Roberta Cruciata

roberta.cruciata@unipa.it

Per una storia della Settimana Santa a Malta. I gruppi processionali del Venerdì Santo di Valletta

DOI: 10.7431/RIV07102013

Le prime notizie relative ai riti della Settimana Santa e alla tradizione della processione per il Venerdì Santo nell’Isola dei Cavalieri risalgono alla fine del XVI secolo. Da allora, questa usanza è giunta, seppur con notevoli cambiamenti, fino ai giorni nostri con la medesima carica pietistico-devozionale, ugualmente diffusa capillarmente nelle varie realtà cittadine delle isole maltesi1. Oggi le sacre rappresentazioni processionali sono ben diciannove, quattordici delle quali si svolgono a Malta mentre le restanti cinque a Gozo. Le statue del Venerdì Santo erano e sono ancora adesso chiamate il-misterji, come peraltro accade in Sicilia con il termine “misteri”, in ambo i casi un riferimento ai cinque Misteri Dolorosi del Santo Rosario (l’agonia di Gesù nel Getsemani; la flagellazione di Gesù; l’incoronazione di spine; l’ascesa al Calvario di Gesù carico della croce; Gesù è crocifisso e muore in croce).

Come è noto, il Concilio di Trento e la Controriforma segnarono e rinnovarono fortemente le forme della devozione non soltanto del clero, in quanto influirono anche sulla vita e sulle usanze religiose dei laici. Dopo il divieto della rievocazione della morte e della Passione di Cristo con personaggi viventi, poco gestibili sul piano dell’ortodossia iconografica in quanto, secondo i dettami ufficiali, le immagini dovevano perseguire in primo luogo l’«esattezza nella rappresentazione dei soggetti religiosi»2, furono incoraggiate le manifestazioni con figure dipinte o scolpite. Scrive Liborio Palmeri che, pertanto, «sulla spinta del Concilio di Trento “il teatro dei misteri” diventa una rappresentazione in movimento di gruppi che non possono degenerare in nessuna espressione sconveniente per il semplice fatto che i loro protagonisti (Gesù, gli apostoli, la Vergine, i sommi sacerdoti, Pilato, etc.) sono fissati in atteggiamenti quanto più possibili coerenti con il racconto che gli artisti sono stati chiamati a raccontare»3. In varie parti della nostra Penisola, dalla Liguria4 al Piemonte5, dalla Campania alla Sicilia, sorsero così le processioni con i gruppi lignei policromi raffiguranti in modo estremamente drammatico e coinvolgente i “misteri” della vita di Cristo: un nuovo genere importato dalla Spagna nel corso del XVI secolo e molto propagandato nel Regno di Napoli dai Padri Gesuiti che nel loro programma di catechesi largo spazio riservavano proprio all’evangelizzazione dei ceti più umili, anche attraverso processioni o cerimonie estremamente suggestive atte a suscitare il coinvolgimento religioso e il pentimento nei fedeli, perfettamente in linea con i dettami del Concilio, i cui decreti sottolineavano appunto «il valore delle immagini dipinte e scolpite come incitamenti alla devozione»6. Scrive Annamaria Precopi Lombardo che a Trapani «la processione dei Misteri, realizzata attraverso la Società del Sangue Preziosissimo, fu voluta per sollecitare la ‘compunzione’ delle categorie artigiane e per indurle alla conversione e alla pietà religiosa. Sono gli artigiani, ovvero il popolo di Trapani, i veri destinatari della ‘missione penitenziale’ per cui i gruppi vennero realizzati e assegnati in concessione perpetua ai consoli in carica nei periodi della stipula»7. Gli studi locali hanno ormai accertato che le origini di tali realizzazioni scultoree sacre siano da ricondurre alla Spagna, individuando nei pasos i loro diretti antecedenti sia da un punto di vista culturale che iconografico e compositivo8.

Nel corso dei secoli numerose vicende storiche nonché stretti vincoli economici, culturali e artistici hanno accomunato Malta alla Sicilia, politicamente legate per quasi otto secoli a partire dalla conquista normanna in seguito alla quale venne unita al Regno di Sicilia che successivamente, nel 1530, l’avrebbe concessa in affitto perenne ai Cavalieri dell’Ospedale dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, fino alla conquista napoleonica del 1798. Pertanto, non stupisce affatto la presenza della tradizione legata alla Settimana Santa anche nell’antica Melita, soprattutto a partire dalla metà del XVI secolo in cui l’Isola risulta fortemente legata alla Sicilia dei viceré: e proprio il predominio spagnolo nel Mediterraneo diede indubbiamente un decisivo impulso all’imposizione dell’uniformità cattolica in tutti i territori sottomessi.

A Malta, in seno al clima della Controriforma, un ruolo cruciale in questo senso fu svolto dai frati Francescani, la cui presenza si rivelò determinante per la nascita e la diffusione di tali solenni rappresentazioni processionali e per la conseguente precisazione delle loro caratteristiche. Infatti, gli Ordini Francescani, e in particolare gli Osservanti Riformati e i Cappuccini, ebbero in quegli anni un ruolo fondamentale nell’incrementare e motivare la pietà popolare nei confronti della Passione di Cristo soprattutto con la creazione di opere d’arte, in primo luogo crocefissi dotati di una umanità nuova, fortemente drammatici e realistici, allo scopo di suscitare nei fedeli autentici sentimenti di pentimento e conversione. Senza dubbio la devozione per la Passione di Cristo e il mistero della croce nel corso dei secoli a Malta furono alimentati dalla presenza di ben due crocefissi lignei9, opere, come si dirà in seguito, dello scultore siciliano frate Innocenzo da Petralia, improntate a un forte ed esasperato espressionismo drammatico, soprattutto quella di Valletta, in cui Cristo appare scheletrico, contorto all’inverosimile e martoriato dai lividi e dalle ferite subite.

Ritornando alla Settimana Santa, sembra che le prime manifestazioni organizzate sul suolo melitense ebbero luogo a Rabat alla fine del XVI secolo, su impulso appunto dei Francescani10; fu la confraternita di San Giuseppe che aveva sede nella chiesa degli Osservanti Riformati di Santa Maria di Gesù (Ta’ Ġieżu) a dare un impulso decisivo in questa direzione. Successivamente, i Minori introdussero una processione similare a Valletta, che si tenne per la prima volta nel 1673 con diversi gruppi processionali e l’accompagnamento musicale. Si hanno poi notizie delle processioni nelle città di Cospicua (nel 1694) e Senglea (nel 1714); a Naxxar, invece, le origini di questa tradizione risalgono alla metà del XVIII secolo, mentre è documentato che già nel 1742 esistevano alcune statue processionali a Zejtun. Pare che a Qormi la prima processione fu organizzata nel 1764, mentre a Luqa nel 1795. Nel corso del XIX e poi del XX secolo la tradizione dei cortei processionali attecchì anche in altre cittadine.

