panorami venivano usati come schermi di proiezione nella formazione di stati sociali e processori, trasmettitori di immagini simboliche e complesse allegorie.1
Questo testo vuole analizzare un particolare caso di studio, un ampio panorama del Seicento di Costantinopoli (258 x 612 cm), disegnato dal frate francescano di origini veneziane Niccolò Guidalotto da Mondavio (fig. 1).2 E’ stato trovato inizialmente nell’archivio Chigi di Roma ed è attualmente esposto nel Museo d’Arte di Tel Aviv.3 Guidalotto ha redatto un copioso manoscritto, conservato nella Biblioteca Vaticana, che riporta il significato del panorama e la motivazione alla base della sua creazione (fig. 2).4 Il panorama rappresenta Istanbul vista dal Corno d’Oro di Galata, mentre una nuova luce si stende sulla città. Fatta eccezione per qualche sintetica ricerca riportata in pochi inventari di museo e qualche breve articolo, il panorama non è mai stato studiato nel dettaglio.5
Penna e inchiostro su carta di lino, il panorama di Costantinopoli mostra la città sospesa tra distese di cielo e acqua, ambedue popolate da una schiera di angeli e tritoni, che sputano testi apocalittici (fig. 3). Nel suo manoscritto, Guidalotto riferisce che la sua intenzione, durante la creazione del panorama, era quella di ricordare alle persone le meraviglie di Costantinopoli e di coltivare la nostalgia attraverso la sua immagine della città, sospendendola tra il cielo e la terra, versione di un paradiso terrestre, circondata da grida infernali e di dannazione. L’iconografia, complessa e varia, viene spiegata nel manoscritto di Guidalotto, che ha fatto probabilmente da schema per il dipinto.
I panorami delle città nel periodo dell’Età Moderna, erano al limite tra l’arte e la cartografia, unendo temi artistici e scientifici. Era questo un genere interdisciplinare, dove si combinava la decorazione con l’accuratezza scientifica, dove si impiegava un singolare linguaggio visivo degno dell’attenzione degli storici dell’arte. Nella cultura rinascimentale, importanti rami dell’arte e della cartografia avevano radici in un suolo comune. Mentre nel Quattro e Cinquecento le mappe erano usate come mosaici pavimentali, affreschi o grandi pitture da parete, nel Seicento diventavano spesso oggetto da collezione e venivano appesi alla parete come un ulteriore genere di pittura di paesaggio. Durante il medioevo la cartografia era percepita come una forma d’arte decorativa appartenente all’informale, prescientifica fase della cartografia, tendente verso l’estro e l’artisticità, piuttosto che verso il sapere geografico e le capacità cartografiche. A partire dal Quattrocento in poi, le mappe esteticamente piacevoli hanno manifestato una fusione fra arte e scienza. La riscoperta, all’epoca, di Tolomeo ha avuto un impatto indispensabile sulla cartografia rinascimentale, mentre gli sviluppi nell’ambito dell’ottica e della matematica hanno avuto un’influenza fondamentale nel contributo alla crescente accuratezza delle mappe.6
Molti cartografi rinascimentali erano pittori ingaggiati per dipingere e decorare mappe. Famosi pittori come Leonardo da Vinci, Albrecht Dürer e Jacopo de’ Barbari, offrirono le proprie mani alla produzione di mappe e il genere fu particolarmente popolare nella tradizione fiamminga.7 In seguito, la pittura italiana del Seicento si arricchì di una serie di panorami fantastici, creati da un punto di vista immaginario. La tecnologia rinascimentale ha contribuito ulteriormente all’artisticità in cartografia, visto che i legnaioli, gli incisori e i stampatori, che una volta erano stati artisti pittorici, dirottavano le loro energie verso l’incisione della cartografia, dove Venezia e Anversa facevano da centri importanti nella pubblicazione e produzione di mappe. Tuttavia i panorami dipinti ancora esprimevano questioni di potere e politica. Per Denis Cosgrove “la mappatura in generale implica una serie di scelte, omissioni, incertezze e intenzioni”.8 Secondo John Brian Harley “Attraverso il processo cartografico il potere viene imposto, rinforzato, riprodotto e stereotipato”9.
