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Aggiunte al catalogo di Bonaventura Caruso, sacerdote e orafo messinese della seconda metà del ‘700
DOI: 10.7431/RIV04062011
Il nome di Bonaventura Caruso, orafo e sacerdote messinese apostrofato in tale occasione come «celebre sicellatore di figura», compare per la prima volta intorno agli anni ’70 del XVIII secolo in qualità di maestro (che però –a dire della fonte, ben presto superato dall’allievo- «non lo complimentava») del dodicenne concittadino Placido Palazzo Andronico (1758-1790), in una biografia manoscritta riguardante quest’ultimo valente argentiere1.
Il prosieguo degli studi sull’oreficeria siciliana ha permesso di riferire su base documentaria al Nostro alcuni oggetti: una legatura di libro liturgico su velluto cremisi, quattro «calici buoni di argento oro» ed una serie di “lampieri” d’argento – di cui uno di dimensioni maggiori «con suoi gran foglie a latere, e scudi in mezzo di rame rosso addorato» e altri due più piccoli e modesti, identificabili con le lanterne processionali tardo-barocche ancora esistenti in situ-, opere realizzate nel 1779 per la chiesa di Santa Maria delle Grazie in Sant’Eufemia di Sinopoli, oggi d’Aspromonte (RC), pagate ben 530.68 ducati2.
È noto, inoltre, che in qualità di “restauratore” nell’accezione antica del termine sia intervenuto nel 1791-1792 su suppellettili liturgiche argentee della Chiesa Madre di Alì (ME) dedicata a Sant’Agata, quando gli furono corrisposte 9 onze per aver “rifatto” sei candelieri e per aver “accomodato” una pace secentesca ed un ostensorio realizzato dal conterraneo Gaetano Martinez nel 17393.
Grazia Musolino ha recentemente accertato su base documentaria l’attività a Milazzo (ME) del Caruso «pubblico professore ed orefice, di Messina» almeno dal 1779 al 1788: oltre a realizzare nel 1779-1780 un grandioso ostensorio d’argento e bronzo dorato con pietre policrome (Fig. 1) per il procuratore (sacerdote don Antonino La Rocca) ed i deputati (don Silvestro Lo Monaco giurato senatore, don Salvatore Marullo giurato sindaco, don Stefano Emanuele Zirilli cavaliere costantiniano, don Paolo Proto barone dell’Albero e don Girolamo Bonaccorsi) della locale chiesa di San Giacomo, oggi conservato presso il moderno Duomo cittadino intitolato a Santo Stefano protomartire, è difatti pagato dal procuratore del Duomo antico –Santa Maria, poi Santo Stefano- per “restaurare” la celebre monumentale custodia architettonica tardogotica di fine XV-inizi XVI secolo4 (maggio 1780) ed il reliquiario a braccio di Santo Stefano (1788), per realizzare una corona -o raggiera?- (pagamento di 19 onze nel 1785) destinata alla nuova statua lignea del Santo Diacono titolare contestualmente realizzata (1786) dal gangitano Filippo Quattrocchi, ed altre due generiche corone (1787-1788); la stessa studiosa gli attribuisce inoltre, per affinità stilistico-formali e la presenza dei medesimi punzoni (marchio di Messina; P.L.79; P.C.), una croce astile del 1779 dalla complessa iconografia (sul recto: il Cristo morto con ai capicroce polilobati gli Evangelisti Luca Giovanni Marco e in basso una Madonna col Bambino; sul verso: l’Assunta con ai terminali i SS. Pietro Paolo Stefano e Nicolò) presente anch’essa nel tesoro del Duomo milazzese; infine, se dietro il punzone “P.C.” si celasse con certezza il Nostro, gli si potrebbe a ragione riferire la paternità di opere come la cassa reliquiaria di santa Flavia da San Giovanni di Malta di Messina (1769)5.
Nel 1997, grazie a fortunati ritrovamenti all’interno dell’Archivio Storico parrocchiale di Geraci Siculo (PA), documentavo l’attività del Caruso, definito “argentiero”, anche in quel centro, non a caso all’epoca sotto la giurisdizione ecclesiastica dell’Arcidiocesi di Messina, per realizzare tra giugno e agosto del 1785 quattro calici con rispettive patene (al prezzo di 4 onze e 6 tarì) ed una croce, inviata da Messina a Cefalù e da lì giunta a destinazione (costata 13 onze, 21 tarì e 13 grani, più 16 tarì di trasporto), e nel dicembre 1789 la corona per la statua lignea dell’Immacolata Concezione, sempre su committenza dei procuratori della Chiesa Madre dedicata a Santa Maria Maggiore6.
Propongo in questa sede, pertanto, l’identificazione e l’attribuzione al Nostro di un gruppo di opere geracesi di argenteria sacra di produzione messinese caratterizzate tutte dalla presenza di forme e motivi decorativi Rococò (conchiglie e volute a ricciolo, campiture a rete, festoni fitomorfi, nodi a vaso di sezione triangolare, baccellature, perlinature o grani di rosario, elementi tutti inseriti entro morbide intelaiature architettoniche) ma già tendenti al Neoclassicismo, ancora esistenti presso la Chiesa Madre ed il locale Monastero benedettino femminile di Santa Caterina d’Alessandria, allo stato degli studi genericamente riferite ad argentiere messinese.