I gruppi statuari, generalmente otto nella tradizione più diffusa e ormai consolidata, raffigurano i seguenti episodi della Passione: Gesù nell’orto di Getsemani (L-Ort); La Flagellazione (Il-Marbut, letteralmente “Il legato”); Ecce Homo; Gesù che porta la croce (L-Imgħobbi, noto anche come Ir-Redentur11, ovvero “Il Redentore”); La Veronica (Il-Veronika); La Crocifissione (Il-Vara l-Kbira, letteralmente “La Grande Vara”, per via del numero di personaggi rappresentati e delle dimensioni della croce); Gesù nel sepolcro (Il-Monument12, ovvero “Il Monumento”, dall’ urna contenente la statua del Cristo morto); l’Addolorata (Id-Duluri).

Rispetto ai venti gruppi sacri della processione di Trapani13 quelle melitensi presentano in genere un numero più esiguo di fercoli, ma similmente il corteo è concluso dai due simulacri di Gesù morto entro un’urna di legno e di Maria Addolorata. Sia in Sicilia che a Malta l’evidente teatralità ed espressività delle sculture, atte a coinvolgere il fedele, sono accentuate dai colori vivaci degli abiti dei personaggi e dai loro gesti eloquenti, al punto che per taluni gruppi si possono anche evidenziare dei punti di contatto più o meno espliciti. «Rispettando l’iconografia tradizionale, tratta da stampe devozionali, incisioni di opere di grandi artisti, repertori iconografici, diffusi dai Gesuiti, ma presenti anche nella scuola e nei laboratori francescani, gli artisti trapanesi trasferirono in scultura gli episodi citati nei Sacri Testi […]»14; questa riflessione di Lina Novara può essere estesa anche alle opere degli artisti maltesi, ben inseriti nel corso dei secoli in una fitta rete di scambi artistico-culturali con il più ampio contesto mediterraneo, soprattutto, ma non soltanto, con la Sicilia e la Spagna15, che sovente videro anche spostamenti di personalità artistiche da e verso l’Isola dei Cavalieri. Del resto, ciò non avveniva esclusivamente nel campo della scultura: per quanto riguarda l’oreficeria è ormai risaputo che a Malta circolassero stampe e campionari di disegni provenienti da altri paesi, che permettevano agli artisti di aggiornarsi su quelle che erano le mode più in voga all’epoca16. Quest’apertura agli influssi europei senza dubbio fu notevolmente accresciuta e incentivata dall’arrivo dei Giovanniti, con le loro commissioni e la conseguente circolazione sull’Isola di opere di manifattura straniera; ma un ruolo chiave in questo senso ebbero ininterrottamente gli ordini religiosi, in costante rapporto con i loro superiori provinciali in Sicilia17.

Considerando meramente l’aspetto iconografico, e tralasciando le innovazioni che si riscontrano nelle opere con un’origine da riferire alla seconda metà del XX secolo18, ciò che colpisce dei gruppi processionali maltesi è che nella loro espressione maggiormente caratteristica si ha un ridimensionamento del numero dei personaggi rispetto ai “misteri” della città di Trapani, come peraltro accade anche in Spagna per esempio nelle opere di Francisco Salzillo y Alacázar custodite a Murcia19. Non a caso, più che narrare il singolo evento essi sembrano piuttosto avere uno spiccato valore simbolico, e dunque didascalico.

Basti osservare il gruppo con Gesù nell’orto di Getsemani, che generalmente contempla la presenza del figlio di Dio in preghiera in ginocchio e dell’angelo dinanzi a lui venuto a confortarlo20 mentre regge con le mani il calice e la croce, chiaramente prefigurazioni della passione e della morte di Cristo21. Pare che un’ulteriore iconografia, con Gesù in deliquio sostenuto alle sue spalle da un angelo che lo assiste e lo conforta mentre un altro dinanzi a lui ha il calice e la croce, che trova riscontro con quella dei gruppi di Erice22 e di Murcia, venne introdotta a Malta soltanto nel 1878 da Carlo Darmanin, nell’opera che realizzò per la processione della città di Cospicua23. Ad oggi non si conosce l’origine esatta di quest’iconografia, che pertanto ebbe un’ampia diffusione nell’area mediterranea tra il XVIII e il XIX secolo, ma pare indubbio un suo legame con quella di autentico spirito controriformato utilizzata sin dai secoli precedenti per raffigurare l’estasi dei Santi24, come nel San Francesco in estasi del Caravaggio25 oggi al Wadsworth Atheneum di Hartford (Connecticut), che peraltro sino all’inizio del XX secolo si trovava in una collezione privata maltese.

Significativa è la presenza nel Cathedral Museum di Mdina, l’antica capitale di Malta, di due inedite e raffinate opere in cera della prima metà del XVIII secolo che rappresentano La Deposizione e L’Agonia nell’Orto (Figg. 12): proprio quest’ultima reca la medesima iconografia di cui si è appena detto, con il Cristo in posizione estatica sorretto alle sue spalle da un angelo. Giustamente accostate ai modi di Gaetano Giulio Zumbo26 da Don Edgar Vella, senza dubbio si tratta di opere realizzate da un ceroplasta che doveva conoscere molto bene le composizioni del maestro siciliano, e molto verosimilmente furono prodotte dalla sua bottega. Pare opportuno mettere in evidenza come la creatura divina alata in ginocchio che sostiene Cristo, nel suo gesto con il braccio destro alzato a indicare la croce, sembra avere il suo modello nella figura del Tempo dell’opera il Trionfo del Tempo (1691-1694) di Zumbo, che egli realizzò per Cosimo III de’ Medici all’epoca del suo soggiorno fiorentino. Non a caso le due cere furono donate al museo maltese dalla nobildonna Françoise Leopardi de Piro27 e, con un’ipotesi molto suggestiva, potrebbero anche provenire da Firenze dal momento che la famiglia de Piro, in seguito al matrimonio celebrato nel 1868 tra Alessandro de Piro-Gourgion e l’ereditiera Orsola Agius Caruana, nonna della suddetta Françoise, entrò in possesso di un grande palazzo nel capoluogo toscano ubicato in via Faenza28, che era stato sede della Commenda fiorentina e dell’Ambasciata dei Cavalieri dell’Ordine ai tempi del Granducato di Toscana, nonché dell’attigua chiesa di San Jacopo in Campo Corbolini.