Il cartografo ha sempre avuto un ruolo retorico nella configurazione del potere nella società, ma ha fatto anche da registratore delle sue manifestazioni nel paesaggio visibile. Probabilmente più di ogni altra forma pittorica, i panorami alterano, omettono e esagerano nella presentazione dei paesaggi urbani dove si è voluto rappresentare un certo tipo di agenda politica.
La città di Costantinopoli, è stata per lungo tempo soggetto dei panorami eseguiti da artisti, cartografi e topografi. Molti dei loro lavori hanno questo come titolo. I più antichi disegni topografici hanno preceduto le mappe secondo una definizione moderna, anche se erano principalmente basati su rilevamenti o numerosi disegni ridotti a una (relativa) consistente prospettiva, poiché è chiaramente impossibile che siano stati prodotti da un qualsiasi reale punto di vista, diversamente dai moderni panorami in fotografia10. Tra i più importanti esempi di questo tipo di opere, vi è il panorama di Costantinopoli creato da Melchior Lorichs (1559), dipinto dal Corno d’Oro di Galata, lo stesso belvedere scelto da Guidalotto. Questo sarebbe diventato il punto di vista preferito dagli artisti in seguito, come nell’anonimo famoso panorama di Costantinopoli del Settecento, esposto a Parigi e Vienna11. I panorami dell’Età Moderna di Costantinopoli/Istanbul riflettono una grande accuratezza nelle raffigurazioni cartografiche assieme al messaggio simbolico. L’omissione di certi dettagli dei monumenti cristiani o musulmani, mostra il panorama come una costruzione culturale e rileva in quale modo la città sia stata assoggettata sia dai cristiani che dagli ottomani. Negli esempi di epoca ottomana, del tardo Cinquecento, Costantinopoli è rappresentata in modo più neutrale e realistico; le memorie di Bisanzio sono svanite e i monumenti musulmani sono diventati il punto focale. In un certo modo, i panorami veneziani hanno rappresentato una risposta cristiana alla focalizzazione islamica, sottolineando quindi il patrimonio bizantino della città. I caratteri cartografici e artistici del panorama sono un tratto distintivo di questo studio, ove il panorama viene considerato una creazione interdisciplinare, che incorpora uno straordinario linguaggio visivo, meritevole dell’attenzione degli studiosi. E’ mia intenzione esaminare il visivo in termini di significato culturale, pratiche sociali relazioni di potere, nelle quali è iscritto. Propongo di esaminare le caratteristiche artistiche e il significato storico di questo meraviglioso panorama, e spero questo possa contribuire alla corrente discussione scientifica sui panorami di città nel mondo dell’Era Moderna.
