Cristina Costanzo

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Chicago e la tradizione dei vetri decorativi: Louis Comfort Tiffany e Frank Lloyd Wright

DOI: 10.7431/RIV05072012

Pensando all’arte sviluppatasi in America a cavallo tra Ottocento e Novecento non possono non venire in mente le figure di Louis Comfort Tiffany e Frank Lloyd Wright, due grandi protagonisti di quel tempo passati alla storia come pionieri, il primo nell’ambito delle arti decorative e il secondo nello specifico architettonico, ma ancora oggi fonte di ispirazione per designer all’avanguardia.

Ciò che accomuna queste due grandi personalità si manifesta esplicitamente in una città come Chicago dove la cultura e il progresso si incontrano sul finire del XIX secolo grazie all’importante evento noto come “The Chicago World’s Fair of 1893” o “The World’s Columbian Exposition”, la grande esposizione finalizzata a celebrare il quattrocentesimo anniversario della scoperta dell’America1.

L’Esposizione Internazionale di Chicago del 1893 si pone come importante momento di affermazione dei nuovi interessi culturali sia nel campo dell’architettura, grazie a un personaggio chiave per la formazione di Frank Lloyd Wright come Louis Sullivan, sia nel campo delle arti decorative grazie all’attività di Louis Comfort Tiffany e alla nascita della “Arts and Crafts Society” e delle riviste specializzate “House Beautiful”, “Western Architect”, “Fine Arts Journal”, “The Chap Book”2.

«Nel 1900 circa Chicago era diventata indubbiamente il centro più importante del Middlewest. Crocevia di quattro stati: Illinois, Michigan, Minnesota e Wisconsin, offriva ottime linee di comunicazione marittime, nonchè terrestri con la rete ferroviaria terminata nel 1850. Sembra incredibile che una città dalla posizione così interna potesse godere di vie di comunicazione con il mondo intero: tramite il canale Erie con New York e dalla Costa Orientale verso l’Europa, tramite il lago e il fiume San Lorenzo fino all’Atlantico, verso sud con il canale Michigan, verso il Mississipi e il Golfo del Messico, e da lì poi con il canale di Panama verso il Pacifico e la costa occidentale. In questo punto di collegamento fra l’occidente americano e l’Atlantico godeva praticamente di una posizione di monopolio»3. La «città dei superlativi»4 deteneva il monopolio statunitense anche nel campo dei trasporti e in quello produttivo nei settori del ferro, dell’acciaio, delle macchine mietitrici, dei mobili e degli strumenti musicali5.

Chicago occupa un ruolo di primo piano anche nell’ambito della cultura. Fra le tante interessanti testimonianze storico-artistiche e le istituzioni culturali di alto profilo che si susseguono nel tessuto urbano della cosiddetta “White City”, culla della scuola di Chicago, conferiscono un valore aggiunto alla città le straordinarie opere di Louis Comfort Tiffany e Frank Lloyd Wright6.

Le arti decorative sono il terreno privilegiato della ricerca artistica di Louis Comfort Tiffany, talento che ha prodotto capolavori noti in tutto il mondo capaci di dar linfa vitale al movimento internazionale dell’Art Nouveau che, in Paesi come l’Italia, la Spagna, la Francia, il Belgio, l’Inghilterra, la Germania e gli Stati Uniti, ha segnato il trionfo delle arti decorative affermando il superamento della distinzione tra “arti maggiori” e “arti minori” e ha offerto un connubio inedito tra arti decorative ed architettura ispirato all’incontro tra bellezza e utilità, arte e funzione.

Nato a New York nel 1848 Tiffany è, insieme a Renè Lalique, Emile Gallé e John La Farge, un innovatore delle tecniche vetrarie e un punto di riferimento per l’arte orafa che apprende dal padre, il celebre Charles Lewis Tiffany.

Il suo virtuosismo tecnico e la sua cultura artistica, che viveva della conoscenza delle opere d’arte ammirate nel corso dei viaggi compiuti in Italia, Francia, Inghilterra, Algeria, Marocco, Palestina, Persia, Egitto, diedero vita ad opere raffinatissime.

Dopo essersi recato a Parigi per studiare pittura, Tiffany si dedica alle arti decorative mutando le sorti degli Stati Uniti in questo settore. Nel 1840 gli Stati Uniti si aprono, seppur limitatamente, all’uso del vetro piombato importandolo dall’Europa ma, a partire dal 1870, grazie all’azione di un maestro come Tiffany, l’America si emancipa dalla produzione europea.

Nel 1870 viene introdotto nel mercato statunitense il vetro opalescente, apprezzato in tutto il mondo e destinato a diventare uno dei simboli della produzione americana del tempo. Si trattava di un materiale traslucido e realizzato in un’ampia gamma di colori grazie al quale era possibile evitare la dipintura tipica delle tecniche tradizionali7. Le sperimentazioni con il vetro opalescente condotte con entusiasmo da Tiffany si rivelano ben presto capaci di rendere gli Stati Uniti leader nel campo delle arti decorative e della produzione del vetro.

In seguito a tale conquista si moltiplicano le ditte del settore: nel 1870 non esiste ancora una categoria dei vetrai, ma nel 1880 si registrano 176 aziende produttrici di vetro colorato per un totale di 1.586 impiegati, nel 1884 nella sola città di New York sono oltre 2.000 le persone attive in questo settore e nel 1890 vi è un incremento dell’attività pari al 140% che nel 1907 porterà gli Stati Uniti ad affermarsi a livello mondiale nella produzione di vetro artistico, richiesto non più soltanto per grandi edifici religiosi e pubblici, ma anche per abitazioni private8.

Proprio a Chicago, città aperta alla sperimentazione di nuovi materiali come il ferro, il cemento e il vetro e capace di contendere a New York il primato artistico ed industriale, è possibile ammirare le opere in vetro colorato di Tiffany.

In un gioiello dell’architettura e delle arti decorative come il “Chicago Cultural Center” si trova, infatti, la più grande cupola al mondo realizzata da Tiffany (Fig. 1).

Il “Chicago Cultural Center”, progettato dagli architetti Shepley, Rutan e Coolidge in stile neo-classico, viene inaugurato nel 1897 come sede della biblioteca pubblica di Chicago e del memoriale dei soldati americani caduti in guerra e nel 1991 viene convertito in centro culturale della città.

L’imponente edificio, la cui costruzione è stata finanziata grazie a una tassa pagata dai cittadini, oggi mantiene la stessa funzione di museo aperto gratuitamente al pubblico e centro per la valorizzazione delle arti e della cultura ed è considerato uno dei luoghi più rappresentativi della città.

Il “Chicago Cultural Center” è al contempo imponente ed elegante e presenta all’esterno una struttura massiccia in fine pietra calcarea e granito e all’interno raffinati ambienti. Percorrendo le scale in marmo bianco di Carrara si dischiude dinanzi agli occhi del visitatore un pregevole motivo decorativo che si sviluppa lungo le pareti in marmo verde decorate con intarsi in madreperla e mosaici per culminare nella grande cupola realizzata dalla “Tiffany Glass and Decorating Company” di New York.

In 40 metri circa di diametro si dispiega una decorazione colorata a squame di pesce che predilige i toni del verde, del marrone e dell’oro e termina sulla sommità con un motivo circolare dedicato alla riproduzione dei segni zodiacali. Collabora all’importante impresa la ditta locale specializzata nella lavorazione del ferro “Chicago Ornamental Iron Company”, chiamata a realizzare la struttura portante della cupola. La “Tiffany Glass and Decorating Company” non si limita ad ideare la cupola ma interviene su tutto l’ambiente progettandone lampadari e appliques, anche essi realizzati in vetro “favrile”, il vetro che ha reso Tiffany famoso in tutto il mondo.

Con il termine “favrile”, letteralmente “fatto a mano”, si indicano sia la nuova tipologia di vetro ottenuto da Tiffany sia la sua tecnica di lavorazione, introdotta nel 1893, grazie alla quale era possibile ottenere superfici patinate e setose al tatto caratterizzate da effetti iridescenti di straordinaria bellezza9.

Il viaggio in Europa nel corso del quale aveva ammirato le cattedrali gotiche e le loro vetrate induce Tiffany a studiare le tecniche della lavorazione del vetro che affondavano le proprie radici nel XIV secolo, senza tralasciare i più recenti esiti della Morris & Co. È così che il vetro diviene il suo medium privilegiato e che, a partire dalle vetrate, Tiffany estende tale interesse ai più svariati settori delle arti decorative realizzando oggetti di straordinaria qualità artistica.

