Benedetta Montevecchi

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Un prezioso argento perduto: il Reliquiario della Circoncisione di Calcata

DOI: 10.7431/RIV07032013

La cittadina di Calcata è una delle più note mete turistiche dell’alto Lazio per il suo suggestivo centro storico animato da iniziative artistiche, culturali e commerciali. Sulla piccola piazza, al centro del borgo, si affaccia la sobria chiesa parrocchiale dedicata al SS.mo Nome di Gesù che nasconde, al suo interno, un piccolo tesoro architettonico. Si tratta della seicentesca cappella maggiore, decorata con stucchi e marmi colorati, dove fino ad alcuni decenni fa1, era conservato il  Reliquiario della Circoncisione di Gesù che, in passato, ha determinato l’importanza del borgo e della sua piccola chiesa. Dopo il fortunoso arrivo della reliquia, nella seconda metà del Cinquecento2, l’edificio venne arricchito nella prima metà del XVII secolo e poi ristrutturato nel Settecento3. Il tempo e vicende diverse ne hanno ridimensionato l’ interno che conserva oggi solo poche tracce legate all’ antica devozione, stigmatizzata dall’ indulgenza plenaria decennale nel giorno della Circoncisione, concessa da Sisto V nel 15854.  Il Reliquiario venne forse realizzato intorno a questa data o poco prima, mentre si sarebbe dovuto attendere il 1635 per la decorazione dell’altare destinato a conservarlo. Lo attesta una lapide murata lungo la parete sinistra5 che ricorda la generosa donazione fatta dal cardinale spagnolo Baldassarre Moscoso de Sandoval6 e l’intervento di un personaggio locale, Paolo Canozzi7, il quale aveva completato i lavori a sue spese affinché la reliquia fosse degnamente custodita.

La cappella conserva intatta la ricca decorazione plastica seicentesca, con motivi ornamentali, rilievi e figure a tutto tondo. Il programma iconografico, culminato dalla Resurrezione nella volta, propone scene relative alla nascita, all’ infanzia e simboli della Passione, alludendo alla vita terrena di Gesù e alla sua incarnazione della quale era tangibile testimonianza la reliquia conservata al centro dell’altare. Al momento non risulta documentazione che attesti l’autografia dei lavori, assegnabili ad una bottega di stuccatori che ripropone modelli desunti dalla grande decorazione plastica romana cinquecentesca, a sua volta improntata sul monumentale esempio della Sala Regia in Vaticano (1541-1573). Tra le molte derivazioni da quell’ importante prototipo è la decorazione in stucco della cappella maggiore nella chiesa romana di San Gregorio dei Muratori, opera di plasticatori lombardi attivi entro il primo trentennio del ‘600 che, a sua volta, sembra fedelmente riproposta, ancorché in scala ridotta, nel presbiterio della piccola chiesa di Calcata8. Anche l’altare, ricco di stucchi e marmi pregiati, è stato progettato sull’ esempio di importanti esempi romani realizzati tra gli ultimi decenni del Cinquecento e i primi del Seicento. Di particolare pregio è l’alzata, una preziosa tarsia in marmi bianchi e colorati, con alabastro e lapislazzuli, al centro della quale è simulata un’edicola racchiudente il vano dove era custodito il Reliquiario9.

Storia e leggenda si fondono intorno alle vicende della venerata reliquia che un angelo avrebbe consegnato a Carlo Magno il quale l’avrebbe affidata al papa perché venisse custodita a Roma, nel Sancta Sanctorum. Lì il cimelio sarebbe rimasto fino al 1527 quando, durante il Sacco della città10, sarebbe stato trafugato da un lanzichenecco che, sulla via del ritorno, si sarebbe fermato a Calcata, nascondendo la refurtiva. Questa sarebbe stata rinvenuta solo trenta anni dopo da un sacerdote che l’avrebbe consegnata a Maddalena Strozzi, moglie del signore del luogo, Flaminio Anguillara. Qui la storia diviene ancor più favolosa perché la tradizione riporta che solo una fanciulla innocente, la giovanissima Clarice, figlia di Maddalena, fu in grado di aprire l’involucro che racchiudeva la reliquia per consentirne una degna sistemazione11.