Tornando ai gruppi delle processioni del Venerdì maltese e procedendo a un’analisi iconografica, La Flagellazione presenta soltanto Cristo in piedi legato alla colonna: egli viene raffigurato a pena già avvenuta, e non durante il supplizio al cospetto del soldato e dello sgherro come avviene a Trapani29 o anche nell’opera del 1762 di Pietro Calamela che si trova ad Erice30. L’Ecce Homo, nella sua espressione più tipica, mostra Cristo seduto su una colonna spezzata. Questa è una delle varianti iconografiche rispetto alla più usuale rappresentazione in cui egli, vestito come un re, con la corona di spine, il mantello rosso e la canna in mano è in piedi, ma in genere anche in questo caso sono assenti altri personaggi, primo fra tutti Pilato, che invece nell’Ecce Homo trapanese è il vero protagonista dell’episodio che si svolge sul balcone del pretorio di Gerusalemme presente anche un soldato31; quindi in realtà, nelle opere di Malta, viene piuttosto privilegiato l’attimo immediatamente successivo alla coronazione di spine, che nello stesso tempo è quello che precede il momento in cui Pilato mostra beffardamente Gesù alla folla dicendo «Ecco che ve lo conduco fuori, affinché sappiate che non trovo in lui nessun capo di accusa […] Ecco l’uomo!»32. La Crocifissione, invece, vede di solito la presenza, oltre a Cristo sulla croce, soltanto di tre personaggi: Maria Maddalena inginocchiata, e la Vergine (con il cuore trafitto da un pugnale, secondo l’iconografia dell’Addolorata33 e San Giovanni Evangelista posti vicini oppure agli angoli opposti, secondo il tradizionale “Calvario”.

Ritroviamo poi due gruppi con caratteristiche iconografiche di probabile ascendenza spagnola. La Veronica, assente nella processione di Trapani come gruppo singolo ma raffigurata nel tredicesimo “mistero” (L’ascesa al Calvario)34, come accade nella cultura iberica è ora in piedi ora inginocchiata ma sempre a figura singola35, mentre regge con entrambe le mani il panno bianco con impresso il volto di Cristo; pare opportuno il riferimento alla Santa mujer Verónica, opera di Salzillo degli anni 1756-1757, custodita nella chiesa del Gesù di Murcia. É da riferire alla temperie spagnola anche la rappresentazione dell’Addolorata, che si distingue nettamente dall’omonima opera della cittadina siciliana36. La Vergine come Mater Dolorosa è in ginocchio, mentre un angioletto, in taluni casi sostituito da San Giovanni in piedi, ha in mano la corona di spine; a volte sono presenti tutti e tre. Essi sono rappresentati come dolenti ai piedi della croce, alla quale sono addossati una scala a pioli, simbolo della passione e nello stesso tempo testimonianza dell’avvenuta deposizione del corpo esanime di Cristo, e un lenzuolo bianco, che allude al “sacro lino” identificato con la Sindone del Duomo di Torino. Questo “mistero” manifesta analogie con la Maria Santisima de las Angustias di Salzillo realizzata nel 1739 per la congregazione dei Servi di Maria della chiesa di San Bartolomeo-Santa Maria di Murcia37, che però ha la classica iconografia della Pietà.

Per quanto riguarda le origini di queste manifestazioni religiose a Valletta esse derivano dalle processioni che si svolgevano durante i venerdì di Quaresima, i cosiddetti “venerdì di marzo”, organizzate dalla Confraternita del Santissimo Sacramento con sede nella parrocchia di San Domenico38. Queste ebbero luogo in seguito all’emanazione, il 6 agosto 1573, della Bolla Pastoris aeterni da parte di Papa Gregorio XIII, che concedeva speciali indulgenze ai membri delle confraternite del SS. Sacramento che le avessero organizzate39. Durante il loro svolgimento i confratelli seguivano uno stendardo nero, mentre i frati sfilavano dietro un crocifisso; era presente anche l’accompagnamento musicale, mentre era portata in processione la statua della Madonna, verosimilmente l’Addolorata40.

Nella chiesa del convento francescano di Santa Maria di Gesù, luogo dal quale oggi prende le mosse la processione del Venerdì Santo, pare che invece prima del 1646, anno della fondazione della Confraternita del Crocifisso41, non si organizzasse alcuna particolare attività quaresimale, eccezion fatta per le sante messe e le altre funzioni che si svolgevano in chiesa42. Invece, dal secondo statuto di fondazione di tale Confraternita datato 1647 si evince chiaramente l’esistenza di rappresentazioni sacre della Passione di Cristo sia durante le settimane di Quaresima che anche il Venerdì Santo (con il solo Cristo morto), mentre cessarono quelle organizzate dalla chiesa di San Domenico. A partire dal 1709 la processione del Venerdì fu poi rimpiazzata da un’altra che aveva luogo il Giovedì Santo, alla quale prendevano parte numerose statue43. Oggi è stata ripristinata la sacra rappresentazione del Venerdì Santo, con otto “misteri” secondo l’assetto processionale tradizionale dell’Isola.

Secondo il compianto storico maltese Padre Giorgio Aquilina, la prima processione con i gruppi scultorei realizzati da un tale Baldassare Ciantar in legno, carta e paglia che indossavano degli eleganti e finissimi abiti e l’accompagnamento musicale si svolse soltanto nel 167344.