Il 1876 è una data significativa per la biografia di Tiffany, egli infatti prende parte alla “Philadelphia Centennial Exposition” presentando nove dipinti e in questa occasione rimane folgorato dai progressi mostrati dalle diverse nazioni partecipanti nel campo delle arti decorative e decide di concentrarsi su di esse; circa venti anni dopo trionferà alla “Exposition Universelle”, tenutasi a Parigi nel 1900, e alla “I Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna”, svoltasi a Torino nel 1902, dove verrà insignito del Gran Premio. Descrivendo la sezione degli Stati Uniti del Nord America Vittorio Pica non può far a meno di constatare che l’America tanto nelle “arti pure” quanto nelle “arti applicate” si è emancipata “dal lungo vassallaggio europeo”. Secondo V. Pica «L’ardimentoso e raffinato artista di New York, guidato da una mente assetata di nuovo e da un occhio sensibile, alle più squisite sfumature di colore ed alle più delicate o radiose armonie di tinte, ha esercitato l’eletto suo buon gusto estetico, l’inventiva sua ingegnosità e la rara sua sapienza chimica atta a superare ogni più ardua difficoltà tecnica, alle svariate applicazioni dell’arte vetraria ed in tutte è riuscito eccellente ed originale, in tutte ha creato prodotti di tale mirabile perfezione e di tale affascinatrice attrattiva che, al cospetto di essi, l’ammirazione s’impone ed il riguardante sentesi trasportato, d’un tratto, nel mondo incantato delle Mille ed una notti. I suoi vasi, le sue anfore, le sue coppe d’una forma talvolta gracilmente snella nella vaga cristallizzazione di una larga corolla di fiore in alto di un sottile stile vitreo, ma più spesso equilibrata, armoniosa e perfino un pò massiccia nell’ampia rotondità, presentano sempre, così come i suoi piatti e i suoi vassoi, alla lenta carezza delle dita una superficie affatto liscia ed omogenea e piacciono sopra tutto per l’opulenza delle tinte calde, per la dolce gradazione delle sfumature, per le brillanti striature e picchiettature metalliche»10.

Tiffany riceve numerosi riconoscimenti anche in occasione dell’Esposizione di Chicago nel corso della quale conosce il mercante d’arte parigino Siegfried Bing, figura di fondamentale importanza per la diffusione dell’Art Nouveau, con il quale stabilisce proficui rapporti commerciali per l’introduzione delle sue opere nel mercato europeo. Nel 1895 Siegfried Bing inaugura la celebre galleria d’arte “Art Nouveau” proprio con una mostra di dieci vetrate in favrile glass realizzate da Tiffany a New York e ispirate ai disegni di artisti come H. Toulouse-Lautrec, P. Bonnard e E. Vuillard.

Negli stessi anni, a partire dall’ultimo ventennio del XIX secolo, la Francia si fa promotrice di una importante rinascita nel settore delle arti decorative e della lavorazione del vetro grazie alla ricerca di grandi maestri attivi nelle città di Parigi e Nancy. Sono questi i principali centri francesi dove operano artisti come L. Majorelle, H. Guimard, E. Colonna, J. Brubern ed E. Gallé.

Quest’ultimo riveste un ruolo di primo piano nella celeberrima École de Nancy eccellendo nel settore del vetro. La vasta cultura artistica e letteraria di Emile Gallé unita alla passione per la botanica e al desiderio di sperimentare procedimenti innovativi lo rendono uno dei più importanti esponenti dell’Art Nouveau11. Egli realizza infatti oggetti dalla raffinata manifattura che includono vasi, lampade e arredi rappresentativi del nuovo gusto e affini alle creazioni di Tiffany in virtù della predilezione per gli effetti cromatici singolari e la scelta di preziosi motivi decorativi floreali e zoomorfi come quello della libellula12.

La visione degli oggetti in vetro realizzati da Gallé e la conoscenza delle idee di W. Morris inducono ben presto Tiffany ad abbandonare la pittura per dedicarsi esclusivamente alle arti decorative. Come Tiffany e Renè Lalique, altro eccezionale interprete francese dell’Art Nouveau, Gallé mostra una grande passione per l’entomologia e per il mondo vegetale e animale. A partire dall’analisi della fisionomia di insetti ed altri animali realizza straordinari oggetti in vetro e arredi, come il “dragonfly table” (tavolo libellula) del 1898 e il “dragonfly vase” (vaso libellula) del 1903, celebri in tutto il mondo e ispirati alla libellula. Quest’ultima è presente nell’immaginario di altri importanti artisti, si pensi alle lampade da tavolo “dragonfly” (libellula) prodotte dai “Tiffany Studios” nei primi anni del XX secolo e agli straordinari gioielli di Lalique come la spilla in smalto e oro a forma di libellula realizzata tra il 1897 e il 1898 e oggi considerata tra i più alti esiti dell’oreficeria di tutti i tempi13. Come sostenuto da Lara Vinca Masini, Lalique fu «innovatore di tecniche orafe e riproduttive, creava gioielli di una libertà straordinaria che, abbarbicati come lussureggianti piante parassite, evocano, con raffinata simbologia, il concetto satanico-mistico di una femminilità inquietante, conturbante, sensuale; immagini di fiori, di serpenti, di insetti, divengono, nei suoi gioielli, quasi attributi simbolici dell’immagine femminile»14.

Dal 1900 in poi Tiffany segue le orme paterne applicando il proprio estro anche al settore dell’oreficeria e dimostrandosi un artista a tutto tondo capace di spaziare tra i diversi campi delle arti decorative. Queste ultime grazie al successo dell’Art Nouveau conoscono un grande sviluppo sia in termini di qualità sia in termini di diffusione e popolarità. Analogamente ai francesi Lalique e Gallé, Tiffany mantiene oltreoceano la medesima capacità di partire dall’osservazione della natura come fonte inesauribile di ispirazione per approdare alla sperimentazione tanto artistica quanto tecnica nel campo delle arti decorative.

Il patrimonio di Chicago offre una ulteriore occasione per la conoscenza della produzione artistica di Tiffany. Lo “Smith Museum”, istituzione museale interamente dedicata alle vetrate artistiche prodotte dall’età vittoriana ad oggi, conserva infatti un importante corpus di vetrate realizzate da Tiffany e dalla sua azienda “Tiffany Studios”.

Il museo custodisce esempi degli anni ottanta come “Nativity” (Natività), vetrata proveniente da una chiesa newyorkese raffigurante con una grande varietà di vetri opalescenti l’episodio biblico, e prove più mature degli anni novanta, quali lo schermo in filigrana di un’abitazione privata che dichiara il fascino esercitato dalle culture esotiche ed orientali sulla ricerca artistica di Tiffany e la vetrata proveniente da un’altra chiesa “I am the light of the world” (Io sono la luce del mondo) che riproduce un dipinto di William Holman Hunt, pittore inglese e fondatore del movimento dei Preraffaelliti, in cui si palesa l’assoluta padronanza del medium, ma anche capolavori come “Field of lilies” (Campo di gigli), vetrata realizzata intorno al 1910 in cui si esprime al meglio l’alto livello raggiunto da Tiffany non solo nella rappresentazione di scene sacre ma anche nella resa di paesaggi naturali segnati da un profondo colorismo simbolico e capaci di riscuotere grande successo internazionale di pubblico e critica15.

Interessante sottolineare la presenza nel medesimo museo di un nucleo di opere disegnate da Frank Lloyd Wright tra il 1908 e il 1914, probabilmente realizzate dalla ditta di Chicago “Linden Glass Company”, per alcune delle Prarie Houses del celebre architetto americano.

Si tratta di una pregevole finestra proveniente dall’abitazione “Avery Coonley House” (1908-12) e considerata uno dei capolavori di Wright per la presenza di decorazioni con motivi geometrici asimmetrici che si ispirano alla pittura astratta di artisti come Mondrian, di un paio di finestre del 1909 provenienti dalla “Oscar Steffens House” dai motivi decorativi affini a quelli della “Home and Studio” di Frank Lloyd Wright ad Oak Park, e di quattro finestre provenienti dalla camera da letto della “Francis W. Little House” (1912-14) con arabesco e motivi orizzontali. Come avremo modo di illustrare più dettagliatamente, in ciascuno di questi esemplari Wright manifesta la propria capacità di fornire una personale ed innovativa interpretazione dell’impiego del vetro sia nelle abitazioni private sia negli edifici pubblici16.

Lo Smith Museum custodisce anche degli esemplari di vetrate, una del 1887 dal soggetto sacro proveniente dalla Chiesa di San Paolo a Chicago e l’altra da un edificio newyorkese non identificato, attribuiti a John La Farge, autorevole esponente delle arti decorative americane considerato il rivale degli esordi di Tiffany. Insieme a Tiffany, La Farge rivoluziona la produzione di vetrate colorate, sostanzialmente rimasta invariata dal Medioevo in poi, sperimentando nuovi sistemi di lavorazione del vetro e approdando alla creazione dei cosiddetti vetri opalescenti che contraddistinguono la produzione americana17.