Il panorama di Costantinopoli è stato dipinto dal frate minore francescano Niccolò Guidalotto da Mondavio e venne presentato a papa Alessandro VII nel 1662. Certamente uno strumento di propaganda, pensato per essere pubblicato, fu probabilmente prodotto su richiesta della Repubblica di Venezia. Usando allegorie, un’iconografia complessa, quotazioni bibliche e pannelli di testo, ha accusato i Turchi di aver fatto diventare Costantinopoli dalla Nuova Roma alla Nuova Babilonia. Guidalotto ha impiegato la retorica tipica dei circoli francescani all’indomani della caduta di Costantinopoli, quando l’immagine dei Turchi come infedeli era forgiata, presentandoli quindi come avversari.12 Si sa poco sul Guidalotto, frate francescano conventuale. Venne ordinato nel 1636 e ricevette una laurea honoris causa a Roma nel 1653. Sua madre ha vissuto a Pesaro, nelle Marche, non lontano dal convento di Mondavio, dove lui era residente. Le sue capacità come cartografo suggeriscono che possa avere seguito da giovane, l’apprendistato presso la famosa famiglia di cartografi Olivia. Nel 1646, poco prima della sua partenza per Istanbul, Guidalotto ha dedicato un raffinato, ricco, molto professionale atlante miniato del Mediterraneo all’ambasciatore veneziano ad Istanbul, Giovanni Soranzo (ora nella Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia), con un’invettiva contro gli Ottomani, la loro invasione di Creta e il pessimo trattamento al Bailo veneziano. Una volta a Costantinopoli, il risentimento di Guidalotto verso gli Ottomani, venne attivamente espresso attraverso i suoi sforzi nel ristrutturare la chiesa di San Francesco a Galata. Poiché era a rischio di essere trasformata in moschea, sostenne che l’imminente trattato di pace tra Venezia e l’Impero Ottomano avrebbe dovuto includere una clausola sulla ristrutturazione della chiesa. Rimangono copie di due progetti che ha spedito all’ufficio di Propaganda Fide nel 1653, per la ricostruzione della chiesa. Guidalotto era un grande attivista e la chiesa venne ristrutturata nel 1656, per essere di nuovo messa a fuoco nel 1660. Il manoscritto allegato al panorama è datato 1662, luogo: Pesaro, l’anno in cui probabilmente venne presentato, assieme al panorama, a papa Alessandro, nonostante l’unica informazione sulla sua esistenza ci pervenga da una breve annotazione nei diari d’arte del Papa, il 10 di ottobre di quell’anno. Nella lista di presentazioni, acquisizioni e commissioni per la sua nuova Roma, vi è ‘Il Constantinopoli in quadro grande a penna di quell frate.’ Sarà stato questo certamente il panorama e “quell frate” il Guidalotto. Nel suo manoscritto, Guidalotto sostiene che la sua ragione nel fare il panorama erano gli attacchi dei Turchi a Creta, il pessimo trattamento dei diplomatici, inclusi i veneziani, e la sua dura esperienza di prigionia.13 Guidalotto era ad Istanbul come funzionario veneziano e ha fatto da cappellano nell’ambasciata tra il 1647 e il 1655, un periodo segnato da forti tensioni tra i residenti veneziani nella città e i governanti ottomani, a causa dell’invasione turca di Creta (1645). A marzo del 1649, il Bailo Veneziano (ambasciatore) a Costantinopoli, Giovanni Soranzo, e la sua delegazione, tra cui Guidalotto, vennero convocati nel Palazzo Topkapi, e nel contesto del rifiuto di Venezia nel cedere Creta, vennero interrogati. I dispacci registrano che l’intera delegazione veneziana, compreso il tunicato frate francescano Guidalotto, vennero costretti all’indegnità delle catene e portati in processione attraverso la città. Illustrazioni della loro umiliazione pervengono da un manoscritto nel Museo Correr di Venezia (il Cicogna Codex Memorie Turchese).14 A Guidalotto e a un altro membro del personale di Soranzo, venne permesso poco dopo di ritornare nella città, per sorvegliare la residenza ufficiale veneziana. Guidalotto