Un documento del 1712 ci informa che all’epoca, oltre al Cristo Morto, esistevano Gesù nell’orto di Getsemani, Ecce Homo, Gesù che porta la croce, La Veronica e La Crocifissione 45. L’inventario in questione è estremamente significativo in quanto descrive molto minuziosamente le opere: «Il Mistero di Nostro Signore figura del Cristo morto in carta pista, quattro angioli alti tre palmi l’uno anche di carta pista, li vestimenti della vara del Cristo morto, cioè una cutra di broccato d’oro con il fondo pagonazzo con frangia d’oro all’intorno foderata di damaschello cremisino, un lenzuolo di tela d’Olanda per di sopra una mustascia guarnita di cupi con pizzilla d’un palmo di larghezza, un altro velo di mustascia  grande tutto trinato d’oro guarnito di pizzilla bianca all’intorno, li vestimenti delli quattro Angioli di detta vara di lama falsa d’argento con quattro fasci di velo rosso per li detti Angioli, li suoi coroni di fiori et il pedestallo di detti Angioli di fiori. Un coscino di broccato d’oro pagonazzo con galloni e giummari d’oro che serve per il Corpo di Cristo, sei cuscinetti di damaschello cremisino per quelli Sacerdoti che portano la vara. Una tovaglia che copre il Cristo di torbante rosso e bianco, due altri cuscini di tela bianca riccamata di sita rossa e verde che stanno sotto il Cristo; li tasti delli lanterni argentati sono dentro la guardarobba del Cristo morto; Le due teste e mani e piedi delli due vari Cristo all’orto e della Croce alle spalle, li vestimenti delli medesimi, cioè due tuniche di scomiglia color di viola infoderate di tela dell’istesso colore, un mento di Christo all’Orto di tarzanello dell’istesso colore, due cinture di tarzanello dell’istesso colore per li medesimi, un feriolo di cremisino rosso che serve per l’Ecce Homo. La testa e mani della Veronica e li suoi vestimenti, cioè una camiscia di tela soldea cruda una tunica di bogasin color di viola, un manto di armesino color di viola e due tovagli bianchi per la testa di torbante, una tovaglia bianca di filodente che si mette nella Croce delli mani: La testa e mani della Madonna Addolorata, e li suoi vestimenti, cioè una camiscia di tela cruda soldea, una tunica d’armesino pagonazzo, un manto color di viola infoderato di sopra di lama falsa e due tovagli per la testa di torbante: La testa e mani di S. Gio. Evangelista, e li suoi vestimenti cioè una camiscia di tela soldea una tunica di bogasin verde, un manto di bogasin rosso, li diademi delli detti sono di cartone argentati; la figura della Veronica serve per la Maddalena»46.

Durante il 1729 furono effettuati nuovi rimaneggiamenti su alcuni “misteri”, mentre tra il 1737 e il 1742 Saverio Laferla, membro della Confraternita, realizzò cinque nuovi gruppi processionali in cartapesta, introducendo l’Addolorata 47. Quindi, pare che fino alla metà del XIX secolo nella processione di Valletta non esistesse La Flagellazione, di cui fa cenno per la prima volta un inventario del 177348.

Per quanto riguarda le statue oggi portate in processione, Gesù nell’orto di Getsemani è il gruppo realizzato in cartapesta da Saverio Laferla nel 173049 (Fig. 3); ad esso fu aggiunto, probabilmente nel 1773, l’angelo, poi sostituito dall’attuale opera del 1939 di Wistin Camilleri.

La Flagellazione, dunque, è menzionata per la prima volta nel 1773, quando iniziò a essere utilizzata la statua con Cristo in legno e la colonna di cartapesta che fino a quel momento era impiegata per rappresentare l’Ecce Homo 50.  L’opera lignea oggi esistente fu realizzata nel 1831 da Pietro Paolo Azzopardi51, per una somma di centotrenta scudi (Fig. 4). In una cronaca del convento scritta nel 1730, frate Gio(vanni) Antonio Mercieca afferma che in chiesa, nella cappella del Crocifisso, esisteva una statua di Gesù coperto di molto sangue legato alla colonna e flagellato («idem Religiosus pariter Statuam Christi Domini ad columnam alligati et flagellis crudelissime ad multum sanguinem verberati quae ad latus dextrum tabellae pietatis supradictae in cavo parietis vitris clausa seratur [..]»52) che si credeva dello stesso autore del Crocefisso miracoloso53, quest’ultimo per tanto tempo attribuito a frate Umile da Petralia ma che di recente è stato riferito con certezza a frate Innocenzo54. E a proposito di questo Crocefisso ligneo (Fig. 5), sappiamo che il 21 febbraio 1648 già si trovava nella chiesa conventuale, nella «Cascia […] novamente fabricato dal Reverendo Padre Fra’ Innocentio de Petralia reformato de’ Minori Osservanti ad istantia di detti Confrati, et a proprie spese del sudetto Signor Fra’ Marco Rossetto del quale ha fatto donatione alla detta Confraternita […]»55. Dal momento che, dopo la supplica del 1 novembre 1646 al “Molto Reverendo Padre Predicatore e Guardiano di detto Convento Fra’ Agustino di Malta”, il contratto relativo all’erezione di suddetta confraternita, “o sia compagnia sotto titolo della Santa Croce, e Passione di nostro Signor Giesu Christo per posser esercitare opere di Carità, e devozione”, e la conseguente assegnazione della “Cappella, e luogo per l’oreatorio […]”56 risalgono all’11 novembre 1646, pare molto verosimile che la committenza a frate Innocenzo e la conseguente fabbricazione del crocefisso si collochino tra questa data e, appunto, il 21 febbraio del 1648.

L’altro Crocefisso del frate siciliano che si trova a Malta fu donato alla Cattedrale di Mdina dal già citato vescovo Balaguer y Camarasa il 4 maggio 1648, che pertanto è il termine ante quem per la sua realizzazione, dopo che il giorno precedente era stato traslato dalla chiesa di Sant’Agata, posta ai confini con Rabat, alla suddetta Cattedrale con una pomposa e suggestiva processione57. L’opera, che presenta proporzioni più ridotte rispetto al Crocefisso di Valletta, è oggi custodita nell’omonima cappella alla destra dell’altare maggiore (Fig. 6).

Ritornando alle statue processionali del Venerdì Santo di Valletta, per quanto concerne l’Ecce Homo oggi portato in processione, rappresentato seduto su una mezza colonna, in seguito al restauro condotto nel 2008 era stata avanzata una problematica attribuzione a frate Umile da Petralia58 (Fig. 7). Senza dubbio si tratta in realtà di un’opera più tarda, da collocare verso la seconda metà del XVIII secolo, e molto verosimilmente proprio il 1773 rappresenta il termine ante quem per la sua realizzazione, come suggerisce anche l’osservazione di particolari come la resa anatomica degli arti inferiori, le proporzioni della mani piuttosto che il voluminoso panneggio del perizoma e la capigliatura. Pare lecito comunque affermare che si tratti di un’opera che, per lo spinto realismo, è espressione di una cultura ancora influenzata dall’espressionismo controriformato codificato nella produzione lignea siciliana, a quanto ci è dato sapere finora, dall’opera di frate Umile59, a cui rimandano l’espressione sofferente del Cristo volta a emozionare e commuovere il devoto, la posizione delle mani, e l’impietosa descrizione dei lividi, dei gonfiori e delle ferite con il sangue abbondante e a rilievo realizzato con la ceralacca.