Nonostante i molti dettagli agiografici sulla storia del cimelio, non è documentata la realizzazione del reliquiario destinato a conservarlo. Del prezioso oggetto resta oggi solo la documentazione fotografica del recto (Fig. 1) e del verso (Fig. 2), realizzata nel 1957 a corredo della scheda di catalogo ministeriale redatta nel 1958 da Ilaria Toesca12. La minuziosa descrizione stesa dalla studiosa dà conto della qualità del manufatto, costituito da due slanciati angeli in argento dorato dalle lunghe tuniche morbidamente avvolgenti, i capelli raccolti in un nodo sulla fronte e le piccole ali spalancate, sorreggenti con un braccio alzato un preziosissimo vasetto, chiuso da una corona regale e ornato da numerose pietre preziose tra cui un grande smeraldo circondato da tre smeraldi più piccoli, rubini e diamanti13. Nella scheda viene anche ricostruita la storia del  manufatto, non ritenuto l’originale tardo-cinquecentesco, ma un nuovo e più prezioso reliquiario voluto dal cardinale Camillo Cibo14. In realtà, secondo quanto riportato dallo storico Giovanni Marangoni15, il cardinale Cibo, particolarmente devoto al culto delle reliquie che aveva raccolto numerose nella sua cappella privata, nel 1723 si era recato a Calcata per venerare anche la reliquia di Gesù, meravigliandosi che “…sì prezioso tesoro si conservasse in un tenue vasetto d’argento di poco valore, sostenuto da due Angioletti parimente d’argento”. Perciò il cardinale aveva chiesto al conte dell’Anguillara, signore di Calcata, e al vescovo Giovanni Francesco Tenderini di potere fare a sue spese un ricettacolo più prezioso, conservando, in cambio, il vasetto antico che, per avere contenuto una  tale reliquia, era degno di figurare nella sua raccolta. A Roma, il Cibo commissionò ad un gioielliere “…un nuovo Reliquiario d’oro, ricoperto tutto di gioje preziose, per collocarvi la Sagra Reliquia;  e perché questo fermare doveasi fra gli due Angioletti sopradetti…” il vescovo Tenderini andò a Calcata, tolse la reliquia dall’antico vasetto, la collocò in una pisside e mandò a Roma il reliquiario vuoto, chiuso in una cassettina sigillata. Quando monsignor Cibo aprì il ricettacolo, ne uscì un soavissimo profumo sprigionatosi da alcune particelle ancora presenti: anche queste furono devotamente raccolte, mentre a Calcata tornava il reliquiario con i due angioletti originali che sostenevano il nuovo e più prezioso contenitore. Nel frattempo, papa Benedetto XIII aveva deciso di restaurare la chiesa, avendo rinnovato, nel 1724, la concessione dell’indulgenza plenaria perpetua nel giorno della Circoncisione16.

Il reliquiario è dunque l’assemblaggio di due parti distinte e di epoca diversa, come confermato dalle particolarità stilistiche, ancorché rilevabili solo dalla documentazione fotografica. A questa giusta conclusione era già arrivata Maria Andaloro nella scheda di catalogo della mostra Tesori di arte sacra di Roma e del Lazio17 dove il reliquiario era stato esposto. Nel sottolineare come la tipologia degli angeli sostenenti una reliquia risalisse a esempi gotici d’oltralpe, la studiosa notava che l’opera di Calcata era “partecipe fino in fondo di formulazioni tardo manieriste” e che “gli angeli tunicati dalle proporzioni slanciate ed eleganti” potevano essere stati fatti a Roma o in Toscana verso la fine del Cinquecento. Tali affermazioni corrispondono peraltro alle vicende della reliquia e del suo contenitore che dovette essere realizzato verosimilmente tra il 1557, anno del ritrovamento e il 1585, quando Sisto V concesse l’indulgenza decennale alla chiesa di Calcata che conservava il sacro cimelio. L’indulgenza venne concessa dietro istanza di Emilia Orsini, cognata di Maddalena Anguillara che per prima aveva avuto in consegna la reliquia e che potrebbe essere stata la committente del reliquiario. In questo caso, l’origine fiorentina della gentildonna, figlia di Clarice de’Medici e di Filippo Strozzi, permetterebbe di individuarne l’autore in un orafo toscano o di cultura toscana, magari attivo a Roma, esponente della nutrita ed eterogenea schiera di artefici documentati dalla seconda metà del Cinquecento. Anche se la produzione di oreficeria sacra di quei decenni fu caratterizzata dal particolare clima culturale determinato dalle regole della Controriforma, il fervore per il culto delle reliquie, da sempre sostenuto dalla Chiesa di Roma, e rinnovato anche per risarcire i danni sacrileghi del Sacco, favorì la realizzazione di reliquiari la cui tipologia e ornamentazione esulava dai rigidi dettami controriformati18.

