Ivana Bruno

ivanabruno@hotmail.com

Tessuti siciliani d’età normanno-sveva in collezioni ed esposizioni tra Otto e Novecento

DOI: 10.7431/RIV05082012

La fortuna dell’arte normanna nell’Ottocento si manifestò pienamente in tutti i campi dell’arte. Se gli esiti di essa nell’architettura e nelle arti figurative sono stati più volte oggetto di studio soprattutto negli ultimi anni1,  più rari sono i contributi sui suoi riflessi nel settore delle arti applicate2.

Uno dei possibili osservatori per sviluppare tale indagine è certamente l’analisi del fenomeno del collezionismo. Ed è da questo binario di lettura che si vuole affrontare l’argomento in riferimento ai manufatti tessili, dando seguito alle ricerche già avviate da chi scrive in occasione della mostra Nobiles Officinae. Perle, filigrane e trame di seta dal Palazzo Reale di Palermo, curata da Maria Andaloro3.

E’ ormai noto che già negli ultimi decenni del Settecento si era acceso l’interesse per il tessuto d’età normanno-sveva4. L’apertura nel 1781 delle tombe reali della Cattedrale di Palermo e la scoperta delle preziose vesti che ricoprivano i corpi di Ruggero II, Enrico VI, Costanza d’Altavilla, Costanza d’Aragona e Federico II sepolti al loro interno, infatti, avevano attirato l’attenzione verso quei magnifici tessuti ricamati prodotti dalle Nobiles Officinae, gli opifici reali annessi al Palazzo Reale di Palermo. Tale interesse si espresse da un lato nell’avvio di studi e ricerche sistematiche, che portarono nella seconda metà dell’Ottocento a importanti pubblicazioni specialistiche5, dall’altro nell’incremento della presenza di stoffe normanne nelle raccolte pubbliche e private dell’epoca.

Il patrimonio tessile medievale fu oggetto di particolare considerazione innanzitutto per il tedesco Franz Bock, celebre per la sua imponente opera sulle insegne del Sacro Romano Impero, ancora oggi fondamentale, dal titolo Die kleinodien des Heil. Römischen Reiches Deutscher Nation, pubblicata a Vienna nel 18646. Bock aveva messo insieme molto rapidamente, attraverso varie acquisizioni compiute durante i suoi viaggi di studio, una vastissima collezione di stoffe antiche, tra le quali si contavano numerosi frammenti palermitani d’età normanno-sveva che – come gran parte degli altri pezzi – vendette poi principalmente al Victoria and Albert Museum di Londra e al Musée National du Moyen Âge-Thermes de Cluny di Parigi7.

Un nucleo di questi frammenti, caratterizzato dalla tessitura ad arazzo in seta e fili d’oro e dal disegno modulare a forma di medaglione che racchiude alberi piramidali, oggi smembrato in collezioni museali diverse, rimanda chiaramente alla fodera del Manto di Ruggero II, conservata alla Schatzkammer di Vienna8. Probabilmente proveniva da un unico telo, dal quale furono ricavati più frammenti per essere scambiati con altri collezionisti o venduti a musei diversi (Fig. 1).

L’interesse di Bock, infatti, come quello dei collezionisti a lui contemporanei, era rivolto essenzialmente al modulo decorativo della stoffa e fu sempre accompagnato da un atteggiamento di assoluta spregiudicatezza che lo indusse in molti casi ad impossessarsi di semplici scampoli di tessuto ed anche a ridurre i teli in suo possesso in pezzi più piccoli da barattare con altri suoi colleghi per ottenere nuovi esemplari. Quest’abitudine gli procurò il poco onorevole soprannome di «studioso con le forbici» e la convinzione, diffusa fra i suoi contemporanei, che lui fosse uno dei principali responsabili delle maggiori alienazioni e dispersioni di tessuti medievali dall’Italia gli fruttò una pessima reputazione nel settore9.

La sua cattiva fama risulta manifesta dal comportamento tenuto nei suoi confronti dai membri della Direzione Generale delle Belle Arti, quando mostrò l’intenzione di recarsi in Sicilia per effettuare una ricognizione dei sarcofagi reali che riteneva erroneamente fossero ancora collocati nella Cattedrale di Cefalù10. Alcuni documenti, datati 1888, rintracciati presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, mostrano infatti che, non appena il Ministro della Pubblica Istruzione venne a conoscenza che «il Bock, noto collezionista di stoffe, ex canonico di Colonia» voleva «fare pratiche presso le autorità ecclesiastiche al fine di scoperchiare le tombe dei re normanni nella Cattedrale di Cefalù per esportare tessuti, gioielli e quanto per avventura si scoprisse», la Direzione Generale delle Belle Arti si adoperò affinché lo studioso non realizzasse la sua missione, ma venisse anzi sottoposto ad un costante controllo da parte delle autorità competenti11.

Il canonico di Aquisgrana non rappresentò certamente un caso isolato nel suo campo. Nell’ambito del collezionismo tessile circolarono infatti in quel periodo diversi frammenti di stoffe palermitane di epoca normanno-sveva e furono numerosissimi i suoi colleghi, italiani e stranieri, che condivisero la stessa propensione a risuddividere i tessuti da loro ottenuti in pezzi più piccoli. Questi scampoli, le cui dimensioni erano ancora sufficienti a leggere con chiarezza i motivi decorativi originari della stoffa, alimentarono un’intensa rete di relazioni e di scambi12.