Il gruppo con Gesù che porta la croce, presente fin dalle prime processioni, fu rifatto nel biennio 1729-1730 e poi sostituito da uno in cartapesta frutto dell’abilità del maestro Laferla60 in seguito ad un incendio, nel 1830 fu in parte rimaneggiato da Salvatore Psaila61. L’opera in cartapesta visibile oggi risale alla fine del XIX secolo.

A proposito della Veronica Padre Aquilina cita un conto della Confraternita relativo al biennio 1710-1711 dove si menziona un pagamento di 2 scudi in favore di Tommaso Fava che aveva apportato delle modifiche alla statua, dunque all’epoca già esistente. Oggi si conserva quella in cartapesta realizzata da Saverio Laferla nel 1737 (Fig. 8).

La Crocifissione, nota anche come la “Grande Vara”, la “Vara”, o “Le Marie”, ha da sempre avuto un posto di rilievo tra i “misteri” di Valletta. Il gruppo originale nel 1741 fu sostituito da quello in cartapesta di Laferla costato sessantuno scudi, quattro tarì e sedici grani, a sua volta rimpiazzato nel 1854 da quello ancora oggi esistente, opera di Salvatore Dimech62 (Fig. 9).

Il cosiddetto Monumento contenente il Cristo deposto fino al 1740, anno in cui fu commissionata la statua dell’Addolorata, chiudeva la processione del Venerdì Santo. Nel 1688 la Confraternita spese dieci scudi per l’esterno dell’urna e diciannove scudi e mezzo per un nuovo Cristo in cartapesta portato da Messina da Gio(vanni) Maria Camilleri63. Una prima descrizione completa del gruppo la fornisce l’inventario del 1712, in cui si parla del Cristo morto di cartapesta e di quattro angeli di tre palmi maltesi di altezza, anch’essi di cartapesta e decorati da stoffe di ottima qualità64. Nel 1728 la statua fu nuovamente rifatta per un costo di trentanove scudi, mentre nel 1868 furono realizzati ex novo gli angeli, questa volta ad opera del più volte citato maestro Darmanin 65, che poi sono quelli che ancora oggi è possibile ammirare. Nicola Zammit66 nel 1870 ridisegnò l’urna, modificata poi nel 1973, mentre il Cristo morto secondo Padre Aquilina risale alla fine del XIX secolo67.

Come già accennato, soltanto nel 1740 fu introdotta l’Addolorata a concludere la processione (Fig. 10). Il gruppo di Saverio Laferla viene descritto nell’inventario del 1773, dove si sottolinea, dietro la figura della Vergine, la presenza della grande croce vuota, dello scalino appoggiato alla stessa croce, e dell’angioletto con in mano una corona di spine e i chiodi; un inventario dell’inizio del XIX secolo informa che la spada d’argento, la corona, e i chiodi furono finanziati dalle offerte che i cittadini di Valletta fecero durante la pestilenza del 181368.

Si tratta pertanto di opere ascrivibili a un periodo compreso tra gli anni Trenta del XVIII e la fine del XIX secolo, interessanti testimonianze dell’abilità degli artigiani maltesi nella lavorazione del legno e della cartapesta; tali personalità in molti casi risultano ancora poco indagate o decisamente ignorate, anche in virtù del fatto che ad oggi scarse o del tutto inesistenti sono le notizie pervenute. Manufatti dal forte impatto visivo, con evidenti influenze sia stilistiche che compositive della cultura figurativa seicentesca e tardo barocca, i gruppi processionali del Venerdì Santo di Valletta si rivelano in linea con quanto veniva prodotto nel più ampio contesto mediterraneo tra Sicilia e Spagna, anche per quanto riguarda le finalità catechetiche e didascaliche a cui essi erano e sono ancora adesso destinati.