Mi avvarrò, di volta in volta, dei citati documenti, di considerazioni e raffronti stilistici o della presenza reiterata del riferito marchio “P.C.” o di quello meno ricorrente “C.P.”, parte dei quali potrebbe riferirsi al cognome Caruso, appartenente forse ad un familiare laico e iscritto alla maestranza –così come anche a colleghi disponibili o ex-allievi devoti dal marchio a prima vista assolutamente estraneo e minimamente a lui associabile- ai quali il sacerdote orafo, per problemi fiscali o giuridici forse connessi al suo status clericale che ci proponiamo di approfondire in altra sede (forse non è una coincidenza se nemmeno del più noto don Camillo Barbavara, orafo e sacerdote anch’esso, attivo nella Sicilia centro-orientale e a Palermo nella prima metà del ‘600, si è finora riscontrato un marchio personale7 ), usava appoggiarsi al fine di conseguire la marchiatura degli oggetti d’oro e d’argento che uscivano dalla sua bottega, operazione necessaria per legge, oltre che espressamente pretesa a propria garanzia dalla committenza.
Potrebbe trattarsi, a mio avviso, rispettivamente: del nuovo ricettacolo realizzato nel 1791 (marchi: M.S.; O.L.91) per il già esistente reliquiario secentesco di sant’Alberto (Fig. 2); dei candelieri (marchi: Messina; Messina, D. <o P.?>L.94, C.P.) finora datati alla fine del XVII secolo e al 1694 -forse per le forme ancora arrotondate di nodi e fusto- ma con evidenti motivi decorativi Rococò tendenti al Neoclassicismo, che vanno più correttamente collocati alla fine del XVIII e al 1794 (Figg. 3 – 4); dei due ostensori (datati 1784 e 1785) recanti sulla base uno Virtù teologali e l’altro puttini con simboli della Passione (marchi: Messina, F.F.84, S.B.; Messina, F.F.85, S.B.) (Figg. 5 – 6); del calice, della croce astile e del vasetto per la purificazione (marchi: Messina, F.F.[**] e F.F.83, S.B.) (Figg. 7 – 8 – 9); delle corone per una Madonna e il Bambino e per l’Immacolata (Messina, F.F.83; Messina, G.<o C.?>P.) (Figg. 10 – 11); del turibolo con rispettiva navetta (marchi: Messina, P.C., V.C.79) (Figg. 12 – 13); infine, dell’esuberante reliquiario di san Bartolomeo (marchi: Messina, P.C., P.L.80), di tre pissidi (marchi: Messina, P.C., P.R.C.88; la terza Messina, S.F.93) e di un calice dalle forme ormai regolari simmetriche spigolose e con ornati alla greca (marchi: Messina, C.P, G.C.98)8 (Figg. 14 – 15– 16– 17 – 18).
Riguardo alle citate corone geracesi, poi, oggetti per la cui progettazione e realizzazione il Caruso doveva essere particolarmente portato, possiamo fortunatamente ancora avvalerci di un utilissimo raffronto pressoché coevo: la coppia di analoghi oggetti realizzati –stavolta in oro argento dorato e gemme- nel 1783, ex voto della cittadinanza amestratina dopo lo scampato pericolo dal terribile sisma che aveva raso al suolo in quell’anno Calabria e Sicilia orientale9, per la statua marmorea della Madonna dei Miracoli (già “di Loreto”) venerata all’interno della Chiesa Madre nella vicina Mistretta, tappa “di passaggio” quasi obbligato nell’itinerario montano dalle Madonie (Geraci-Gangi-Castelluccio-Mistretta, …) verso Messina.
Le inedite corone di Mistretta (Figg. 19 – 20 – 21), di tipo imperiale, pagate 100 onze10 e realizzate con l’oro ottenuto dalla fusione di «quattro libbre e due oncie parte di moneta delle Spagne e parte di moneta dell’Imperio », sono formate da una fascia circolare (non pertinente) da cui, poggiando su quattro fastigi trapezoidali, si dipartono altrettanti bracci ortogonali a doppia voluta, ed al loro punto di incrocio in alto si leva un globo realizzato a fusione su piedistallo circolare sormontato da una croce latina. I quattro spazi vuoti tra i bracci sono riempiti con altri fastigi triangolari culminanti con elementi stellari –come negli esemplari geracesi, a conferma della comune paternità o discendenza dal medesimo bozzetto del Caruso-, a simulare fiori ad otto petali, definiti col termine di “roselle” in un inventario mistrettese databile intorno al 1843 in nostro possesso11. La decorazione delle basi è costituita da festoni di foglie e fiori dall’andamento sinusoidale, mentre il resto delle superfici presenta motivi fitomorfi a festone incisi, sbalzati o applicati tramite pernetti. Abbondantissime le pietre preziose di diversa dimensione e qualità (principalmente diamanti, rubini e smeraldi), della quantità di «dieci carati di diomanti in circa, ed altrettanto di rubini e smeraldi in circa», come recita l’atto d’obbligo12, tagliate a diamante e a baguette, inserite in delicati castoni d’oro di forma floreale, a margherite o rose, sulla base, sui bracci, sugli elementi alternati ai bracci, sul globo, sulla croce.