ritornò in Italia nel 1655 ma, secondo il suo manoscritto, i diplomatici continuarono a essere espulsi, arrestati e umiliati. Tornato a casa, nel 1659 Guidalotto si è ritirato nel convento di Mondavio, dove ha continuato a coltivare un forte interesse per gli sviluppi della politica. Ha cominciato così a lavorare al manoscritto e al panorama, basandosi sui dipinti che aveva fatto a Istanbul all’inizio del 1650. Infatti, i dettagli minuziosi presenti nel dipinto possono essere attribuiti al lungo soggiorno a Istanbul del Guidalotto, che gli aveva permesso ottime opportunità per osservare da vicino la città vecchia. Sembra quasi che abbia fatto degli schizzi al volo a Costantinopoli e quando e tornato in Italia abbia dipinto il vero e proprio panorama.15 I registri del Vaticano, riguardo al panorama di Guidalotto, suggeriscono che il pittore abbia impiegato uno scrivano per scrivere le descrizioni o un artista per dipingerlo. Tuttavia nel suo manoscritto, il Guidalotto dichiara di essere l’autore dell’opera, notando che L’imperita mia penna e Col rozzo scalpello ha eseguito il progetto.16 Un ulteriore esame tecnico indica che lo stesso inchiostro è stato usato per il paesaggio urbano e le pitture dell’area circostante. Guidalotto era chiaramente l’autore per quanto riguarda il concetto e lo schema e secondo una sua dichiarazione è stato con probabilità responsabile dell’esecuzione.17 Il messaggio politico di Guidalotto era chiaramente espresso nel suo manoscritto: Alessandro dovrebbe mettere in campo le forze religiose e militari a sua disposizione, assieme alle forze temporali del Sacro Romano Impero di Leopoldo I d’Austria, nella lotta contro i Turchi. Questi sentimenti erano particolarmente rivolti a Creta, assaltata dagli Ottomani. L’anno 1645, iscritto sul lato sinistro del panorama può riferirsi solo all’inizio dell’offensiva turca contro l’isola, governata finora da Venezia. Il panorama è collocato all’interno di un’elaborata, allegorica cornice decorata con gli emblemi di Papa Chigi ed è dominata dal simbolo della Chiesa Militante, l’Arcangelo Michele, alla destra di Dio. Il mare e il cielo sono riempiti da vignette allegoriche ed emblemi e al centro di tutto vi è Dio Padre con l’Arcangelo Michele. In mezzo vi sono vignette delle Sette Chiese d’Oriente. La descrizione di Alessandro e Leopoldo come “ecclesiae telamones”, o pilastri della chiesa, sembra provenga dal Libro della Rivelazione citato da Guidalotto – ‘Him that over cometh will I make a pillar…’ – probabilmente allude ai pilastri del Tempio di Salomone, che sono stati usati in molte figurazioni dai potenti del rinascimento, come emblemi personali di denotazione della forza. Questa può essere stata un’elegante allusione di paragone tra Alessandro e Leopoldo con il grande imperatore Carlo V, i cui emblemi comprendevano i due pilastri del Tempio e che fu il flagello dei Turchi. Guidalotto inoltre ha impiegato gli emblemi di Papa Chigi, la montagna con la stella, formando una cornice originariamente dorata con la foglia di quercia, come omaggio al Papa. Vi sono riferimenti alle origini senesi dei Chigi, città alla quale il Papa è rimasto profondamente legato. Ha anche usato le aquile austriache, includendo un’iconografia complementare di dimostrazione delle virtù del Sacro Romano Impero e del Papa. Il panorama è investito da immagini apocalittiche. Nel mezzo del mare vi è un’aquila imperiale dalle due teste, che ghermisce un’idra dalle sette teste (l’impero ottomano) squarciata dagli artigli dell’aquila per rivelare un leone, un ghepardo e un orso. L’immaginario apocalittico circostante illustra la visione del Guidalotto, di una Nuova Babilonia pronta alla distruzione. Le stesse citazioni appaiono nel panorama come nel manoscritto, provengono dai libri di Daniele, Ezra e Isaia e in particolar modo dal Libro della Rivelazione di San Giovanni (L’Apocalisse). Mentre Guidalotto ha usato il panorama – attraverso i testi e le immagini apocalittiche, in cui mostrava i Turchi come predatori e la Chiesa Militante rappresentata dall’arcangelo Michele, che poteva conquistare una giusta vittoria – per persuadere il Papa all’azione, nel suo manoscritto ha accentuato la concreta logistica, dichiarando che sarebbero servite un centinaio di navi per sconfiggere i Turchi.18