Nello stesso identico modo si comportavano gli antiquari, che frammentavano i grandi teli, smontandoli e tagliandoli con cura, per avere una maggiore quantità di materiale da poter vendere agli stessi collezionisti e ottenere così un profitto maggiore. Le collezioni generate da questo diffuso atteggiamento furono di conseguenza ricche raccolte di campioni rappresentativi delle diverse tecniche e manifatture succedutesi nei secoli, che tracciavano una sintetica storia del tessuto, utile sia a chi si accostava ad esse per motivi strettamente scientifici e documentari, sia per indirizzare le manifatture industriali alla ricerca di nuovi modelli decorativi.

Così in Europa, nella seconda metà del XIX secolo , nacquero i principali musei di arti decorative di Londra, di Parigi, di Vienna, spesso affiancati da scuole professionali specializzate e, anche in Italia, videro la luce musei di arti applicate, con l’intento dichiarato di risollevare il livello artistico dei prodotti artigianali e industriali13. La riflessione sugli esempi del passato proposti nelle collezioni era quindi considerata un ottimo spunto per il lavoro degli artisti-artigiani, ma anche una fonte di ispirazione  per i designers industriali.

Tra le figure più interessanti in questo contesto si colloca Isabelle Errera, studiosa di fama internazionale, che donò la propria collezione al Musées royaux d’Art et d’Histoire di Bruxelles, allora denominato Musées Royaux du Cinquantenaire, e ne analizzò in maniera sistematica ogni singolo pezzo, pubblicando nel 1907 il primo catalogo scientifico della raccolta14. Errera ebbe anche il merito, grazie al suo acuto occhio di studiosa ed alla sua ampia conoscenza della letteratura specialistica, di accostare per la prima volta uno dei pezzi della sua collezione − un frammento di seta tessuto ad arazzo su fondo oro da lei attribuito a manifattura araba del X-XI secolo, oggi ricondotto al laboratorio degli Altavilla15 (Fig. 2) − ad esemplari analoghi rintracciati nel Museo Civico d’Arte di Modena (Fig. 3), nel Tesoro della Cattedrale di Tongeren, nel Musée National du Moyen Âge-Thermes de Cluny, nonché ad una altro, andato perduto, allora conservato nel Museo di Darmstadt, notandone la comune vicinanza alla fodera del manto di Ruggero II della Schatzkammer di Vienna16.

Personaggio di spicco fu anche il conte modenese Alberto Gandini, che donò la propria collezione al Museo Civico d’Arte di Modena, di cui divenne direttore, e si distinse come autore di importanti contributi sulla storia del tessuto17. Nella sua raccolta, composta da oltre duemila ritagli di tessuti, ricami e tappeti databili tra il Medioevo e l’Ottocento, il pezzo più antico era costituito proprio da uno dei frammenti noti all’Errera, che era stato ritrovato nel 1902 presso la chiesa modenese di S. Pietro “frammisto a sacre reliquie lasciate in dimenticanza nelle stanze addette agli uffici del curato della chiesa” e subito da lui acquistato18. Gandini comprese immediatamente l’importanza del frammento, che riteneva però fosse di fattura bizantina e risalente al X secolo19. Sull’origine e la datazione del reperto condusse una disputa con Isabella Errera la quale, basandosi su prove più calzanti, pur non scartando l’influenza bizantina, sostenne che si trattasse di un lavoro arabo ad arazzo, eseguito probabilmente in Egitto20.

Altri due esemplari di tessuti – entrambi frammenti in taqueté operato, il primo con tralci ondulanti oro su fondo sabbia che danno luogo ad un fitto intreccio vegetale, l’altro con un’iscrizione cufica color sabbia su fondo oro, con le lettere della parola “Allah” – che a quell’epoca si riteneva fossero stati eseguiti a Palermo nel XII secolo, appartenevano alla raccolta di Moisè Michelangelo Guggenheim21. Quest’ultimo era noto come affermato antiquario, collezionista e produttore di mobili d’arte, ma anche come uno dei protagonisti della vita pubblica veneziana a fine Ottocento, e si distinse per l’impegno nello sviluppo delle arti applicate all’industria22. La sua raccolta, donata nel 1913 al Civico Museo Correr di Venezia, comprendeva oltre duecento frammenti di stoffe e merletti, da lui integrati in alcuni casi da prosecuzioni a disegno, scelti per formare un’antologia di esemplari di epoca e manifattura diverse che potesse risultare utile allo sviluppo delle arti industriali. Guggenheim, anch’egli appassionato studioso di arti decorative, aggiunse di suo pugno alcune annotazioni nei passepartout dei due frammenti. Del primo scrisse: «Avanzo di un’antica aurifrisia tessuta in oro di Cipro, fatto in felice urbe Panormi nelle fabbriche dei Califfi di Sicilia, ove artieri saraceni fabbricavano nel secolo XII le vesti di onore e di lusso della Corte loro, nonché per le corti dì Europa. Alcuni dettagli tecnici di questa bordura concordano con quelli del manto imperiale germanico (1133) adornato di perle fine, esistente nel tesoro di Vienna» (Fig. 4). L’annotazione del secondo riporta: «Pezzo di bordura, tessuto con oro di Cipro, fondo a porpora, eseguito nelle fabbriche dei califfi saraceni in Palermo sul cadere del secolo XII. In tale bordura ripetesi quale motivo un’iscrizione cufica, probabilmente il nome di Allah» (Fig. 5).