In effetti, l’argentiere era già noto a Mistretta, in quanto nel 1770-1771 –questa allo stato attuale sarebbe dunque la sua prima opera documentata- gli era stata commissionata da mastro Domenico Lo Iacono, procuratore della Cappella del Santissimo Sacramento dentro la Chiesa Madre, una «ninfa grandi» d’argento e rame dorato13 (Fig. 22 ), meglio descritta nell’atto d’obbligo da noi rintracciato ed identificabile senza alcun dubbio –anche per le stringenti affinità soprattutto con il citato ostensorio di Milazzo- con quella ancora pendente dall’arco di accesso alla stessa Cappella: «[…] consistente in lumi vent’uno, buoni, e magistribilmente lavorati, e perfezionati, di peso di solo argento libri trenta incirca, e che li cornocopii devono essere numero nove col fusto di rame adornato ed arricchito di riposti, ed adorni d’argento, e che detti cornacopii, in quanto à tre ci dovessero andare tre lumi per ciascheduno, e gl’altri sei à due lumi per ogn’uno, con che l’argento di detta ninfa sia bullato di pezzo in pezzo, ed in quanto al dorato sia secondo ricerca l’arte, perfettamente, ed oro di zicchina, con che le spese, e mastria d’indoratura si devono fare à conto di detta venerabile Cappella, la grandezza di suddetta ninfa uguagliar deve à quella del Venerabile Altare di Nostra Signora Maria delli Mi/racoli, che esiste in detta Venerabile Madrice Chiesa, secondo richiede l’architettura del disegno, che existe in podere di detto reverendo di Caruso, sottoscritto dal reverendo sacerdote don Domenico Lo Iacono di questa suddetta Città e sue misurationi, colla libertà à detto reverendo di Caruso di mutare dal detto disegno qualche cosella per migliorare detta ninfa, e che il legno, e ferro, che serviranno per l’anima dentro detta ninfa sodisfarsi devono da detto di Lo Iacono procuratore; quale ninfa detto reverendo di Caruso in virtù del presente promette, e s’obliga consegnare qui in Mistretta per tutti li dieci del mese di Giugno del prossimo futuro anno 1772 al detto procuratore di perfetto magistero, e secondo ricerca l’arte»14.
Non si parla nel documento della presenza dei tre Agnus Dei apocalittici sul libro chiuso coi sette sigilli dorati –chiaro riferimento eucaristico che sarà inserito dopo qualche anno anche nella suppellettile milazzese e qui emblema del committente, peraltro riproposto contestualmente in stucco proprio sopra la chiave d’arco nella stessa cappella (Fig. 23) – applicati sulle facce del fusto piramidale da cui si dipartono i tre ordini di bracci, né della colomba mistica sorante ad ali spiegate che sta in cima al lampadario, probabilmente concepiti dall’orafo tra le varianti concesse al suo estro dai committenti; per quanto riguarda la seconda (talora letta come pellicano), essa trova riscontro in capolavori dell’argenteria messinese del ‘700: basti citare due significativi esempi, quali la ninfa (1700-1705) di ignota provenienza oggi al Museo Interdisciplinare Regionale “Maria Accascina” di Messina, recentemente attribuita alla proficua collaborazione tra gli argentieri Francesco Natale Juvarra e Francesco Lo Judice15 (Fig. 24), e l’originalissima pisside a globo terracqueo attraversato dalla fascia zodiacale e sorretto dai simbolici esseri viventi, prefigurazione degli Evangelisti, delle visioni di Ezechiele e dell’Apocalisse, opera di Pietro Donia (1780) per la Chiesa Madre di San Nicolò di Bari a Taormina (ME), per la quale si sono proposti modelli napoletani mediati da esperienze calabresi16 (Fig. 25).
La fortunata sopravvivenza della lumiera mistrettese, recentemente restaurata17, costata tante fatiche all’artista ed ai committenti, a dispetto di tante altre preziose suppellettili argentee, tra cui il preesistente analogo arredo fornito come modello da imitare e superare, la «ninfa grandi con numero dieciotto cornacopii» che pendeva dinanzi la contigua cappella della Madonna dei Miracoli nel braccio sinistro del transetto, e la «ninfa piccola con suoi cornacopii d’argento nella cappella di Santa Lucia», è legata al coraggio ed alla determinazione dei gestori della stessa Cappella, che dovendo consegnare degli argenti al capitano don Gaetano Allegra, che a sua volta li avrebbe trasmessi il 14 gennaio 1797 a don Salvatore Giardina e Battaglia, tesoriere del Monte dei Pegni istituito dal vescovo di Cefalù mons. Francesco Vanni, preferirono sborsare «onze ventisei in denari contanti moneta d’oro di giusto peso in’escambio del lampadario d’argento»18.