Nella seconda metà dell’Ottocento le vetrate di Tiffany divengono estremamente popolari e sempre più frequentemente richieste da un gran numero di committenti per abitazioni private, edifici pubblici, scuole, biblioteche e chiese. A partire dal 1870 Tiffany subisce il fascino dei giardini e si dedica alla raffigurazione di fiori e piante indirizzando il gusto delle vetrate decorative e la moda del tempo verso la rappresentazione del paesaggio e della natura. Ai soggetti sacri si affiancano così paesaggi naturali e motivi floreali, ma se i soggetti mutano a seconda del sito le vetrate sono accomunate dalla passione con cui Tiffany interpreta il cangiantismo del colore nel momento in cui esso incontra la luce e attraversa il vetro.

Tiffany aggiunge bellezza alla bellezza, al paesaggio esterno conferisce una maggiore poeticità grazie all’uso di colori caldi e sfumature preziose, mentre ciò che farà Wright sarà sottrarre, stilizzare ed evocare attraverso la geometria.

Sin dal principio, l’approccio di Tiffany al vetro si mostra non convenzionale e aperto alle sperimentazioni e alla ricerca di nuovi effetti. Dopo anni di studio sul materiale riesce infatti ad evitare l’uso di vernici o di altri tipi di trattamento della superficie ottenendo il colore, in tutte le sue sfumature, dal vetro stesso18.

Tiffany privilegia il motivo vegetale e lo sviluppa con dovizia di particolari sulle superfici che condividono con opere come la cupola e le vetrate prese in considerazione l’uso del vetro e del colore. Egli non si limita ad emulare il padre e la sua creatività si esprime in diversi settori delle arti decorative attraverso opere d’arte originali e raffinate come vetrate, mosaici, gioielli, ceramiche ed arredi la cui bellezza è data dalla unione di forma, colore, luce e materia.

Nel 1879 fonda la “Louis C. Tiffany Company Associated Artists”, specializzata in arredamento d’interni, che riceve importanti commissioni dall’alta società americana; nel 1882 anche la White House di Washington si rivolge a loro19. Ciò che rende unica l’azienda è la capacità di Tiffany di comprendere l’importanza della connessione tra architettura e decorazione e di ispirare a tale principio una serie di interni sfarzosi che guardano alle decorazioni esotiche del mondo arabo facendo ricorso alla presenza di vetrate colorate e oggetti in vetro come vasi e lampade.

Con Wright condivide il metodo di lavoro ispirato alle botteghe medievali e con i suoi collaboratori ed artigiani dà vita ad importanti aziende come “Louis C. Tiffany and Company” (1883), “Tiffany Glass Company” (1887), “Tiffany Glass and Decorating Company” (1892), “Tiffany Studios” (1902), “Tiffany Furnaces” (1902).

Nel 1900 inizia a collaborare con il padre, il fondatore della celeberrima Tiffany & Co., di cui diviene direttore artistico nel 1902, realizzando una serie di gioielli ispirati alla natura ed entrati nella leggenda grazie al mondo della moda e del cinema. I gioielli di Tiffany riscuotono grande successo anche in ambito artistico per via del nuovo approccio mostrato nei confronti dell’oreficeria tradizionale americana. Tiffany trasferisce nei suoi manufatti l’interesse per la natura, linea guida dell’Art Nouveau a livello internazionale, che contraddistingue le sue restanti creazioni e, ispirandosi ai principi delle Arts & Crafts, impiega tecniche artigianali preferendo pietre semipreziose e smalti a materiali più dispendiosi. Tiffany opta per la scelta di motivi organici e per l’impiego di corniola, opali messicani e perle e, come nel caso di Lalique, il grande valore dei suoi gioielli dipende dall’alto livello della lavorazione artigianale e dalla ricerca artistica piuttosto che dalla presenza di pietre e materiali preziosi20.

Negli stessi anni gli Stati Uniti sono attraversati da un grande fermento culturale; dopo le esperienze dell’Esposizione di Philadelphia del 1876 e dell’Esposizione Internazionale di Chicago del 1893 il nuovo secolo si apre con la nascita di riviste specializzate in arredamento e grafica come “Craftsman”, “Ladies Home Journal”, “House and Garden” e in città come Chicago, Philadelphia, New York, Boston e Buffalo si assiste a una grande diffusione delle arti decorative21.

La ricerca artistica di Tiffany raggiunge, dunque, grandissimi risultati anche nella realizzazione di oggetti di piccole dimensioni. A partire dal 1880 si concentra sulle iridescenze metalliche del vetro che costituiscono l’anima di straordinarie opere d’arte decorativa come “Peacock Feather Vase” (vaso dalla piume di pavone)22. Il motivo predominante del vaso è la figura del pavone, animale particolarmente caro per la sua innata eleganza sia ai Preraffaelliti sia agli esponenti dell’Art Nouveau, evocata attraverso la raffigurazione delle sue piume dai colori cangianti magistralmente resi dal vetro di Tiffany23.

Le lampade di Tiffany si ispirano alla natura e sono costituite da una base in bronzo lavorata con perizia e culminante in una calotta in vetro colorato dai bordi regolari o irregolari. I nomi di tali lampade, universalmente conosciute come “Tiffany Lamp”, sono tratti dai nomi delle piante e dei fiori da lui riprodotti mediante la giustapposizione di diversi colori in grado di far risaltare la luce che attraverso il vetro colorato si diffonde nell’ambiente.

Grazie agli innumerevoli esperimenti e alle nuove tecniche introdotte Tiffany riesce ad ottenere dalla lavorazione del vetro effetti inediti ed innovativi24. È il caso del “lava glass” o “volcanic glass”, un tipo di vetro ottenuto mediante l’aggiunta di basalto o talco e caratterizzato dalla presenza di escrescenze simili alla lava fuoriuscente da un vulcano.

A cavallo tra Ottocento e Novecento una casa americana non era degna di questo nome se non era completa di una vetrata, un vaso o una lampada di Tiffany. Lampade come “The Rose Bower”, “The Zinnia”, “The Apple Blossom” e la celeberrima “Pond Lily” e vasi come “Jack-in-the-pulpit” e “Iridescent Millefiore” sono opere d’arte diventate icone non soltanto di uno stile ma anche del gusto di un’epoca.

Tiffany viene considerato uno degli esponenti più rappresentativi dell’Art Nouveau proprio in virtù di tale importante produzione di vetri di tipo floreale in cui è ricorrente la linea divenuta spirale, motivo presente anche nella produzione di Frank Lloyd Wright che, in lavori come l’Hotel Imperiale di Tokyo, dimostra l’influenza dell’Art Nouveau.

Come già sottolineato, Tiffany ebbe non soltanto il merito di introdurre e diffondere il gusto Art Nouveau in America ma anche quello di rendere gli Stati Uniti, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, un Paese leader nella produzione di vetri decorativi, grazie all’alto livello dei risultati raggiunti e alle innovazioni tecniche introdotte25.

Dunque, si rivela estremamente utile estendere la presente analisi alle coeve produzioni decorative statunitensi per mettere in luce l’impatto della ricerca di Tiffany sia nel settore artistico che in quello industriale e delineare il contesto produttivo nel quale opera Frank Lloyd Wright.

Nel 1893 l’apertura dei laboratori specializzati nella lavorazione del vetro da parte di Tiffany a Long Island gli permette di raggiungere non soltanto la committenza ecclesiastica interessata alle vetrate decorative e commemorative ma anche la borghesia desiderosa di arredare la propria casa con raffinati manufatti artistici dal gusto moderno.

Nello stesso periodo in cui Tiffany diviene il beniamino delle arti decorative statunitensi anche altre realtà produttive che spesso lo emulano godono di ampio consenso. È il caso di una serie di ditte che creano oggetti in vetro alla maniera di Tiffany, tra le più importanti occorre citare almeno “Steuben Glass Company” di Corning, nota per le serie “Aurene”, “Diatreta”, “Verre de Soie”, “Tyrian”, “Ivrene” e “Intarsia”; “Daffner & Kimberly” di Manhattan; “Quezal Art Glass & Decorating Company” di Brooklyn, fondata da un gruppo di ex dipendenti di Tiffany; “Fostoria Glass Specialty Company” di Fostoria; “Imperial Glass Company” di Bellaire e “Fenton Art Glass Company” di Martin’s Ferry26. Furono invece più originali e capaci di sviluppare ricerche autonome nel settore del vetro le ditte “Pairpoint Corporation” di New Bedford, “Bigelow & Kennard” di Boston e “The Vineland Flint Glass Works” di Vineland guidata da Victor Durand, discendente della famiglia francese Baccarat.

Non lontano dal centro di Chicago si trova il sobborgo di Oak Park, straordinaria testimonianza della prima fase della produzione di Frank Lloyd Wright.

Noto come uno degli architetti e teorici più influenti del mondo egli fu anche disegnatore di dipinti murali, rilievi, mobili, tappeti, tessuti, porcellane e soprattutto vetri. L’architetto americano, attivo dal 1886 al 1959, si stabilisce ad Oak Park agli inizi della sua carriera e vi si ferma per oltre venti anni con la prima moglie e i loro sei figli per poi trasferirsi nel Wisconsin e in Arizona27.