Viste le dimensioni e l’età, il panorama di Guidalotto si è conservato in buone condizioni. Resta un’opera d’arte eccezionale, portando lo sguardo dell’osservatore prima alla città stessa e poi all’iconografia circostante. Nel panorama di Guidalotto si nota una figura enigmatica, a sinistra in basso, davanti alla veduta della città, vicino alla cornice allegorica, si potrebbe trattare di un autoritratto. Nel suo manoscritto, il frate ha annotato di avere dipinto il panorama dal punto di vista di Galata, sul territorio cristiano, scegliendo tra tre possibilità, poiché era il più sicuro. Se avesse fatto questi schizzi dal mare (probabilmente la migliore opzione) avrebbe potuto affogare, se invece lo avesse fatto dal territorio asiatico, avrebbe potuto essere considerato una spia. Quindi ha scelto una buona posizione sulla sponda europea, da dove, usando la sua penna ruvida, ha potuto disegnare il panorama in sicurezza.19 Sia l’inserimento da parte dell’autore di una sua immagine nel dipinto, che la descrizione dettagliata del punto di osservazione danno credibilità alla teoria secondo cui, questo panorama sia il prodotto di una meticolosa osservazione da parte di un testimone oculare.20 Le didascalie di Guidalotto definiscono in generale il paesaggio e i maggiori monumenti. Il titolo del panorama è: “La vista del porto di Costantinopoli”. Ha segnato il lato europeo sul panorama come Riviera di Galata, successivamente Riviera di Vigna di Pera e poi Riviera di Arsenale, sottolineando la posizione dell’ambasciata veneziana e le altre ambasciate straniere della città. I Monti di Bursa erano un altro monumento segnato. In fondo a questo dipinto, Guidalotto ha incluso la Moschea Eyüp Sultan (Eyüp Sultan Camii), nel distretto di Eyüp, sul lato europeo della citt, fuori dal perimetro delle mura vicino al Corno d’Oro. Costruita nel 1458, era la prima moschea edificata dagli Ottomani all’indomani della loro conquista di Costantinopoli nel 1453. La moschea si erge vicino alla piazza dove si dice che venne sepolto Abu Ayyub al-Ansari (Eyüp Sultan), l’alfiere di Maometto, durante l’assalto arabo alla città nel 670. La sua tomba viene venerata dai musulmani e richiama molti pellegrini.21 Nell’ambito del panorama dipinto, Guidalotto lascia delle didascalie accurate e una precisa posizione per ogni monumento maggiore. Le sue raffigurazioni di quartieri, mercati, moschee, palazzi include il disegno di anguste, tortuose strade; un orizzonte dominato da chiese e moschee; moschee imperiali; e piccole case affollate che delimitano il Corno d’Oro, dal palazzo alle mura della città. In termini di accuratezza topografica e come documento sulla Costantinopoli della metà del Seicento, uno dei criteri per determinare l’autenticità del panorama dovrebbe essere l’inclusione o meno della Moschea della Valide sul Corno d’Oro. Commissionata da Valide Safiye Sultan nel 1597, i suoi lavori vennero sospesi a causa della sua morte nel 1603 e venne completata solo dal Sultano Valide Turhan nel 1663. Inoltre, la costruzione in parte eretta, venne distrutta da un incendio nel 1660. Guidalotto effettivamente ha raffigurato nel panorama una struttura la cui posizione ad adiacenza al mercato, sembrano corrispondere con la moschea non terminata. Si può quindi credere a Guidalotto quando dice, di avere fatto uno schizzo di Costantinopoli, da questa prospettiva, a sinistra della città, probabilmente