Foto per gentile concessione di Enzo Brai
Appendice documentaria
Doc. 1
1771, agosto 22, ind. IV, Mistretta
Notarius don Antoninus Campo Civitatis Mistrettae.
Obligatio pro Venerabili Cappella Sanctissimi Sacramenti contra Reverendum don Bonaventuram Caruso.
Iesus Maria Mater Septem Dolorum.
Die vigesimo secundo Augusti quartae indictionis <anno> millesimo septingentesimo septuagesimo primo.
Testamur quod reverendus sacerdos don Bonaventura Caruso urbis Messanae, et ad praesens hic Mistrectae modo repertus, mihi notario cognitus praesens coram nobis vigore praesentis sponte promisit, et promictit, seque sollemniter obligavit, et obligat magistro Dominico Lo Iacono huius civitatis praedittae mihi notario etiam cognito praesenti, et uti procuratori ac procuratorio nomine Venerabilis Cappellae Santissimi Sacramenti erectae in hac Venerabili Maiori Ecclesia, stipulanti, ut dicitur farci una ninfa d’argento, e rame d’orato, consistente in lumi vent’uno, buoni, e magistribilmente lavorati, e perfezionati, di peso di solo argento libri trenta incirca, e che li cornocopii devono essere numero nove col fusto di rame adornato ed arricchito di riposti, ed adorni d’argento, e che detti cornacopii, in quanto à tre ci dovessero andare tre lumi per ciascheduno, e gl’altri sei à due lumi per ogn’uno, con che l’argento di detta ninfa sia bullato di pezzo in pezzo, ed in quanto al dorato sia secondo ricerca l’arte, perfettamente, ed oro di zicchina, con che le spese, e mastria d’indoratura si devono fare à conto di detta venerabile Cappella, la grandezza di suddetta ninfa uguagliar deve à quella del Venerabile Altare di Nostra Signora Maria delli Mi/racoli, che esiste in detta Venerabile Madrice Chiesa, secondo richiede l’architettura del disegno, che existe in podere di detto reverendo di Caruso, sottoscritto dal reverendo sacerdote don Domenico Lo Iacono di questa suddetta Città e sue misurationi,colla libertà à detto reverendo di Caruso di mutare dal detto disegno qualche cosella per migliorare detta ninfa, e che il legno, e ferro, che serviranno per l’anima dentro detta ninfa sodisfarsi devono da detto di Lo Iacono procuratore; quale ninfa detto reverendo di Caruso in virtù del presente promette, e s’obliga consegnare qui in Mistretta per tutti li dieci del mese di Giugno del prossimo futuro anno 1772 al detto procuratore di perfetto magistero, e secondo ricerca l’arte, et non deficere, et cetera. Alias, et cetera. Con che detto procuratore di Lo Iacono pagar deve le spesi di nolo, e trasporto di detta ninfa dalla nostra marina in questa. Sic de pacto, et cetera.
Pro pretio ad rationem tarenorum undecim ponderis generalis singula uncia argenti nimphae praedittae, ut dicitur senza pagare detta Venerabile cappella mancanza, ma per quello argento che detta ninfa peserà, e riguardo à manifattura di suddetta ninfa, che pagar si deve à detto reverendo di Caruso, questa si deve arbitrare dal reverendo abbate don Giovan Battista Gallegra e dal molto reverendo padre Michel Angelo Provinciale, di questa suddetta Città, persone dette à tal uopo da / li suddetti presenti. Sic de pacto, et cetera. In computum praetii et manufacturae cuiusquidem nimphae supradictus de Lo Iacono dicto nomine vi praesentis sponte promisit, et promictit, seque sollemniter obligavit, et obligat solvere, et consegnare dicto reverendo de Caruso stipulanti in dicta urbe Messanae in proximo futuro mense Septembris 1771 uncias centumquatraginta ponderis generalis tam in pecunia de contanti, quam in pretio argenti, cum hoc quod dictus reverendus de Caruso in ventre apocae dictarum unciarum 140 supradictarum solvere ut supra promissarum, faciendae in dicta urbe Messanae per acta cuiusvis puplici notarii, teneatur fideiussionem praestare pro dictis unciis 140 per eum ut supra recipientis, benevisam personis designandis per dictum procuratorem de Lo Iacono, et non aliter, et remanentia praetii, et mercedis nimphae praedictae supradictus procurator de Lo Iacono dicto nomine in vim praesentis sponte promisit, et promictit, seque sollemniter obligavit, et obligat solvere dicto de Caruso stipulanti, vel personae pro eo legitime hic Mistrectae, statim facta consignatione nimphae praedictae, in pecunia de contanti generalis ponderis, et renuncians, et cetera. In pace, et cetera. Alias, et cetera.
