Benedetta Montevecchi

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Gioielli devozionali per i Santi protettori di Montefiascone

DOI: 10.7431/RIV04032011

Il Duomo di Montefiascone è ricco di suppellettili pregiate tra le quali i tre noti busti-reliquario dei Santi protettori, Felicita e Flaviano, opere dell’orafo Giacomo di Guerrino  (Siena, not.1348-1376)1 e Margherita, di autore senese ignoto (1449-1455)2. Come diffusa e secolare consuetudine, anche questi venerati simulacri furono arricchiti nel tempo da doni preziosi, tuttora gelosamente conservati e specificati in un moderno elenco che ne indica sinteticamente la rispettiva appartenenza3. Purtroppo, non è stato possibile finora rintracciare documenti, soprattutto antichi inventari, relativi alla provenienza dei gioielli che, quindi, ci si limita qui a descrivere, eventualmente confrontandoli con manufatti affini4.

Il primo gioiello citato nell’elenco è il “Monile di S.Felicita”, destinato ad arricchire il busto-reliquiario della martire che, secondo la leggenda, fu uccisa assieme ai suoi sette figli. Si tratta di una lunga collana di granati sfaccettati, alternati ad elementi d’oro traforati e filigranati (Fig. 1), alla quale è appeso un pendente mediante tre catenelle, alla centrale delle quali è aggiunto un frammento di collana (due granati e una sferetta). Il pendente, ovale, è racchiuso entro una cornicetta d’oro, liscia, circondata da un fregio a nastri e volute impreziosito da smalto traslucido verde, rosso e blu e da smalto opaco bianco. Il medaglione racchiude due miniature con personaggi a mezza figura su fondo oro identificabili in Santa Felicita (Fig. 2) e in San Zaccaria (Fig. 3)5. Non è immediatamente comprensibile l’abbinamento delle due immagini, ma essendo san Zaccaria divenuto padre di san Giovanni Battista in tarda età, dopo avere dubitato dell’annuncio divino, ed essendo stata santa Felicita madre ben 7 volte, e perciò invocata dalle donne che desideravano un figlio, il gioiello potrebbe rientrare nell’ambito dei manufatti con valore devozionale e apotropaico, come gli Agnus Dei di oreficeria siciliana. A quell’ambito artistico, peraltro, sembrano ricondurre sia la collana, la cui realizzazione, con granati ed elementi d’oro, è simile a quella di rosari seicenteschi6, sia il medaglione, dalla tipica sospensione a tre catenelle, con smalti ad alveoli, che racchiudono gli Agnus Dei e le ‘pietre stregonie ‘ siciliani del XVII secolo7.

Al secondo punto dell’elenco si legge “Croce pettorale e prezioso medaglione per S.Flaviano”: due monili destinati, quindi, ad ornare il busto argenteo del giovane prefetto di Roma, martirizzato sotto Giuliano l’Apostata. Il primo dei due è una semplice croce pettorale, di forma latina a terminazioni patenti, in argento dorato, sospesa ad una lunga catena a piccoli anelli8 (Fig. 4); la superficie liscia, con lievi decorazioni incise, presenta, sul recto, una croce e minuti elementi floreali ai quali si aggiungono, sul verso, gli emblemi della Passione (Fig. 5). Lungo lo spessore del monile è inciso un punzone, non completo e poco leggibile. Non è quindi possibile definire l’area di produzione dell’oggetto, forse ipotizzabile di ambito meridionale: le figurazioni sono infatti stilisticamente accostabili a quelle presenti su alcune preziose croci smaltate del Museo Regionale Pepoli di Trapani9, mentre la struttura formale si ritrova, sia pure semplificata, in una croce pettorale dell’Abbazia di Montecassino10.

Ben più prezioso è l’altro gioiello, un grande pendente a doppia faccia, sospeso ad una raffinatissima catena d’oro, composta di venti maglie ovoidali, di due grandezze diverse alternate, formate da volute contrapposte raccordate al centro da rosette11 (Fig. 6). Le maglie sono tipiche delle catene seicentesche, spesso arricchite da smalti e gemme12, mentre qui la lavorazione si limita al delicato accostamento di elementi, impreziositi da parti sablé e da filigrana, nei quali sembrano tuttavia individuabili resti di smalto. Il medaglione è racchiuso entro una cornice d’oro ottagonale, liscia, modanata verso l’interno e circondata da un fregio con smalti ad alveoli nei colori verde, rosso e blu. Il medaglione racchiude le immagini della Madonna (Fig. 7) e di Gesù (Fig. 8), entrambi di profilo, riprodotti con la tecnica del verre eglomisé13. Anche questo gioiello è accostabile alla produzione degli orafi siciliani della prima metà del  XVII secolo e, ancora, agli Agnus Dei e alla particolare tipologia della ‘pietra stregonia’ dove era consueto l’abbinamento delle figure della Vergine e di Cristo. In proposito, è da notare l’affinità stilistica tra il profilo di Gesù nel gioiello di Montefiascone e quello che compare, molto simile, in un Agnus Dei del Museo Regionale Pepoli di Trapani14.