L’occasione per vedere riunite gran parte di queste raccolte fu, nel 1887, l’ esposizione di tessuti e merletti organizzata a Roma da Raffaele Erculei per presentare al pubblico i pezzi migliori appartenenti ai musei e ai collezionisti privati, accanto ai più prestigiosi prodotti dell’industria italiana23 (Figg. 678). Il confronto diretto degli straordinari tessuti riuniti nella manifestazione capitolina dimostrò in maniera palese ad esperti ed amatori dell’Ottocento quanto grande fosse stata l’importanza dell’arte serica siciliana al tempo dei Normanni. Questa rafforzata consapevolezza appare evidente nei brevi cenni sull’arte tessile in Italia scritti dallo stesso Erculei nell’introduzione al catalogo dell’esposizione: «Che l’arte della seta abbia introdotto dall’Oriente a Palermo…Ruggiero Normanno, non è una congettura, ma una verità, della quale può aversi la prova in Ottone da Frisinga e in Ugo Fulcedo. Quest’ultimo descrivendo, nel 1169, la città di Palermo, parla delle officine seriche dove lavoravansi sete da uno a sei licci, ornate di oro e pitture, fra gemme lucenti. La capitale della Sicilia ha perciò il vanto d’esser stata la culla della grande industria serica italiana; e fu altresì essa per prima che portò questa manifattura ad una  grande perfezione. Ben presto colla Sicilia rivaleggiò la Calabria e in appresso vediamo sorgere poderosa quest’arte in Toscana, prima a Lucca e poi a Firenze…»24.

La rassegna capitolina dette anche lo spunto al conte Luigi Gandini, premiato con un diploma e una medaglia d’oro «per la collezione scientificamente ordinata», per sottolineare il valore del collezionismo25. L’esperto modenese, in una conferenza dal titolo Ars Textrina (così era chiamata l’arte tessile nella bassa latinità), affermò infatti che «conservare con iscrupolo, non solo le grandi manifestazioni dell’arte, ma anche le minori, è dovere di un popolo civile. Oggigiorno poi che le arti si volgono all’imitazione dell’antico per sorgere a nuova vita, e le arti industriali si rifanno collo studio de’ cimeli preziosi delle età passate, una collezione anche di frammenti di tessuti tornerà sempre di grande utilità»26. Anche Gandini, sostenendo che «ancora prima del duodecimo secolo si cominciassero a fabbricare in Sicilia tessuti preziosi» esaltò il periodo ruggeriano: «Certo è che il Re Ruggiero diè grande incremento all’arte tessile siciliana quando condusse in Palermo dice il Frisigense operai da Tebe, da Corinto, da Atene nel 1149. Ma anche prima gli Arabi e i Normanni vi avevano introdotto quest’arte, e vuolsi che le vesti di Carlo Magno, che si conservano a Vienna, siano opera siciliana»27.

Questo clima stimolante, sostenuto dall’avvicendarsi di esposizioni nelle maggiori città italiane, favorì negli ultimi anni del secolo un ulteriore sviluppo del collezionismo e dell’antiquariato tessile che si arricchì con l’ingresso di nuovi ed influenti personaggi. Questi, da Giorgio Sangiorgi ad Adolfo Loewi, ad Attilio Simonetti, furono appassionati conoscitori della storia del tessuto, e fu grazie a loro che pervennero ai musei stranieri alcuni dei più interessanti tessuti siciliani di epoca normanno-sveva.

Giorgio Sangiorgi, di origine messinese, fu autore di numerosi articoli, pubblicati nelle più importanti riviste italiane e poi raccolti in un volume dal titolo Contributi allo studio dell’arte tessile, edito nel 192628. Era inoltre proprietario di una lussuosa galleria, ospitata nei saloni del palazzo in via di Ripetta a Roma dove, fino al 1891, si trovava ancora parte della raccolta d’arte della famiglia Borghese.  Si tratta di una delle gallerie italiane più rinomate insieme a quella di Attilio Simonetti, sempre a Roma, di Giuseppe Salvadori a Firenze, di Achille Cantoni a Milano, e della ditta Jeserul a Venezia.

La sua collezione, da cui attinsero noti collezionisti e antiquari, quali il barone Giulio Franchetti, Giuseppe Salvadori e Attilio Simonetti, fu esposta a Roma nel 1911 a Castel Sant’Angelo29 e, solo in minima parte, nel 1937 alla mostra sull’Antico Tessuto d’arte italiano, al Circo Massimo, da lui organizzata insieme con Luigi Serra e con il suo amico Adolfo Loewi30. Nel 1946 la collezione fu in gran parte acquistata proprio da quest’ultimo che la rivendette al Metropolitan Museum di New York31.

La raccolta comprendeva numerosi e interessanti frammenti attribuibili alla manifattura palermitana del periodo normanno-svevo. Tra questi spiccava un ritaglio di lampasso con coppie di draghi e pappagalli disposte specularmente in senso verticale, che, come altri sette esemplari simili conservati nello stesso museo newyorkese e numerosi altri ritagli esposti in tutto il mondo, proveniva probabilmente da un unico, grande e spettacolare tessuto, poi suddiviso in numerosi pezzi più piccoli32.