In perfetta rispondenza con la sofisticata eleganza della cultura figurativa tardo manierista è concepito il reliquiario di Calcata, dove il preziosissimo contenitore ricoperto di gemme, come sopra ricordato, è un’ aggiunta settecentesca voluta dal cardinale Cibo in sostituzione del “tenue vasetto d’argento di poco valore”. Non è chiaro cosa il cardinale intendesse con questa definizione, ma certamente doveva trattarsi di un contenitore d’argento di particolare sobrietà, che tuttavia corrispondeva alla semplice eleganza dei due angeli dall’anatomia sottile e arcuata in un leggero hanchement, secondo un recupero di stilemi goticheggianti non infrequente nel linguaggio manierista. Una simile impostazione presentano, per esempio, le due Virtù nel grandioso e complesso Reliquiario del cardinale Uberto Gambara (già Brescia, santuario di Santa Maria delle Grazie, ora nel locale Museo Diocesano) (Fig. 3), opera di metà Cinquecento (ante 1549) di probabile fattura fiorentina, anche se con riferimenti alla cultura figurativa lombarda19.  Naturalmente le affinità tra i due manufatti si limitano alla vicinanza tipologica delle figure che sostengono il ricettacolo-reliquiario, non fosse altro che per la complessità formale e le dimensioni del pezzo bresciano rispetto al piccolo argento laziale. Anche se lavorate a Roma, per le sculturine di Calcata è verosimile l’accostamento a modelli toscani, non solo per la storia dell’oggetto e la probabile committenza cui si è sopra accennato, ma per l’evidente dipendenza dai moduli figurativi della grande plastica di derivazione giambolognesca interpretata da artefici versatili come Vincenzo Danti che fu scultore, fonditore e orafo20. Dalle elegantissime invenzioni in bronzo di questo grande artista – si vedano, in particolare, la delicata Salomè del Battistero fiorentino (Fig. 4) o la flessuosa Venere Anadiomene (Fig. 5) di Palazzo Vecchio (oggi al Bargello) – l’ignoto autore del Reliquiario di Calcata sembra avere derivato i moduli allungati delle sue figurine dalle movenze eleganti e dal modellato di levigata politezza, la finissima lavorazione delle testine dall’elaborata acconciatura e dei volti allungati dai tratti classici e minuti, appena inclinati verso il braccio, alzato a sostenere la reliquia, in contrapposizione al lieve inarcarsi del fianco.

Purtroppo, nell’impossibilità di un esame diretto, è difficile avanzare più circostanziate ipotesi sulla fattura e sull’ambito di produzione di questo piccolo capolavoro la cui immagine, tuttavia, contribuisce ad arricchire la conoscenza del patrimonio orafo centro-italiano della seconda metà del Cinquecento.

Referenze fotografiche

Figg. 1, 2, Archivio Fotografico della Soprintendenza Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Lazio

Fig. 3, da Fasti e splendori dei Gambara, a cura di D.Paoletti, San Zeno Naviglio (BS) 2010, p.332

Figg. 4, 5, da G.B.Fidanza, Vincenzo Danti 1530-1576, Firenze 1996, tavv. 10, 21.