tra il 1650 e il 1652, ma sicuramente prima della sua partenza nel 1655, quando la moschea si trovava in stato di abbandono, prima ancora dell’incendio.22 Guidalotto ha scelto di dare particolare rilievo nelle didascalie, ai monumenti che appartenevano alla storia bizantina della città. Si può notare una maggiore enfasi su Hagia Sophia, marcata dal suo nome latino (Sancta Sophia). Nel 1453, il Sultano Mehmed II aveva ordinato di convertire l’edificio in moschea. Le campane, l’altare, l’iconostasi e i simboli del sacrificio vennero rimossi, molti dei mosaici furono ricoperti, mentre elementi islamici vennero aggiunti, come ad esempio i quattro minareti. Guidalotto ha raffigurato l’edificio nel suo nuovo stato, chiamandolo tuttavia con il suo nome latino, designandolo come una chiesa. Altre strutture bizantine riprese da Guidalotto sono l’acquedotto di Valente, che appare tra l’Ippodromo e il complesso di Mehmed II e la colonna di Teodosio, indicando l’antico centro della città, parte dell’Antico Palazzo di Mehmed II. Guidalotto ha incluso il palazzo, i suoi principali edifici esterni e i giardini, ma non li ha segnati come strutture ottomane, bensì li ha identificati con l’antica rovina della colonna.23 Ha descritto il Palazzo di Topkapi, costruito sul sito dell’antica acropoli di Byzantium, come Il Serraglio Byzantium, senza menzionare il nuovo palazzo di Mehmed II.24 L’omissione da parte del Guidalotto di riferimenti al Palazzo di Topkapi è in netto contrasto con gli esempi ottomani come la mappa di Piri Reis, discussa precedentemente, dove veniva posto particolare accento sul Palazzo Topkapi, come sede del governo e simbolo del potere ottomano. Il panorama di Guidalotto include le tre principali moschee: la Suleymaniye Camii, la seconda moschea più grande dell città, posta sulla sua terza collina, che venne costruita su ordine di Suleimano il Magnifico tra il 1550 e il 1558; la Sultanahmet Camii (la Moschea del Sultano Ahmed), più nota come la Moschea Blu per le piastrelle blu che adornano le pareti al suo interno, costruita tra il 1609 e il 1616, durante il regno di Ahmed I; e la Beyazit Camii (Moschea di Bayezid II), situata vicino alle rovine del Foro di Teodosio.25
Il panorama ha due funzioni: la prima, un’accurata rappresentazione topografica della città, dalla vantaggiosa prospettiva di Galata; la seconda, la didattica accentuazione del patrimonio cristiano della città, espressa tramite le didascalie che identificano gli edifici, sottolineando chiaramente tutti quegli elementi del paesaggio urbano, che hanno fatto parte del passato bizantino della città. Guidalotto ha incluso le moschee maggiori e i palazzi della città, ma ha preferito chiamarli, ove possibile, con i loro nomi latini (cristiani). Non ha segnato i palazzi del governo turco, ignorando quindi le maggiori sedi del potere ottomano. Il panorama di città di Guidalotto quindi, rappresenta un accurato ritratto della città con la sua topografia, ma usa le didascalie allegate ai monumenti per sottolineare il retaggio bizantino della città e il suo lascito cristiano.
Qual è quindi l’impressione finale riguardo al valore artistico del panorama di Niccolò Guidalotto? Lui sicuramente aveva voluto creare un’opera sufficientemente magnifica da poter offrire al papa, usando come artista/autore metodi sofisticati e affascinanti. Aveva studiato tecniche cartografiche e stilistiche – includendo un immaginario barocco e un complesso linguaggio visivo – dagli umanisti e persino dai cartografi ottomani. Più si osserva questa elaborata opera d’arte, più si viene richiamati dai suoi elementi visuali, che ammaliano totalmente l’immaginazione. L’opera spicca non solo per le sue gigantesche dimensioni, ma per la sua ricchezza di dettagli e l’assoluta bellezza del disegno e dell’esecuzione, reclamando così ulteriori ricerche.