Loewi, invece, fece base a Venezia dove aprì due negozi – il primo presso l’Abbazia di San Gregorio alla Salute, il secondo a Palazzo Nani Mocenigo a San Trovaso, dove si trasferì intorno al 1920 – e divenne uno dei principali rifornitori dei musei americani33. Nel 1937, per incarico del governo italiano, organizzò assieme a Sangiorgi l’esposizione sull’Antico Tessuto d’Arte italiano34. L’intento, proclamato nella prefazione, era di appoggiare la politica autarchica di quegli anni celebrando il primato della tradizione tessile italiana35. Nello stesso tempo, attraverso un allettante percorso espositivo che accostava esemplari di stoffe a dipinti nei quali erano riprodotti tessuti antichi, si voleva «additare a tutti gli industriali che combattono la buona battaglia che in fatto di motivi e ispirazioni artistiche i moderni devono e possono sfruttare, abbandonando ogni modello esotico, questo immenso patrimonio del nostro passato, questa nostra arte insuperata che ha donato al mondo quanto di più bello possa crearsi per la gioia degli occhi e l’ornamento della vita»36.

A testimoniare il capitolo dell’arte siciliana erano presenti molti preziosi esemplari: dalla casula di S. Thomas Becket della cattedrale di Fermo (allora attribuita a manifattura palermitana) al piviale con volatili addossati della chiesa di S. Corona di Vicenza, dalle mitra e casula provenienti dal tesoro di S. Pietro di Salisburgo al frammento di tessuto rinvenuto nel sarcofago di Enrico VI, indicato come «frammento di broccato dal duomo di Palermo», dal frammento di tessuto con pavoni affrontati proveniente dalla collezione Franchetti, già al Museo del Bargello e allora dato alla Sicilia, ma oggi più concordemente attribuito a manifattura spagnola a numerosi altri frammenti delle collezioni degli stessi Sangiorgi e Loewi37.

Il personaggio di maggiore spicco nel settore dell’antiquariato a Roma fu Attilio Simonetti, che affiancò brillantemente questa professione a quella di pittore e riuscì in breve tempo ad instaurare solidi rapporti di fiducia con alcuni dei più prestigiosi musei stranieri e con un gruppo di facoltosi e importanti clienti38. Fra questi primeggiava l’avvocato piemontese Riccardo Gualino, proprietario di una cospicua collezione tessile, acquistata tra il 1940 e il 1941 dal Museo Civico di Torino39.

Fu Simonetti a svolgere nel 1883, a Palazzo Teodoli in via del Corso a Roma, un’importante vendita di oggetti antichi, che annoveravano anche alcuni esemplari di grande pregio di tessuti di epoca normanno-sveva. Di questi rimane ampia traccia nell’accurato catalogo, redatto in francese e arricchito da disegni a penna, che descriveva l’intera moltitudine di manufatti messi in vendita, dalle armi alle ceramiche, dai vetri ai tessuti, risalenti soprattutto al Medioevo e al Rinascimento40.

Il settore dei tessuti presentava un gruppo significativo attribuito alla manifattura siculo-araba, che comprendeva una fascia in seta e filato d’oro con disegni geometrici, un tessuto in seta verde «damascato e broccato» con il tipico hom, gazzelle e uccelli, e una cappa in seta rossa ricamata in oro, anch’essa con l’hom, gazzelle e grandi uccelli, a cui fu dato particolare risalto (Fig. 9)41. Il catalogo riporta infatti che si trattava di una cappa completa del XIII secolo di forma semicircolare, di dimensioni 2,45 e 1,42, la cui «importante scoperta» era dovuta a Simonetti: tali annotazioni e l’illustrazione di uno dei particolari decorativi pubblicata nel catalogo permettono di identificarlo con il cosiddetto piviale rosa, oggi conservato a Palazzo Venezia, appartenente alla raccolta di tessuti messa insieme alla fine dell’Ottocento da Raffaele Erculei per il Museo Artistico Industriale42. Ora si è in grado, inoltre, di sollevare con certezza il velo sulla figura dell’intermediario della vendita, identificabile con certezza con Attilio Simonetti. Da quel momento in poi, il piviale fu oggetto di ripetute analisi da parte degli specialisti di tessuti, da Emile Molinier e Fanny Podreider, agli studiosi contemporanei, in particolare Donata Devoti, che hanno corretto l’antica attribuzione in favore di una manifattura lucchese43.

Assai rare e preziose sono considerate pure le tre mitre riprodotte nel catalogo e datate le prime due, alla fine del XII secolo, e la terza al XIII secolo (Fig. 10)44. Nella mitra «con fanoni di lino e piccoli disegni a losanga» è possibile riconoscere l’esemplare acquistato dal Musée Historique des Tissus di Lione, i cui fanoni a seguito di un recente restauro hanno rivelato possedere galloni con motivi simili al frammento palermitano proveniente dalla casula di St. Merry, sempre a Lione, posto in relazione con la fodera del manto di Ruggero II45.

Nel contesto del collezionismo privato di fine Ottocento si inserisce infine la significativa ed ancora poco studiata raccolta dell’industriale Roberto Regazzoni, originario della provincia di Como ed apprezzato in ambito locale per le competenze tecniche nel settore tessile46. La collezione confluì nel 1954, alla morte del proprietario, nelle Civiche Raccolte d’Arte Applicata del Castello Sforzesco di Milano e comprende circa 1200 frammenti di tessuto − di cui solo una minoranza di grande formato − che spaziano dal Medioevo al Settecento, che l’industriale lombardo aveva messo insieme per offrire modelli d’ispirazione alla moderna produzione industriale fornendo significativi esempi delle diverse tecniche esecutive e del repertorio ornamentale di quei secoli. Tra questi campioni, un piccolo nucleo è rappresentato da tessuti palermitani del periodo normanno-svevo, per i quali – attraverso le fonti che si è già avuto modo di mettere nella giusta luce– è possibile in molti casi conoscere con esattezza il luogo di acquisizione.