Proseguendo nella ricognizione, troviamo la citazione dei gioielli destinati ad ornare il busto di santa Margherita, titolare della Cattedrale di Montefiascone. L’elenco specifica: “Medaglia con brillantini, vezzo di perle e croce per S.Margherita”. Il ‘vezzo’ è un delicato filo di piccole perle naturali, senza particolarità artistiche. Più prezioso ed elaborato è invece il medaglione ovale racchiudente una miniatura con la Madonna col Bambino, entro una cornicetta con incastonati 11 brillanti e 11 rubini15, cui è saldato un piccolo appicagnolo d’argento a forma di doppia voluta (Fig. 9). Si tratta di un gioiello di fattura accurata, databile al XVIII secolo, ma la cui generica tipologia non consente ulteriori precisazioni, a parte la considerazione dell’uso assai frequente del rubino, spesso in associazione coi diamanti, nell’oreficeria profana settecentesca16. Il monile di maggiore pregio è la croce destinata ad ornare il collo di santa Margherita. E’ una croce pendente, completa di lunga catena ad anellini d’oro, con sette castoni includenti sei ametiste (la settima è mancante), di forma quadrangolare, mentre l’ inferiore è esagonale17 (Fig. 10). Le estremità dei bracci sono gigliate e colorate con smalti nei colori blu, rosso, verde, azzurro e bianco; tale decoro è ripetuto sul verso, interamente lavorato con un minuto motivo ad arabesco che determina alveoli, già riempiti di smalto nero (quasi del tutto caduto), mentre il perimetro è profilato da una sottile cornice in smalto bianco opaco (Fig. 11). Il gioiello rientra in una tipologia, diffusa dalla fine del XVI secolo, quando la croce, impreziosita da gemme e smalti, affianca al significato devozionale quello di vero e proprio monile, come si vede nel Ritratto di Vittoria della Rovere fanciulla di Giusto Suttermans (Firenze, Galleria di Palazzo Martelli, inv.n.50), dove una croce, simile a quella in esame, è appuntata con un fiocco rosso alla sopravveste18. La produzione di queste piccole croci gemmate e smaltate, tutte molto simili, con grandi pietre quadrangolari e/o poligonali sul recto, e girali, volute e motivi ad arabesco in smalto sul retro, si riscontra in vari centri europei, dalla Germania alla penisola iberica, fino alla Sicilia19,  dove vennero realizzate da orafi locali probabilmente influenzati da artefici spagnoli. All’oreficeria iberica va ricondotto, in particolare, l’impiego dello smalto nero, forse adottato anche in Sicilia: in questo composito ambito culturale va inserita verosimilmente anche la croce di Montefiascone.

Al busto-reliquiario di Santa Margherita era un tempo pertinente anche la lunga catena che l’elenco dei gioielli cita come “Catena argento per “drago” di S.Margherita”, forse il meno prezioso dei gioielli fin qui esaminati, ma anche il più insolito e originale20 (Fig. 12). Come è noto, secondo la leggenda, santa Margherita sarebbe stata inghiottita dal mostruoso animale del quale avrebbe squarciato il ventre armata di una croce, uscendone vittoriosa; perciò nella consueta iconografia la Santa tiene il drago legato con una catena. Anche il busto di Montefiascone raffigura la giovane donna avvolta tra le spire di un drago di rame dorato21 che doveva essere corredato dall’emblematica catena d’argento. Questa è composta da maglie alternativamente lisce e ritorte, interrotte da sette elementi ovoidali, uno dei quali più grande e leggermente diverso, formati da volute contrapposte e ristretti nella parte mediana. Tali elementi, ora vuoti, erano probabilmente destinati a contenere un decoro in materiale semiprezioso o forse paste odorose, opportunamente modellate22, secondo una moda in voga tra XVI e XVII secolo, epoca cui il monile dovrebbe risalire.

Non è possibile affermare con certezza che la catena sia stata realizzata proprio per corredare il reliquiario: potrebbe infatti trattarsi di un oggetto reimpiegato, forse una cintura, come suggerisce la tipologia, con un segmento pendente cui doveva essere appeso il castone maggiore.