Più di patto, che il rame, che servir deve, ed abbisogna per detta ninfa, ce lo deve donare detto procuratore di Lo Iacono, e che la mancanza <che> farà nel farlo operare detto reverendo di Caruso, si deve à conto di detta Venerabile Cappella, sic de pacto, et cetera. Unde, et cetera.
Quae omnia, et cetera.
Sub hiipotheca, et cetera.
Testes: Admodum reverendus sacerdos insignitus don Dominicus Tita / et don Alexander Nigrelli.
(Archivio di Stato di Messina, Notai defunti, Antonino Campo, n. 4459, cc. 552r-553v)
Doc. 2
1783, luglio 17, ind. I, Mistretta
Obligatio pro altari Beatae Mariae Virginis Miraculorum dictae Civitatis Imperialis Mistrettae contra reverendum don Bonaventuram Caruso Messanae.
Die decimo septimo iulii primae indictionis <anno> millesimo septingentesimo octuagesimo tertio 1783. Reverendus sacerdos don Bonaventura Caruso urbis Messanae, hic Mistrectae modo repertus, mihi notario cognitus coram nobis sponte virtute praesentis promisit et promittit seque sollemniter obligavit et obligat reverendissimo abbati don Ioanni Baptistae Gallegra, spectabili baroni utroque iure doctori don Antonino Scaduto et don Sebastiano Giaconia dictae Imperialis civitatis, mihi notario et<iam> cognitis, praesentibus stipulantibus et intervenientibus uti deputatis et exactoribus elaemosinarum a devotis Beatae Mariae Virginis Miracolorum, specialis Protectricis dictae Imperialis civitatis, exactarum et esigendarum, elaborare ex solo simplici, optimo et perfecto magisterio hic Mistrectae, duas coronas aureas, una<m> pro immagine marmorea dictae Beatae Mariae Virginis Miracolorum et aliam pro eius Infantulo, ad mentem graphidii, vulgo disegno, delineati per dictum reverendum de Caruso, et approbati per utramque partem in vim subscriptionum in pede eiusdem appositurum, incipiendo laborare in primis diebus mensis septembris proximi futuri secundae indictionis 1783, et postea continuare usque ad earum perfectionem, ita quod teneatur dictus reverendus de Caruso prout, vigore praesentis, sponte se obligavit et obligat dictis de Gallegra, Scaduto et Giaconia, dicto nomine stipulanti bus, illi tradere perfectas ab omni opere et magisterio usque et per totum mensem iulii proximi futuri secundae indictionis 1784. […] / Et hoc pro mercede unciarum centum ponderis generalis sic<ut> ex pacto et conventione inter eos facta tam pro magisterio quam pro iuribus accessus et recessus factis et faciendis usque ad complimentum operis praedicti et bullationis aureae dictarum coronarum, quam pro omnibus aliis et quibuscumque iuribus ipsi forte dicto de Caruso de superpluri petere posset, sponte ob eius devotionem erga dictam Beatam Virginem Mariam Miraculorum titolo elaemosinae altari relaxavit et relaxat […]. In computum cuiusquidem mercedis dicto reverendo de Caruso praesentialiter et manualiter numerando habuit et recepit a dictis de Gallegra, Scaduto et Giaconia, stipulantibus dicto nomine, et de pecuniis praedictis solventibus, et per manus meas, notarii infrascripti, uncias viginti in moneta antea in pecunia et numerata. Reliquum vero mercedis praedictae sive reliquas uncias 80 ad complimentum dictarum unciarum 100, dicti de Gallegra, Scaduto et Giaconia dicto nomine stipulantes, vigore praesentis, solvere promiserunt et promittunt, seque sollemniter obligaverunt et obligant dicto reverendo de Caruso stipulanti vel personae pro eo legitime hic Mistrectae de tempore in tempus ut dictus travagliando, pagando, faciendo complimentum statim, et fuerint ut dictae coronae perfectae, traditae et bullatae a consule messanensi in pecunia ponderis generalis de contanti […]. Sub infrascriptis tamen pactis iuramento fir/matis et vulgariter expressatis pro eorum faciliori intelligentia, et primo:
Che detti signori di Gallegra, Scaduto e Giaconia depositarii, allorché capiterà dicto reverendo di Caruso in questa nelli primi di settembre secundae indictionis 1783, debano consegnarli libre quattro ed oncie due di oro, parte di moneta delle Spagne e parte di moneta dell’Imperio, ad oggetto di fonderle, e ridurle a qualità di carati venti, restando il più, che avanzerà e crescerà colla liga in favore delli detti deputati ad effetto di impiegarlo giusta la volontà delli devoti contribuenti, di quale oro fonduto sene deve pigliare un pezzetto, quale lo si deve conservare dalli deputati suddetti per confrontarsi colle corone terminate, affine di osservarsi del consule degli orifici di Messina, per stare alla determinazione dello stesso, e suo bollo, come ancora consegnarci quell’argento che bisognerà per lo spirito delle corone suddette, e dieci carati di diomanti in circa, ed altrettanto di rubini e smeraldi in circa.