Wright, nato nel 1867 nel Winsconsin, si reca a Chicago, nell’Illinois, nel 1887 in occasione della sua collaborazione con il più maturo architetto Joseph Lyman Silsbee, da lui affiancato nella realizzazione della “Unity Chapel”. Grazie a questo primo lavoro, ottenuto per via dell’interessamento dello zio materno, il reverendo Jenkin Lloyd Jones, ben presto Wright trova lavoro presso lo studio “Adler & Sullivan” dove, a soli venti anni, diviene il collaboratore prediletto di Louis Sullivan, architetto statunitense tra i fondatori del “Movimento Moderno”. Fu proprio quest’ultimo ad instradarlo verso l’edilizia abitativa e ad infondere al giovane Wright «la capacità di integrare alle strutture un repertorio decorativo naturalistico»28. Se Sullivan sosteneva “Form Follows Function” (la forma segue la funzione) Wright affermava “Form and Function Are One” (la forma e la funzione sono una cosa sola).

Frank Lloyd Wright è un protagonista indiscusso della storia e dell’architettura americana, ma è trovandosi ad Oak Park che tanto l’esperto quanto il visitatore occasionale si rendono conto di vivere un’originale esperienza artistica dovuta all’alta concentrazione di opere ideate e realizzate proprio per quel luogo da Wright e ispirate a una sintonia totale tra interno ed esterno, architettura e arti decorative.

È dunque ad Oak Park, al n. 428 di Forest Avenue, che si trova la prima abitazione che Wright realizza per se stesso e per la propria famiglia e oggi nota come “Home and Studio” in quanto alla casa costruita nel 1889 si aggiunge nel 1898 lo studio del celebre architetto (Fig. 2).

L’edificio, che si sviluppa su due piani con sei stanze principali, venne infatti frequentemente sottoposto a modifiche e cambiamenti in seguito all’accrescimento della famiglia e delle commissioni che rendevano necessaria la presenza di ambienti separati per la famiglia e per il pubblico. Nonostante queste numerose modifiche dettate dalle esigenze personali di Wright oggi “Home and Studio” si presenta nelle stesse condizioni architettoniche del 1909. Il National Trust, infatti, nel 1974 acquista l’edificio e ne promuove un importante restauro29.

La casa di Wright ad Oak Park, pur non essendo ancora un manifesto delle sue idee rivoluzionarie, è pregna di intuizioni e presenta in nuce alcune caratteristiche della produzione da lui sviluppata negli anni seguenti, come la scelta di motivi ornamentali degni di nota e la presenza ricorrente di alcuni elementi quali una ricca vegetazione intorno all’edificio e le “bay windows”. «È infatti nella casa dell’architetto, libera dai vincoli di un committente esterno, che si esprimono maggiormente le sue intenzioni e le sue teorie»30.

La molteplicità dei suoi interessi e l’innata curiosità spingono Wright a sperimentare forme architettoniche nuove ma al tempo stesso cariche di rimandi a diverse tradizioni, come quella giapponese conosciuta in seguito al viaggio intrapreso nel 1905 o quella inglese nota come Arts & Crafts, basata sul concetto fondamentale del recupero di ciò che è “vernacular” (vernacolare)31.

La facciata principale che tradisce un legame ancora forte con lo “Shingle Style” risente infatti del gusto vernacolare tipico del movimento delle Arts & Crafts con cui Wright mostra non pochi punti di contatto, ma dal quale l’architetto tende a dissociarsi a causa della sua posizione assolutamente favorevole ai processi industriali, inconciliabile quindi con le idee di Morris32.

Seppur con intenti diversi rispetto a Morris e al movimento delle Arts & Crafts le costruzioni di Wright recuperano dunque alcuni elementi della tradizione, della cultura e dell’architettura locale come il tetto aggettante caratteristico delle zone suburbane di Chicago o la presenza di un camino intorno al quale si sviluppano tutti gli altri ambienti domestici.

Lo studio, al suo esterno, presenta l’intervento di un collaboratore, Richard Bock, cui vengono commissionate “The Boulders”, sculture raffiguranti due figure maschili ripiegate su se stesse e poste alle estremità di quattro colonne con coppie di cicogne separate da un rotolo di disegni sormontato da elementi naturalistici33.

Il restauro degli anni ottanta ha portato alla luce l’intervento di un altro collaboratore di Wright, Orlando Giannini, anch’egli disegnatore di vetrate, impegnato nella decorazione della lunetta del soffitto della camera padronale con un motivo figurativo che riproduceva i nativi d’America con alcuni richiami alla cultura egizia evocata anche dalla scelta delle lampade a forma di anfora poste sul soffitto, in prossimità della decorazione. Altri dipinti murali con figure allegoriche si trovano nella sala polifunzionale dedicata ai giochi della numerose prole di Wright.

Giannini e la sua abilità di esecuzione rivestono un ruolo centrale nella realizzazione delle vetrate artistiche disegnate da Wright, egli infatti era il cofondatore della ditta specializzata in vetri artistici “Giannini and Hilgart”. Wright si avvale anche della collaborazione di Frank Linden della “Linden Glass Company” e di William Judson della “Judson Studios”.

Passando con grande naturalezza da una stanza all’altra della sua abitazione la nostra attenzione viene richiamata dalla serie di elementi decorativi scelti e prodotti dallo stesso Wright e caratterizzati dalla presenza di eleganti motivi, prevalentemente fitomorfi, che si sviluppano lungo l’intero edificio, sia all’interno che all’esterno. La portata rivoluzionaria delle idee di Wright non si manifesta soltanto all’esterno dell’edificio; gli interni delle abitazioni da lui realizzate sono ambienti fluidi nei quali viene meno la rigida suddivisione degli spazi. Tale effetto è sottolineato dalla presenza di lunghe file di finestre che si susseguono sulle pareti con continuità e lasciano spazio alla vista sull’esterno.

Wright non si limitava a rivolgersi ad altri collaboratori per la decorazione della propria casa, ma se ne occupava in prima persona in una sorta di opera d’arte totale che comprende il dettaglio della decorazione nell’insieme architettonico34.

L’analisi del soffitto della sala da pranzo, considerato il primo esempio di illuminazione ad incasso, si rivela particolarmente significativa ai fini della presente ricerca in virtù della scelta di incassare le luci all’interno di un raffinatissimo pannello decorativo impreziosito da un intaglio che riproduce la quercia, con le sue foglie e i suoi tralci. Tale scelta non è casuale ma rappresenta un omaggio ad Oak Park, letteralmente “parco delle querce”, dove oggi come allora la natura intesa sia come flora sia come fauna regna sovrana. Altro elemento importante sono i mobili disegnati dall’architetto per alcuni ambienti della casa, come le sedie dall’alto schienale per la sala da pranzo e il letto della camera padronale35.

Nello stesso ambiente, nel 1895, Wright realizza una finestra in vetro piombato il cui disegno è basato sulla stilizzazione del fiore di loto. Tale motivo presenta una maggiore complessità rispetto alle prime vetrate di Wright anticipandone la potenziale originalità36.

Quando negli anni venti, precisamente nel 1923, Wright abbandonerà l’uso del vetro piombato per sperimentare nuove soluzioni egli continuerà a far ricorso a finestre e lucernai e non rinuncerà a tali elementi neanche dopo l’avvento del Modernismo.

La predilezione dimostrata da Wright per la decorazione affonda le proprie radici nella filosofia ottocentesca ed è fortemente influenzata dalla cultura giapponese che si sviluppa tra i poli di natura e geometria37. Tra gli elementi decorativi più interessanti del periodo presenti nella “Home and Studio”, oltre ai già citati mobili su misura e al soffitto ad incasso finemente decorato, si trovano importanti esempi di finestre decorative, autentici capolavori della produzione di Wright da lui stesso definiti “light screens” (schermi di luce). (Fig. 3)

È con queste intense parole che Wright si esprime a proposito del vetro e della sua applicazione nel campo della decorazione: «tale materiale, sottile come il cristallo, può essere considerato un foglio di aria nell’aria che trattiene l’aria all’esterno o la trattiene all’interno. Cogliendo questo significato è possibile pensare agli usi a cui potrebbe essere adattato, tanto vari e belli quanto i disegni di brina sopra il pannello di vetro stesso»38.

Le finestre sono un elemento importante nei progetti di Wright, nel soggiorno alla “bay window” in stile “Queen Ann”, dal quale presto si affrancherà, ne viene aggiunta un’altra nel 1895 con una scelta che lascia presagire la predilezione per le finestre ad angolo da lui sviluppata negli anni seguenti. Ne è un esempio la pregevole finestra posta tra la stanza da pranzo e il soggiorno della “Robie House”, il cui disegno è ispirato alla pianta della casa stessa, per la quale Wright concepisce un motivo decorativo prevalentemente geometrico che si armonizza con il pannello ligneo del soffitto (Figg. 45).