Il registro inventariale dei tessuti medievali, compilato quasi certamente dallo stesso Regazzoni e pervenuto al museo assieme alla collezione, cita, ad esempio, cinque frammenti provenienti dalla cattedrale di Cefalù e acquisiti nel 1944 (Fig. 11)47). Sono tutti scampoli di tessuto, in cui a malapena si legge il modulo decorativo, sottratti alle vesti di Ruggero II, impietosa testimonianza della facilità con cui a quell’epoca dovesse risultare facile acquisirne frammenti. Due di essi – descritti come «bordura della veste di Ruggero» – facevano parte della stola, mentre gli altri tre – uno di seta nera e viola con un disegno a circoli tangenti e due di seta verde con piccoli cerchi – erano stati sottratti rispettivamente alla dalmatica ed alla tonacella.

Dalla Cappella Palatina di Palermo proviene invece un «tessuto siculo arabo a bordo a righe parallele con effetti geometrici stellette a otto punte e bollini in oro porfireo, disegno a transenne, colori diversi» così descritto nel registro del Regazzoni con l’annotazione del luogo di acquisizione e della data 194448 (Fig. 12).

Gli altri esemplari siciliani presenti nella collezione dovettero pervenire a Regazzoni attraverso il mercato antiquario, dove i suoi canali privilegiati erano gli stessi Sangiorgi, Loewi, Errera e Kelekian, a testimonianza del suo pieno inserimento nel circuito del collezionismo europeo.