Più, di pacto, che detto reverendo di Caruso sii obligato come in forza del presente si have obligato et obliga a sue spese non solo di far bollare le due suddette corone d’oro, ma consegnare ancora a detti deputati una fede del consule suddetto, giurata, che accerti l’oro delle corone sudette essere / di carati venti, e non meno.
Più, di pacto, che detti signori di Gallegra, Scaduto e Giaconia siano obligati come in forza del presente si hanno obligato ed obligano a detto reverendo di Caruso darli solamente letto gratis per suo serviggio, ed uso domentre dimorerà in questa per travagliare dette corone, che sia in tutto fornito, come ancora la Casa degl’Esercitii tanto per abitazione del medesimo e de’ suoi giovani, che per uso della fatiga domentre durerà la medesima.
Di pacto, et cetera. Quae omnia, et cetera. Sub hypotheca, et cetera.
Testes: reverendus don Petrus del Campo et reverendus don Ioseph Pedevillano.
Ex actis notarii don Francisci Pedevillano huius Imperialis civitatis Mistrectae extracta est praesens copia per me notarum Antoninum Campo civitatis eiusdem ob eius absentiam.
Collatione salva.
(Archivio storico Parrocchia S. Lucia di Mistretta, Atti amministrativi, Scrittura appartenente alla venerabile cappella di Maria Santissima de’ Miracoli, senza segnatura)
Doc. 3
1784, agosto 21, ind. II, Mistretta
Traditio coronarum aurearum sacrae immaginis Sanctae Mariae Miraculorum civitatis Mistrectae. 1784.
Iesus, Maria Immaculata Conceptio. Die vigesimo primo augusti secundae indictionis <anno> millesimo septingentesimo octuagesimo quarto 1784. Cum explorata liqueat tradizione, quod praesens Deiparae Virginis Immacolatae immago, anno 1619, quam plurimis ex miraculis ab ea peractis, populo acclamante pro eius debito cultu, a loco parum congruo in altari posita fuit, et ex inde, quem olim non habebat, ab eo Miraculorum, Protectricisque huius Amastrae civitatis titulum assequta, iure quidem optimo, dum usque ad praesens variis in angustiis taliter esperimento se praebuit; anno tandem retransacto, cum iam iteratis terremotibus Messana civitas miserrime ruit; hicque Mistrectae etiamnum terremotus tunc temporis interpellatim experiabatur extare: hinc pro inde populus asperrime perterritus ad praedictae Beatae Mariae Virginis Miraculorum simulacrum pro incolumnitate obtinenda, prout obtinuit, auxilium implorando confugit; insimulque aureas gemmatasque coronas efficiendas curare, eique donare, et ad solen/nem coronationis actum devenire promisit; volensque igitur munus promissionis inchoare, ad praesentem praedictarum coronarum consignationem devenit.
Hinc est quod hodie praesenti praetitulato die admodum reverendus sacerdos prothonotarus apostolicus don Michael Pedevillano, archipresbiter huius civitatis Mistrectae, mihi notario cognitus, coram nobis huic interveniens veluti commissario et commissionato nomine reverendi abbatis don Ioannis Baptistae Gallegra, spectabilis baronis utroque iure doctoris don Antonini Scaduto et clerici coniurati don Sebastiani Giaconia deputatorum cretenus electorum ab hoc praedicto populo pro constructione praedictarum coronarum absentium, a quibus ad infrascritta dixit habuisse speciale mandatum et ordinem ac commissionem dicto nomine, coram nobis tradidit ac consignavit ac tradit pariter et consignat reverendo sacerdoti don Ioseph Pedevillano huius praedictae civitatis mihi notario et<iam> cognito et huic intervenienti veluti procuratori huius venerabili Matricis Ecclesiae praesenti et dicto nomine personaliter et manualiter recipienti binas coronas aureas gemmatas nonnullis lapidibus praetiosis nempe unam pro dicta immagine dictae / Beatae Mariae Virginis sine labe originali Conceptae sub titulo Miraculorum Protectricis huius civitatis, aliam vero pro simulacro Infantis Domini nostri Iesu Christi quod in brachiis dicta immago detinet, ad opus et effectum illas detinendi cum utensilibus praetiosis huius venerabilis Matricis Ecclesiae in veteri sacristia, existente in eadem venerabili Matrici Ecclesia, inserviendis coronibus praedictis pro solemniter coronandis capitibus dictorum simulacrorum in die publicae solemnitatis coronationis, quam primum fiendae, et in tribus principalibus festivitatibus anno quolibet solitis solemnizzari ad honorem dictae Beatae Mariae sub titulo Miraculorum Protectricis huius civitatis, et in aliis occurrentiis in quibus populus iste suas supplicationes porrecturus erit dictae Beatae Virgini sub titulo Miraculorum interpretando eius protectione erga Deum pro obtinendis gratiis, quas populus ipse locaturus erit ad publicam utilitatem, et non aliter, et cetera.