Nella rinnovata sala da pranzo le finestre con vetri decorati fanno sì che la composizione spaziale dell’ambiente sia ben equilibrata grazie alla presenza di forme geometriche che prediligono colori bruni in armonia con il legno naturale che domina la stanza. Una perfetta coniunctio fra architettura e ambiente dove l’oggetto di design (in questo caso finestra) per sue proprie caratteristiche diventa a sua volta trait d’union tra arte decorativa, ambiente naturale e specifico architettonico.

Tanto nella disposizione delle finestre quanto nella scelta dei motivi decorativi delle stesse si traduce il desiderio di Wright di far sì che il progetto di un nuovo edificio non si sviluppi a partire dallo stile architettonico circostante bensì dalla natura del luogo in cui l’edificio viene costruito.

Dopo la realizzazione della propria abitazione Wright diviene il punto di riferimento per la comunità di Oak Park per cui progetta una serie di case dove non dimentica di impiegare il vetro a fini decorativi, come nel caso della “Roberts House” al cui ingresso realizza un raffinatissimo lucernaio con motivi geometrici reiterati.

Questa attività causa la rottura con il suo amato maestro Sullivan e, secondo un uso che non abbandonerà mai più, determina la scelta di spostare lo studio all’interno della propria abitazione, nel frattempo estesasi sino a settecento metri quadri39.

Lo studio non segue più l’impostazione tradizionale tardo-vittoriana dell’abitazione ma si sviluppa come corpo indipendente collegato alla casa da un corridoio che incorpora un salice capace di conferire all’insieme un aspetto singolare ma coerente con la concezione del rapporto tra natura e architettura che caratterizzava i lavori di Wright. Lo studio, lontano dallo stile architettonico del luogo in cui è costruito, si presenta come un complesso di forme dissimili ed irregolari, come il prisma ottagonale che riprenderà costruendo lo “Unity Temple”, dove all’interno si snoda una sorta di labirinto.

Il posizionamento delle finestre all’interno degli studi di Wright non è mai casuale ma concepito in modo che, pur permettendo l’accesso della luce, di fondamentale importanza per la lettura, sia preclusa la vista sull’esterno, possibile elemento di distrazione. Come sostenuto da David A. Hanks, Wright «concepì le finestre come ornamento e parte integrante dei suoi progetti secondo la sua concezione di unità tra forma e contenuto architettonico»40.

La scelta del vetro riveste un ruolo centrale nell’ideazione dello studio di Wright. I bassi soffitti sono infatti realizzati con pannelli in vetro colorato in grado di far penetrare la luce esterna che, fondendosi con i colori oro e verde della vetrata, determina straordinari effetti luministici capaci di rendere ancora più preziosi ed affascinanti i nuovi ambienti (ufficio, biblioteca, sala da disegno) componenti lo straordinario studio di Wright.

Egli progetta la finestra del proprio studio come una superficie quadrata incorniciata da un delicato motivo che richiama in modo stilizzato la visione della natura all’esterno. La finestra che separa l’ufficio di Wright dal parco non è elemento divisorio ma motivo di unione tra interno ed esterno. La trasparenza del vetro non ostacola la luce e il verde dell’ambiente esterno che vengono veicolati con grazia dalla scelta di colori e motivi ornamentali in grado di sottolinearne la bellezza.

Inoltre, proprio in questi ambienti, in particolar modo nella sala da disegno, viene destinato ampio spazio all’elaborazione di progetti di vari oggetti decorativi come i vetri colorati che nello stesso periodo abbelliscono le case costruite da Wright per i propri committenti in sintonia con l’architettura dei nuovi edifici. La nota ornamentale delle decorazioni in vetro diventa dunque una costante e il vetro è ancora protagonista nella biblioteca grazie alla presenza di un lucernaio e di una serie di finestre che concorrono a mantenere i clienti e i collaboratori di Wright in una dimensione ovattata rispetto alle distrazioni esterne pur sfruttando la luce come elemento naturale capace di esaltare l’architettura grazie all’interazione con i colori e con le forme geometriche appositamente scelte e disegnate da Wright all’interno di un progetto che abbraccia microcosmo e macrocosmo.

Si rivela particolarmente significativo quanto affermato da Wright nel 1929 a proposito dei vetri decorati: «l’elemento decorativo risalta splendidamente e con facilità quando è inserito nel vetro delle finestre piuttosto che in un qualsiasi altro medium offerto dall’architettura. Le partizioni in metallo possono diventare uno schermo, pesante o leggero, placcato e persino in oro e in argento, mentre il vetro rimane un subordinato, ritmico accento dalla vasta risonanza emozionale»41.

È proprio a partire dalla realizzazione della propria abitazione ad Oak Park che Wright elabora le teorie circa le “Prarie Houses”, letteralmente “case nella prateria”, realizzate nel primo decennio del XX secolo42. Nell’architettura di tali abitazioni che riflettono il paesaggio circostante Wright introduce l’uso di elementi naturali provenienti dai luoghi in cui opera quali il legno, l’argilla e la pietra anticipando i felici esiti dell’architettura organica e mostrando il medesimo atteggiamento di Tiffany nei confronti del materiale impiegato per realizzare gioielli e ascrivibile alle ricerche sviluppate nell’ambito delle Arts & Crafts.

Ne è uno straordinario esempio la “Robie House”, realizzata ancora una volta a Chicago nel 1909, per la quale Wright progetta anche interni ed arredo43 (Fig. 6). Nella scelta di concepire l’architettura e l’arredamento di interni come totalità, i mobili sono infatti parte integrante del design44. Gli arredi di Wright, semplici e confortevoli, prediligono l’impiego di legno privo di decori ed incisioni alla maniera di William Morris e lavorato secondo motivi lineari e geometrici la cui eleganza è assimilabile ai vetri decorati dell’architetto.

Questi esempi dimostrano come la ricerca di Wright sia pervasa da un forte sentimento della natura, quella stessa natura che anima molte delle figure esili e delicate ma estremamente sensuali di Tiffany, che darà vita ai suoi principi sull’architettura organica per cui è celebre in tutto il mondo. Le finestre e i vetri decorativi di Wright sono quindi “schermi di luce” che suggeriscono una linea di demarcazione tra l’esterno e l’interno chiamati a dialogare tra loro in una simbiosi tra uomo e natura. È verosimile dunque che le prime idee di Wright sull’architettura organica, incentrata sul rapporto dell’architettura con la natura, siano maturate proprio in questo contesto ricco di vegetazione con poche case immerse nel verde. Come è noto negli anni a venire F. L. Wright verrà consacrato come uno dei geni del XX secolo grazie a capolavori dell’architettura come “Fallingwater” in Pennsylvania, dove natura e architettura coincidono45, o il famoso “Guggenheim Museum” di New York, «un organismo plastico-dinamico che rompe la regolarità uniforme delle vie di New York e si impone per la bellezza della sua forma cilindrica e a spirale»46, che si contraddistingue per la presenza importante di una cupola a vetrata, memore degli studi ad Oak Park e della lezione di Tiffany.

Come anticipato, nello stesso periodo in cui si afferma la personalità artistica di Tiffany si fa sempre più importante nel settore delle arti decorative statunitensi l’azione di architetti a partire dal già citato Louis Sullivan, esponente di punta della Scuola di Chicago e amato maestro di F. L. Wright. La ricerca di Louis Sullivan può essere considerata nel più ampio panorama del movimento dell’Art Nouveau quale anello di congiunzione tra Tiffany e il più giovane Wright.

Nato nel 1856 a Boston dove frequenta il Massachusets Institute of Technology, Sullivan conosce il grande successo a Chicago grazie alla collaborazione fruttuosa con l’ingegnere Adler. Come sottolineato da K. J. Sembach, Chicago diviene «la città di origine di un’architettura specificamente americana che caratterizzò principalmente ciò che in Europa era ancora molto lontano, cioè lo spirito ingegneristico. Questioni molto pratiche, come quelle della stabilità degli edifici a molti piani, lo sfruttamento e la disposizione degli spazi all’interno, il rivestimento antincendio delle strutture d’acciaio ecc. condussero in maniera sperimentale e senza pregiudizi a un’architettura realmente nuova. Gli edifici sorsero effettivamente a partire dalla loro funzione e non dalla scelta di un adeguato modello stilistico»47; a questa peculiarità si aggiunge una rinnovata attenzione per l’aspetto decorativo, infatti «reminescenze storiche si ebbero comunque negli elementi decorativi, ma utilizzate in maniera libera e insolita»48.

È dunque a Chicago che Sullivan, architetto definito «the ornamentalist par excellence»49, si cimenta con la realizzazione di edifici che vengono considerati tra le più alte espressioni della Scuola di Chicago ma rispetto alla quale presentano una propria specificità in virtù di una ricerca squisitamente decorativa che si manifesta in una serie di particolari. Sia nei grandi magazzini “Carson, Pirie, Scott Department Store”, realizzati tra il 1899 e il 1904, che nell’Auditorium Building del 1887-89, è infatti possibile ammirare ricche decorazioni dai motivi vegetali assimilabili agli arredi, ai gioielli e alle diverse opere d’arte di artisti e architetti del calibro di H. Guimard, H. Van De Velde, G. Sommaruga, E. Basile.