  1. Sull’argomento cfr. J. Cassar Pullicino, Studies in Maltese Folklore, Malta 1976; J. F. Grima, The Iconography of the Maltese Good Friday Processional Statues: Their Development between 1960 and 1984, in Proceedings of History Week 1984, ed. by S. Fiorini, Malta 1986, pp. 141-148; Il-Purċissjonijiet tal-Ġimgħa l-Kbira f’Malta u Għawdex, ed. by M. J. Schiavone, Malta 1992; B. Bonnici, Il-Ġimgħa l-Kbira f’Malta: L-Istorja, it-Tradizzjoni u l-Folklor, Malta 1998; J. Grech, Il~Vari tal-Ġimgħa l-Kbira ta’ Malta u Għawdex, Malta 1999; G. Gauci, Good Friday & Easter statues & processions of Malta & Gozo: history and traditions, Malta 2003; J. F. Grima, Il-Vari tal-Ġimgħa Mqaddsa fil-Gżejjer Maltin, Sensiela Kullana Kulturali 78, Malta 2012. Per  ulteriori notizie circa le manifestazioni nelle singole cittadine maltesi cfr. Rev. C. Zammit, Good Friday. Procession at Luqa, Malta 1976; The Holy Week at Paceville, Malta 1978; J. F. Grima, Il-Vari tal-Gimgħa Mqaddsa, in Il-Knisja Parrokkjali ta’ San Ġorġ Ħal Qormi-Erba’ Sekli ta’ Storja, ed. by J. F. Grima, Malta 1984; J. C. Camilleri, Cospicua’s Good Friday procession, in The year book, Malta 1985, pp. 377-387; G. Aquilina O. F. M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt. Tagħrif storiku dwar il-Kurċifiss Mirakuluż, il-Gimgħa l-Kbira u d-Duluri tal-Belt Valletta, Malta 1986; J. C. Camilleri, Mosta’s Good Friday procession, in The year book, Malta 1986, pp. 406-415; Idem, The Vittoriosa Good Friday procession, in The Malta year book, Malta 1988, pp. 411-417; Il-Gimgha Mqaddsa f’Paceville, ed. by L. Cuschieri, Malta 1988; J. C. Camilleri, The Senglea Good Friday procession, in The Malta year book, Malta 1989, pp. 402-405; P. Catania-Rev. C. Catania, The Good Friday Procession. Naxxar. Il-Purcissjoni Tal-Gimgha L-Kbira, Malta 1990; A. Bonnici, The Good Friday procession. Nadur, Malta 1995; C. Galea Scannura, Holy Week at Cospicua, Malta 1998. []
  2. A. Blunt, Le teorie artistiche in Italia. Dal Rinascimento al Manierismo, Torino 2001, p. 121. []
  3. L. Palmeri, La funzione teologica e devozionale delle sacre rappresentazioni processionali, in Legno tela & … La scultura polimaterica trapanese tra Seicento e Novecento, catalogo della mostra a cura di AM. Precopi Lombardo-P. Messana, Erice 2011, p. 104. []
  4. Sull’argomento cfr. D. Sanguineti, Anton Maria Maragliano 1664-1739: insignis sculptor Genue, presentazione di E. Gavazza, Genova 2012, con precedente bibliografia. []
  5. Per approfondimenti cfr. Gaudenzio Ferrari. La crocifissione del Sacro Monte di Varallo, a cura di E. De Filippis, Torino 2006. []
  6. A. Blunt, Le teorie artistiche…, 2001, p. 136. []
  7. AM. Precopi Lombardo, La scultura celebra la fede, in Mysterium Crucis nell’arte trapanese dal XIV al XVIII secolo, a cura di M. Vitella, Trapani 2009, p. 57. []
  8. Per i “misteri” di Trapani cfr. L. Novara, I gruppi statuari dei Misteri di Trapani: tecnica e stile, in Legno tela …, 2011, pp. 115-121, che riporta la precedente bibliografia. Per i gruppi di Erice cfr. M. Vitella, Erice: i gruppi processionali per il Venerdì Santo, in Legno tela …, 2011, pp. 151-156. []
  9. Per approfondimenti sui crocefissi lignei presenti a Malta cfr. S. Debono, The sculptured altar crucifix in the Maltese Islands, 1600-1800, B. A. (Hons) thesis (History of Art), University of Malta, 2003; Idem, Imago Dei. Sculpted Images of the Crucifix in the Art of Early Modern Malta, Superintendence monograph series No. 2, Malta 2005. []
  10. I primi maltesi ad abbracciare la vita dei Frati Minori furono attratti dai missionari di Terra Santa giunti sull’Isola, o forse provenivano da famiglie maltesi che risiedevano temporaneamente in Sicilia. Il 6 novembre 1482 Papa Sisto IV con la Bolla Pia Fidelium diede loro il permesso di fondare un convento, decisione confermata molti anni dopo, il 27 gennaio 1494, dalla Bolla Apostolicae Servitutis di Alessandro VI. Risale proprio al 1494 la fondazione del primo convento dei Minori nella città di Rabat (la supplica all’allora pontefice è del 20 dicembre di quell’anno). Fino al 1835 essi furono legati alla madre provincia siciliana del Santissimo Nome di Gesù. Per la storia e le vicende degli Osservanti Riformati a Malta cfr. P. Ġorġ Aquilina OFM, Il-Franġiskani Maltin (Ta’ Ġieżu). 1482c-1965c (sal-Konċilju Vatikan II), Malta 2011. Cfr. pure G. Aquilina-S. Fiorini, The Origin of Franciscanism in the late medieval Malta, Malta 1995. []
  11. Il culto per Gesù sotto il titolo di Redentore fu introdotto a Malta dal movimento dei Redentoristi, la Congregazione del Santissimo Redentore fondata da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori a Scala (Salerno) il 9 novembre 1732 e approvata nel 1749 da Papa Benedetto XIV. La Cottonera (ovvero le cosiddette “Tre Città”, Vittoriosa, Senglea e Cospicua) fu uno tra i primi territori in cui esso si diffuse più velocemente fin dalla prima metà del XVIII secolo. Tutte le maggiori chiese della zona, non solo le parrocchiali ma anche quelle dei più importanti ordini religiosi, possedevano una statua del Redentore raffigurato secondo la nuova iconografia: Cristo caduto e quasi schiacciato sotto il peso della croce. Essa fu presto associata alla stazione della Via Crucis raffigurante Cristo carico della croce, e finì per sostituire la precedente rappresentazione del figlio di Dio in piedi mentre trasporta la croce. La prima città a promuovere il nuovo culto fu Senglea, dopo che fu realizzata per la processione del Venerdì Santo una statua che ancora oggi è la più venerata di tutta l’Isola. Cfr. S. Mercieca, The Birgu Painting of St Alphonse Maria De Liguori. A Journey in the History of Popular Religion in Malta, in “Treasures of Malta”, No. 43, Christmas 2008, Vol. XV No. 1, Malta, pp. 66-67. []
  12. Estremamente interessante ricordare che a Trapani il gruppo denominato Gesù nel sepolcro, ovvero il diciannovesimo, venga popolarmente chiamato U signuri nu munumento. Cfr. L. Novara, I gruppi processionali di Trapani, in Legno tela …, 2011, p. 149. []
  13. cfr. L. Novara, I gruppi processionali …, in Legno tela …, p. 2011, pp. 131-150. []
  14. L. Novara, I gruppi statuari,  in Legno tela …, 2011, p. 117. []
  15. Per approfondimenti circa i rapporti tra Malta e Spagna nella scultura, in particolare a partire dalla seconda metà del XVIII secolo cfr. S. Debono, Mariano Girada (1771-1823): Maltese art and Spain, 1750-1830, unpublished M. A. thesis (History of Art), University of Malta, 2007. []