Ita tamen quod praedictus reverendus don Ioseph <Pedevillano> procurator teneatur et obligatus sit prout tenore praesentis se obligavit et obligat dicto admodum / reverendo sacerdoti don Michaeli <Pedevillano> archipresbitero dicto commissionato nomine stipulanti dictas binas coronas ut supra receptas tradere et consignare eius successori procuratori dictae huius Matricis Ecclesiae cum onere tradendi successori procuratori, et publicam quatelam obtinendi ad mentem praesentis tradictionis, et sic deinceps pro cunctis futuris temporibus observandum erit in perpetuum, et non aliter, et cetera.
Iuraverunt tacto pectore, et cetera. Unde, et cetera.
Testes: reverendus sacerdos doctor don Lucius Lo Iacono, utroque iure doctor don Stephanus Arcieri et utroque iure doctor don Antoninus Greco.
Ego prothonotarus apostolicus Michael Pedevillano archipresbiter confirmo ut supra.
Sacerdos don Ioseph Pedevillano minor, procurator, ut supra.
Ex actis notarii don Ignatii Mathiae Scaduto civitatis Mistrectae.
Collatione salva.
(ASPSLM, Atti amministrativi, Scrittura appartenente alla venerabile cappella di Maria Santissima de’ Miracoli, senza segnatura)
- G. D’ANGELO, Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia, vol. III, cc. 193r-196r, ms. del XVIII sec. della Biblioteca Comunale di Palermo, ai segni Qq E 152N, pubblicato da N. BERTOLINO, Biografia di un argentiere messinese del XVIII secolo, in Ori e argenti di Sicilia dal Quattrocento al Settecento, catalogo mostra a cura di M.C. DI NATALE, Milano-Palermo 1989, p. 389. R. VADALÀ, ad vocem “Palazzo Andronico Placido”, in L. SARULLO, Dizionario degli Artisti Siciliani. IV. Arti Decorative a cura di M.C. DI NATALE, in corso di pubblicazione. [↩]
- A. TRIPODI, Notizie sulla storia dell’arte e dell’artigianato in Calabria (III parte), in “Brutium”, a. 67, 1988, n. 3, pp. 38, 42-43, citato in S. LANUZA, ad vocem “Caruso Bonaventura”, in L. SARULLO, Dizionario…, in corso di pubblicazione. [↩]
- S. DI BELLA, Alì, la Chiesa Madre: la cultura artistica, Messina 1994, pp. 87, 94, 109, 157, riportato in S. LANUZA, ad vocem “Caruso Bonaventura”, in L. SARULLO, Dizionario…, in corso di pubblicazione. [↩]
- C. CIOLINO, scheda 115, in Il Tesoro dell’Isola. Capolavori siciliani in argento e corallo dal XV al XVIII secolo, catalogo mostra (Praga, Maneggio di Palazzo Wellenstein, 19 ottobre – 21 novembre 2004) a cura di S. RIZZO, Palermo-Catania 2008, II, pp. 883-884, e relativa bibliografia. [↩]
- G. MUSOLINO, scheda 179, in Il Tesoro dell’Isola…, II, pp. 954-957. [↩]
- G. TRAVAGLIATO, Gli Archivi delle arti decorative delle Chiese di Geraci, in Forme d’Arte a Geraci Siculo dalla pietra al decoro, catalogo mostra a cura di M.C. DI NATALE, Geraci Siculo 1997, pp. 162-163. [↩]
- G. TRAVAGLIATO, Appendice documentaria: nuovi documenti a completamento della biografia di don Camillo Barbavara, in La Madonna delle Vittorie di Piazza Armerina, catalogo mostra a cura di M.K. GUIDA, Napoli 2010, pp. 130-132, e relativa bibliografia. [↩]
- M.C. DI NATALE, I tesori nella Contea dei Ventimiglia. Oreficeria a Geraci Siculo, fotografie di E. Brai, II ediz. aggiornata, Palermo 2006, pp. 35, 43, 55, 58, 60, 62, 63, 64, 66, 68, figg. 22, 32-33, 51-56, 57-59, 60, 61, 63, 64, 65, 73, 74, 78, 79, 80, 81, 82. [↩]
- Cfr. infra, Appendice documentaria, doc. 3. [↩]
- Cfr. Archivio storico Parrocchia Santa Lucia Mistretta (da questo momento ASPSLM), Atti amministrativi, Mandati di pagamento dell’anno 1784, senza segnatura, n. 2. Le opere, studiate in occasione della mia tesi di laurea, dal titolo Arti decorative nella chiesa di Santa Lucia di Mistretta, relatore la prof.ssa M.C. Di Natale, Università degli Studi di Palermo, a.a. 1996-’97, scheda I,41, pp. 105-107, sono segnalate in G. TRAVAGLIATO, Arti decorative a Mistretta con Maria e per Maria, in Rosa Mystica. Maria Madre di Dio nel patrimonio artistico mistrettese, catalogo mostra (Mistretta, cripta della Chiesa Madre, 31 agosto – 8 settembre 2010) a cura di N. Lo Castro, Mistretta 2010, pp. 43-48. [↩]