A. C. R. A. A. I. Mi.= Archivio delle Civiche Raccolte d’Arte Applicata ed Incisioni, Milano

A. C. S. = Archivio Centrale dello Stato, Roma

  1. Cfr. E. SESSA, Neoclassico e neogotico, in G. PIRRONE, Ernesto Basile architetto, catalogo della mostra a cura di A. DE BONIS – G. V. GRILLI – S. LO NARDO, Venezia 1989, p. 33 (con bibliografia precedente); F. TOMASELLI, Il ritorno dei normanni. Protagonisti ed interpreti del restauro dei monumenti a Palermo nella seconda metà dell’Ottocento, Roma 1994; P. PALAZZOTTO, Teoria e prassi dell’architettura neogotica a Palermo nella prima metà del XIX secolo, in Gioacchino Di Marzo e la Critica d’Arte nell’Ottocento in Italia, atti del convegno (Palermo 2003) a cura di S. La Barbera, Palermo 2004, pp. 225-237; I. BRUNO, Le mythe normand dans l’art figuratif sicilien du XIX e siècle, in Les Normands en Sicile XIe -XXI e siècles. Histoire et légendes, catalogo della mostra (Caen  2006) a cura di A. Buttitta e J.Y. Marin, 5 Continents Editions, Milano 2006, pp. 71-83. []
  2. P. PALAZZOTTO, Saggio sui maestri che lavorarono l’osso a Palermo nel XIX  Andrea Onufrio. Declinazioni neogotiche in arredi siciliani in osso di fine secolo, in Materiali preziosi dalla terra e dal mare nell’arte trapanese e nella Sicilia occidentale tra il XVIII e il XIX secolo, catalogo della mostra (Trapani 2003) a cura di M.C. Di Natale,  Palermo 2003, pp. 227-230. I. BRUNO, Palermo “culla della grande industria serica italiana”. La fortuna delle Nobiles Officinae tra Ottocento e Novecento, in Nobiles Officinae. Perle, filigrane e trame di seta dal Palazzo Reale di Palermo, vol. II. Saggi, a cura di M. Andaloro, Catania 2006, pp. 266-301. Cfr. anche G. OROFINO, Femmes au foyer-femmes cloîtrées. Le donne e il revival della miniatura medievale tra Otto e Novecento, in Medioevo: arte e storia, atti del X Convegno internazionale di studi, a cura di A. C. Quintavalle, Milano 2008, pp. 637-647. []
  3. Palermo, Palazzo dei Normanni, 17 dicembre 2003-10 marzo 2004; Vienna, Hofburg, Schweizerhof, Alte Geistliche Schatzkammer, 30 marzo-13 giugno 2004. Cfr. I. Bruno, Palermo …, 2006. []
  4. Cfr. I. BRUNO, 1781-1801 dall’apertura dei sarcofagi reali alla loro ricollocazione nella cattedrale rinnovata. Cronache e cronisti, in Il sarcofago dell’Imperatore. Studi, ricerche e indagini sulla tomba di Federico II nella Cattedrale di Palermo 1994-1999, Palermo 2002, pp. 173-211. []
  5. Nel campo tessile le pubblicazioni si legarono innanzitutto alle ricerche sulla storia dell’ornato che, con l’uscita dei primi repertori a stampa, intendevano riproporre all’attenzione dell’industria moderna le tecniche e i motivi della grande tradizione del passato. Basti citare ad esempio l’Histoire de la soie di ERNEST PARISET del 1862-1865 e il trattato dal dovizioso corredo illustrativo di M. DUPONT-AUBERVILLE, l’Art industriel: l’ornement des Tissus. Recueil historique et pratique del 1877, che riguardavano specificamente il settore tessile o, d’interesse generale, la celebre e sontuosa Grammar of ornament di OWEN JONES (Londra 1856), con un migliaio di esempi di arte ornamentale, e la Grammaire des arts du dessin di CHARLES BLANC (Parigi 1867). In Italia si dovettero attendere i preziosi contributi di Camillo Boito, il quale nel 1881 curò un corposo repertorio di modelli del passato, dedicando un’apposita appendice  alle stoffe, e nel 1892 fondò la rivista “Arte italiana decorativa e industriale”. Accanto a repertori del genere, indagini storiche mirate − dagli studi di Charles de Linas (Anciens vêtement sacerdotaux et anciens tissus conservès en France, «Revue de l’art Chrétien», III, 1859, pp.337-344) a quelli di Franz Bock  (Die Kleinodien des Heiligen Römischen Reiches Deutscher Nation, Vienna 1864) − contribuirono ad accendere l’interesse per i tessuti siciliani e divennero la base imprescindibile per le pionieristiche e fondamentali opere di ALAN COLE (Ornament in european silks, Londra 1899), RAYMOND COX, (L’Art de Dècorer les tissus, d’après les collections de la Chembre de commerci de Lyon, Lione-Parigi 1900), Julius Lessing (Gewbesammlung des kunstgewebemusum, Berlino 1900-1913), FRIEDRICH FISCHBACH (Die wichtigsten Webe. Ornamente bis zum 19 Jahrhundert, Wiesbaden 1901), GASTON MIGEON (Les arts du tissu, Parigi 1909), Otto von Falke (Kunstgeschichte der Seidenweberei, I-II, Berlino 1913), FANNY PODREIRER (Storia dei tessuti d’arte in Italia (secoli XII – XVIII), Bergamo 1928), che videro la luce nel primo Novecento. []
  6. Su Johann Joseph Franz Bock (Burtscheid, Aquisgrana1823-1899) cfr. B. BORKOPP-RESTLE, Der Aachener Kanonikus Franz Bock und seine Textilsammlungen: ein Beitrag zur Geschichte der Kunstgewerbe im 19. Jahrhundert, Riggisberg: Abegg-Stiftung, 2008. []
  7. Tessuti della collezione Bock si trovano pure nell’Österreichischen Museum für Kunst und Industrie di Vienna, nel Musée de Tissus di Lione (343 pezzi donati nel 1879), nel museo di Aquisgrana (1881) e nel Museo Poldi Pezzoli di Milano (1888). []
  8. Cfr. Nobiles Officinae. Perle, filigrane e trame di seta dal palazzo Reale di Palermo, vol. I, catalogo della mostra (Palermo-Vienna 2004), a cura di M. Andaloro, Catania 2006, cat. nn. III.12-17. []
  9. A. SOMERS COCKS, The Victoria and Albert Museum. The making of the collection, Londra 1980,  p. 250. []