  16. Cfr. F. Balzan, Jewellery in Malta. Treasures from the Island of the Knights (1530-1798), Malta 2009, pp. 46-48. []
  17. Per quanto riguarda gli Osservanti Riformati, basti soltanto ricordare che essi, per la chiesa conventuale di Rabat, commissionarono il 22 febbraio 1503 una statua in marmo (Madonna col Bambino) ad Antonello Gagini, realizzata poi l’anno successivo, e nel 1515 un polittico ad Antonio de Saliba, di cui sopravvivono oggi soltanto le due tavole con la Deposizione e la Madonna in trono col Bambino. Nel convento di Valletta, invece, oltre al già citato crocefisso ligneo opera di frate Innocenzo da Petralia, troviamo la pala dell’altare maggiore con il Matrimonio mistico di Santa Caterina (nella letteratura maltese citata come Visitazione) firmata e datata 1600 da Antonio Catalano il Vecchio, e un dipinto, la Guarigione del padre di Publio dopo il naufragio di S. Paolo, associato al nome del Monrealese Pietro Novelli. Per approfondimenti sull’argomento cfr. G. Aquilina OFM, Le arti figurative nelle relazioni conventuali tra Sicilia e Malta, in Sicilia e Malta. Le Isole del Grand Tour, a cura di R. Bondin-F. Gringeri Pantano, Malta 2008, pp. 125-133. []
  18. Per l’argomento cfr. J. F. Grima, The Iconography …, in Proceedings …, 1986, pp. 141-148. []
  19. Per Francisco Salzillo, in particolar modo per i pasos della processione del Venerdì Santo di Murcia, cfr. M. Pérez Sánchez, El triunfo de lo sensible: los Pasos de la Procesión del Viernes Santo en Murcia (Espana), in Legno tela …, 2011, pp. 107-113, con bibliografia precedente. []
  20. Nell’opera della seconda metà del XVIII secolo presente a Trapani, attribuita a Baldassare Pisciotta, Gesù in preghiera è accompagnato, oltre che naturalmente dall’angelo, anche dagli apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo che giacciono dormienti. Cfr. L. Novara, I gruppi …, in Legno tela …, 2011, pp. 133-134. []
  21. Cfr. Luca, 22, 42-43: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice. Però non sia fatta la mia, ma la tua volontà. Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo». []
  22. Cfr. M. Vitella, Erice…, in Legno tela …, 2011, p. 153, che sottolinea come tale “mistero” presenti un’analogia «con El paso de la Oracion en el huerto della chiesa del Gesù di Murcia, in Spagna, opera realizzata nel 1754 da Francisco Salzillo». []
  23. C. Galea Scannura, Holy Week Traditions in Malta, in The Holy Week…, 1978, p. 28. Per Carlo Darmanin cfr. V. Caruana, The art of papier-mache in Malta between the 19th and early 20th centuries: technical and art historical considerations, unpublished M.A. thesis (History of Art), University of Malta, 2005; S. Mangion, Karlu Darmanin: il-prinċep tal-istatwarji: ħajtu u ħidmietu , riċerka u kitba ta’ S. Mangion, C. Magro, b’introduzzjoni ta’ M. T. Vassallo, Malta 2010. []
  24. Ringrazio il Prof. Maurizio Vitella per i suoi consigli in merito. []
  25. Cfr. F. Bologna, Alla ricerca del vero San Francesco in estasi di Michel Agnolo da Caravaggio per il cardinale Francesco Maria Del Monte, in “Artibus et Historiae”, vol. 8, no. 16 (1987), pp. 159-177. Cfr. pure M. Cinotti, Scheda 19, in M. Cinotti, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio: Tutte le opere, con un saggio critico di G. A. Dell’Acqua, estratto da “I pittori bergamaschi”. Il Seicento, vol. I, Bergamo 1983, p. 440, che riporta la precedente bibliografia. []
  26. Per Gaetano Giulio Zumbo cfr. F. Cagnetta, La vie et l’oeuvre de Gaetano Giulio Zummo, in La ceroplastica nella scienza e nell’arte, atti del I Congresso Internazionale, Firenze 1977, vol. II, pp. 489-501, che riporta la bibliografia precedente. Cfr. pure G. Gargallo Di Castel Lentini, Tracce della famiglia Zumbo a Siracusa, in La ceroplastica …, 1977, pp. 517-523; Gaetano Giulio Zumbo, catalogo della mostra a cura di P. Giansiracusa, Milano 1988; Vanitas Vanitatum: studi sulla ceroplastica di Gaetano Giulio Zumbo, atti del convegno a cura di P. Giansiracusa, Siracusa-Palermo 1991; Mirabili orrori. Cere inedite di Gaetano Giulio Zumbo, catalogo della mostra a cura di L. Speranza, Firenze 2010. []
  27. Le due opere, donate al museo alla fine degli anni Novanta del XX secolo, si trovavano precedentemente nella residenza estiva di famiglia a St Paul’s Bay, nella sala degli ospiti. Ringraziamenti vanno a Don Edgar Vella, per le notizie fornitemi. []
  28. Ringrazio il Marchese Nicholas de Piro per le preziose informazioni. Per approfondimenti cfr. L. Sebregondi, San Jacopo in Campo Corbolini a Firenze. Percorsi storici dai Templari all’Ordine di Malta all’era moderna, presentazioni M. Gregori, A. Paolucci, F. Guarducci, Firenze 2005, pp. 131-141. []
  29. Cfr. L. Novara, I gruppi …, in Legno tela …, 2011, p. 139. []
  30. Cfr. M. Vitella, Erice…, in Legno tela …, 2011, pp. 153-154. []
  31. Cfr. L. Novara, I gruppi …, in Legno tela …, 2011, p. 141. []
  32. Giovanni, 19, 4-7. []
  33. Il pugnale allude alla profezia di Simeone che, in occasione della presentazione al tempio di Gesù, aveva predetto a Maria che una spada le avrebbe trafitto il cuore. Cfr. Luca 2, 34-35. []
  34. Cfr. L. Novara, 13. Ascesa al Calvario, in Jesus Hominum Salvator. La vita di Cristo nell’arte trapanese dal XV al XIX secolo, catalogo della mostra a cura di AM. Precopi Lombardo-P. Messana, Erice 2009, pp. 80-84, che riporta la bibliografia precedente, e Eadem, I gruppi …, in Legno tela …, 2011, p. 143. []
  35. Nel 1895 il già citato maestro maltese Carlo Darmanin introdusse per la prima volta a Mosta una nuova iconografia della Veronica accompagnata da una giovane fanciulla, rifacendosi alle visioni della Beata agostiniana tedesca Anna Katharina Emmerick. Cfr. J. F. Grima, The Iconography …, in Proceedings …, 1986, p. 143. Lo stesso Darmanin fu il primo a realizzare nel 1903, per la processione della città di Qormi, un gruppo con Il tradimento di Giuda, iconografia prima di allora mai realizzata sull’Isola. []
  36. Cfr. L. Novara, I gruppi …, in Legno tela …, 2011, p. 150. []
  37. Cfr. M. Pérez Sánchez, El triunfo de lo sensible , in Legno tela …, 2011, pp. 108-109. []
  38. F. Mallia O. P., Il-Fratellanza tas-Santissimu Sagrament fil-Parroċċa ta’ S. M. tal-Portu Salvu, il-Belt, 1575-1975, Malta 1975, pp. 250-251. []
  39. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, p. 26. Ringrazio sentitamente Paul Camilleri, per il suo fondamentale aiuto nella traduzione in italiano di questo testo. []
  40. Ibidem. []