- Per gli studi sui panorami di città vedi Todd Butler, ‘The Rhetoric of Early Modern Cartography: Politics, Theology and Inspiration,’ Explorations in Renaissance Culture 26:1 (2000), 45–71; Envisioning the City: Six Studies in Urban Cartography, ed. by David Buisseret (Chicago e Londra: Chicago University Press, 1998); The New Nature of Maps: Essays in the History of Cartography, ed. by John Brian Harley (Baltimore: John Hopkins University Press, 2001); The History of Cartography, Vol.1: Cartography in Prehistoric, Ancient, and Medieval Europe and the Mediterranean, a cura di John Brian Harley e David Woodward (Chicago: Chicago University Press, 1987); Ptolemy’s Geography in the Renaissance, a cura di Zur Shalev e Charles Burnett (Londra: The Warburg Institute, 2011); Zur Shalev, Sacred Words and Worlds: Geography, Religion, and Scholarship, 1550–1700 (Leiden: Brill, 2011); Art and Cartography: Six Historical Essays, a cura di David Woodward (Chicago e Londra: Chicago University Press, 1987); David Woodward, Maps as Prints in the Italian Renaissance: Makers, Distributors and Consumers (Londra: The British Library, 1996). [↩]
- Il panorama è esposto nel Tel Aviv Museum of Art nella sezione Old Masters: Niccolò Guidalotto da Mondavio, A Panorama of Constantinople, dedicated to Pope Alexander VII and Leopold Ignatio I (Holy Roman Emperor and Emperor of Austria), penna e inchiostro su carta, 258 x 612 cm, Italia, 1662. [↩]
- Inizialmente ritrovato nell’archivio Chigi a Roma nel 1960, è stato venduto all’inizio del 1990 ad un privato. E’ stato successivamente prestato al Vaticano, dove fu esposto nel corridoio che unisce la Cappella Sistina alla biblioteca. In seguito, dal 2001, è stato ceduto al Museo di Tel Aviv, per un prestito a lungo termine. [↩]
- Niccolò Guidalotto da Mondavio, Parafrasi di Opera a Penna Rappresentante in Dissegno un Prospetto dell’Imperiale Città di Constantinopoli, Pesaro 1622 (MSS Biblioteca Vaticana Chig. D. II , 22). [↩]
- Pubblicazioni sul panorama comprendono la breve comunicazione in Christine Thomson, ‘The New Babylon’, Cornucopia: Turkey for Connoisseurs 12:2 (1997), 30–33, pubblicato in ebraico da Doron Lurie in Arech and Teva 77 (2002), 34–38; Nirit Ben-Aryeh Debby, “Crusade Propaganda in Word and Image in Early Modern Italy: Niccolò Guidalotto Panorama of Constantinople”, The Renaissance Quarterly (accepted, 67:2, 2014). [↩]
- Vedi John Brian Harley, ‘The Map and the Development of the History of Cartography,’ in The History of Cartography, Vol.1: Cartography in Prehistoric, Ancient, and Medieval Europe and the Mediterranean (Chicago: Chicago University Press, 1987), pp. 1-42; Naomi Miller, Mapping the City: The Language and Culture of Cartography in the Renaissance (Londra: Continuum, 2003); Jürgen Schulz, ‘Maps as Metaphors: Mural Map Cycles of the Italian Renaissance,’ in Art and Cartography: Six Historical Essays, a cura di David Woodward (Chicago e Londra: Chicago University Press, 1987), pp. 97-122. [↩]
- Per gli aspetti artistici dei panorami di città vedi Francesca Fiorani, The Marvel of Maps: Art, Cartography and Politics in Renaissance Italy (New Haven: Yale University Press, 2005); Ronald Rees, ‘Historical Links between Cartography and Art’, Geographical Review 70 (1980), 60–78. [↩]