Confrontandosi con tali opere architettoniche e con le loro decorazioni è possibile affermare che la ricerca di Sullivan è ascrivibile all’Art Nouveau per la scelta dei motivi decorativi ma appartiene alla Scuola di Chicago per la tecnica, la verticalità e ciò che concerne la struttura architettonica degli edifici50. Il confronto con Sullivan, inoltre, contribuisce a mettere in luce la ricchezza del clima culturale americano e la specificità di Chicago quale crocevia di elaborazioni teoriche e di sperimentazioni tecnologiche e al contempo permette di fare un’analisi del fermento registrato in America tra Ottocento e Novecento nel settore delle arti decorative.

All’enorme successo di Tiffany e delle sue attività produttive segue un lento declino superato dalla rinnovata fortuna critica che si sviluppa intorno agli anni ’80 del ’900, ma nonostante questo momento di oblio il movimento dell’Art Nouveau nella sua variante statunitense è ancora oggi noto in tutto il mondo come “Tiffany Style” in virtù della grande influenza esercitata dall’artista americano. Grazie alla produzione di Tiffany o a lui ispirata gli Stati Uniti occupano infatti un ruolo di primo piano non soltanto nel settore della produzione del vetro ma anche nella storia dell’Art Nouveau.

Pur restando nell’ambito delle arti decorative occorre volgere lo sguardo a quanto avviene in campo architettonico a cavallo tra Ottocento e Novecento in America, dove si intrecciano più volte sia le teorie dell’Art Nouveau con quelle delle Arts & Crafts sia le vicende artistiche con quelle architettoniche. È significativo infatti che nell’ambito della Scuola di Chicago L. Sullivan desideri manifestare anche attraverso edifici in ferro e cemento quell’amore per la decorazione che caratterizza l’Art Nouveau e le Arts & Crafts americane. Tuttavia, se da un lato l’Esposizione di Chicago del 1893 segna il declino del funzionalismo della Scuola di Chicago e il superamento delle idee di Sullivan dall’altro è possibile individuare nel suo discepolo Wright la figura dell’architetto innovatore in grado di traghettare l’architettura e le arti decorative americane verso una nuova epoca fatta di totalità ed integrazione tra le diverse espressioni artistiche e della creatività umana.

Un ventennio separa la nascita di Tiffany, artigiano, orafo, uomo d’affari e icona delle arti decorative, da quella di Wright, genio indiscusso dell’architettura moderna; se il primo viene considerato un esponente di punta dell’Art Nouveau, il secondo viene ricordato per aver messo in atto una rivoluzione nel campo dell’architettura, ma tra i due è possibile tracciare una linea di continuità nell’ambito della decorazione del vetro. Sia Tiffany che Wright hanno, infatti, prodotto un corpus ricco e variegato di opere in vetro e hanno il merito di aver interpretato in maniera originale, innovativa e altamente poetica tale antica tecnica artigianale, nata nel IX secolo, che aveva raggiunto grandi risultati in epoca medievale ma che venne quasi dimenticata a partire dal Rinascimento per poi essere riscoperta grazie al revival gotico ottocentesco.

Attraverso l’analisi delle figure di Tiffany e Wright è possibile tracciare le caratteristiche del clima culturale americano e della rinnovata attenzione per le arti decorative con cui si chiude l’Ottocento e si apre il Novecento.

Tale percorso prende le mosse dal trionfo delle arti decorative dovuto al successo della produzione di Tiffany. Importando in America la sapienza con cui i maestri europei per secoli avevano coltivato la tradizione della lavorazione del vetro egli contribuì ad estendere l’impiego del vetro a fini decorativi per raggiungere un sempre più vasto mercato. È grazie a Tiffany infatti che le novità decorative diventano emblema di uno stile e simbolo di una nazione.

Tale nuovo approccio trova un nodo significativo nell’architettura di Sullivan. L’inventore del verticalismo del grattacielo infatti, pur rappresentando l’avvento di una nuova stagione architettonica, non tralascia le arti decorative divenendo il promotore della decorazione integrata all’edificio. Spetta infine a Wright rendere esplicito tale processo. Attraverso la sua azione i principi dell’Art Nouveau e delle Arts & Crafts trasmigrano dal manufatto artistico di Tiffany e dal particolare architettonico di Sullivan dapprima all’ambiente, come nel caso delle vetrate decorative interpretate come “schermi di luce”, e infine all’architettura in toto intesa come “Prarie Houses” e “Architettura Organica”. Come sostiene Luciana Miotto, «mentre in Europa il rinnovamento delle arti plastiche e dell’architettura si afferma nel movimento delle Arts and Crafts e nella corrente dell’Art Nouveau, in America si manifesta secondo linee proprie, prima con la già menzionata scuola di Chicago, poi con le opere di Wright e di altri allievi di Sullivan51».

Alla luce di questo iter si rivela possibile andare oltre la distinzione tra “arti maggiori” e “arti minori” e confrontare un oggetto di arti decorative e un edificio architettonico riconoscendo tanto ai manufatti artistici di Tiffany quanto alle opere architettoniche di Wright, straordinariamente rappresentate dal “Guggenheim Museum” di New York, la medesima struttura flessibile e fluttuante, ben integrata con lo spazio circostante.

A tali esemplari si riconosce infine il medesimo status di opera d’arte che trova nella natura la propria musa ispiratrice; sia nella produzione di Tiffany sia in quella di Wright si riscontra infatti un grande sentimento della natura supportato dalla profonda convinzione della necessità di un rapporto autentico con essa derivante dal Romanticismo ed in sintonia con le istanze ecologiste affermatesi in America e in Europa a partire dal 1970 con le Neoavanguardie e in particolar modo con la Land Art52.

A Chicago dunque si esprimono al meglio le personalità di Louis Comfort Tiffany e Frank Lloyd Wright che furono capaci di interpretare lo spirito del proprio tempo individuandone le potenzialità ma anche di anticipare motivi e tematiche di là da venire e ancora oggi attuali.