  10. Si tratta dei sarcofagi di porfido di Enrico VI e di Federico II che nel 1215 furono trasferiti per volere di Federico II dalla cattedrale di Cefalù a quella di Palermo. Cfr. E. BASSAN, I sarcofagi di porfido della Cattedrale, in Federico e la Sicilia dalla terra alla corona. Arti figurative e suntuarie, catalogo della mostra (Palermo 1994-1995) a cura di M. Andaloro, Palermo 1995, pp. 33-35. []
  11. A.C.S., Direzione generale delle Antichità e Belle Arti, II vers. (1891-1897), s. II, b. 256, fasc. 2805. []
  12. Uno dei tanti esempi dei rapporti di scambio che intercorrevano tra collezionisti amici è rappresentato dal caso di una tunicella in velluto di manifattura fiorentina della seconda metà del XV secolo, contesa da Isabella Errera e Giulio Franchetti. La tunicella fu suddivisa in due parti, quella anteriore fu trattenuta dall’Errera (ed oggi si trova al Musées royaux d’Art et d’Histoire di Bruxelles), quella posteriore da Franchetti ed è confluita nella raccolta del Museo del Bargello di Firenze. Cfr. Tessuti italiani del Rinascimento. Collezioni Franchetti Carrand, cat. mostra (Prato 1981) a cura di R. Bonito Fanelli e P. Peri, Firenze 1981, p. 46, cat. n. 11. Sul collezionismo tessile dell’Ottocento cfr. anche Il Museo del tessuto a Prato, a cura di R. Bonito Fanelli, Firenze 1975; G. GUANDALINI, Il collezionismo di fine Ottocento e la raccolta “Gandini” del Museo Civico di Modena, in  Aspetti e problemi degli studi sui tessili antichi, atti del II convegno C.I.S.S.T. (Firenze 1981) a cura di G. Chesne Dauphine Griffo, Firenze 1983, pp. 47-54; S. PETTENATI – G. BOSCHINI – M. RAPETTI, Stoffe della collezione Gualino nel Museo Civico di Torino, in Aspetti e problemi degli studi sui tessili antichi, atti del II convegno C.I.S.S.T. (Firenze 1981) a cura di G. Chesne Dauphine Griffo, Firenze 1983, pp. 57-76; A. MOTTOLA MOLFINO, Tessuti, in Museo Poldi Pezzoli. Tessuti, sculture, metalli islamici. Catalogo del Museo, Milano 1987, VII, pp.15-18; P. PERI, La collezione dei tessili, ricami e merletti, in Le collezioni di Palazzo Mosca a Pesaro: tessuti e merletti, a cura di M. G. Ciardi Duprè dal Poggetto, Modena 1989, pp. 27-29; Le collezioni civiche di tessuti. Conservazione esposizione catalogazione, atti del seminario di studi (Modena 1986), Bologna 1990; La moda e il revival, a cura di A. Mottola Molfino-G. Buttazzi, Novara 1992, pp. 36-46; M. CUOCHI COSTANTINI, Tessuti e costumi della Galleria Parmiggiani, Bologna 1994; Seta e Oro. La collezione tessile di Mariano Fortuny, catalogo della mostra (Venezia 1998) a cura di D. Davanzo Poli, Venezia 1998. []
  13. Cfr. M. ROTILI – A. PUTATURO MURANO, Introduzione alla storia della miniatura e delle arti minori in Italia, Napoli 1970, pp. 13-17; E. PAGELLA, Musei di arte industriale, in L’arte (critica e conservazione). Enciclopedia tematica aperta, Milano 1993, pp. 330-333; F. PICCININI, Collezionismo, in Arti minori, prolusioni di L. CASTELFRANCHI VEGAS – C. PIGLIONE, Milano  2000, pp. 372-377. []
  14. Sulle vicende biografiche di Isabella Errera (Firenze 1869-Bruxelles 1929) cfr. O. MAUS, The ornament of textile, M. Paul Errera’s collection at Brussel, “The Studio”, XIX, 1900, pp. 255-262,; S. REINACH, Isabella Errera, “Revue archeologique”, 5, XXX, 1929, pp. 127-128. []
  15. Cfr.  Nobiles…, 2006, cat. n. III.5. []
  16. Cfr.  Nobiles…, 2006, cat. nn. III.10, III.7, III. 4. []
  17. Sulle vicende biografiche di Luigi Alberto Gandini (Modena 1827-1906) e sulla collezione da lui donata nel 1884 al Museo civico di Modena, di cui fu direttore cfr. G. GUANDALINI, La raccolta Gandini. Dalla collezione aristocratica al bene museografico, in La Collezione Gandini del Museo Civico di Modena. I tessuti del XVIII e XIX secolo, Bologna 1985, pp. 7-44; Le raccolte d’arte del Museo Civico di Modena, a cura di E. Pagella, Modena 1992. []
  18. L. A. GANDINI, Di un antico tessuto trovato nel monastero di San Pietro in Modena, “Rassegna d’arte”, VI, 1905, p. 85. []
  19. In una scheda del catalogo manoscritto di Luigi Alberto Gandini a proposito del frammento si legge: «trattasi di un frammento di stoffa bizantina contesta d’oro e di seta che misura 20×21 cm … avente da un lato un fregio ossia … un perclysim. E’ troppo leggera, troppo fragile per un indumento.. è forse un avanzo di quelle stoffe preziose che dalla Chiesa d’Oriente si spedivano  a quella d’Occidente insieme alla reliquie…». L’attribuzione fu annotata dallo stesso Gandini nella didascalia. Cfr. L. A. GANDINI, Di un antico…, 1905, p. 85. []
  20. I. ERRERA, Le tissu de Modène, “Annales de la Bolléte d’Archeologie de Bruxelles”, XVII, 1903, 2-3, p. 5. []
  21. Cfr. C. CUOGHI COSTANTINI, in Una citta e il suo museo. Un secolo e mezzo di collezioni civiche veneziane, Venezia 1988, catalogo della mostra (Venezia 1988), Venezia 1988, pp. 223, 224, cat. nn. VII.14, VII.15. []
  22. Sulle vicende biografiche di Moisè Michelangelo Guggenheim (Venezia 1837-1914) cfr. I. CHIAPPINI DI SORIO, Stoffe antiche della collezione Guggenheim, “Bollettino Civici Musei Veneziani d’Arte e Industria”,  XV, 1970, pp. 3-32; S. MORONATO, La collezione di tessuti Michelangelo Guggenheim, in Una citta e il suo museo. Un secolo e mezzo di collezioni civiche veneziane, catalogo della mostra , Venezia 1988, pp. 205-212. []
  23. Esposizione del  l887. Tessuti  e merletti, catalogo della mostra (Roma 1887) a cura di R. Erculei, Roma 1887. Su questa esposizione sono in corso da parte di chi scrive specifiche ricerche che confluiranno in una prossima pubblicazione. []