  1. Cfr. E.Cioni, Scultura e smalto nell’Oreficeria senese dei secoli XIII e XIV, Firenze 1998, pp.648-671. []
  2. Cfr. E.Cioni, Orafo senese (?), in Le arti a Siena nel primo Rinascimento, a cura di Max Seidel, Milano 2010, pp.505-507. []
  3. L’elenco, applicato al contenitore in cui i gioielli sono conservati, è stato redatto nel 1988 dal canonico sacrista della Cattedrale don Emilio Marinelli. Le indicazioni sono ripetute sugli involucri di carta che racchiudono i diversi monili. []
  4. Queste note fanno parte di un più vasto studio sull’oreficeria laziale nell’ambito del quale si stanno avviando anche sistematiche ricerche d’archivio. []
  5. L’identità della prima, avvolta in una veste bianca, col braccio appoggiato ad un oggetto rotondo (forse il piatto su cui, talora, sono posate le teste dei sette figli), sembra confermata dalla scritta parziale [SANCT]A FE[LICITA]; il secondo, è un uomo anziano che addita quello che sembra un cartiglio sostenuto da un angelo, verosimilmente san Zaccaria che riceve l’annuncio della nascita del figlio Giovanni. La collana è composta da due parti di cm 27 ciascuna, con l’aggiunta di due segmenti laterali di cm 11 ciascuno; il medaglione misura cm 5 x 4. []
  6. Cfr. M.C.Di Natale, scheda I, 43, in Ori e argenti di Sicilia dal Quattrocento al Settecento, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Milano 1989, pp.106-107. []
  7. Cfr. M.C.Di Natale, Agnus Dei e pietre stregonie del XVII secolo, in Gioielli di Sicilia, Palermo 2000 (II ed. 2008), pp.105-128. []
  8. La croce misura cm 9,5 x 7; la catena è lunga cm 150. []
  9. Cfr. Di Natale, Gioielli…, 2000 (II ed. 2008), p.166, nn.21, 23. []
  10. Cfr. Croce pettorale, in Ave Crux Gloriosa. Croci e crocifissi nell’arte dall’VIII al XX secolo, a cura di P.Vittorelli e M.L.Papini, Montecassino s.d. (2002), p.183. []
  11. Il medaglione misura cm 6,5 x 5; la catena è formata da due segmenti, ciascuno lungo cm 22,5. []
  12. Cfr. le catene pubblicate in Di Natale, Gioielli…, 2000 (II ed.2008), p.58. []
  13. Termine francese (dal nome dell’incisore e mercante francese Jean-Baptiste Glomy (sec.XVIII) che reimpiegò questa tecnica, già nota in epoca classica e utilizzata anche nel corso del XVI e XVII secolo) per indicare il vetro decorato sul retro mediante l’applicazione di foglia d’oro incisa e sovrapposta a immagini dipinte. []
  14. Cfr. Di Natale, Gioielli…, 2000 (II ed. 2008), p.113, fig.15. []
  15. Forse rubini ‘balasci’, di tonalità molto chiara; il medaglione misura cm e,e x 2,2.. []
  16. Cfr. M.Di Natale, Gioielli…, 2000 (II ed.2008), pp.223-260, []
  17. La croce misura cm 7 x 4,5. []
  18. Cfr. Y.Hackenbroch, Renaissance Jewellery, London 1979, pp.172-173; G.Buttazzi, A.Zanni, scheda n. 15 in Gioielli, moda, magia e sentimento, Milano 1986, p.54. Il Ritratto di Vittoria Della Rovere fanciulla è riprodotto in I gioielli dei Medici dal vero e in ritratto, a cura di M.Sframeli, Livorno 2003, p.153. []
  19. Tra i molti esempi di questo diffuso tipo di gioiello, si ricorda quello attribuito ad un orafo di Augsburg (Hackenbroch, tav.XV), la croce con diamanti di ambito portoghese del Museo Nazionale di Arte Antica di Lisbona (L.d’Orey, Five Centuries of Jewellery, Lisbon 1995, p.31), la croce con ametiste e perle del Museo del Bargello di Firenze (in I gioielli dei Medici…, p.154, n.82), gli esempi citati da M.C.Di Natale, Ori e Argenti…, 1989, pp.73-74 e Ead., Gioielli…, 2000 (II ed.2008), pp. 97-104. []
  20. La catena è formata da due segmenti lunghi cm 56 ciascuno, più un segmento pendente di cm 14. []
  21. Il drago non è quello originale, d’argento, ma quello in rame dorato sostituito nel 1652; cfr. Cioni, 2010, p.505. []
  22. Sulle cinture e le collane contenenti ‘pasta odorifera’ (amalgama profumato, con muschio e ambra), citate negli inventari cinquecenteschi, cfr.C.Contu, Gusto e moda alla Corte medicea, in I gioielli dei Medici…, pp.46-53 (in part., p.46-47) e p.93. []