- Cosgrove, Denis, ed. Mappings (Londra: Reaktion, 1999), p. 7. [↩]
- Vedi John Brian Harley, ‘Maps, Knowledge, and Power,’ in The Iconography of Landscape: Essays on the Symbolic Representation, Design, and Use of Past Environment, e a cura di Denis Cosgrove e Stephen Daniels (Cambridge, MA: Cambridge University Press, 1988), p. 217 [↩]
- Sui panorami di città in generale e sui panorami di Constantinopoli in particolare vedi Cigdem Kafescioglu, Constantinopolis/Istanbul: Cultural Encounter, Imperial Vision, and the Construction of the Ottoman Capital (Philadelphia: Pennsylvania State University Press, 2009), pp. 143-77. [↩]
- Vedi Kafescioglu, Constantinopolis / Istanbul, p. 5. [↩]
- Niccolò Guidalotto da Mondavio, Parafrasi di Opera a Penna Rappresentante in Dissegno un Prospetto dell’Imperiale Città di Constantinopoli, Pesaro 1622 (MSS in Biblioteca Vaticana Chig. D. II , 22), 2r-3v. [↩]
- Per la nota nei diari papali vedi Diario Chig. OIV, 58 in Biblioteca Vaticana; Niccolò Guidalotto, 12r. [↩]
- Sui veneziani a Costantinopoli vedi Eric Dursteler, ‘The Bailo in Constantinople: Crisis and Career in Venice’s Early Modern Diplomatic Corps’, Mediterranean Historical Review 16:2 (2001), 1–30; Eric Dursteler, Venetians in Constantinople: Nation, Identity and Coexistence in the Early Modern Mediterranean (Baltimore: John Hopkins University Press, 2006); Natalie E. Rothman, Brokering Empire: Trans-Imperial Subjects between Venice and Istanbul (Ithaca: Cornell University Press, 2011). [↩]
- Per il Guidalotto vedi Antonio Morariu, ‘La mission dei Frati Minori Conventuali in Moldavia e Valacchi 1623–1650’, Miscellanea Francescana 62 (1962), 68; Gualberto Matteucci, Un glorioso convento francescano sulle rive del Bosforo: il San Francesco di Galata in Costantinopoli. 1230–1697 (Firenze: Biblioteca studi Francescani, 1967). [↩]
- N. Guidalotto, 2r–3v. [↩]
- I registri compilati nella Biblioteca Vaticana da padre Boyle indicano che Guidalotto venne ritenuto autore del panorama solo per quanto riguarda il concetto e lo schema. [↩]
- N. Guidalotto, 25r. [↩]
- N. Guidalotto da Mondavio, Parafrasi di Opera a Penna Rappresentante in Dissegno un Prospetto dell’Imperiale Città di Constantinopoli, Pesaro 1622 (MSS in Biblioteca Vaticana Chig. D. II , 22), 25r-26v. [↩]
- Per la topografia di Costantinopoli vedi Kafescioglu, Constantinopolis / Istanbul. [↩]
- Per il complesso di Ayyub al-Ansari vedi Kafescioglu, Constantinopolis / Istanbul, pp. 45–52. [↩]
- Per la Moschea della Valide vedi Kafescioglu, Constantinopolis / Istanbul, p. 142. [↩]
- Per la conversion dell’Hagia Sophia in moschea vedi Kafescioglu, Constantinopolis / Istanbul, pp. 18–22; per l’acquedotto di Valente vedi Kafescioglu, Constantinopolis / Istanbul, pp. 150, 153, 162, 208; e per il Palazzo Vecchio vedi Kafescioglu, Constantinopolis / Istanbul, pp. 22–23. [↩]
- Per il Palazzo di Topkapi vedi Gurlu Necipoglu, Architecture, Ceremonial and Power: The Topkapi Palace in the Fifteenth and Sixteenth Centuries (Cambridge MA: Harvard University Press, 1991). [↩]
- Per le moschee vedi Kafescioglu, op. cit., pp. 95, 136, 163, 215–19. [↩]