  24. Esposizione…, 1887, pp. 20-21. Il brano a cui si riferisce Raffaele Erculei è – come appare evidente – il celebre passo della Epistola ad Petrum thesaurarium scritta dal cosiddetto Ugo Falcando all’amico Pietro, tesoriere della cattedrale palermitana, nella primavera del 1190 (e non nel 1169 come annota lo studioso romano), pochi mesi dopo la morte di Guglielmo II. []
  25. La collezione Gandini risultò l’unica ad essere stata già catalogata e, anche per questo motivo, agli occhi della critica apparve rivestita di un carattere di scientificità. Così Gandini scrisse a Carlo Boni, direttore del Museo Civico di Modena: «Per qualunque altro espositore il tessuto, ossia l’oggetto, è considerato un capo di curiosità; io solo ho considerato e trattato il tessuto come oggetto di studio». Cfr. G. GUANDALINI, La raccolta…, 1985, p. 18. []
  26. Esposizione…, 1887, p. 155. Gandini continuò il suo discorso affermando: «L’Inghilterra, che oggi in fatto di buon gusto industriale tiene il primato in Europa, è giunta alle presenti condizioni dopo avere sparso a piene mani le sue sterline per formare i grandi Musei Industriali, fra i quali il Kensington Museum, ove sono raccolti i saggi di tutta l’arte di tutti itempi, di tutti i popoli. Noi italiani, mossi da quell’esempio e specialmente dagli esempi splendidi del nostro passato, batteremo le nuove vie dell’industria con fermezza e coraggio». []
  27. Ibidem. Tra le fonti Gandini non manca di menzionare Ugo Falcando come colui che descrisse le «officinae edificate presso il palazzo del re Ruggero». []
  28. Sulle vicende biografiche di Giorgio Sangiorgi (Messina 1886-1960) e sulla sua collezione cfr. A. MUÑOZ, La mostra d’arte retrospettiva a Castel Sant’Angelo e la collezione di stoffe di Giorgio Sangiorgi, “Roma: Rassegna illustrata della Esposizione del 1911”, II, 1911, IX , pp. 1-8 pp. 1-8. []
  29. A. MUÑOZ, La mostra…, 1911, pp. 1-8. []
  30. L’antico tessuto d’arte italiano nella mostra tessile nazionale, catalogo della mostra (Roma 1937-1938) a cura di L. Serra, Roma 1937. []
  31. S. L. Rosembaum, The role of a dealer in the development of collections: Loewi-Robertson, inc., a case study,  “Bulletin du CIETA”, 1989, 67, p. 96. []
  32. Gli altri esemplari sono conservati presso lo stesso Metropolitan Museum di New York (inv. n. 46.156.27), il Museum of Art di Cleveland (inv. n. 53.477), l’Abegg Stiftung di Riggisberg (inv. n. 202), il Victoria and Albert Museum di Londra (inv. n. T66-1910), il Musée des Tissus di Lione e il Deutsches Textilmuseum di Krefeld. Cfr. Nobiles…, 2006, cat. n.VI.17. []
  33. Sulle vicende biografiche di Adolph Loewi (Monaco di Baviera 1888-1977) e sulla sua collezione cfr. S. L. ROSEMBAUM, The role…, 1989, p. 96. []
  34. L’antico tessuto…, 1937. []
  35. L’antico tessuto…, 1937, pp. 5-7. []
  36. L’antico tessuto…, 1937, pp. 6-7. []
  37. L’antico tessuto…, 1937, pp. 22-29, cat. nn. 7, 9, 14, 43, 254, 38, 40, 36, 35, 49, 50, 53, 293, 59, 63. Alcune di queste opere sono state recentemente oggetto di studio e, in alcuni casi, ne è stata rivista l’attribuzione. Cfr. Nobiles…, 2006, cat. nn. VI.9, VI.3, II.14. []
  38. Sulle vicende biografiche di Attilio Simonetti (Roma 1843-1925) cfr. Collezione Simonetti: Quadri, mobili e oggetti d’arte. Catalogo redatto dal prof. Dott. Pollak degli oggetti che verranno posti in vendita alla pubblica azione in Roma, Roma 1932, prefazione. []
  39. Sulle vicende biografiche di Riccardo Gualino (Biella 1879-Firenze 1964)  cfr. S. PETTENATI – G. BOSCHINI – M. RAPETTI, Stoffe della collezione, 1983, pp. 57-76. []
  40. Catalogue des objets d’art et de haute curiosité composant la collection de M.le Chevalier Attilio Simonetti, Roma 1883. []
  41. Catalogue …,1883, pp. 39-42, nn. 224-226. []
  42. Catalogue …, 1883, pp. 39-41, nn. 224. []
  43. Il piviale è stato più volte pubblicato , ma non erano mai state chiarite le vicende che precedettero l’acquisizione da parte del Museo Artistico Industriale di Roma. []
  44. Catalogue …, 1883, p. 42, cat. nn. 228-229. []
  45. Lione, Musée des Tissus, inv. n. 23915. Cfr. M. SCHOEFER-MASSON, Etude et restauration d’une mitre du milieu du XII siècle dont les fanons comportent un décor en tissu dit de Palerme, in Interdisciplinary Approach about Studies and Conservation of Medieval Textiles, convegno-interim meeting ICOM-CC (Palermo 1998), prepints a cura di R. Varoli-Piazza, Roma 1998, pp. 30-33. []
  46. Roberto Regazzoni (Milano 1879-1953), noto per la competenza e per l’attività collezionistica nel settore tessile, nel 1941 assistette alla ricognizione della tomba di s. Ambrogio e si occupò di analizzare tecnicamente i tessuti in essa rinvenuti. Cfr. DE CAPITANI D’ARZAGO, Antichi tessuti della Basilica Ambrosiana, Milano 1941, p. II. Cfr. Nobiles…, 2006, pp. 209-211. []
  47. A. C. R. A. A. I. Mi. , Collezione F- Tessuti Medioevali- Numeri 800 al 1399, inv. nn. 952, 953, 954, 955, 956. (Nobiles…, 2006, cat. n. III.19 []
  48. A. C. R. A. A. I. Mi, Collezione  F- Tessuti Medioevali- Numeri 800 al 1399, inv. n. 2117. Cfr. Nobiles…, 2006, cat. n. III. 28a. L’inventario indica la Cappella Palatina di Palermo come luogo di acquisizione anche per “tre frammenti di filato giallo azzurro e rosso piccolo bordo scritta Presepio, arte siculo araba” così descritti al n. inv. 2123. []