- Cfr. ASPSLM, Atti amministrativi, Repertorio, o sia consegna delli beni mobili di questa venerabile Madrice, che fa il reverendo dottor don Salvadore Conti, procuratore passato, al reverendo sacerdote don Paolo Di Salvo, e da questi al prefetto di sagristia, don Adamo Spinnato, obligato alla riconsegna. In Mistretta, lì [***], senza segnatura: «Due corone d’oro ingemmate, una grande per Maria Santissima, e l’altra piccola per il Santo Bambino Gesù, quella grande mancante di cinque pietre preziose con numero dieci buchi di dietro, e quella di Gesù Bambino mancante di una pietra preziosa ed una rosella ed altre pietre, e numero dieci <un altro inventario contemporaneo ne conta invece “nove”> buchi di dietro senza pietre». La descrizione corrisponde fin nei minimi particolari alle opere in questione, avvalorando, insieme ad un’attenta lettura tecnica e stilistica, la nostra proposta di identificazione con quelle dovute al Caruso, a scapito delle opinioni diffuse tra i fedeli, che le vorrebbero invece realizzate dopo il terremoto del 1967. È certamente di questi anni, invece, il discutibile intervento di “restauro” che le ha interessate, consistito in: maldestre saldature ed irrobustimento delle parti danneggiate, sostituzione della base circolare con una nuova ancorata tramite moderne viti dorate (ciò fornisce una possibile spiegazione all’attuale mancanza di qualunque segno distintivo originario, saggio o marchio di console e artefice, anche se dall’atto d’obbligo sappiamo che il Caruso si impegnava ad effettuare la saggiatura della lega e la punzonatura presso la maestranza messinese degli orafi e argentieri); applicazione su di essa dei castoni antichi smontati in precedenza con le pietre superstiti; forse la sostituzione di parti fuse. La corona maggiore è oggi corredata da due angeli d’oro che la reggono simbolicamente, che si vorrebbero anch’essi realizzati a sbalzo nell’ultimo cinquantennio, mentre quelli antichi d’argento, definiti nello stesso inventario come «due angeli palmarii d’argento a guisa di scorcia d’albero», che sostenevano «un stellario d’argento con stelle duodeci d’argento» sono stati rubati, insieme alle ottocentesche corone d’argento d’uso feriale, nel 1984. [↩]
- Cfr. infra, Appendice documentaria, doc. 2. [↩]
- Cfr. Archivio storico Comunale Mistretta (da questo momento ASCM), Opere Pie, Libro di conti della Venerabile Cappella del Santissimo Sacramento <che> incomincia l’anno decimatertia inditione 1719 e 1720 e finisci l’anno septima inditione 1773 e 1774. Tomo quarto, cc. 219r-v, 222v: «1770 e 71 agosto 30, ind. IV. […] Item pagati <mastro Domenico Lo Iacono procuratore> onze centocinquantadue e tarì dieci al sacerdote don Bonaventura Caruso argintere di Messina per averi affare una ninfa grandi alla detta cappella, sì come appare per contratto di don Antonino Campo <notaro> sotto la sua giornata, et di onze 100 e tarì 4, una ricivota di mano del detto di Caruso di onze 52 e tarì 10. […] 1771 e 72 agosto 30, ind. V. […] Item pagati a don Bonaventura Caruso arginteri di Messina onze centotrentadue, tarì ventidue e grana setti per saldo accomplimento della ninfa». [↩]
- Cfr. infra, Appendice documentaria, doc. 1. [↩]
- G. MUSOLINO, L’ostensorio della chiesa di San Giorgio a Modica e l’attività “eccellentissima” di Francesco Lo Judice e Francesco Natale Juvarra. Proposte ed ipotesi, e M.P. PAVONE ALAJMO, scheda 147, in Il Tesoro dell’Isola…, I, pp. 190-205 e II, pp. 921-922, che riportano la precedente bibliografia. [↩]
- G. MUSOLINO, L’argenteria del Settecento a Messina tra Barocchetto e formule Rococò, in Argenti e Cultura Rococò nella Sicilia centro-occidentale. 1735-1789, catalogo mostra (Lubecca, St. Annen-Museum, 21 ottobre 2007 – 6 gennaio 2008) a cura di S. GRASSO e M.C. GULISANO con la collaborazione di S. RIZZO, Palermo 2008, pp. 94-121, in part. p. 113, fig. 26. [↩]
- I lavori, commissionati dall’Arciprete di Mistretta mons. Michele Placido Giordano, si sono svolti presso il laboratorio palermitano del maestro argentiere Antonino Amato, ma non è stato purtroppo possibile individuare la presenza o meno di marchi. [↩]
- ASCM, Opere pie, Cappella del Santissimo Sacramento, Volume di scritture, senza segnatura, ff. 419r-420r. [↩]