  1. Il XIX secolo è segnato dalla realizzazione di una serie di Esposizioni Universali volte a celebrare il progresso di una nazione e destinate ad essere indissolubilmente legate alle città che le hanno ospitate attraverso la realizzazione di opere effimere e non. È il caso del “Crystal Palace”, progettato da Joseph Paxton per la Great Exhibition svoltasi a Londra nel 1851, e della celeberrima “Tour Eiffel”, realizzata nel 1899 da Gustave Eiffel in occasione dell’Esposizione di Parigi ed oggi divenuta uno dei simboli della città francese e delle grandi opere di ingegneria, alla quale George W. Ferris rispose con la ruota panoramica presentata in occasione della Columbian Exposition di Chicago. È molto vasta la bibliografia specifica relativa alle Esposizioni Universali e comprendente i cataloghi pubblicati in occasione di ciascuna manifestazione, per la Columbian Exposition di Chicago occorre citare The White City. Chicago’s World’s Columbian Exposition of 1893, Chicago 2008; S. APPELBAUM, The Chicago World’s Fair of 1893, New York 1980. []
  2. L. VINCA MASINI, Art Nouveau, Firenze 1989, pp. 46-47. []
  3. k. j. sembach, Art Nouveau, Colonia 2010, p. 195 []
  4. Ibidem []
  5. K. J. SEMBACH, Art Nouveau, 2010, p. 196. []
  6. Con la dicitura “Scuola di Chicago” si indica la scuola di architettura fiorita, tra fine Ottocento e inizi Novecento, nella città di Chicago che, distrutta dal grande incendio del 1871, attirava le nuove generazioni di architetti ed ingegneri chiamati a progettare gli importanti grattacieli che oggi la rendono unica in tutto il mondo. Ne facevano parte H. H. RICHARDSON, J. W. ROOT, W. LEBARON JENNEY, L. SULLIVAN, M. ROCHE, W. HOLABIRD, D. BURNHAM. Sulla “Scuola di Chicago” e l’attività di L. Sullivan si consultino F. BRUNETTI, A. M. PORCIATTI, La scuola di Chicago: nascita e sviluppo del grattacielo, Firenze 1979; N. FRAZIER, Louis Sullivan and the Chicago School, New York 1991; D. COLAJANNI, V. G. COLAJANNI, I grattacieli e la scuola di Chicago, Milano 2002. []
  7. J. SLOAN, Schermi di luce. I vetri decorativi di Frank Lloyd Wright, New York 2001, p. 26. []
  8. Ibidem. []
  9. L. SEMERARI, La grammatica dell’ornamento: arte e industria tra Ottocento e Novecento, Bari 1993, p. 28. []
  10. V. PICA, L’arte decorativa dell’Esposizione di Torino del 1902, Bergamo 1903, pp. 61-65. []
  11. Sul clima culturale di Nancy e la fioritura della scuola di arti decorative fondata da E. Gallé vedasi C. DEBIZE, Emile Gallé and the École de Nancy, Metz Cedex 1999; F. LOYER, V. THOMAS, L’École de Nancy. Fleurs et ornements, Parigi 1999; K. J. SEMBACH, Art Nouveau, Colonia 2010. []
  12. E. Gallé, nato a Nancy nel 1846, viene considerato uno dei principali esponenti dell’Art Nouveau grazie alla sua attività nel settore delle arti decorative e in particolar modo nell’ambito delle tecniche vetrarie da lui rinnovate in modo originale attraverso la realizzazione di vasi e lampade grazie ai quali viene insignito del Gran Premio in occasione delle esposizioni parigine del 1878 e del 1900. Nel 1901 fonda la Scuola di Nancy con l’obiettivo di far incontrare arte e industria e di diffondere lo stile dell’Art Nouveau in tutto il mondo. È noto anche come straordinario progettista di mobili in grado di coniugare la passione per le forme naturalistiche con la predilezione per gli intarsi raffinati. Le opere di E. Gallé sono presenti nei maggiori musei del mondo, sulla sua attività vedasi F. LE TACON, Emile Gallé: Maitre De L’art Nouveau, Strasburgo 2004; P. THIÈBAUT, Emile Gallé. Le magicien du verre, Parigi 2004. []
  13. L’orafo parigino R. Lalique fu un eccezionale disegnatore e decoratore attivo anche nei settori dell’arredamento e della tecnica vetraria. I suoi gioielli, particolarmente raffinati ed eleganti, tratti dal mondo della natura contribuirono al rinnovamento dell’arte orafa internazionale. Sull’oreficeria ispirata ai temi dell’Art Nouveau vedasi R. WADELL, The Art Nouveau style in jewellery, metalwork, glass, ceramics, textiles, architecture and furniture, New York 1977; M. G. FALES, Jewellery in America 1600-1900, Woodbridge 1995; Y. BRUNHAMMER, René Lalique: exceptional jewellery 1890-1912, Milano 2007. []
  14. L. VINCA MASINI, Art Nouveau, 1989, p. 25. []
  15. Per una ricognizione delle pregevoli vetrate custodite presso lo “Smith Museum of Stained Glass Windows” di Chicago e delle altre vetrate disegnate da Tiffany si consultino M. AMAYA, Tiffany Glass, New York 1976; A. DUNCAN, Tiffany Windows, Londra 1980; R. ACHILLES, Smith Museum of Stained Glass Windows, Chicago 2002. La collezione dello “Smith Museum of Stained Glass Windows” di Chicago comprende dunque oltre ai già citati esemplari prodotti dai “Tiffany Studios” e dalla “Linden Glass Company” vetrate realizzate da altre ditte americane specializzate nella produzione del vetro quali “Third Street Studio” di Cincinnati, “George A. Misch & Co” di Chicago, “Ford and Brooks” di Boston, “Belcher Mosaic Glass Company” di Newark, “Hooker & Co.” di Chicago, “McPherson & Co.” di Boston, “Giannini and Hilgart” di Chicago, “Drehobl Bros. Art Glass Co.” di Chicago, “J. & R. Lamb Studios” di New York, solo per citarne alcune, nonché opere in attesa di attribuzione che meriterebbero ulteriori approfondimenti. []
  16. Sulla presenza delle vetrate di F. L. Wright presso lo “Smith Museum of Stained Glass Windows” di Chicago vedasi R. ACHILLES, Smith Museum of Stained Glass Windows, Chicago 2002. []
  17. J. La Farge è stato pittore, decoratore e acclamato autore di straordinarie vetrate colorate per alcune delle più importanti chiese delle città di New York e Boston. Uomo di vasta cultura, La Farge fu anche teorico e scrittore nonché uno dei primi artisti ad aprirsi alla cultura giapponese ed orientale. Sulla sua attività vedasi H. ADAMS, K. A. FOSTER, John La Farge, New York 1987; J. L. YARNALL, John La Farge: Watercolors and Drawings, New York 1991. Sulle vetrate dello “Smith Museum of Stained Glass Windows” di Chicago attribuite a J. La Farge vedasi R. ACHILLES, Smith Museum of Stained Glass Windows, Chicago 2002. []
  18. V. COULDREY, The Art of Tiffany, Londra 2005, p. 22. []
  19. Purtroppo l’ampia vetrata e i tre pannelli commissionati dal Presidente Chester Alan Arthur per l’ingresso della Casa Bianca vennero demoliti in seguito all’insediamento del Presidente Theodor Roosevelt. Per lo studio delle opere realizzate da L. C. Tiffany per la Casa Bianca e della sua attività nell’ambito della decorazione d’interni si consultino L. VINCA MASINI, Art Nouveau, Firenze 1989; A. DUNCAN, M. EIDELBERG, N. HARRIS, I capolavori di Louis Comfort Tiffany, Milano 1990; V. COULDREY, The Art of Tiffany, Londra 2005. []
  20. A. DUNCAN, Art Nouveau, Londra 1980, p. 164. []
  21. L. VINCA MASINI, Art Nouveau, 1989, p. 46. []
  22. Uno straordinario esemplare di “Peacock Feather Vase” fa parte della collezione del “Metropolitan Museum of American Art” di New York, istituzione museale che ha dedicato grande attenzione alla figura di L. C. Tiffany attraverso la promozione di mostre di alto profilo e la pubblicazione di saggi e cataloghi come S. P. FELD, Nature in Her Most Seductive Aspects: Louis Comfort Tiffany’s Favrile Glass, The Metropolitan Museum of Art Bulletin, vol. 21, n. 3, Novembre 1962; A. FRELINGHUSEN, Louis Comfort Tiffany at The Metropolitan Museum, The Metropolitan Museum of Art Bulletin 56, n. 1, Estate 1998; S. CARBONI, Ars Vitraria: Glass in The Metropolitan Museum of Art, The Metropolitan Museum of Art Bulletin, vol. 59, n. 1, Estate 2001; Louis Comfort Tiffany and Laurelton Hall: An Artist’s Country Estate, New York 2006. []
  23. La passione per i motivi ispirati al pavone sia nel campo delle arti figurative sia nel campo delle arti decorative viene indagata nel catalogo della mostra recentemente promossa dal Victoria and Albert Museum The Cult of Beauty. The Aesthetic Movement 1860-1900, a cura di S. Calloway, L. Federle Orr, Londra 2011. []
  24. I primi esperimenti di Tiffany risalenti al 1872 sono costellati da una serie di fallimenti. Nel 1875 Tiffany si dedica con passione allo studio delle vetrate medievali e nel 1878 approfondisce la conoscenza dei vetri di Murano avvalendosi della collaborazione dell’artigiano veneziano Andrea Boldoni che però lo abbandona in seguito ad alcune prove mal riuscite. L’influenza esercitata dai vetri veneziani sulla ricerca di L. C. Tiffany e la collaborazione tra L. C. Tiffany e A. Boldoni vengono ampiamente esaminate in V. COULDREY, The Art of Tiffany, Londra 2005. []
  25. È importante ricordare la presenza di O. Wilde negli Stati Uniti. Nel 1882 il famoso scrittore ed intellettuale irlandese tra i maggiori esponenti dell’Estetismo tiene un ciclo di conferenze che contribuiscono a diffondere in America le teorie inglesi relative ai più importanti movimenti artistici del tempo. []