  41. Cfr. G. Scerri, Monografia dell’Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso, Malta 1932. La Confraternita del Crocifisso fu fondata in seguito alla supplica dell’allora vescovo di Malta Fra Michele Giovanni Balaguer y Camarasa, in carica dal 25 marzo 1635 al 9 dicembre 1663. Per approfondimenti sulla sua figura cfr. A. Ferres, Descrizione Storica delle Chiese di Malta e di Gozo, Malta 1866, pp. 40-41; A. Bonnici, I Vescovi di Malta Baldasarre Cagliares (1615-1633) e Michele Balaguer (1635-1663). Edizione critica del Manoscritto 6687 del Fondo Barberini latino della Biblioteca Vaticana, in “Melita Historica”, eds. by A.  Vella et., vol. 5 no. 2, Malta 1969, pp. 114-157. []
  42. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, p. 26. []
  43. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, pp. 27, 56. Le chiese dinanzi alle quali transitava la processione del Giovedì Santo erano: Sant’Orsola, San Rocco, Santa Maria Maddalena, Santa Caterina (del Monastero), la chiesa dei Gesuiti, quella dei Greci, San Giovanni, San Giacomo e San Paolo. Per ulteriori approfondimenti, cfr. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, pp. 29-30. []
  44. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, pp. 31-32. Il materiale utilizzato per la realizzazione dei primi fercoli processionali costò alla Confraternita undici scudi, cinque tarì e quindici grani, mentre Ciantar fu pagato tre scudi. Appena due anni dopo, alcuni di essi furono riparati e rimaneggiati: il maestro Andrea Giordano fu pagato dodici scudi per il lavoro svolto su La Crocifissione (per il rifacimento di tre teste e di sei mani); i lavori di ridipintura ammontarono a tre scudi, sette tarì e otto grani. Complessivamente, la spesa sostenuta dal procuratore della Confraternita nel corso del 1675 fu di trenta scudi, cinque tarì e tre grani. []
  45. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, p. 32. []
  46. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, pp. 58-59. []
  47. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986,  p. 32. []
  48. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, p. 33. []
  49. Ibidem. Il gruppo originale, esistente già prima del 1712, allo stesso modo non aveva l’angelo. []
  50. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, p. 35. []
  51. Per la figura di Pietro Paolo Azzopardi cfr. E. F. Montanaro, Pietro Paolo Azzopardi: A forgotten Sculptor, in Proceedings of History Week 1981, ed. M. Buhagiar, Malta1982, pp. 61-75. []
  52. P. Ġorġ Aquilina OFM, Il-Franġiskani Maltin…, 2011, p. 348. []
  53. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986 p. 34. []
  54. Cfr. P. Ġorġ Aquilina OFM, Il-Franġiskani Maltin…, 2011, pp. 337-346 e 502-505. Per frate Innocenzo cfr. R. La Mattina, Frate Innocenzo da Petralia. Scultore siciliano del XVII secolo fra leggenda e realtà, Caltanissetta 2002, che riporta la precedente bibliografia. Cfr. anche G. M. Fachechi, Frate Innocenzo da Petralia Soprana, scultore siciliano itinerante fra Roma, Umbria e Marche, in L’arte del legno tra Umbria e Marche dal Manierismo al Rococò, atti del convegno, a cura di C. Galassi, Perugia 2001, pp. 135-142; A. Cuccia, Frate Umile e Frate Innocenzo da Petralia Sop “crocifissari” al servizio dell’Ordine, in A. Cuccia, La Chiesa del Convento di Sant’Antonio da Padova di Palermo, Palermo 2002, pp. 60-64; P. Russo, Una “Immacolata Concezione” di frate Innocenzo da Petralia ed altri inediti della scultura in legno del Seicento nella Sicilia centro-meridionale, in Scritti di Storia dell’Arte in onore di Teresa Pugliatti, a cura di G. Bongiovanni, «Commentari d’arte»/Quaderni, Roma 2007, pp. 81-86; S. Anselmo, Le Madonie. Guida all’arte, premessa F. Sgalambro, presentazione M. C. Di Natale, introduzione V. Abbate, Palermo 2008, p. 31; R. La Mattina, Scoperte e precisazioni su alcune opere di Frate Innocenzo da Petralia, in “Incontri. Rotary club di Caltanissetta”, settembre 2008, p. 5; S. Anselmo, Pietro Bencivinni “magister civitatis Politii” e la scultura lignea nelle Madonie, Quaderni dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia “Maria Accascina”, collana diretta da M. C. Di Natale, n. 1, premessa M.C. Di Natale, introduzione R. Casciaro, Palermo 2009, pp. 69-73; Idem, Scheda n. 10, in Caltavuturo. Atlante dei Beni Culturali, a cura di L. Romana, prefazione S. Tusa, introduzione A. Cusumano, Palermo 2009, pp. 229-230; G. Fazio, Inocentio petroliensi inferiori laico de minore osservante reformato. Revisione critica di frate Innocenzo da Petralia e del suo connubio artistico con frate Umile, in “Paleokastro. Rivista trimestrale di studi siciliani”, NS n. 3, a. II- n. 3, settembre 2011, pp. 29-42. []
  55. NAV Not. A. Vella R 458/4, 21.ii.1648, ff. 253-258, in part. ff. 257-258. []
  56. Ibidem, in part. ff. 253v-254. Cfr. pure NAV Not. P. Vella R476/36 11.xi.1646, ff. 302-394v. []
  57. NAV Not. G. L. Mamo R 335/19, 4.v.1648, ff. 566-567; ACM Misc. 61, ff. 103-109; ACM Misc. 215 Inventaria Ecc. Catt., fol. 292.  Per notizie sull’opera cfr. A. Ferres, Descrizione Storica …, 1866, p. 11; M. Buhagiar-S. Fiorini, Mdina-The Cathedral City of Malta. A Reassessment of its History and a Critical Appreciation of its Works of Arts, vol. 1, Malta 1996, pp. 254-255; R. La Mattina, Frate Innocenzo da Petralia …, 2002, pp. 81-82; S. Debono, Imago Dei…, 2005, pp. 35-36, 40-41. []
  58. Cfr. Ecce Homo. Att. to the workshop of Frate Umile da Petralia. Ta’ Giesu Church Valletta, report  by Sac. C. Vella, Malta. []
  59. Per frate Umile cfr. R. La Mattina, F. Dell’Utri, Frate Umile da Petralia “L’arte e il misticismo”, presentazioni di S. Correnti, G. Di Benedetto, Caltanissetta 1986, che riporta la precedente bibliografia. Cfr. pure R. la Mattina, L’Ecce Homo in Sicilia. Storia, arte e devozione, Caltanissetta 2005. []
  60. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, p. 35. []
  61. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, p. 36. []
  62. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, pp. 37-38. []
  63. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, p. 39. []
  64. Ibidem. []
  65. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, pp. 39-40. []
  66. Per la figura di Nicola Zammit cfr. S. Vella, Nicola Zammit (1815-1899) as an artist and art critic in the context of nineteenth century Malta, unpublished M.A. (History of Art) thesis, University of Malta, 2001. []
  67. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, p. 40 []
  68. G. Aquilina O.F.M., Il-Ġimgħa l-Kbira tal-Belt…, 1986, pp. 38-39. []