  1. Il reliquiario è stato trafugato dalla casa del Parroco, dove era conservato per sicurezza, il 14 novembre 1983. []
  2. Le vicende relative alla chiesa di Calcata e alla reliquia in essa conservata sono illustrate da G. Moroni (Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro ai nostri giorni, vol. CI, Roma 1860, pp.330-336) il quale cita le fonti alle quali ha attinto; in particolare, la Narrazione critico-storica della Reliquia preziosissima del santissimo Prepuzio di N.S. Gesù Cristo che si venera nella Chiesa Parochiale di Calcata, Diocesi di Civita Castellana e Feudo dellìEcc.ma Casa Sinibaldi, ristampata […] per ordine di S.E. il Sig. Marchese Cesare Sinibaldi Gambalunga, Roma 1802, p.32, opera anonima che Moroni dichiara redatta dal sacerdote Filippo Talenti di Cori. []
  3. Breve racconto della reliquia del santissimo prepuzio di Nostro Signore Gesù Cristo dato in luce da un divoto in occasione della solenne Consacrazione della nuova Chiesa dei SS.Cornelio e Cipriano nella Terra di Calcata in cui la medesima si venera, Roma 1728. []
  4. Narrazione critico-storica…, 1802, p.32; G. Moroni, Dizionario…, 1860, p.330. []
  5. Nella lapide marmorea rettangolare (cm 66 x 91) con iscrizione incisa in lettere capitali e ornata, in basso, da due ramoscelli di rosa, si legge: D.O.M. / Sacrosanto Iesv Christi Dom. nostri Praepvtio / qvod antea svb humili ac perexigvo ornamento / recondebatvr / qvo decentivs asservaretvr eminentiss. Princeps / Balthasar S.R.E. Card. de Sandoval dvm id praesens est veneratvs centvm avreos / donavit / Pavlus vero Canotivs infinitae Dei erga se svosque / beneficentiae ac liberalitatis memor / ad grati animi perenni monvmentvm / hoc opvs svis sumptibvs magnifice persolvi cvravit / anno salvtis MDCXXXV. []
  6. Baltasar Moscoso y Sandoval, nato a Santiago de Compostela nel 1589, laureato a Salamanca, iniziò una brillante carriera ecclesiastica in Spagna, dove rivestì importanti cariche; nominato cardinale da Paolo V nel 1630 col titolo di Santa Croce in Gerusalemme (nel 1631, commissiona a Simone e Prospero de Prosperis da Norcia le due campane per la chiesa), fu incaricato dal re di Spagna, Filippo III, di convincere la Santa Sede ad intervenire contro i protestanti nella Guerra dei Trenta Anni. Rientrato in Spagna, fu cardinale di Toledo dove morì nel 1665 e venne sepolto nella locale cattedrale in un monumentale mausoleo. []
  7. Probabilmente originario di Stabbia (Faleria), ma residente a Calcata, Paolo Canozzi fu più volte protagonista di vicende economiche (imposte dovute, estinzione di censi) con la locale Comunità, come si evince da numerosi documenti, datati tra gli anni ’30 e ’40 del Seicento, conservati presso l’Archivio di Stato di Roma, Sacra Congregazione del Buon Governo, Serie II, Miscellanea, B.578. []
  8. Sulla chiesa di San Gregorio dei Muratori, vedi M. Amaturo, Precisazioni sulla vicenda architettonica e decorativa della chiesa di San Gregorio Magno a Ripetta, in “Bollettino d’Arte”, 77, 1993, pp.93-102. Sulla decorazione plastica nelle chiese romane tra ‘500 e ‘600, cfr. S. Kummer, Anfage und Ausbreitung der Stuckdecoration in Romischen Kirkenraum, Tubingen 1987. []
  9. Sulla piccola chiesa di Calcata, cfr. B. Montevecchi, La chiesa del SS.mo Nome di Gesù a Calcata e il suo perduto reliquiario, in “Nel Lazio. Guida al Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico” III, 4, 2013, in corso di stampa. []
  10. Cfr. A. Chastel, Il sacco di Roma. 1527, Torino 1983, pp.80-82; sul saccheggio delle suppellettili sacre romane, cfr anche A.M. Pedrocchi, Argenti sacri nelle chiese di Roma dal XV al XIX secolo. Repertori del Lazio – 2, Roma 2010, pp.12-17. []
  11. Per i dettagli di questa vicenda si rinvia a G. Moroni (Dizionario…, 1860, pp.330-336) e alle fonti bibliografiche sette e ottocentesche da lui consultate; si ricorda, inoltre, che la citazione forse più antica della reliquia è in Prudencio de Sandoval, Primera parte de la vida y hechos del emperador Carlos Quinto (1500-1528), Valladolid 1604. []
  12. Archivio Catalogo della Soprintendenza BSAE del Lazio, scheda s.n. del 7 marzo 1958; foto Gabinetto Fotografico Nazionale (G.F.N.) serie E nn. 39728 e 39729. []
  13. Gli angeli sono alti cm 22,5; l’apertura delle ali è di cm 16,5; la base d’appoggio misura cm 6,7 x 13,5. []
  14. Sul cardinale Camillo Cibo, cfr. A. Borromeo, Cibo, Camillo, in Dizionario Biografico degli italiani, vol. 25, Roma 1981, pp. 232-237 e G. Moroni, Dizionario…, 1860, pp.335-337. []
  15. G.Marangoni, Istoria dell’antichissimo oratorio o cappella di San Lorenzo nel Patriarchio Lateranense comunemente appellato Sancta Sanctorum…, Roma 1747, p. 256; il testo è ripreso anche da G. Moroni, Dizionario…, 1860, pp. 334-336. []
  16. Cfr. nota 4. []
  17. Tesori d’arte sacra di Roma e del Lazio dal Medioevo all’Ottocento, catalogo della mostra, Roma 1975, p. 45, n.100. []
  18. P. Peccolo, Gioielli e reliquie, argenti ed altari: la bottega degli orafi ed argentieri Vanni nella Roma dei papi tra Sisto V e Paolo V, in Marmorari e argentieri a Roma e nel Lazio tra Cinquecento e Seicento. I committenti, i documenti, le opere, Roma 1994, pp.157-219. []
  19. S. Guerrini, Il reliquiario del Santuario delle Grazie a Brescia, in Fasti e splendori dei Gambara, a cura di D.Paoletti, San Zeno Naviglio (BS) 2010, pp.331-337 (ringrazio Aurelio Fornasari della Fondazione Civiltà Bresciana, per la cortese collaborazione al reperimento di questo testo). []
  20. Su Vincenzo Danti (Perugia, 1530-1576), cfr. G.B. Fidanza, Vincenzo Danti 1530-1576, Firenze 1996; M. Collareta, Vincenzo Danti e l’oreficeria, in I grandi bronzi del Battistero: l’arte di Vincenzo Danti, discepolo di Michelangelo, a cura di Ch. Davis, B. Paolozzi Strozzi, Firenze 2008, pp.77- 85. []