  26. Degna di nota la ricognizione delle ditte specializzate nella lavorazione del vetro attive negli Stati Uniti proposta in A. DUNCAN, Art Nouveau, 1994, pp. 110-116. []
  27. È grande l’attenzione riservata dagli studiosi di tutto il mondo alla figura di Frank Lloyd Wright e sono numerosi i saggi, le mostre e i convegni a lui dedicati. Wright per Wright. I progetti realizzati da Frank Lloyd Wright per la sua famiglia, pubblicato da Hugh Howard per Rizzoli nel 2001, si sofferma con grande attenzione sui lavori realizzati a Oak Park e ricostruisce la vicenda biografica dell’architetto attraverso le case progettate per sé e la sua famiglia. Dopo aver abitato per oltre venti anni nella “Home and Studio” di Oak Park, nel 1938 Wright si trasferisce nei dintorni di Spring Green, nel Wisconsin, nella casa conosciuta come “Taliesin”, e nel 1911 a Scottsdale, in Arizona, nella casa nota come “Taliesin West”. Sulle abitazioni “Taliesin” e “Taliesin West” vedasi K. SMITH, J. BROMLEY, Frank Lloyd Wright’s Taliesin and Taliesin West, New York 1997. []
  28. H. HOWARD, Wright per Wright. I progetti realizzati da Frank Lloyd Wright per la sua famiglia, Milano 2001, p. 24. []
  29. In seguito alla separazione di Wright dalla prima moglie, l’architetto divide la casa dallo studio destinando quest’ultimo alla propria famiglia e affittando l’abitazione. Nel 1925 la casa viene messa in vendita e modificata dai nuovi proprietari susseguitisi fino al 1974. Tale vicenda è ricostruita dettagliatamente in N. K. SMITH, Frank Lloyd Wright. A Study in Architectural Content, New York 1966; H. HOWARD, Wright per Wright. I progetti realizzati da Frank Lloyd Wright per la sua famiglia, Milano 2001. []
  30. H. HOWARD, Wright per Wright…, 2001, p. 15. []
  31. Esprime al meglio l’interesse per ciò che è vernacolare l’abitazione di William Morris, la “Red House”, a Bexleyheath, Kent. Commissionata nel 1859 da Morris a Philipp Webb essa è un simbolo delle Arts & Crafts e della riforma del design legata al “Gothic Revival”. Morris si ispirava alla tradizione medievale non solo per la verticalità dell’architettura e per il recupero delle tradizioni artigianali, ma anche nel metodo di lavoro coinvolgendo altri creativi ed intellettuali nella realizzazione dell’edificio. Tale interesse si manifestava con forza soprattutto nel settore delle arti decorative, dove erano numerosi gli oggetti ispirati a ciò che era considerato vernacolare e rappresentativo delle origini e della campagna. È il caso della celeberrima “Sussex chair”, la sedia disegnata da Webb e prodotta dalla Morris, Marshall, Faulkner & Co. e successivamente dalla Morris & Co., che si basava su un antico disegno della contea inglese di Sussex. Sul movimento delle Arts & Crafts si consultino P. DAVEY, Arts and Crafts Architecture, Londra 1995; W. KAPLAN, The Encyclopedia of Arts and Crafts, Londra 1998; E. CUMMINGS – W. KAPLAN, The Arts and Crafts Movement, Londra 2002; M. SNODIN – J. STYLES, Design & The Decorative Arts. Victorian Britain 1837-1901, Londra 2004. []
  32. Esempio di tale stile architettonico dalla grande libertà compositiva che ebbe molto successo nella seconda metà del XIX secolo soprattutto lungo la costa orientale degli Stati Uniti e in zone come Long Island, Rhode Island e New England, è la “Low House” realizzata da Charles Follen McKim, tra il 1886 e il 1887, a Bristol, Rhode Island. Sullo Shingle Style vedasi V. J. SCULLY, Shingle Style and the Stick Style. Architectural Theory & Design from Richardson to the Origins of Wright, Londra 1971; L. M. ROTH, Shingle Style. Innovation and Tradition in American Architecture 1874 to 1982, New York 1999; V. J. SCULLY, The Shingle Style today: or the Historian’s Revenge, New York 2003. []
  33. Per una descrizione puntuale e dettagliata vedasi H. HOWARD, Wright per Wright. I progetti realizzati da Frank Lloyd Wright per la sua famiglia, Milano 2001. []
  34. Richard Bock e Orlando Giannini sono solo due dei numerosi collaboratori di F. L. Wright fra cui occorre citare almeno gli architetti Walter Burley Griffin, George Elmslie e William Drumond. Sull’argomento vedasi C. LIND, Frank Lloyd Wright’s glass design, San Francisco 1995. []
  35. Sugli oggetti di arredo realizzati da F. L. Wright si consultino T. A. HEINZ, Frank Lloyd Wright: Interiors and Furniture, Londra 1994; C. LIND, Frank Lloyd Wright’s Furnishings, San Francisco 1995; C. LIND, Frank Lloyd Wright’s Glass Designs, San Francisco 1995. []
  36. C. LIND, Frank Lloyd Wright’s Glass …, 1995, p. 19. []
  37. D. A. HANKS, in J. SLOAN, Schermi di luce…, 2001, p. 16. []
  38. F. L. WRIGHT, in C. LIND, Frank Lloyd Wright’s Glass…, 1995, p. 1. []
  39. Sono state pubblicate numerose biografie sulla figura di F. L. Wright nelle quali viene dedicata grande attenzione al rapporto con il suo maestro L. Sullivan, vedasi H. JACOBS, Frank Lloyd Wright: America’s Greatest Architect, New York 1965; E. TAFEL, Years with Frank Lloyd Wright: Apprentice to Genius, New York 1985; B. GILL, Many Masks: A Life of Frank Lloyd Wright, New York 1987; M. SECREST, Frank Lloyd Wright: A Biography, New York 1992. []
  40. D. A. HANKS, in J. SLOAN, Schermi di luce…, 2001, p. 7. []
  41. F. L. WRIGHT, in J. SLOAN, Schermi di luce…, 2001, p. 17. []
  42. Le “Prairie Houses” sono case indipendenti che sviluppano una pianta libera intorno a un camino centrale. Altre caratteristiche sono il tetto aggettante, le finestre orizzontali e l’integrazione con il paesaggio circostante. Wright affidò le proprie idee su questo tipo di edificio all’articolo del 1909 intitolato “A Home in a Prarie Town”. Relativamente alle “Prarie Houses”, oltre al già citato articolo di F. L. Wright, vedasi P. SPRAGUE, Guide to Frank Lloyd Wright and Prairie School Architecture, Chicago 1986; C. LIND, Frank Lloyd Wright’s Prairie Houses, San Francisco 1994. []
  43. Commissionato dal giovane imprenditore di Chicago Frederick C. Robie, l’edificio è improntato all’orizzontalità della composizione come le accoglienti case nella prateria realizzate da Wright, ma risponde ai nuovi bisogni della società in trasformazione in un contesto urbano. La “Robie House” è fatta con nuovi materiali come cemento, mattoni ed acciaio ed è caratterizzata da un estetica innovativa tipica dell’era delle macchine. Sulla “Robie House” vedasi D. HOFFMAN, Frank Lloyd Wright’s Robie House: The Illustrated Story of an Architectural Masterpiece, New York 1984. []
  44. M. H. HECKSCHER, Outstanding recent accessions. 19th Century Architecture for the American Wing: Sullivan and Wright, in The Metropolitan Museum of Art Bullettin, n. 5, giugno-luglio 1972, p. 4. []
  45. Il termine “Fallingwater” indica la casa sulla cascata progettata da F. L. Wright nel 1934 per la famiglia Kaufmann in Pennsylvania. Sull’argomento vedasi E. KAUFMANN – C. LITTLE – T. A. HEINZ, Fallingwater: A Frank Lloyd Wright Country House, New York 1986; R. McCARTER, Architecture in Detail: Fallingwater, Londra 1994; W. A. STORRER, The Frank Lloyd Wright Companion, Chicago 1993. Nel 1943 la “Solomon R. Guggenheim Foundation” commissiona a F. L. Wright l’ambizioso progetto del “Guggenheim Museum” di New York completato nel 1959 e oggi divenuto uno dei simboli dell’architettura moderna; si consultino K. FRAMPTON – Y. FUTAGAWA, Modern Architecture 1851-1945, New York 1983; P. HEYER, American Architecture: Ideas and Ideologies in the Late Twentieth Century, New York 1993. []
  46. G. C. ARGAN, L’arte Moderna. Il Novecento. L’arte e l’architettura degli anni settanta a oggi, di Lara Vinca Masini, Milano 2008, p. 45. []
  47. K. J. SEMBACH, Art Nouveau, 2010, p. 197. []
  48. Ibidem. []
  49. M. H. HECKSCHER, Outstanding recent accessions…, 1972, p. 1. []
  50. A. DUNCAN, Art Nouveau, 1980, p. 52. []
  51. L. MIOTTO, Frank Lloyd Wright, Firenze 2009, p. 8. []
  52. Sin dall’antichità l’uomo è spinto a manipolare la terra e ad interagire con il paesaggio e nella cultura europea il senso della natura ha forti radici anche in campo storico e filosofico, si pensi alle teorizzazioni sul Sublime e alla diffusione di movimenti come il Romanticismo e l’Impressionismo. Anche in epoca contemporanea l’artista è particolarmente sensibile rispetto al rapporto uomo-natura e, nel corso degli anni ’60 del ’900, lo carica di nuovi significati ideologici e di una matrice femminista ed ecologica considerandolo alla luce delle novità e dei pericoli introdotti dallo sviluppo tecnologico ed economico. Intorno al 1965 il rapporto uomo/natura diviene protagonista della ricerca di quella tendenza artistica che, nata nell’alveo dell’Arte Concettuale, va sotto il nome di Land Art ed opera uno sconfinamento nell’ambiente e nella natura dialogando con essi. Sulla Land Art vedasi F. POLI, Minimalismo, Arte Povera, Arte Concettuale, Bari 2002; J. KASTNER, Land Art e Arte Ambientale, Londra 2004; M. LAILACH, Land Art, Bonn 2007. []